UMBRIA dettati ortografici e letture – una raccolta di dettati ortografici e letture sull’Umbria, di autori vari, per la scuola primaria.
UMBRIA dettati ortografici e letture
L’Umbria
Questa regione non si affaccia sul mare, ma è attraversata dal Tevere e dai suoi affluenti che la rendono fertile, ricca di pascoli e di boschi. Per questo meritò d’essere chiamata la “verde Umbria”. Essa offre paesaggi dolci e sereni, che ispirarono a San Francesco d’Assisi le belle lodi che egli cantò al creato. Il capoluogo della regione è Perugia, che domina dall’alto di un colle un vasto e pittoresco paesaggio. Vicino al capoluogo sorge Assisi, una cittadina antica e suggestiva, patria di San Francesco.
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Umbria: cartina fisico – politica
I confini: Marche, Toscana, Lazio.
I monti: Appennino Centrale (Umbro – marchigiano).
Le cime più alte: Monte Vettore (m 2478), nei Monti Sibillini; Monte Pennino (m 1570); Monte Subasio (m 1290)
I valichi: Bocca Taabaria (m 1044); Bocca Serriola (m 730); Passo di Scheggia (m 575): Colle di Fossato (m 740)
Le pianure: Valle Tiberina; Conca di Gubbio; Conca di Norcia; Conca di Terni; Valle Umbra.
I fiumi: Tevere. Affluenti di destra: Nestore, Paglia. Affluenti di sinistra: Chiasco con l’affluente Topino e il subaffluente Clitunno; Nera con il suo affluente Velino, che forma la Cascata delle Marmore.
I laghi: Trasimeno (kmq 128, profondità m 6,6); lago di Piediluco.
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Osserviamo la cartina
Lontana dal mare, nel cuore della Penisola, l’Umbria sembra tutta raccogliersi attorno ai suoi verdi colli. Gli Umbri, che la abitarono nell’antichità, le diedero il nome.
Il suo paesaggio dolce e sereno è un alternarsi di campi e di prati che si distendono in brevi pianure; di colline verdi, di oliveti e vigneti, di giogaie appenniniche rivestite di boschi.
Le sue valli sono bagnate dal Tevere e dal Nera; il Lago Trasimeno si stende azzurro nella pianura a ovest di Perugia.
Pellegrini di tutto il mondo giungono ogni giorno ad Assisi, la bianca città di San Francesco, dalle cui torri e dalle cui chiese corre da secoli un messaggio d’amore, un invito alla pace.
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Vita economica
L’agricoltura è l’attività principale della popolazione. Cereali e viti sono coltivati sulle colline e nelle conche pianeggianti; gli olivi allignano nella zona del Lago Trasimeno.
L’allevamento, sui monti ricchi di pascoli, è rivolto in modo particolare agli ovini. Sulle colline sono allevati buoi e suini.
Sono sviluppate le industrie idroelettriche, che utilizzano le abbondanti acque del Tevere e dei suoi affluenti. Si hanno inoltre industrie metallurgiche e siderurgiche a Terni, dolciarie a Perugia. Sono famose le ceramiche di Gubbio.
Le città, ricche di fascino per le loro costruzioni antiche e medioevali, sono meta di numerosi turisti italiani e stranieri.
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Province
Le province dell’Umbria sono due: Perugia e Terni.
Perugia, il capoluogo, è città etrusca che domina da un poggio la Val Tiberina. E’ celebre per i suoi monumenti antichi e medioevali, per l’Università e per le fabbriche di dolciumi e paste alimentari.
Terni, sorge sul fiume Nera, dove questo riceve le acque del Velino, formando la Cascata delle Marmore. Dalla caduta di questa acqua traggono l’energia le importanti industrie siderurgiche della città.
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Per il lavoro di ricerca
L’Umbria è una delle poche regioni d’Italia che non si affacci sul mare; quali sono le altre che hai finora studiato?
Osservando la cartina fisica, come ti appare il territorio dell’Umbria?
Quali sono le più notevoli cime dell’Appennino Umbro?
Le zone pianeggianti dell’Umbria, sono quelle che si estendono lungo il corso di un grande fiume e dei suoi affluenti. Come si chiama questo fiume? Dove nasce e dove sfocia?
Da chi sono formate le cascate delle Marmore?
Come sono le comunicazioni?
La regione è percorsa dall’autostrada del Sole?
Perche sono famose le Fonti del Clitunno?
Che origini ha il lago Trasimeno?
Quali colture sono particolarmente sviluppate in Umbria?
Che cosa sono i tartufi?
L’attività industriale è importante?
Perchè Terni è detta la “città del ferro e del fuoco”?
Quali sono i prodotti dell’artigianato umbro?
Perchè è famosa Sangemini?
Ricerca notizie sulle più importanti località dell’Umbria.
Perchè l’Umbria è detta “Santa”?
Qual è la “città della carta”?
Conosci la leggenda della Verna e la leggenda di Todi?
Dove si gioca la “Giostra della Quintana”?
Ricerca notizie sulle altre manifestazioni folcloristiche e religiose della regione.
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L’Umbria
Quante sono le regioni d’Italia senza neppure un po’ di mare? Una è l’Umbria. In compenso il lago Trasimeno era un lago rispettabile; ma ora è in crisi. Che resta, allora, a questa regione così “sfortunata” per le acque? Una delle più belle cascate, quella delle Marmore. Essa ha pagato il suo tributo al progresso e si è sacrificata per dar luce a chi sa quante case. Ma nei giorni festivi si riposa e il formarsi dell’immensa massa precipite è uno spettacolo emozionante. L’ultima domenica di giugno essa costituisce l’attrazione principale della “Festa delle acque”, ormai caratteristica in Umbria, dove anche le sorgenti minerali sono abbastanza numerose e rinomate.
E poi che cosa c’è in Umbria? Le tradizioni popolari e religiose: Gubbio con i ceri e gli arceri; Assisi con le memorie e le celebrazioni francescane; Foligno (il “centro d’Italia” come lo chiamano i suoi abitanti) con la giostra della Quintana. E poi le memorie storiche dei più antichi popoli (ad Amelia, mura ciclopiche); degli Umbri (che sul Monteluce di Spoleto avevano la sede di una lega sacra). degli Etruschi, dei Romani, dei Longobardi.
