Storia di Roma IMPERIALE – dettati ortografici e letture. Una raccolta di letture e dettati ortografici  di autori vari, per la classe quinta della scuola primaria.

Storia di Roma IMPERIALE – Augusto

Alla morte di Cesare, tutta Roma insorse contro gli uccisori: Cesare era stato il grande conquistatore della Gallia. Egli era stato amico del popolo e il popolo voleva vendetta. I congiurati fuggirono e, a Roma, pretese il potere Marco Antonio, luogotenente di Cesare durante le guerre vittoriose. Molti temevano la prepotenza di Antonio, e i Senatori gli erano avversari accaniti.
A Marco Antonio si affiancò, intanto, un giovane di vent’anni, Cesare Ottaviano, parente ed erede di Cesare. Dapprima i due furono d’accordo e si divisero il potere dello Stato: Antonio ebbe le terre d’Oriente, Ottaviano quelle d’Occidente. Ottaviano, però, era ambizioso e sicuro di sè ed aveva l’appoggio e l’amicizia del Senato. Appena Antonio, con i suoi errori, gliene diede l’occasione, mosse guerra contro di lui e lo sconfisse nella battaglia di Azio (Grecia). Antonio si uccise. Ottaviano rimase solo al potere.
Egli ottenne, allora, ogni autorità; fu, nello stesso tempo, console, dittatore, pontefice; ebbe i titoli di Augusto, che vuol dire “grande”, “divino”, e di Imperatore, che vuol dire “comandante supremo” delle legioni.
Con Cesare Ottaviano Augusto , nell’anno 27 aC finiva la Repubblica e cominciava l’Impero.
Augusto governò saggiamente lo stato e, dopo tante lotte, garantì ai Romani un lungo periodo di tranquillità. In Roma sorse un tempio dedicato alla Pace dove l’Imperatore stesso compiva le cerimonie dei sacrifici.
Trascorsero 27 anni e, in una lontana provincia dell’Impero, la Palestina, nacque Gesù.

Storia di Roma IMPERIALE – Ottaviano, Antonio e Cleopatra

Gli uccisori di Cesare fuggirono in tutta fretta per non essere massacrati dal popolo. La repubblica fu ancora sconvolta da sanguinose guerre civili che si conclusero con la vittoria di Caio Giulio Cesare Ottaviano, nipote del morto dittatore.
L’ultimo suo rivale fu Marco Antonio, un eccellente uomo di guerra che aveva avuto dal Senato il governo delle province d’Oriente.
Laggiù aveva sposato Cleopatra, regina d’Egitto, e s’era messo, lui, governatore romano, a regalare alla moglie regina, territori che appartenevano a Roma.
Ottaviano non poteva permetterlo e perciò gli mosse guerra. La guerra fra i due rivali fu decisa da una battaglia navale, ad Azio, nel mar Ionio, 15 anni prima che nascesse Gesù.
Antonio e Cleopatra avevano una flotta di grosse navi; le navi di Ottaviano erano invece piccole, ma agilissime, ed ebbero la meglio.
Ottaviano inseguì i vinti fino in Egitto. Là, i due si uccisero: Antonio con la propria spada; Cleopatra facendosi mordere da un aspide… e anche l’Egitto cadde in potere di Roma.

Storia di Roma IMPERIALE – La battaglia di Azio

La battaglia di Azio  fu combattuta il 2 settembre del 31 aC, tra le 250 navi leggere di Ottaviano e le 500 navi pesanti di Antonio: tra queste ultimi figurano 60 vascelli egizi, uno dei quali, riconoscibile dalla vela rossa, portava Cleopatra, regina d’Egitto. Lo scontro avvenne al largo del promontorio di Azio, sulla costa occidentale della Grecia. Su quella punta sorgeva un tempio dedicato ad Apollo, e i soliti bene informati, a Roma, andavano dicendo che Ottaviano  era figlio del dio… quindi un presagio era chiaro!
Non si capisce come mai Antonio, uno dei più bravi comandanti di cavalleria di Roma, abbia preferito dar battaglia per mare. Senza dubbio fu per accontentare Cleopatra, la quale invece aveva fiducia solo nella flotta. Imbarcò dunque 2.000 legionari e 3.000 arcieri. I marinai, in queste battaglie navali, avevano solo il compito di manovrare e di accostare le navi a fianco a fianco di quelle nemiche. La battaglia era allora affidata ai fanti, i quali combattevano sui ponti delle navi come a terra. I veterani di Antonio avevano protestato: ma Antonio aveva deciso che avrebbe giocato sul mare la sua sorte.
Un debole vento spinse la sua squadra verso quella di Ottaviano, il quale attendeva al largo e per un po’, allo scopo di allontanarsi bene da terra e trovarsi in acque libere rifiutò battaglia. Poi Agrippa diede l’ordine d’attacco. Arrivate in vicinanza delle pesanti navi nemiche, i suoi soldati cercarono di raggiungerle con giavellotti incendiari. La linea di Antonio si ritirò al centro e Agrippa si infiltrò subito nella breccia aperta. Nulla certo era ancora perduto ma Cleopatra, trovandosi al centro della terribile mischia, perse la testa. In pieno combattimento ruppe il contatto col resto della sua flotta e la sua vela purpurea, immediatamente seguita da tutte le vele egizie, s’allontanò verso l’Egitto. A questo punto anche Antonio perse il controllo: abbandonando la sua squadra, che cadeva sotto i colpi nemici, raggiunse la nave regale e si accasciò affranto sul castello della nave con la testa tra le mani.
Meno di un anno dopo la regina e il comandante fuggiasco si diedero la morte: Antonio, trafiggendosi con la propria spada, Cleopatra facendosi mordere da un serpente velenoso. Tutto, anche il suicidio, gli era sembrato preferibile alla vergogna di comparire come prigioniero nel trionfo di Ottaviano.
A Roma la notizia della vittoria di Azio fece tirare al popolo un sospiro di sollievo. Tutti avevano tremato prima che la sorte delle armi avesse deciso la contesa. Roma, come ben si sapeva, aveva vinto l’Oriente solo grazie alla sua disciplina e ai suoi metodi di guerra. Se ora generali romani, come Antonio, avessero tentato di organizzare quelle masse, che cosa sarebbe accaduto?
Cessò dunque la paura, si tirarono fuori dalle cantine le anfore di vino invecchiato nell’attesa del gran giorno: finalmente cominciava un’epoca di pace! E un piccolo uomo grassoccio, fino a poco prima ufficiale assai poco valoroso tra le file di Bruto, il buon poeta Orazio, versando nella sua coppa il vino migliore, esclamava: “Nunc est bibendum!” (si beva, orsù!).
Il sole di Azio rischiarava un mondo nuovo. Difatti, seguirà un lungo periodo di pace interna, operosa, che farà dimenticare un triste passato di sangue.

