Un giorno un povero mendicante affamato era giunto in quel paese, ma nessuno lo aveva aiutato. Al contrario, tutti lo avevano deriso e lui era stato costretto a cercarsi qualcosa da mangiare in mezzo alla spazzatura. Così gli angeli, che tutto vedono, avevano punito duramente quel paese, e da quel giorno non era più caduta una goccia d’acqua. Ora finalmente il gesto generoso di Lauretta era riuscito a commuovere il cielo, che così, con quella pioggia, stava ridonando la vita a tutto il paese. Quella notte Lauretta riposò serena e felice, e al suo risveglio l’attese una sorpresa straordinaria: nella sua mano sinistra era nascosto un piccolo seme, simile a una goccia di luce. Come aveva fatto quel semino a trovarsi proprio nella sua mano? Chi poteva averglielo messo? E come mai non si era accorta di nulla durante la notte?Lauretta mise il prezioso semino nella tasca del vestitino e non disse niente a nessuno. La pioggia continuò a cadere ininterrottamente sul paese per giorni e giorni. Lauretta visse in quel paese come una regina e nessuno voleva che se ne andasse. Aiutando gli abitanti del villaggio guadagnò molti altri semini. Ma quando smise di piovere accadde qualcosa: nel cielo un po’ scuro apparve l’arcobaleno.

 

Tutti uscirono ad ammirarlo, ma certo nessuno si emozionò come Lauretta. Lei aveva già visto quei colori che sfumavano delicati l’uno nell’altro, ne era sicura! Ma non ricordava dove, nè quando. Un’inspiegabile nostalgia le fece decidere di andare verso l’arcobaleno, per scoprire dove finiva. Gli abitanti del paese provarono a trattenerla, ma lei era decisa, accettò delle provviste per il viaggio e partì.Il cammino sembrava interminabile, giorni e giorni tra rocce scoscese e sentieri bui, la notte sotto le stelle, a dormire sulle foglie secche. Ma Lauretta non era sola: a sua insaputa gli gnomi del bosco stavano lavorando per aiutarla. Queste piccole creature, conoscendo il cammino che la bimba doveva percorrere, correvano sempre avanti a lei e le preparavano meglio che potevano la strada, scavando appigli sicuri per i suoi piedini, rendendo i sassi più lisci e senza punte, spostando i tronchi caduti col temporale. Di notte facevano zittire la civetta, perchè non spaventasse Lauretta col suo verso. Qua e là mettevano piante di lampone e di mirtillo, e disponevano le radici degli alberi a formare scalette. Ogni notte, mentre la bimba dormiva nel bosco, accendevano un bel fuocherello per riscaldarla, e vegliavano sul suo sonno per impedire che le accadesse qualcosa. Quando si accorsero che le sue scarpette erano consumate, con la corteccia degli alberi, un po’ di muschio e rametti teneri intrecciati ad arte, confezionarono per lei un bellissimo paio di stivaletti nuovi. Lauretta li trovò un mattino al suo risveglio: era stupita e contenta, e li calzò felice, chiedendosi chi mai li avesse fatti e poi portati lì. Quel giorno trovò anche tantissime nocciole lungo la strada, ed erano già sbucciate!

Quando Lauretta giunse finalmente là dove finisce l’arcobaleno, vide una luce dorata che si spandeva in un’atmosfera incantevole e magica. E dove la luce era più intensa e sfavillante, c’era una pentola d’oro. Lauretta si avvicinò per toccarla e per assicurarsi che non fosse tutto un sogno, ma proprio in quel momento si udì un boato spaventoso, la terra tremò, e un gran masso rotolò giù dal monte. Appena si fu ripresa dallo spavento, Lauretta guardò in alto, ma non vide nulla. Allora tentò nuovamente, con molta cautela, di avvicinarsi alla pentola d’oro, ma non appena lo fece altri sassi rotolarono dalla montagna mettendola in grave pericolo. Sedette pensierosa riflettendo sul da farsi, e si accorse che le pietre cadevano dall’alto a intervalli regolari. Vide poi, sulla cima del monte, delle figure gigantesche: erano loro a lanciare i massi, e lo facevano come si lanciano i sassolini. Lauretta capì che contro tanta forza bisognava agire d’astuzia. Riuscì a calcolare il tempo che trascorreva tra il lancio di un sasso e quello successivo, e con gesto fulmineo si impadronì della pentola. Mentre fuggiva, pensando che i giganti la inseguissero arrabbiati, si accorse con stupore che nel momento stesso in cui lei aveva preso la pentola, sulla montagna regnava una perfetta tranquillità. Decise allora di esplorare i dintorni, per scoprire quali misteri nascondessero quei luoghi, e dopo varie ricerche trovò una piccola porticina nella roccia. Un po’ intimorita bussò e udì una voce proveniente dall’interno, che poco gentilmente le diceva “Chi viene a disturbarci? Non abbiamo tempo da perdere noi. Dobbiamo lavorare, estrarre i cristalli e le pietre preziose per il nostro re, non apriamo agli estranei.”