L’Umbria ha, nel capoluogo Perugia, una delle città più armoniose.
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Paesaggi Umbri
L’Umbria è l’unica regione dell’Italia peninsulare che non si affacci, neppure per un breve tratto, sul mare. Si estende nel cuore dell’Appennino, dove la catena devia verso sud e comincia a smagliarsi, dividendosi in una serie di catene interrotte da avvallamenti longitudinali. Accade così che l’Umbria, invasa in pieno dal sistema appenninico, quasi non appaia regione montuosa: le catene sono sottili, intervallate da zone piane, ora ampie ora strette e profonde, mosse da rilievi collinari.
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Umbria verde
La regione è detta “Umbria verde” e il verde che spicca è quello appunto delle valli e delle colline, mentre le linee montuose, di mediocre altezza (generalmente non superano i mille metri), sono rocciose, aride, accidentate, hanno versanti ripidi, opposti per durezza, di muraglie al mareggiare delle colline. Per questi motivi la vita delle popolazioni umbre è concentrata negli avvallamenti e sui lenti dossi collinari.
La montagna umbra torna ad assumere l’aspetto comune al sistema appenninico nella zona sud-orientale della regione, dove hanno radici i rilievi caratteristici del vicino Abruzzo. Qui, la montagna umbra è nuovamente accessibile, più boscosa ed abitabile.
Una delle lunghe conche umbre, la Val Tiberina, è percorsa dall’unico grande fiume della regione (tutti gli altri sono affluenti): il Tevere. Esso ha le sue sorgenti nell’Appennino romagnolo e non è contenuto entro i confini dell’Umbria: ne esce infatti all’estremità meridionale entrando nel Lazio. Per un buon tratto (oltre 200 chilometri) il fiume scorre serpeggiando nella valle, con un regime di acque alquanto irregolare: vi affluiscono numerosi torrenti e fiumiciattoli, i cui apporti variano molto durante l’anno; il Tevere diventa un vero fiume dopo aver ricevuto le acque del Nera, quasi sul confine laziale. Il Nera, ricco di acque, le cede in parte ad un canale di deviazione che le scarica nel lago di Piediluco. Tali acque ritornano poi al Nera attraverso il Velino che, nel punto di confluenza, genera le cascate delle Marmore, non lontane dalla città di Terni.
un altro avvallamento della regione è attualmente invaso dal lago Trasimeno, uno specchio d’acqua appena increspato dai venti, di minima profondità, circondato da sponde ondulate e verdissime, punteggiate di casolari e paesi.
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Le comunicazioni
L’Umbria, per la sua posizione e la struttura del suo suolo, ha notevoli difficoltà di comunicazione stradale e ferroviaria. Le barriere appenniniche, non elevate ma povere di valichi accessibili, la isolano dalle regioni circostanti; ugualmente in difficoltà è il tracciato delle strade interne tra l’uno e l’altro avvallamento.
L’arteria più importante è la Flaminia, che unisce la valle del Tevere con la conca di Terni, proseguendo verso Spoleto. Nella parte occidentale la regione è percorsa dall’Autostrada del Sole. Tronchi ferroviari notevoli sono quelli della Roma-Ancona e della Roma-Firenze.
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La cascata delle Marmore
Quando la Nera, divisa in cento rapidi e spumeggianti canali, è vigilata all’intorno dal sorriso dei colli sui quali i Celti e gli antenati di Roma cercarono scampo dalle alluvioni preistoriche, entra nella sonante vallata di Terni, ha già ricevuto il tributo delle acque di un altro fiume: il Velino. E’ questo un tributo non volontario che dura da secoli. Trecento anni a. C. il Velino, prigioniero delle sue stesse incrostazioni calcaree, adagiava le acque in vastissimi e pestiferi stagni che, per successivi balzi, dal ciglione orientale delle Marmore scendevano ad infestare la valle sottostante… Il console Marco Curio Dentato, risalendo da Roma con le sue gloriose legioni le antiche valli del Tevere, fece scavare dai soldati un profondo canale il quale, raccogliendo le acque limacciose delle paludi, costrinse il Velino a cadere speditamente nella Nera attraverso il grande salto delle Marmore.
Da quel giorno remotissimo, la massa imponente delle acque veline con moto incessante si precipita bianca e spumeggiante nel baratro e, a spire, a vortici, mugghiando e rimbalzando sulle rocce calcaree che formano la pittoresca stretta e il profilo del salto, raggiunge le onde calme della Nera, formando la cascata delle Marmore, una delle più belle non solo d’Italia, ma d’Europa. (G. Fravolini)
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L’agricoltura
Soltanto metà del territorio umbro può essere sfruttato dall’agricoltura, e non sempre con risultati brillanti. Molto importante è l’olivo, le cui piantagioni sono largamente sparse nelle campagne e danno una produzione di olio assai pregiato. Anche la vite è coltivata, in lunghi filari tra i campi: è noto il vino di Orvieto. E’ diffusa la coltivazione del grano, il quale non consente però una produzione abbondante.
Nella regione sono frequenti i boschi di querce, da cui si ricavano le ghiande che permettono un ricco allevamento di maiali. Sulle aridi pendici appenniniche è diffuso l’allevamento degli ovini. Caratteristico dell’Umbria (Norcia) è il tartufo nero.
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L’industria
L’Umbria è regione di scarsa attività industriale. La buona produzione di energia elettrica ha concentrato nella zona di Terni alcuni impianti siderurgici, metallurgici e chimici.
A Perugia sono attive le industrie alimentari e dolciarie (Buitoni, Perugina).
Gli artigiani umbri sono celebrati per le ceramiche, i ferri battuti, i merletti.
La regione serba numerosi ricordi del periodo medioevale. Molti centri, abbarbicati sui rilievi collinari, offrono monumenti stupendi di quel periodo: oltre a Perugia, Spoleto, Gubbio, Todi, Orvieto, Assisi unisce alle opere d’arte la fama di città francescana, con le memorie della vita del grande santo, che rivivono negli affreschi giotteschi noti in tutto il mondo.