Storia di Roma IMPERIALE – Ritratto di Augusto

Bello di aspetto, il volto sempre calmo e sereno, anche nei momenti più difficili, Augusto sapeva infondere rispetto e quasi venerazione in chiunque. Un capo dei Galli, che aveva deciso di ucciderlo durante un colloquio, confessò poi di essere stato trattenuto, proprio per la serena maestà del suo volto.
Aveva abitudini e gusti semplici, non amava mostrarsi in pubblico per ricevere onori; spesso anzi entrava ed usciva dalla città solo di notte perchè nessuno lo vedesse e gli rendesse gli onori. Cortese con tutti, amato dal popolo, si meritò giustamente il titoli di Padre della Patria.
Quando Ottaviano ritornò a Roma vincitore, il Senato gli conferì tutte le cariche e tutti gli onori: nessuno, prima di lui, era stato tanto esaltato! Ma egli non si insuperbì.
Il senatore Valerio Messala a nome di tutti così lo salutò: “Salute a te e alla tua casa, Cesare Augusto; noi pregando gli dei per te, preghiamo felicità perpetua e lieti destini alla Repubblica; il Senato, d’accordo col popolo romano, ti acclama Padre della Patria.”
Augusto, con le lacrime agli occhi, rispose: “Ed io pregherò gli dei perchè mi concedano di godere del favore del Senato e del popolo romano fino all’estremo giorno della mia vita”.

Storia di Roma IMPERIALE – Carattere di Augusto

Nei giorni di udienza ammetteva perfino i plebei, alla rinfusa, e con tanta benignità accoglieva i desideri di chi andava da lui, che un giorno, vedendo l’esitazione di uno che non sapeva come porgergli la sua supplica, gli disse scherzando se aveva paura di lui come di un elefante dalla minacciosa proboscide.
Nei giorni in cui teneva seduta in Senato, entrava, e quando tutti erano seduti, salutava cordialmente per nome i singoli senatori, senza che alcuno gliene ricordasse il nome.
Usava modi cortesi con tutti e non mancava mai alle solennità dei suoi amici. Egli rispettò la libertà di tutti. Era senza dubbio molto amato.
I cavalieri tutti gli ani celebravano per due giorni di seguito il suo giorno natale; gli altri ordini gettavano ogni anno nel Foro una moneta rituale per la sua salute, e per capodanno gli offrivano la strenna in Campidoglio. Quando riedificò la sua casa sul Palatino dopo l’incendio che l’aveva distrutta, i veterani e tutte le classi cittadine gli offrirono grosse somme di denaro; ed egli non levò da quelle somme che un solo denaro per ciascuna.

Storia di Roma IMPERIALE – La pace romana

Dopo tanti anni di guerre, i popoli dell’Impero accettarono ben volentieri il governo di Augusto, che assicurava a tutti di poter vivere in pace sotto il segno di un’unica legge: quella romana.
Durante il suo lungo e pacifico regno, Roma divenne bella e bene organizzata città. Furono restaurati templi ed edifici, vennero demolite numerose vecchie case, si provvide a rafforzare gli argini del Tevere, si costruirono nuovi ponti ed acquedotti.
La città si arricchì di bellissimi palazzi e ville, di giardini , fontane di marmo, statue, portici per le passeggiate, di teatri, di fastosi templi, di meravigliosi monumenti, come l’Ara Pacis, e di una grandiosa piazza, chiamata Foro di Augusto.
Molte opere furono eseguite o abbellite col denaro dello stesso Imperatore; per questo il Senato conferì ad Augusto il titolo di Restauratore degli edifici sacri e delle opere pubbliche.
L’aspetto di Roma mutò tanto che Augusto ebbe a dire: “Ho trovato una città di mattoni e la lascio di marmo”.
Anche gli scrittori ed i poeti del tempo, nominando Roma, la chiamarono grande, bellissima, aurea, eterna.

Storia di Roma IMPERIALE – Il governo di Augusto

Nella sua bella casa privata sul Palatino, Augusto diresse l’amministrazione del vasto stato. Con alcune guerre di carattere difensivo allargò i confini a nord e ad est delle Alpi, portandoli al Danubio. L’impero si estendeva ora dalle coste dell’Atlantico all’Eufrate e al Mar Rosso, dalla Manica, dal Reno, dal Danubio e dal Mar Nero alle sabbie del deserto africano, per una superficie doppia di quella dell’impero di Alessandro Magno.
Ottaviano si propose di renderlo omogeneo con leggi ed ordinamenti uguali, di migliorarne l’amministrazione, di difenderne la sicurezza, di rinnovarlo moralmente. Per poter compiere questa grande opera, fu amante della pace; tornato a Roma dall’Egitto, chiuse le porte del tempio di Giano a significare che si inaugurava per tutto l’impero la Pax Romana.
Augusto riformò anche l’amministrazione delle province antiche e nuove; anzitutto divise l’impero in 25 province distinte in senatorie ed imperiali.
Erano senatorie, cioè governate da proconsoli eletti dal Senato, quelle (12 in tutto) di più antica conquista e quindi di pacifico dominio; imperiali quelle di recente conquista e poste nelle zone di confine, facili perciò a pericoli interni ed esterni: erano governate dall’imperatore per mezzo dei suoi luogotenenti o prefetti.
A tutti i funzionari delle province assegnò un regolare stipendio. Così si cominciò a formare una classe di impiegati statali, quella che noi chiamiamo burocrazia.
Riordinò anche l’esercito. Siccome il reclutamento obbligatorio non era più gradito ai Romani, organizzò un esercito permanente, formato di volontari stipendiati che prestavano servizio per vent’anni, e poi venivano congedati, ricevendo un premio in denaro o un pezzo di terra da coltivare.
Augusto curò anche la flotta e pose basi navali, una a Ravenna e l’altra a Miseno, una terza nel Mediterraneo occidentale per sorvegliare le coste galliche e spagnole, una quarta nel Ponto Eusino per il confine orientale.
Per la protezione della sua persona, istituì nuove coorti di soldati speciali detti pretoriani, dal nome del palazzo imperiale Praetorium.
Compì grandi lavori pubblici di abbellimento e di utilità: templi, archi, acquedotti, vie.
Augusto cercò anche di ravvivare il sentimento religioso, la moralità nei costumi, l’amore all’agricoltura, il patriottismo dei cittadini, che si erano rilassati per lo smodato desiderio delle ricchezze, del lusso, dei piaceri materiali; ma queste riforme ebbero scarso risultato.
Insieme con i suoi consiglieri, Mecenate ed Agrippa, incoraggiò la letteratura e l’arte che raggiunsero allora il massimo splendore.