Lauretta riusciva a sentire uno strano brulichio al di là della porta, e sbattere e scavare, e borbottare e brontolare. Bussò per la seconda volta e si affrettò a dire “Sono Lauretta, vengo da molto lontano e ho con me una pentola d’oro”. Non ebbe finito di parlare, che all’improvviso la porta di aprì e lei si trovò nel regno degli gnomi, che la accolsero gioiosamente. “Sapevamo che saresti arrivata, è da tanto che ti aspettiamo.”. Dopo aver affidato la pentola agli gnomi, Lauretta trascorse la notte nel loro regno. Ed ecco al suo risveglio, nella mano sinistra c’era un nuovo seme. Pur senza capire da dove venisse quel dono, Lauretta lo ripose con cura nella tasca del vestito, insieme all’altro.

Durante la notte, mentre lei dormiva, gli gnomi si erano riuniti in consiglio, avevano acceso un bel fuoco e avevano fuso l’oro della pentola e forgiato una miriade di piccoli campanellini magici. Al sorgere del sole, proprio mentre Lauretta stava guardando il suo semino, il piccolo popolo si radunò ai piedi del monte dei giganti. Ogni gnomo aveva tra le mani un campanellino, e quando tutti insieme cominciarono a farli suonare, arrivò l’esercito dei giganti, guidati dal loro capo. Quelle enormi creature apparivano incredibilmente mansuete e silenziose, come se fossero in attesa di ricevere ordini. Il re degli gnomi disse “Da questo momento voi sarete al nostro servizio. La vostra forza non seminerà più il terrore, ma diventerà utile a tutte le creature.”

Così, seguendo gli ordini degli gnomi, i giganti si misero all’opera. Tolsero tutti i sassi che avevano lanciato, e ricomparve il meraviglioso laghetto sottostante. Tutti gli animali accorsero ad abbeverarsi e venne organizzata una grande festa, con canti e danze. Poi gli gnomi ordinarono ai giganti di piantare sulle pendici dei monti degli alti pini, per proteggere la zona dai forti venti e per evitare il pericolo di frane. C’era nelle vicinanze un torrente impetuoso, le cui acque devastavano il paesaggio circostante. Sotto la guida degli gnomi, i giganti placarono la furia di quel torrente coprendone il fondo con grossi massi. Scavarono anche molti sentieri sulle montagne, per rendere i viaggi meno pericolosi e la zona meno selvaggia. Lauretta visse per un certo periodo con gli gnomi, ed aiutandoli guadagnò molti altri semini, ed ebbe anche modo di conoscere la vita e le abitudini dei giganti. Ma per quanto stesse bene in quel luogo, venne il giorno di riprendere il suo viaggio.

Ancora una volta si trovò a camminare sola per il mondo. I suoi passi la portarono a percorre una lunga strada in salita. Cadde più volte per la stanchezza, eppure continuò a salire, finchè giunse alle rive di un ruscello. Si rinfrescò in quelle limpide acque cristalline e si addormentò.

Il mattino seguente scoprì con grande sorpresa di non indossare più il suo vestito diventato vecchio e logoro durante il lungo viaggio, ma uno splendido abito di luce chiara finissima. Ma adesso dov’erano finiti tutti i semini, tanto faticosamente guadagnati? Eccoli! Brillavano come stelle in un sacchettino che qualcuno le aveva allacciato al collo.

In quell’istante Lauretta si accorse di non essere sola: un giovane principe le tendeva la mano “Io sono il principe del sole e ti aspettavo da lungo tempo. Tu tornerai con me nel giardino celeste, dove questi semi diverranno meravigliosi fiori che abbelliranno la tenera erbetta della tua aiuola.”

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