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L’artigianato
L’artigianato sembra corrispondere al genio di un popolo che ama il lavoro preciso, minuto, gentile. Le ceramiche si producono un po’ dappertutto, specialmente a Deruta, ma anche a Gualdo Tadino, Orvieto, Gubbio, Piediluco, Perugia.
Si aggiungano le tipografie di Foligno, Città di Castello, Perugia, Todi; i ferri battuti di Perugia, i ricami in bianco ad Assisi, ed ancora a Perugia i lavori in legno ed in cuoio. Proprio l’artigianato riempie Perugia di botteghe-quadro che incantano gli stranieri: alcune in sotterranei gotici ove si scende dalla strada per una scaletta sghemba, e i lavoranti si scorgono, passando, di scorcio; altre in un antro nero e fuligginoso, in fondo a cui rosseggia il fuoco. (G. Piovene)
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Le sorgenti di acque terapeutiche e altre cose
L’Umbria è particolarmente ricca di sorgenti minerali. Ma le più importanti si trovano proprio nella zona che va da Narni a Todi. Le acque di Sangemini sgorgano a due chilometri circa al di là dell’abitato. L’eccezionale purezza e leggerezza le fa consigliare a convalescenti e bambini, e son una deliziosa acqua da tavola. Andando per la strada verso Todi si vede, tra il verde del parco, il modernissimo stabilimento albergo dove si fanno le cure, da maggio a settembre, e l’imbottigliamento.
I clienti delle acque, e non solo essi naturalmente, hanno una meta eccezionale alle loro gite. A qualche chilometro a nord, su un pianoro erboso che si addossa a calve alture, si trovano i resti della romana Carsulae. Oggi vi si va con una bella strada tutta asfaltata, che insieme agli scavi e alla sistemazione delle rovine, ha valorizzato notevolmente la zona archeologica, la quale senza dubbio è tra le più importanti, se non addirittura la più importante dell’Umbria. Fino a pochi anni fa gli unici segni della città, che sorta sulla via Flaminia acquistò nei secoli dell’Impero importanza e floridezza, erano alcuni tratti di strada selciata a grossi blocchi di travertino incisi dai solchi scavati dalle ruote, lo scheletro di un arco-porta monumentale e il materiale di spoglio che si vede immurato nella umile chiesetta di San Damiano. Gli scavi hanno riportato ora alla luce il teatro e l’anfiteatro, il tempio capitolino e altri edifici del Foro e tutto il percorso urbano della via Flaminia. Sparse sul solitario pianoro erboso, ove tra radi alberi pascolano cavalli e greggi, le bianche rovine suggestionano più che per se stesse, per l’incanto del luogo, la sua solitudine, lo struggente orizzonte e la morbida luce che scende dalle vicine alture.
Si diceva delle acque minerali che abbondano nella zona: ed ecco che, procedendo verso Todi, un cartello indica sulla sinistra la sorgente Furapane, che insieme con quella dell’Amerino costituisce il patrimonio terapeutico di un’altra stazione idrotermale, Acquasparta, la quale appare poco dopo la cima a un colle ai margini della strada. Acquasparta non ha la stessa fama di Sangemini, pur possedendo acque di identico tipo. Ma forse la batte in quantità se non in qualità di clientela, di provenienza soprattutto regionale. La batte anche in amenità del sito, aperto e ventilato. Le attività operaie (buona parte della popolazione lavora nelle industrie ternane) più che contadine, dei suoi abitanti le danno un tono vivace e spigliato.
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Le fonti del Clitunno
Il Clitunno è un breve fiume che nasce nei pressi di Spoleto e scorre nella conca di Foligno, portando poi le sue acque al fiume Topino. Pur modesto come tanti altri che scorrono nelle valli e nelle conche della regione, è tuttavia famoso per le sue sorgenti, che sgorgano in un luogo fra i più singolari e i più incantevoli dell’Umbria. Le fonti erano molto note anche nell’antichità: gli antichi pagani portavano di preferenza a quelle fonti i buoi destinati ai sacrifici, perchè di purificassero nelle sue acque. Poeti, tra cui Virgilio, ne cantarono la suggestiva bellezza. Le limpide polle di acqua sorgiva, che esce abbondante dalle falde del monte, incominciano a scorrere in molti rivi e laghetti tra le fresche sponde erbose, all’ombra di pioppi e di salici piangenti. Non sfuggì alla suggestione del luogo nemmeno il poeta Giosuè Carducci, che alle fonti del Clitunno dedicò una delle sue odi più ispirate. (F. Botto)
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Il romano Tevere è… umbro
Il Tevere non nasce in Umbria, ma vi entra dopo soli 40 km dalla sua origine e vi compie poi circa metà del suo corso. Ma non solo per questo il Tevere può dirsi umbro. Esso è veramente il centro idrografico di tutta la regione,Il lago Trasimeno
Il lago Trasimeno, attorno al quale fioriscono numerose leggende, è il più vasto lago dell’Italia peninsulare ed ha sorgenti interne, non riceve acqua da fiumi. Nel lago Trasimeno vi sono varie isole; la più grande non è, come il nome farebbe sembrare, quella chiamata Maggiore, ma l’isola Polvese. Sull’isola Maggiore San Francesco d’Assisi trascorse tutta una quaresima solo, digiunando e facendo penitenza.
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Le province
Capoluogo della regione è Perugia, splendida città in posizione elevata, da dove si domina la valle del Tevere. Di grandissimo interesse storico ed artistico sono i suoi monumenti; tra essi l’Arco Etrusco o di Augusto, la Porta Marzia, il Palazzo dei Priori, la Fontana Maggiore, la Chiesa di San Pietro, l’Oratorio di San Bernardino. Vi hanno sede un’antichissima Università e la moderna Università per stranieri. Nelle immediate vicinanze della città sorgono varie industrie alimentari, dolciarie, ecc…
Terni è situata sulla Nera, in una verde pianura, circondata da amene colline. E’ una città moderna, con poderose industrie. Fra i suoi monumenti più pregevoli sono il Duomo e le chiese di San Salvatore e di San Francesco. Località notevoli della regione sono Città di Castello (nota per le sue industrie della ceramica e tipografiche), Foligno (centro commerciale e industriale), Spoleto (nota per i suoi insigni monumenti), Gualdo Tadino, Gubbio (dalla schietta impronta medioevale), Assisi, Norcia, Todi, Orvieto (celebre per il suo Duomo meraviglioso e nota per i suoi vini) e Narni.