Storia di Roma IMPERIALE – Augusto e il centurione

Un giorno l’imperatore Cesare Ottaviano Augusto se ne stava tra i suoi amici, quando seppe che un centurione chiedeva con insistenza d essere ricevuto. Ordinò che fosse fatto passare.
Appena vide il centurione, Augusto sorrise: riconosceva in lui uno dei suoi più fedeli soldati. Gli chiese che cosa volesse.
“Il tuo aiuto, Cesare. Un nemico invidioso delle terre che mi hai regalato, come a tutti i tuoi soldati, ha presentato in tribunale una grave accusa contro di me. Io so di avere il giusto diritto dalla mia parte; egli ha una grande autorità presso  i giudici che dovranno dare la sentenza; perciò sono venuto a chiederti di difendere la mia causa”.
I presenti si guardarono tra loro sbalorditi. Come osava, un modesto centurione, parlare così al signore di Roma?
Ma Augusto ben conosceva quel soldato; sapeva che veramente era stato fedele e valoroso. Gli additò allora una persona che gli sedeva accanto, e che era un famoso avvocato.
“Ecco, questo mio amico ti difenderà davanti ai giudici perchè il tuo buon diritto trionfi. Va’ pure tranquillo”.
Ma il centurione non si mosse. Poi alzò fieramente il capo e, aprendo la veste sul petto, mostrò le ferite che lo solcavano.
“Cesare, quando nella battaglia di Azio la tua fortuna e la tua vita erano in pericolo, io non incaricai nessuno di difenderti, ma lo feci io stesso”.
Augusto tacque, colpito; poi, guardando il soldato: “Hai ragione!” disse, “Va’ senza paura: verrò io stesso in tribunale a difendere la tua causa”. (C. Lorenzoni)

Storia di Roma IMPERIALE – Ave, o Cesare

L’imperatore Cesare Augusto tornava a Roma dopo aver vinto una grande battaglia. Un popolano gli andò arditamente incontro e gli presentò un corvo, al quale egli aveva insegnato a dire: “Ave, o Cesare, vittorioso imperatore!”.
Augusto, sorpreso e lusingato, volle l’uccello e diede in cambio una forte somma di denaro.
Un povero ciabattino, che aveva assistito alla scena, con i pochi suoi risparmi comperò subito un bel pappagallo e cominciò ad ammaestrarlo,  perchè salutasse l’imperatore con le stesse parole del corvo. Ma il pappagallo stentava ad imparare e il povero ciabattino, sfiduciato, dopo ogni prova ripeteva: “Oh povero me, ho sciupato tempo e denaro!”.
Finalmente il pappagallo riuscì a ripetere le parole del saluto ed il ciabattino, contento e pieno di speranza, si presentò ad Augusto. L’uccello, sollecitato, disse con bella voce e molta sicurezza: “Ave, o Cesare, vittorioso imperatore!”.
Ma Augusto, udito il saluto, rispose disgustato: “Via! Via! Ho pieni gli orecchi di questi saluti!”.
Il povero ciabattino stava per andarsene mortificato, quando all’improvviso il pappagallo, con sfacciata petulanza, si mise ad urlare: “Oh povero me, ho sciupato tempo e denaro!”.
Augusto rise a quelle parole, richiamò il ciabattino e comprò il pappagallo a caro prezzo.

Storia di Roma IMPERIALE – L’Altare della Pace

In onore dell’Imperatore un mese dell’anno prese il nome di Agosto, che vuol dire mese di Augusto. Gli avrebbero voluto innalzare anche un tempio, ma egli non volle. Preferì che, nel cuore di Roma, sorgesse un nuovo monumento, chiamato l’ “Altare della Pace”.
Aveva forma quasi quadrata ed era costruito tutto in marmo, con due fronti e una porta per ogni fronte; internamente vi era l’altare o ara. Il monumento, privo di colonne, era percorso da magnifici bassorilievi, dove erano sculture rappresentanti una solenne processione: la processione di uomini, donne e bambini, che portavano i loro voti all’altare della pace, promettendo di essere sempre pacifici e concordi.
Nel periodo della pace di Augusto progredirono gli studi e la cultura. Visse allora il poeta Virgilio, il più grande poeta latino e uno dei più grandi dell’umanità.
Inoltre vanno ricordati Orazio, Tibullo, Ovidio, anch’essi poeti, e il grande Tito Livio.

Augusto

Augusto fu l’ultimo console e il primo imperatore romano. Il destino gli aveva preparato un grande avvenire. Non per nulla, mentre, ancora fanciullo, aveva chiesto ad un indovino che cosa li prediceva per il futuro, l’indovino stesso gli si era inginocchiato davanti. Tuttavia egli era di animo mite e giusto e benevolo.
Ad un soldato che gli diceva di difenderlo davanti ai giudici rispondeva dapprima: “Ti manderò in difes il mio migliore avvocato”.
Ma siccome il soldato insisteva dicendo: “Quando mi chiamasti per la guerra io stesso venni e non mandai altri!”, Augusto aggiunse pronto: “Hai ragione! Verrò io stesso!”.

Storia di Roma IMPERIALE – Virgilio

A Roma si diceva “Virgilio consuma più olio che vino”. Ciò voleva dire che Virgilio studiava, anche di notte, al lume della lucerna e che era sobrio, cioè mangiava poco e beveva meno.
Egli diceva di sè “Sono nato in un solco di campo, presso Mantova”. Infatti era nato da famiglia contadina, a Pietole. Si narrava che, appena nato, trovandosi in una culla, n mezzo al campo, uno sciame di api si erano posate sui rosi labbruzzi. Da grande divenne poeta dolcissimo. Le sue parole sembravano davvero di miele.
A Roma fu molto stimato dall’Imperatore Augusto e protetto da un ricco patrizio di nome Mecenate.
Egli scrisse, tra l’altro, un grande poema, nel quale narrò la storia di Enea e la fondazione di Roma. Perciò quel poema fu intitolato Eneide.
I versi dei poeti, allora, venivano cantati, con l’accompagnamento della lira, strumento musicale con cinque corde di metallo.
Nei suoi versi, Virgilio annunciava tempi nuovi, di pace e di bontà, nei quali non avrebbe più contato la forza, ma la dolcezza e la mansuetudine.
Il grande poeta morì a Brindisi nel 19 aC  e fu sepolto a Napoli, in faccia al mare da cui era venuto l’eroe del suo poema.

Virgilio

Virgilio fu un grande poeta vissuto durante l’impero di Augusto. Egli amava la natura, gli animali e le piante; preferiva la vita campestre e si affliggeva che l’agricoltura fosse, ai suoi tempi, in abbandono. La sua opera più importante fu l’Eneide, dove volle celebrare la sua patria dalle origini fino ai tempi di Augusto. Secondo le ultime volontà di Virgilio, questo poema doveva essere distrutto, ma dobbiamo ad Augusto se ancora possiamo leggere i versi armoniosi dell’Eneide.

Storia di Roma IMPERIALE – Quanti erano i cittadini romani

“Nel mio sesto consolato feci il censimento del popolo… Risultarono allora censiti 4.063.000 cittadini romani. E poi di nuovo ripetei la stessa cerimonia da solo col potere consolare, durante il consolato di Caio Censorino e Gaio Asinio. E furono in questo lustro censiti 4.233.000 cittadini romani. Per la terza volta, rivestito del potere consolare, feci il censimento avendo collega il mio figliolo Tiberio Cesare, quand’erano consoli Sesto Pompeo e Sesto Apulio; e risultarono allora cittadini romani 4.037.000” (da Res gestae divi Augusti)

Storia di Roma IMPERIALE – Roma grande emporio della terra

Il mar Mediterraneo come una cintura cinge il centro del mondo e il centro del vostro dominio; e intorno al mare si stendono i continenti colmi di ricchezze sempre a vostra disposizione. Qui affluisce, da ogni parte della terra e del mare, quello che producono le varie stagioni, le singole regioni, industrie di Greci e di barbari: per vedere tutte queste diverse cose, bisognerebbe viaggiare per tutta la terra, ma basta venire nell’Urbe. Tutto quello che si produce e si fabbrica nei singoli paesi, qui si trova. E così numerose approdano qui le navi mercantili in tutte le stagioni ad ogni mutare di costellazione, cariche di ogni sorta di mercanzie, che l’Urbe si può paragonare al grande emporio generale della terra.
E così forti carichi di vedono arrivare dall’India e perfino dall’Arabia felice da far venire il dubbio che in quei paesi siano rimasti spogli gli alberi, e gli abitanti debbano venir qui a domandare i loro prodotti quando ne hanno bisogno; e le stoffe di Babilonia e gli altri generi di lusso di quelle lontane terre barbare si vedono arrivare con molta maggiore frequenza e facilità delle mercanzie inviate da Cidno ad Atene in altri tempi.
Sono vostri granai l’Egitto, la Sicilia e la Libia nella parte abitata. (Elio Aristide)

Storia di Roma IMPERIALE – L’impero di Augusto

L’Impero Romano si stendeva ormai, con Augusto, dal Reno al Danubio, a nord, fino al deserto dell’Africa ed alle montagne dell’Atlante, a sud; dall’Atlantico, ad ovest, fino al Mar Nero, al Ponto, alla Siria, al Mar Rosso, ad est.
“Allargai i confini di tutte le province del popolo romano, alle quali erano confinanti popolazioni che non obbedivano al nostro dominio. Sottomisi le province delle Gallie e delle Spagne, e similmente la Germania, seguendo il confine dell’Oceano, da Cadice alla foce dell’Elba. Assoggettai le Alpi, dalla regione prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, a nessuna gente recando guerra ingiustamente” (da Res gestae divi Augusti)

Storia di Roma IMPERIALE – Giustizia e generosità di Augusto

Un giorno un suo parente gli propose di mandare gli eserciti di Roma contro un piccolo popolo africano che nulla aveva fatto per meritarsi un sì tremendo castigo. Il cattivo consigliere diceva all’Imperatore: “In pochi giorni i nostri soldati conquisteranno un regno; quel popolo non si aspetta la nostra aggressione e certamente cederà senza combattere”.
Ebbene, sai come rispose Augusto? Augusto rispose così: “I Romani non si macchieranno mai di un tale delitto; la nostra forza sta nella giustizia e non nelle armi”.
Un’altra volta l’imperatore Augusto si trovò  a dover giudicare un povero colto nell’atto di rubare un pezzo di pane. Il reo si scusò in questo modo: “Rubai perchè avevo fame. Sono disoccupato”.
Pronto l’imperatore rispose: “Il furto è furto e ti condanno. Tuttavia eccoti una moneta d’oro. Espiata la condanna potrai andare avanti finchè non avrai trovato lavoro”

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Storia di Roma IMPERIALE – Altri imperatori della famiglia Giulio – Claudia

Storia di Roma IMPERIALE – Tiberio (14 – 37 dC)

Negli ultimi anni della sua vita Augusto aveva adottato e designato come erede il figliastro Tiberio, nato da Livia, sua terza moglie, appartenente all’antica e orgogliosa gens Claudia. Tiberio fu accettato tanto dal Senato che dall’esercito e con lui l’impero si trasmise per 54 anni alla famiglia Giulio – Claudia.
Nel primo anno governò saggiamente e riportò anche successi militari contro i Germani del Reno, che avevano distrutto un esercito romano. Ma negli ultimi anni Tiberio, divenuto sospettoso e crudele, si macchiò di numerosi delitti.
Ritiratosi a cercare sicurezza e pace nell’incantevole isola di Capri, lasciò il governo di Roma in mano del suo ministro Elio Seiano, che commise ogni sorta di prepotenze, finchè fu fatto uccidere dallo stesso imperatore.
Tiberio morì nel 37 dC, lasciando cattiva memoria di sè.
Negli ultimi anni del suo regno, a Gerusalemme, era stato crocefisso Gesù e i suoi discepoli si erano sparsi nelle regioni mediterranee  a diffondervi la sua dottrina: nascela così il cristianesimo.

Storia di Roma IMPERIALE – Tiberio

Ad Augusto, morto nel 14 dC, successe il figliastro Tiberio. Costui, in principio, governò saggiamente e vinse i Germani, che avevano distrutto un esercito romano. In seguito, però, divenne crudele e commise numerosi delitti. Resse l’impero non più da Roma, ma da Capri. Durane il suo regno fu crocefisso Gesù.  A Tiberio successero parenti deboli, o pazzi e crudeli.