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Lo sai?
Perugia è città di origine etrusca. Fu colonia romana (Augusta Perusia); libero comune nel secolo XI; signoria dei Baglioni; dominio papale dal 1534. Le truppe italiane vi entrarono nel 1860. Diede i natali ad Andrea Fortebraccio, detto Braccio da Montone (1368-1424) e a Nicolò Piccinino (1386-1444) entrambi capitani di ventura; e al Pinturicchio (1454-1513), pittore.
Città di Pieve (provincia di Perugia): vi nacque Pietro Vannucci, detto il Perugino (1445-1523) sommo pittore, maestro di Raffaello.
Lago Trasimeno (provincia di Perugia): sulla sua sponda settentrionale, nei pressi di Tuoro, l’esercito romano guidato dal console Caio Flaminio, nel 217 aC venne assalito da Annibale e subì una disastrosa sconfitta.
Assisi (provincia di Perugia): situata sulle pendici del monte Subasio, è una delle località più suggestive, meta di continui pellegrinaggi, legata com’è al santo cui diede i natali: San Francesco (1182-1226), patrono d’Italia. Dei suoi monumenti, particolarmente degna di nota è la splendida basilica a due chiese sovrapposte, con la tomba del santo e magnifici affreschi di sommi pittori quali Cimabue, Giotto, Simone Martini. A poca distanza sorge la basilica di Santa Maria degli Angeli, con la cappella del Transito, dove san Francesco morì. Ad Assisi è nata anche Santa Chiara (1194-1253) fondatrice dell’ordine delle Clarisse.
Gubbio (provincia di Perugia): Il suo nome è legato all’episodio del lupo ammansito da San Francesco. Vi si tengono ogni anno due feste caratteristiche: la corsa dei ceri e il palio dei balestrieri.
Norcia (provincia di Perugia): è la città di San Benedetto (480-547), fondatore dell’ordine dei Benedettini, patrono d’Europa.
Cascia (provincia di Perugia): nei suoi pressi, a Roccaporena, nacque santa Caterina da Cascia (1381-1457), monaca agostiniana.
Todi (provincia di Perugia): Diede i natali a Jacopo Benedetti, detto Jacopone da Todi (1230-1306), poeta religioso autore delle famose Laudi.
Foligno (provincia di Perugia): vi si svolge ogni anno, nella piazza principale, la Giostra della Quintana, la cui origine risale al 1600.
Narni (provincia di Terni): è la città natale di Erasmo da Narni, detto il Gattamelata (1370-1443), uno dei più valorosi condottieri di ventura.
Terni: vi nacque Publio Cornelio Tacito (54-120 aC), uno dei maggiori storici latini.
Orvieto (provincia di Terni): Nel suo Duomo si conserva il Corporale del Miracolo, cioè il panno di lino che a Bolsena, nel 1263, si macchiò di alcune gocce di sangue sgorgate da un’ostia consacrata.
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Assisi
Assisi è un paese di pace e di soave contemplazione: silenzio nella bella campagna, solitudine nelle ripide stradette. Lo spirito di San Francesco, la mansueta bontà di Santa Chiara pare che nel passato abbiano sopito ogni ira, mitigata ogni truculenza. Non tetri ricordi dunque, e del Palazzo dei Priori, del bellissimo Tempio di Minerva in fuori, nulla che non parli del poverello di Cristo e della sua fedele compagna.
Cara Assisi col suo magnifico San Francesco, le antiche chiese, il bel Duomo vetusto, il conventino di San Damiano, dove si dice che San Francesco abbia composto il Cantico del Sole, la Porziuncola laggiù ove egli morì, la Cripta ove riposa e, infine, più bella di ogni cosa, l’Eremo delle Carceri, dove usava ritirarsi a penitenza.
Il monte Subasio prende tutto da un lato. Viene giù da mille e duecento metri con una costa facile e dolce e va a finire nella tranquilla pianura umbra. A circa 800 metri c’era, al tempo dei tempi, un oratorio, la chiesuola della Grazia, e intorno un fitto bosco di lecci, dove il sole non trapassa, e dentro il bosco buche e grotte. In una di esse si ritrasse San Francesco a quaresimare, nelle altre lo seguivano i compagni, Leone, Matteo, Elia. Andateci. La mattina è fresca, la montagna odora, il cielo ride sereno sul nostro capo come ai giorni del Santo.
Si suona tirando una funicella ed appare un fratino che fa da guida col suo bel sorriso. Mi mostra i cimeli del Santo, veri, autentici. Poi mi conduce in un borro nel bosco. “Questo affossamento” mi dice “è asciutto dal giorno in cui San Francesco, che era nella selva a pregare, si volse all’acqua che scorreva per dirle che gli dava molestia; e la sorella acqua torcè il muso per altro cammino”.
Da allora il borro è secco, salvo che in caso di calamità, guerre, pestilenze, terremoti, che sovrastino il paese. Ho veduto anche un crocifisso che il santo portava con sè quando viaggiava, e che morto lui, un Cardinale, contro il volere dei frati, volle a Roma: ma il crocifisso una notte da Roma tornò tutto solo ad Assisi, anzi nell’eremo delle Carceri, e lì si mise e lì rimase.