Storia di Roma IMPERIALE – Caligola (37 – 41 dC)

Verso la fine del suo principato, Tiberio aveva dimostrato benevolenza verso un nipote, Caio, soprannominato Caligola perchè fin da bambino soleva portare le calzature militari dette caliga. Il Senato lo accolse come successore. Aveva 24 anni.
Al principio del suo regno si mostrò mite e deferente verso il Senato, ma presto, o per disposizione naturale o per una malattia che ne alterò profondamente la ragione, cominciò a commette atti folli e crudeli, sperperando ricchezze, condannando a morte i cittadini più ricchi, per confiscare i loro beni.
Fu ucciso da una congiura di pretoriani in un corridoio del palazzo.

Storia di Roma IMPERIALE – Claudio (41 – 54 dC)

Dopo questa terribile esperienza, il Senato avrebbe voluto un ritorno della repubblica. Ma i pretoriani acclamarono imperatore uno zio di Caligola, Claudio. Aveva 50 anni: uomo più di studio che d’azione, era d’animo mite e debole, inesperto di politica.
Restaurò con saggia amministrazione le finanze, rovinate dalle spese pazze di Caligola, tanto che potè costruire opere pubbliche di grande utilità: un nuovo acquedotto, che si considera uno delle più grandiose opere dell’ingegneria romana; un canale emissario del lago Fucino; l’allargamento del porto di Ostia, perchè potessero approdare le grandi navi da carico.
Con una fortunata spedizione militare fu conquistata la parte meridionale della Britannia.
Ma, vittima della sua debolezza, si lasciò raggirare dagli scaltri liberti, che divennero potenti alla sua corte, e dalla moglie ambiziosa e corrotta, Messalina.
Non migliore fu la seconda moglie di Claudio, Agrippina, già vedova, con un figlio dodicenne, Lucio Domizio Nerone. Questa donna ambiziosa, volendo assicurare l’impero al proprio figlio, circuì così abilmente il debole marito, da fargli diseredare Britannico, figlio di Claudio e di Messalina.
Poco dopo Claudio morì improvvisamente. Corse voce che Agrippina lo avesse avvelenato. I pretoriani, addomesticati e corrotti, acclamarono Nerone, e il Senato, sempre arrendevole, ne confermò l’elezione.

Storia di Roma IMPERIALE – Nerone

L’ultimo imperatore della famiglia di Tiberio fu Nerone. Egli ben presto iniziò una lunga serie di delitti. Il popolo lo accusò anche dell’incendio di Roma, che nell’anno 64 distrusse i quartieri più popolari della città. Temendo l’ira del popolo, Nerone gettò la colpa sui cristiani. Cominciò così la prima grande persecuzione, nella quale molti martiri morirono tra i più atroci tormenti.
Il malcontento contro Nerone dilagò ugualmente: la Giudea, la Gallia e la Spagna si ribellarono.
Nerone fuggì da Roma e, per non cadere vivo in mano nemica, si fece uccidere da uno schiavo. Alla sua morte scoppiarono feroci lotte per la conquista del potere.

Storia di Roma IMPERIALE – Nerone (54 – 68 dC)

Nerone saliva al trono a 17 anni. I primi cinque anni del suo governo, nei quali si lasciò guidare dai due precettori, il generale Burro e il filosofo Seneca, furono felici.
Poi i cattivi istinti ereditati dalla famiglia Claudia degeneraa, esplosero in lui sotto forma di viltà e ferocia e, cominciò l’orrenda serie dei suoi delitti.
Temendo che gli fosse contrapposto il fratellastro Britannico, lo fece avvelenare; al fratricidio seguì presto l’uccisione della madre.
Essendosi scoperta una congiura contro di lui, fu preso dal terrore e mandò a morte un grandissimo numero di persone, anche innocenti. Tra le vittime più famose furono il poeta Lucano, il suo maestro Seneca e lo scrittore Petronio, che era stato fino al giorno prima suo amico.
Ma il più grande delitto che la voce pubblica attribuì a Nerone fu l’incendio di Roma, che nel 64 distrusse vari quartieri della città. Forse l’incidente era casuale, ma il popolo esasperato minacciava vendetta: si diceva che l’imperatore volesse distruggere la città per ricostruirla più bella sulle sue rovine, oppure che volesse esaltarsi alla vista di un colossale incendio per trarre ispirazione a un poema sulla caduta di Troia.
Per discolparsi, Nerone accusò a sua volta i cristiani. L’accusa di Nerone trovò facilmente credito negli animi esasperati che esigevano la punizione dei colpevoli. Parecchi cristiani, arrestati, sotto le torture cedettero e si confessarono rei. Cominciò allora la prima grande persecuzione: molti cristiani furono condannati al rogo o dati in pasto alle belve. In questa persecuzione fu crocefisso l’apostolo Pietro e poi decapitato Paolo.
Ma il malcontento dilagava da per tutto, fra gli stessi pretoriani; la Giudea insorse e Nerone fu costretto a mandarvi contro il generale Vespasiano. Insorsero la Gallia e la Spagna, e le legioni colà stanziate proclamarono decaduto Nerone ed elessero il generale Galba, il quale marciò su Roma. Nerone, spaventato, fuggì nella sua villa, sulla via Nomentana, e per non cadere vivo nelle mani degli inseguitori, si fece uccidere da uno schiavo.
Con lui si spense la funesta dinastia dei Claudi. Le legioni più forti decidono ora la scelta dell’imperatore.
Dopo due anni di anarchia militare, durante i quali si succedettero tre imperatori (Galba, Ottone e Vitellio), che si combatterono tra di loro e morirono tutti violentemente, la pace e l’ordine furono restaurati per opera di Tito Flavio Vespasiano, fondatore della dinastia dei Flavi.

Storia di Roma IMPERIALE – Le torce viventi

La notte non era ancora discesa, e già la folla si riversava nei giardini cesarei, per assistere allo spettacolo. Roma conosceva già lo spettacolo dei roghi, non mai però s’era veduto un così gran numero di condannati. Nerone e Tigellino avevano deciso di farla finita con i cristiani, ed avevano perciò ordinato che si sbarazzassero tutti i sotterranei, non lasciandovi che un piccolo numero di vittime da servire agli spettacoli di chiusura.
La folla, entrando nei giardini, si faceva muta di meraviglia. In tutti i viali si ergevano pali spalmati di ragia, ai quali erano legati i cristiani. Dai punti più alti, dove gli alberi non impedivano la vista, si scorgevano interminabili file di pali e di condannati, cinti di fiori, d’edera e di mirto. Il numero delle vittime era più grande di ogni immaginazione.
Intorno a ciascun palo sostavano persone a gruppi, e un dubbio si manifestava in molti con la domanda: “Possibile che vi siano tanti colpevoli?”. Oppure: “Come possono aver incendiato Roma questi bambini, che ancora non si reggono da sè?”. Al dubbio e allo stupore succedeva il turbamento.
Scese la notte, e nel cielo brillarono le prime stelle. Ad ogni condannato si avvicinò uno schiavo, provvisto di fiaccola: e, quando lo squillo delle trombe risuonò da più punti del giardino ad annunciare che lo spettacolo cominciava, ciascuno depose la torcia ai piedi di un rogo.
La folla tacque; un alto gemito si levò nei giardini, e poi non si udirono che grida strazianti. Alcune vittime, però, fissando gli occhi al cielo scintillante di stelle, intonarono inni di gloria a dio. Lo spettacolo era appena cominciato, quando Nerone apparve in una magnifica quadriga circense, tirata da cavalli bianchi. Tratto tratto si arrestava per meglio godersi lo spettacolo di qualche vittima, poi proseguiva, seguito dal suo corteo. Giunto infine alla gran fontana, scese dalla quadriga e si confuse tra il popolo. Evviva e battimani lo accolsero; senatori, sacerdoti e soldati lo circondarono, ed egli, con ai lati Tigellino e Chilone, fece il giro della fontana, intorno alla quale ardevano più di dieci vittime.
I pali erano già quasi tutti arsi ovunque, e cadevano attraverso i viali, diffondendo intorno scintille, fumo, odore di legno e carne bruciata. Poi i fuochi man mano si spensero e sul giardino dominarono le tenebre della notte. La folla faceva ressa alle uscite. Cominciavano a udirsi voci di compassione per i cristiani: “Se non è vero che hanno incendiato Roma, perchè tanto sangue? Perchè tante torture e tante ingiustizie? E i numi non vendicheranno quegli innocenti? Come placare il loro sdegno?”.
Si udivano sempre più frequenti le parole “vittime innocenti”. Le donne piangevano la morte dei bambini gettati alle belve, crocefissi e bruciati vivi in quei maledetti giardini. Il sentimento di pietà traeva dai cuori maledizioni a Nerone e Tigellino.
Molti chiedevano a se stessi e agli altri: “Ma che dio è il loro che dà tanta forza di sopportare il martirio?”. E rientravano pensosi nelle loro case. (E. Sienkiewicz, da Quo vadis?)

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Storia di Roma IMPERIALE – La dinastia dei Flavi (69 – 96)

Storia di Roma IMPERIALE – Vespasiano

Nell’Impero tornò la pace con Tito Flavio Vespasiano. Egli governò ottimamente. Aprì le scuole con maestri pagati dallo stato, fece costruire grandi edifici pubblici, fra i quali l’anfiteatro Flavio, detto Colosseo.

Storia di Roma IMPERIALE – Tito Flavio Vespasiano

Fu acclamato imperatore, alla fine del 69, dalle sue legioni stanziate in Oriente per la guerra giudaica. Lasciata al figlio Tito la direzione della guerra, egli venne a Roma, dove fu accolto come un pacificatore e fu riconosciuto dal Senato.
In 10 anni di ottimo governo, riparò a tutte le sciagure che dai tempi di Nerone avevano afflitto l’impero.
Creò delle scuole con maestri stipendiati dallo stato e compì grandi opere pubbiche, fra le quali l’anfiteatro Flavio, chiamato poi Colosseo, capace di contenere 50.000 spettatori.

Storia di Roma IMPERIALE – Tito

A Vespasiano successe il figlio Tito, detto delizia del genere umano per la sua bontà. Se non compiva qualche buona azione in una giornata diceva: “Ecco un giorno perduto!”. Governò solamente tre anni. Ebbe il dolore di vedere la città di Pompei, Stabia ed Ercolano distrutte e sepolte da una tremenda eruzione del Vesuvio (79 dC).

Storia di Roma IMPERIALE – Tito

A Vespasiano successe il figlio Tito, che aveva condotto a termine felicemente la guerra giudaica, espugnando Gerusalemme. In suo onore fu costruito l’Arco Trionfale.
Per la mitezza e la generosità che lo distinguevano, meritò di essere chiamato “delizia del genere umano”.
Durante il suo breve e pacifico regno una violenta eruzione del Vesuvio, nell’anno 79, seppellì le città di Pompei, Ercolano e Stabia.

Storia di Roma IMPERIALE – La distruzione di Pompei

Da parecchi giorni la terra era scossa da un lieve terremoto; a un tratto le scosse divennero più violente. Una grossa nuvola nera di cenere, interrotta da lingue di fuoco, usciva dal cratere del Vesuvio e si ingrandiva sempre più: discese dal monte, coprì i campi e giunse fino al mare.
La terra sprofondò. Donne, uomini, bambini, fuggirono terrorizzati dalle loro case, urlando, piangendo, invocando gli dei. Non si vedeva nulla: i fanciulli chiamavano la mamma,  le mamme i figli, i mariti le spose. Sembrava giunta la fine del mondo.
Anche a Pompei si udì un terribile boato e sulla città sembrò scendere la notte. Moltissimi si trovavano nell’anfiteatro ad assistere ad uno spettacolo di gladiatori. I cittadini, impazziti di terrore, si riversarono sulla strada che conduceva al mare. Alcuni riuscirono a salvarsi, altri si attardarono nelle loro case per prendere i gioielli e i denaro. Di questi ultimi nessuno si salvò: morirono asfissiati dalle ceneri e dai vapori ardenti. Pompei fu sepolta e così Ercolano e Stabia.