In una cappelletta c’è un dipinto, bello del resto, di un Cristo con le braccia quasi allargate. Uno di questi bracci ha una storia. Si narra che un fraticello dell’eremo, alcuni secoli or sono, venisse a pregare su questi gradini: era sera, era stanco, la preghiera gli morì sulle labbra, lasciò cadere le mani, chiuse gli occhi e si addormentò. Il Cristo dipinto alzò allora un braccio e con la mano aperta percosse la gota del frate dicendo: “Nella casa del Signore si viene a pregare, non a dormire!”. Il fraticello rimase male. (R. Balsamo Crivelli)
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La cascata delle Marmore
L’enorme massa ha dapprima un unico salto di quasi cento metri; è una colonna liquida e spumeggiante che si inabissa in una fossa profonda, che con rabbia si è scavata essa stessa, e da cui con furore riesce tosto, e tra un fracasso irato si riversa tra le rocce lucide e splendenti, muggendo, sprizzando, saltando, effondendo un pulviscolo denso come una nube di polvere e che ricade in piccole gocce di rugiada. Le onde, i bollori, i gorghi si insinuano per il letto tempestoso in un biancore smagliante, dove il sole vi riflette tutti i colori dell’iride. A poco a poco le industrie hanno preso parte delle acque del Velino e la cascata si è molto assottigliata. (O. Guerrieri)
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Chi dice Umbria
…dice monti e colline con centri abitati che si aggrappano ai loro fianchi o si posano sulle loro cime come cappelli. L’Umbria non è come la Lombardia, e le sue città non possono permettersi il lusso di offrire agli abitanti di andar comodi senza discese nè salite. I suoi abitati, sottratti alle nebbie della bassura, si incidono come scalinate su coste inverdite dei lecci e argentate dagli ulivi, o coronano le alture spingendo verso il cielo torri e campanili.
Trevi parte a mezza costa di un’altura e ne guadagna la cima mettendo file di edifici uno sull’altro, così da dare l’idea di un grattacielo medioevale che, a differenza di quelli d’oggi, i quali aggiungono piano su piano, aggiunge case su case creando una serie di salite senza riposi.
Spello è fatta a scivolo: così dolce che ti tira su senza fartene accorgere, e poi te la senti nelle gambe. Una volta entrati in paese, ecco chiese dopo chiese, torri dopo torri, pitture dopo pitture da far di Spello tutta una galleria , finchè arrivi al Belvedere e di lì ti godi una veduta stupenda sulla piana del Topino, con le grandi strade una volta bianche e adesso nere d’asfalto gettate attraverso il verde della pianura.
Foligno invece non ha panorama e si fa guardare sulla testa dai paesi che lo circondano. E’ la sorte delle persone basse di statura… Foligno è la soglia di Assisi, centro di una conca con attorno paesi che la guardano dalle loro posizioni arroccate: si distende sulla soglia di quella conca come un grosso cane al sole, in un atteggiamento che non si adatta a una città la quale voglia essere veramente umbra. (A. Fratelli)
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Il pozzo di san Patrizio, a Orvieto
A Orvieto, in tempi lontani, c’era scarsità d’acqua, il che indusse il papa, Clemente VII, ad intervenire.
Egli ordinò ad un famoso architetto, Antonio da San Gallo, di scavare un profondo pozzo: ciò avveniva intorno all’anno 1527. Egli lavorò per circa dieci anni e costruì il pozzo che esiste tuttora e che è largo 13 metri e profondo 63. Vi si può scendere con due scale (248 scalini ognuna) che si sviluppano a spirale e corrono in una intercapedine situata tra il muro interno del pozzo e il terreno circostante. Per fare un poco di luce a chi scende nel profondo baratro, furono aperte nel muro 72 finestre… A 60 metri di profondità si trova l’acqua.
Un’opera ingegnosa ed ardua per quei tempi, dettata dal bisogno di un elemento prezioso quale è l’acqua; un’opera che merita di essere visitata e ammirata.
Ora però Orvieto, più che per l’acqua è celebre per il suo vino.
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Terni, la città del ferro e del fuoco
Le acciaierie occupano l’area di un mezzo paese. Fantastico paese del fuoco e del ferro, che ha capannoni grandi come chiese, ciminiere alte come campanili; sempre in movimento, attraverso un velo di fumo e di polvere, tra stridere di macchine e rimbombare di magli.
I forni offrono uno spettacolo dei più belli. Lungo l’intera parete di un capannone sono allineate le bocche di quei grandi forni mai spenti, ed il loro altissimo calore si irradia ben lontano. Di tanto in tanto bisogna dar da mangiare ai forni, cioè versare in quel gran fuoco del nuovo minerale, per aumentare la pasta incandescente…
Ma vediamo qualcosa di straordinario, una colata.
Si chiama colata l’operazione per la quale il metallo incandescente e liquido viene versato negli stampi. Un immenso secchio, sorretto da alte catene, ed un dato comando si muove e va a mettersi sotto la bocca del forno; il coperchio si alza, ed ecco uscir fuori dalla larga apertura un’ondata, un rivo di metallo liquefatto, che ha il color rosso e dorato del fuoco.
La terribile ondata (è acciaio) si versa nel secchio, schizzando da ogni parte scintille vive, abbaglianti. Fra quei fulgori, gli operai sembrano uomini miracolosi.
Poi il secchio, colmo fino all’orlo, si muove lentamente e va a collocarsi sopra la lunga fila degli stampi. Con una delicatezza di movimenti che non si immaginerebbe in quel colosso, il secchio si alza da un lato, si piega in avanti e versa dal beccuccio il suo tremendo liquido nella forma di terra refrattaria. Così di passo in passo, di secchio in secchio, con estrema esattezza, fino al termine della fila. Il minerale si raffredda, si solidifica, e dalla forma aperta esce un bel pane di metallo.
Nelle acciaierie di Terni si fabbricano corazze per le navi da guerra, ruote per le locomotive, verghe per la ferrovia, fili di ferro e di acciaio di vari spessori, prodotti che fanno onore alla metallurgia nazionale.
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Umbria
Fior d’amaranto,
all’Umbria diede il cielo l’ornamento
di ricche messi e d’un bel verde ammanto.
Qui nacque il Santo Abate che il lavoro
prescrisse unito con le preci in coro
e nacque inoltre il Santo dell’amore,
che dell’Italia nostra è protettore.
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Viti e uva ad Orvieto
La fama di Orvieto poggia du due solidi pilastri: il suo Duomo, che è un miracolo dell’arte; e il suo vino che è un miracolo di natura… Del paesaggio agricolo, la vite è elemento essenziale, ma non esclusivo. Qui, secondo un sistema che rispecchia ancora un’economia patriarcale, e sembra tuttora il più redditizio, vige la coltura promiscua. La vite si alterna all’olivo e fra alberata e alberata, opportunamente spaziate, rosseggia il maggese ed esplode, d’estate, il biondo del grano.