Storia di Roma IMPERIALE – La famosa eruzione del Vesuvio del 79

Lo scrittore romano Plinio il Giovane ci ha lasciato in una sua lettera questa viva e impressionante descrizione dell’eruzione del Vesuvio che nel 79 seppellì le città di Pompei, Ercolano e Stabia. Lo zio dello scrittore, Plinio il Vecchio, considerato il più grande naturalista romano e autore di una Storia Naturale, spinto dall’amore della scienza, accorse, incurante del pericolo, per osservare da vicino il fenomeno, ma trovò la morte.
“La nube, che da lontano era difficile capire da qual monte sorgesse (solo più tardi si seppe che proveniva dal Vesuvio), somigliava per la sua forma ad un albero, più precisamente ad un pino, poichè, dopo essersi levata assai in alto, come un tronco altissimo, si ramificava intorno e appariva ora bianca, ora nerastra, secondo che era più carica di terra o di cenere.
Come era naturale, dato il suo amore alla scienza, mio zio credette che quel grandioso fenomeno fosse degno di essere esaminato più da vicino.
Ordinò dunque che gli si apparecchiasse la sua lancia (egli si trovava a Miseno, al comando della flotta romana) e stava già per uscire di casa, quando ricevette un biglietto di Rectina, moglie di Casco, atterrita dall’imminente pericolo, poichè la sua villa stava ai piedi del Vesuvio, nè altro scampo vi era se non per mare, e pregava affinchè egli volesse salvarsi da sì grande catastrofe.
Allora mio zio mutò consiglio e si accinse ad affrontare col più grande coraggio ciò che prima pensava di osservare con interesse di studioso.
Fece venire delle quadriremi, vi montò sopra egli stesso e partì per portare soccorso, non solo a Rectina, ma a molti altri, poichè la spiaggia bellissima assai era popolata.
A mano a mano che le navi si avvicinavano, una cenere più spessa e più calda pioveva su di esse; già cadevano tutt’intorno lapilli e scorie ardenti, già si era formata una improvvisa laguna, profotta dal sollevamento del fondo del mare, e il lido era reso inaccessibile peri cumuli di lapilli.
Allora, dopo essersi fermato, alquanto incerto se tornare indietro o procedere oltre, mio zio disse al pilota, che gli consigliava appunto di guadagnare l’alto mare: “La fortuna aiuta i forti: drizza la prua verso la villa di Pomponiano”.
Pomponiano si trovava a Stabia… Mio zio, portato là dal vento assai favorevole alla sua navigazione, abbraccia il suo amico tutto tremante, lo rincuora, lo esorta a farsi coraggio…
Frattanto dal Vesuvio, in più punti, si vedevano rilucere vasti incendi, il cui fulgore era accresciuto e fatto più palese dalle tenebre della notte…
Si consultarono fra loro se chiudersi dentro o se fuggire per l’aperta campagna; poichè, da un lato, le case ondeggiavano per i frequenti terremoti e sembrava che, schiantate dalle fondamenta, fossero gettate ora su un fianco ora su un altro e poi rimesse a posto; dall’altro lato, all’aperto, la pioggia delle pomici, sebbene leggere e porose, non incuteva minor paura. Tuttavia il confronto fra i due pericoli fece scegliere quest’ultimo partito: si scelse dunque l’aperta campagna…
Essi escono e si proteggono il capo, coprendosi con dei guanciali, che legano mediante lenzuoli, precauzione necessaria contro la tremenda pioggia che veniva dall’alto.
Altrove era giorno, ma là dove essi erano perdurava la notte, la più nera ed orribile fra tutte le notti, squarciata solo da un gran numero di fiaccole e da lumi d’altro genere.
Si credette bene accostarsi alla riva e vedere da vicino quello che il mare permettesse di tentare. Ma le onde erano sempre grosse e agitate da un vento contrario.
Qui, sdraiato sopra un lenzuolo che aveva fatto distendere per terra, mio zio chiede e bevve due volte dell’acqua fresca. Poi le fiamme e l’odor di zolfo, che le preannunciava, fecero fuggire tutti gli altri e costrinsero mio zio a levarsi in piedi. Si rizzò, appoggiandosi  a due schiavi, ma cadde immediatamente, come fulminato.” (Plinio il Giovane)

Storia di Roma IMPERIALE – Gli scavi di Pompei

Dopo diciassette secoli, furono iniziati gli scavi per riportare alla luce Pompei. Chi si reca oggi a visitarla, vede com’era una città al tempo di Roma antica: lunghe vie lastricate, il Foro, le terme, i templi, le case adorne di statue e affreschi, i colonnati, i giardini.
La vita a Pompei si è fermata, ma le rovine della città ci parlano ancora di quel tempo antico.

Storia di Roma IMPERIALE – La morte di Plinio

Plinio il Vecchio era un illustre scienziato. Durante l’eruzione del Vesuvio volle studiare da vicino il fenomeno e nello stesso tempo portare aiuto all’amico Pompeiano che si trovava a Stabia. Fece allestire alcune navi e partì.
Nonostante la pioggia di pietre e di ceneri ardenti, egli riuscì a giungere a Stabia.
L’indomani Plinio, Pompeiano e altri tentarono di avviarsi a piedi verso la spiaggia, ma lungo la strada l’aria, mista a vapori di zolfo, si faceva sempre più irrespirabile e Plinio morì soffocato, vittima della sua generosità.

Storia di Roma IMPERIALE – Domiziano (81 – 96)

Successe al  fratello Tito. Domiziano era avido di ricchezze  e feroce. Volendo trasformare l’impero in una monarchia assoluta, lottò contro il Senato, che fu decimato.
Si circondò di delatori e, abusando della legge di lesa maestà, processò ed uccise i cittadini più ricchi, per impadronirsi dei loro beni. Finì pugnalato.
Il Senato ne condannò la memoria e cancellò il suo nome dai monumenti pubblici.

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Storia di Roma IMPERIALE – Gli imperatori d’adozione

Storia di Roma IMPERIALE – Nerva (96 – 98)

Dopo l’assassinio di Domiziano, il Senato per impedire che l’esercito o i pretoriani acclamassero il nuovo imperatore, scelse prontamente uno dei suoi membri: il vecchio e stimato Cocceio Nerva. Con Nerva comincia un nuovo sistema di successione, cioè l’adozione.
Il nuovo eletto si associò come collega un giovane e valoroso generale, Ulpio Traiano, e lo designò come successore alla propria morte.
Gli imperatori d’adozione furono Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio.
Furono tutti uomini saggi ed illuminati, oltre che uomini d’azione e di pensiero. La loro età fu la più felice dell’impero.

Storia di Roma IMPERIALE – Traiano

Dopo qualche anno di pessimo governo, l’Impero Romano fu retto da alcuni saggi imperatori. Fra essi grande e valoroso fu Traiano. Intrepido soldato ampliò l’impero, conquistando la provincia della Dacia (l’attuale Romania) e la provincia dell’Arabia. Diminuì le tasse, ebbe a cuore i poveri e gli orfani.