Le uve che qui si producono sono di specie diversa e si alternano una all’altra nello stesso vigneto. Rare sono le nere, perchè di resa mediocre. La gamma delle bianche è la più differenziata; ognuna ha la sua grana, il suo colore e sapore. C’è il ‘verdello’ dolcissimo di chicco piccolo e duro, con la buccia verdognola, che si macula a maturazione, di tenera ruggine; c’è il ‘procanico’ liquoroso, dal grappolo lungo; il ‘rupeccio’ con grani grossi compatti, di sapore asprigno; la pendula ‘malvasia’, il ‘grechetto’, che dona il più ricercato vin santo; c’è, sebbene meno pregiata, al pari del ‘montonico’, la grassa ‘vernaccia’ acquosa e caramellosa, ma di straordinaria resa.
La sapiente mescolanza di queste uve nella vinificazione, gioca sul grado di alcolicità del vino e sulla forza e delicatezza del suo profumo e sapore. Sta nella qualità delle uve, che il terreno e il sole insaporiscono di specifiche, irripetibili sapidezze, il segreto primo dello squisito ‘Orvieto’.
(A. Sestini)
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La leggenda della Verna
La Verna è il monte sacro dei francescano. Qui san Francesco ricevette le stimmate, il 14 settembre 1224. Oggi vi si ammira un grande monastero. Questo è unito alla chiesa da un corridoio. Ogni notte i frati lo percorrono per riunirsi in chiesa a pregare, nella cappella delle Stimmate. Una notte, mentre fuori fischiava il vento e turbinava la neve, il corridoio pareva più freddo del solito e i frati non lasciarono la cella e non si recarono a pregare. Allora gli animali del bosco lasciarono la loro tana, percorsero il corridoio e rimasero in chiesa al posto dei religiosi.
Essi, il giorno dopo, si accorsero del fatto, osservando le impronte lasciate dagli animali sulla neve. E neve nel corridoio e ancora neve in chiesa. Neve abbandonata dagli zoccoli e dalle zampe degli animali.
Da allora i frati, per quanto il freddo incrudelisse, non hanno mai tralasciato di raggiungere la cappella nel cuore della notte.
(A. Santi)
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La leggenda di Todi
L’origine della città di Todi risale ai tempi in cui una tribù di Umbri si accampò presso il Tevere.
Narra la leggenda che la principessa di questa tribù stava un giorno bagnandosi nel fiume quando, improvvisamente, vide calare dal cielo un’aquila, ghermire una parte delle vesti della fanciulla, alzarsi in volo verso il vicino colle e scomparire fra gli alberi che ne coprivano la cima.
La principessa non esitò. Uscì dal Tevere, si avviò su per il colle e, raggiuntane faticosamente la vetta, ebbe la lieta sorpresa di trovarvi le sue vesti. Guardandosi attorno non poca fu la sua meraviglia, stupita dalla bellezza del panorama che le si apriva davanti: laggiù la valle del Tevere appariva rigata dalle argentee acque del fiume e dei suoi affluenti; e la cingevano, tutt’intorno, boscose schiere di colli simili a onde di smeraldo coronate a loro volta da un’austera chiostra di montagne.
Che spettacolo incantevole! La principessa ne era commossa e pensava: “Dirò al re, mio padre, che ci porti ad abitare qui, sulla cima di questo colle”.
E difatti così avvenne. La tribù si trasferì sul colle, vi costruì le prime casupole e la vita di Todi ebbe inizio.
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L’Umbria e il suo santo
Siamo in Umbria, nella terra dei Santi e dei pittori, breve regione senza mare, raccolta fra le sue colline come un nido tra i rami di un albero, con le valli dove cresce il cipresso e dove si apre qualche sereno occhio di lago.
Il paesaggio umbro, come quello toscano, è intimamente italiano: non ha forse lo splendore del paesaggio napoletano, né le vastissime luci distese che fanno così belli i nostri cieli settentrionali, ma è quieto, sognante, raccolto.
Quando i nostri pittori del Quattrocento, dipingendo i quadri della vita di Gesù, dovettero raffigurare i colli, i fiumi di Palestina, non andarono laggiù, ma trovarono che la terra umbra, con le sue verdi colline, i suoi ruscelli e i suoi cieli al tramonto e all’alba, entro i quale era così bello immaginare voli di angeli e corone di cherubini, era ben degna di incorniciare la figura del figlio di Dio.
Assisi è nel cuore di questa terra. Il più grande dei santi, san Francesco, è nato, ha predicato ed è morto qui. Una grande chiesa, una chiesa a tre piani, l’unica al mondo costruita così, è dedicata alla sua memoria, eretta nel campo dove un tempo si seppellivano i giustiziati e dove, nella sua umiltà, il santo volle essere oscuramente sepolto.
(O. Vergani)
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Antichi usi e costumi
I sentimento religioso, profondamente radicato in un popolo come questo, attaccato alle tradizioni, si manifesta tra l’altro con ingenui racconti intorno alla vita di alcuni santi (Alessio, Antonio, Caterina, ecc.) oppure intorno alla Passione. Tali racconti, che vanno sotto il nome di ‘orazioni’, e sono considerati vere e proprie preghiere, sono cantati dai contadini nelle stalle durante le serate invernali.
Ogni paesino ha la sua Confraternita intitolata al santo del luogo: le entrate (elemosine, offerte) sono amministrate dai ‘santesi’ che preparano e organizzano le feste patronali.
Non mancano residui di superstizioni antiche come quelle ispirate dal terrore della morte; il sacerdote che porta il viatico a un morente non deve lasciar appoggiare la croce al muro della casa per evitare che vi resti appesa la morte e se una persona presenzia al decesso, deve fermarsi nella casa del morto per nove giorni affinché non porti in giro i germi della morte.
Nelle campagne si usa raschiare un po’ di intonaco dalle pareti di una ‘maestà’ (così sono chiamate le piccole cappelle sparse un po’ ovunque), racchiuderlo in sacchetto di tela e porlo al capezzale dell’ammalato; se questo muore, il sacchetto viene collocato nella bara; se guarisce, viene appeso come ex-voto in quella maestà.
I frati di alcuni conventi praticano ancora l’esorcismo, cioè la cacciata del diavolo da persone che ne sono credute invase: ma usano delle precauzioni per evitare che i diavoli, usciti dall’indemoniato, provochino temporali o grandinate.
La mattina del matrimonio, lo sposo, a cavallo con un certo numero di amici, si presenta alla casa della sposa e provoca la finta scena del suo rapimento. Segue la cavalcata nuziale fino alla chiesa.
La cucina umbra è tanto appetitosa quanto semplice e, come condimento, vi predomina lo squisito olio delle sue colline, accompagnato dai celebri tartufi neri e dal non meno famoso vino di Orvieto.
La più antica e caratteristica minestra è quella di farro che si ottiene facendo lentamente cuocere questo cereale, in un brodo di cosciotto di maiale.
(A. Basetti Sani – 1967)
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Feste tradizionali ad Assisi
Le principali feste tradizionali in Assisi sono: la festa del Perdono, la festa di San Francesco, la festa del Voto.
La festa del Perdono dal punto di vista religioso è la più famosa e richiama alla città un numero talvolta eccezionale di pellegrini. Essa ebbe origine, nel 1223, dalla concessione che papa Onorio III fece personalmente a San Francesco di un’indulgenza plenaria: peccati e pene a quelli annesse ottengono il perdono totale dopo la confessione, la comunione e la visita alla Porziuncola in Santa Maria degli Angeli. Dal 31 luglio al 2 agosto immense folle di fedeli, tra cui moltissimi vestiti nei caratteristici costumi regionali, sciamano per le vie della città, salgono all’eremo delle Carceri e scendono in pianura a Santa Maria degli Angeli, per pregare alla Porziuncola, alla cappella del Transito e a quella del Roseto. Nella grande Basilica, dal vespro del 31 luglio ha inizio la commovente veglia notturna che si protrae con solenni funzioni fino al mattino del 1 agosto.
La festa di San Francesco viene celebrata tra il 3 ed il 4 ottobre. La mattina del 3, nella Chiesa Inferiore dedicata al Santo, del quale in quel giorno si commemora la morte, dai vari comuni d’Italia viene effettuata la simbolica offerta dell’olio per la lampada votiva che sempre arde davanti alla tomba di San Francesco. Al tramonto dello stesso giorno è rievocato, in modo emozionante, il Transito, cioè la morte del Poverello di Assisi, e tale rievocazione, viene ripetuta poi, a tarda sera, anche nella basilica di Santa Maria degli Angeli.
La festa del Voto si svolge tra il 21 e il 22 giugno a ricordo della vittoria del 1241 sui Saraceni per opera ed intercessione di Santa Chiara. La sera del 21 giugno e mura, le torri, i campanili, le case si illuminano con migliaia di fiaccole. Tutto il popolo di Assisi rievoca la veglia d’armi, durante la quale Santa Chiara con le compagne pregò in San Damiano per ottenere che la città restasse libera e fosse così salva dai Saraceni. E’ uno spettacolo veramente fantastico!
(A. Basetti Sani – 1967)
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Giostra della Quintana
Questa rievocazione storico-cavalleresca, che si tiene a Foligno, risale al 1613. La Quintana è un fantoccio di legno, infisso in un perno girevole, che sorregge col braccio sinistro uno scudo e impugna con la mano destra un bastone munito di un anello. La Giostra, che si corre in settembre nel Campo dei Giochi, è una gara di destrezza fra dieci cavalieri che rappresentano altrettante contrade storiche della città: Ammanniti, Badia, Cassero, Contrastanga, Croce Bianca, Giotti, La Mora, Spada, Morlupo, Pugilli. Il cavaliere, compiendo il percorso al galoppo nel più breve tempo possibile, deve infilare con la lancia l’anello della Quintana ed evitare di perdere il cappello, in mantello, la staffa o altro.
La manifestazione si apre con la lettura del bando fatta dal balcone del Municipio ed è preceduta, la vigilia, da uno sfarzoso corteo di circa 500 persone in costume del 600: dame e cavalieri, valletti e palafrenieri, alabardieri, trombettieri e tamburini, che sfilano di sera attraverso la città alla luce di fiaccole e bengala. L’attrattiva della Giostra è costituita oltre che dalle prove di destrezza dei cavalieri, dallo scenografico spettacolo di questa massa in costume nella quale ai colori delle sete e dei broccati e allo splendore delle bellezze muliebri fanno riscontro lo sfolgorio delle corazze e delle armi e l’austerità dei magistrati.
(F. Monaco)
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La festa dei ceri a Gubbio
Come si fa a farla capire a chi non l’ha mai vista?
Tutta la città brucia e risplende in una specie di gioioso delirio.
Non c’è una posta, non c’è competizione sportiva, non c’è un palio da vincere e da conservare per un anno nella contrada, come in altre mirabili feste italiane. Nella forsennata corsa sul Monte con le tre pesanti macchine, fino al convento di sant’Ubaldo, con cui si conclude al crepuscolo la grande giornata, non c’è un primo e un ultimo arrivato.
I Ceri non devono sorpassarsi, né d’altronde lo potrebbero per quell’aspro viottolo; essi giungono lassù nell’ordine stabilito da sempre: Sant’Ubaldo, San Giorgio, Sant’Antonio. Soltanto se un schiera rallenta per un attimo la massacrante andatura, viene sbeffeggiata da quella che incalza. Si deve arrivare tutti insieme, ma nel minor tempo possibile.
I Ceri non dividono ma uniscono l’anima di Gubbio. E i ceraioli sono ricchi e operai, professionisti e commercianti, possidenti e contadini.
Lo spettacolo vero, il fatto straordinario e forse unico, quello che ti attira e trascina, ti fa fermare, lacrimare, urlare, è nello spontaneo entusiasmo di tutto il popolo, nella passione che prorompe irrefrenabile diresti non solo fagli uomini, ma anche dal cielo e dalle pietre…
Questo, nessuna parola lo potrà mai dire.
(M. Carafoli)
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Umbria
Situata proprio nel cuore della penisola, tutta a monti e a colline, essa si apre in conche e pianure lungo il Tevere che la attraversa, e lungo i suoi affluenti, che la rendono verde di muschi, di viti, di ulivi, di gelsi. Regione dunque essenzialmente agricola, in cui però non mancano le industrie (acciaierie, industrie delle ceramiche e delle maioliche artistiche, industrie dolciarie ed alimentari). Il capoluogo è Perugia, alta sopra il suo colle, con monumenti importanti, come il palazzo del Comune, la Cattedrale, l’arco Etrusco.
Ricordiamo il pittoresco lago Trasimeno, le sorgenti del Clitunno che scorrono limpide tra i salici; Spoleto, cinta di mura e dominata dalla rocca, Orvieto con il meraviglioso Duomo, Assisi dove visse San Francesco.
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Dolcezza umbra
Penso che l’Umbria è proprio questo: città e uomini con radici nel passato così profonde da essere ancora visibilmente vicini ad esse. Perciò i suoi artisti e i suoi santi poterono fondere nell’arte e nella religione l’amore della natura e delle cose della natura con l’amore degli uomini, in un dialogo che ha creato quella dolcezza che è il dono dell’Umbria e che è così raro, nei nostri tempi, trovare. Qui si riconquista quella dolcezza, anche se il destino moderno dell’Umbria sembra ripetere quello dell’Etruria sua madre. Tanta incantevole pace si paga dagli Umbri con un sentimento di abbandono, di segregazione. Nei loro discorsi, un po’ amari, ho scoperto un rammaricato rimprovero a tutti gli italiani. Molti mi hanno detto che l’Umbria è stata dimenticata o, come approfittando della sua dolcezza, la si lascia languire e intristire economicamente.
(G. Russo)
Umbria verde
In realtà l’Umbria, se se ne toglie qualche angoletto come le fonti del Clitunno o il Monteluco, non è più verde del Canavese o della Brianza; anzi il verde vi è meno deciso per lo spesseggiare delle pallide macchie degli uliveti e l’affiorare della roccia non appena i bordi dei pianori cominciano a guadagnare l’altezza e le colline a diventare montagne. Allora la civilissima campagna, cosparsa di fattorie, di ville, di borghi, e paesi compatti nella loro cinta di mura medioevali, si inselvatichisce e si spacca in burroni dove il verde si aggrappa a rupi che scoprono l’ossatura calcarea dell’Appennino umbro. E la stessa vegetazione dei fertili pianori non è tutta dolce di pioppi dalle foglioline tremolanti, ma vigilata qua e là da severi cipressi e da querce vigorose che vi stanno come le torri e le rocche degli abitanti.
(A. Fratelli)
Gubbio silenziosa
Sotto la montagna di Gubbio la campagna verde tagliata in rettangoli geometrici come pezze di diversi colori, fa posto a un paesaggio brullo, con boschi dal verde cupo dei lecci e sassi bianchi la dove la montagna fu spogliata. Nella città del lupo si entra per un vecchio arco e subito vi sorprende il silenzio straordinario che vi accoglie. a città pare deserta, abbandonata, e neanche la domenica vi sono automobili fastidiose. Dalla vasta piazza che è ai piedi delle mura si resta ad ammirare i palazzi e le case che si alzano sulle collina. Se si vuole ritrovare la nobile pace della provincia italiana, si deve venire a Gubbio, a riscoprire l’Umbria rimasta silenziosa e vergine, schiva e gentile.
(G. Russo)
L’albero dell’Umbria
L’ulivo è l’albero dell’Umbria. Collane di ulivi cingono i poggi con il loro grigio- verde, discendono sul lago, si arrampicano sui monti, fin dove il freddo non li respinge, contenti di poca terra, avviticchiando le radici alla roccia. Sono, massime in alto, piccoli ulivi fenduti, squartati, smidollati per resistere alle malattie di un clima troppo rigido, non più tronchi, ma cortecce bucate, nodose, contorte, che di notte sembrano anime in pena protendenti le braccia alle stelle. Essi stendono sul paesaggio una velatura di malinconia, e danno la ricchezza di un olio saporito come il burro, e biondo come il sole. Se la nota dominante dell’Umbria è la pace, questa pace nasce dal martirio. Come l’ulivo.
(M. Sticco)
Il Trasimeno
Il Trasimeno… un lago del silenzio e della solitudine. Tolti i battelli del servizio di circumnavigazione e qualche motoscafo, non vi sono che le barche dei pescatori che si costruiscono ancora come tanti secoli fa, con il ventre piatto per il basso fondo e con la prua sopravanzata per varcare i canneti. A ritrovarsi nel mezzo del lago si ha la sensazione di un vastissimo spazio, una sensazione che può dare solo il Trasimeno perchè non lo circondano montagne elevate né scogliere a picco, ma colline dolcemente sfumate e digradanti. Sulle colline biancheggiano vecchi castelli e le antiche abbazie. Le tre isole, la Polvese, la Maggiore e la Minore, sonnecchiano immerse in una luce celeste.
(O. Guerrieri)
Assisi
Quando si sale verso di essa dalla pianura di Santa Maria degli Angeli, la città si presenta chiara e luminosa, tutta distesa a scaglioni sovrapposti lunghi e sottili, da San Francesco, con le enormi costruzioni del sacro Convento, al campanile alto e snello di Santa Chiara e , più in su, alla torre poderosa e scura del Duomo.
Tutta in pietra di Subasio, rossa e grigio chiara, la città manda agli occhi un fulgore di luce quasi orientale. Più di accresce l’effetto in certi tramonti accesi, quando il largo dorso del Subasio, sovrastante alla città, assume un rosso di fiamma, quale massa di metallo incandescente. La vista di Assisi sfolgorante suscita allora l’impressione di un paradiso lontano, misterioso e inaccessibile. Colore e linee si fondono senza scomparire, in una lenta continua oscillazione di luce e d’ombra; e tutte le cose comunicano fra loro e con lo spirito di che guarda, in una mistica unità.
Accade talvolta che su questa assorta contemplazione arrivi il rintocco lento, solenne, oscillante della campana di San Francesco; vicinissima, e che pur sembra risonare da una misteriosa lontananza, direttamente dal cielo. Suono e visione, l’uno nell’altra, rapiscono lo spirito: non si guarda più e non si ascolta: il tempo si annulla e un attimo vale un secolo. Per quell’attimo, Assisi è il vestibolo dell’eternità-
(L. Salvatorelli)