Storia di Roma IMPERIALE – Traiano (98 – 117)

Nativo della Spagna, fu il primo imperatore non italiano. Valoroso soldato, moralmente onesto e giusto, egli ampliò al massimo i confini dell’impero, diminuì le imposte, amministrò la giustizia con mitezza, creò istituti di beneficenza a favore dei poveri e degli orfani.
Combattè i Daci, che si erano stabiliti a nord del Danubio inferiore, dov’è l’attuale Romania, e li sottomise, creando la nuova provincia della Dacia. Ivi pose un forte presidio e numerose colonie; edificò città, ponti e monumenti dov’era prima il deserto.
La moderna Romania conserva nel nome, come pure nella lingua, il ricordo della dominazione romana.
Per celebrare questa vittoria, fu elevata in mezzo al Foro Traiano la magnifica Colonna, alta 43 m, rivestita esternamente da una fascia di bassorilievi, che rappresentano episodi della guerra dacica. In alto vi era la statua di Traiano in bronzo.
Traiano combattè anche contro i Parti, spingendosi fino al Golfo Persico, e creò la nuova provincia dell’Arabia (Arabia del nord – ovest e penisola del Sinai).
Dal Reno al Danubio costruì una serie di fortificazioni a catena: il limes germanicus. Morì nel 117, mentre tornava dall’Oriente, e fu sepolto ai piedi della Colonna Traiana.

Storia di Roma IMPERIALE – L’imperatore Traiano e la vecchietta

Traiano fu un uomo alla buona con tutti. Un giorno, mentre partiva per una spedizione militare, gli si fece incontro una vecchietta.
“Che vuoi?” le chiese Traiano.
“Voglio giustizia, perchè hanno ammazzato il mio figliolo”.
“Ma non lo vedi che parto per la guerra? Ne parleremo al mio ritorno”.
“E se tu non tornassi?”
“Ti renderà giustizia il mio successore”
“Ma allora il merito non sarà tuo!”
“Hai ragione” disse l’imperatore.
E prima di partire per la guerra fece punire gli assassini, rendendo giustizia alla vecchia.

Storia di Roma IMPERIALE – Adriano

A Traiano successe il pacifico Adriano. Egli si dedicò ad opere di pace e visitò ogni regione facendovi costruire strade, ponti, acquedotti, templi. Fondò numerose città ed emanò sagge leggi per promuovere il benessere comune.
Inoltre Adriano si preoccupò di consolidare i confini dell’Impero, che ormai aveva raggiunto la massima espansione; fece costruire sui confini solide opere di fortificazione per tenere lontani i barbari ed assicurare così a tutti i cittadini la pace e la tranquillità.

Storia di Roma IMPERIALE – Adriano (117 – 138)

Spagnolo anche lui, ma dedito più alle opere di pace che alle conquiste, passò gran parte della sua vita viaggiando attraverso ogni regione dell’Impero e da per tutto fondando città, facendo costruire acquedotti, templi, strade, ponti.
Assicurò i confini contro le invasioni barbariche: in Bretannia, ad esempio, innalzò il famoso Vallo di Adriano, per difendere il paese dagli Scoti, una muraglia lunga 117 km, guarnita ad intervalli da 300 torri.
Ritiratosi a vivere in una magnifica villa che si era fatto costruire a Tivoli, Adriano vi morì nel 138, dopo aver adottato Antonino Pio. Fu sepolto nel grandioso mausoleo che si era fatto innalzare a Roma, sulla riva destra del Tevere: la Mole Adriana, oggi chiamata Castel Sant’Angelo.

Storia di Roma IMPERIALE – L’imperatore Adriano e il signore scortese

Adriano, prima di diventare imperatore, durante un viaggio in Asia aveva chiesto ospitalità ad un signore di Smirne.
“Non alloggio stranieri!” s’era sentito rispondere seccamente.
Adriano avrebbe anche potuto entrare con la forza, ma preferì andarsene all’albergo.
Qualche tempo dopo quel signore ebbe occasione di venire a Roma per chiedere non so quale grazia all’imperatore, che per l’appunto era Adriano.
Immaginate come rimase, quando si vide davanti l’uomo che non aveva voluto in casa sua.
Ma l’imperatore lo tolse subito dall’impaccio. “Venite,” disse sorridendo, “state tranquillo: io alloggio anche i forestieri”.
E non solo lo esaudì in tutte le sue richieste, ma finchè quel signore si trattenne a Roma, l’imperatore lo volle avere ospite, come un vecchio amico, nel palazzo imperiale.

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Storia di Roma IMPERIALE – Gli Antonini

Storia di Roma IMPERIALE – Antonino Pio (138 – 161)

Fu uno degli imperatori più saggi. Mite e buono, proibì per primo le persecuzioni dei cristiani ed i maltrattamenti degli schiavi, soccorrendo con elargizioni quanti soffrivano. Per queste virtù ebbe il soprannome di Pio.

Storia di Roma IMPERIALE – Marco Aurelio (161 – 180)

Era un austero filosofo e ci lasciò raccolti i suoi alti pensieri in un libro: Ricordi. Apparteneva anch’egli alla casa degli Antonini. Il suo regno fu turbato da uno sconfinamento dei popoli germanici, abitanti a nord del Danubio, che giunsero fino alle Alpi. Egli li sconfisse, ma poi nel trattato di pace concedette loro di stabilirsi entro il territorio dell’impero, purchè prestassero servizio militare a Roma.
Era un pericoloso espediente col quale l’imperatore sperava di evitare altre invasioni, ma avrebbe avuto gravi conseguenze: il progressivo imbarbarimento dell’esercito e le prime infiltrazioni fra i Romani dei barbari, che prepararono la rovina dell’impero.
Anche le gesta di Marco Aurelio furono celebrate nei bassorilievi di una colonna, che sorge ancora a Roma, in piazza Colonna (Colonna Antonina). Inoltre, in piazza del Campidoglio, è tuttora eretta la sua statua equestre.

Storia di Roma IMPERIALE – Commodo (180 – 192)

Questa bella serie di imperatori si chiuse tristemente con Commodo, crudele e vizioso. Era figlio di Marco Aurelio, ma profondamente diverso dal padre; finì assassinato nel 192.

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Storia di Roma IMPERIALE – Decadenza dell’impero nel III secolo

Alla morte di Commodo cominciò un periodo di anarchia militare. Le legioni dislocate nelle province pretesero di eleggere imperatori i loro generali: i pretoriani misero l’impero all’incanto, si dichiararono pronti ad acclamare colui che pagasse di più. Dopo 4 anni di disordini e di violenze, fu innalzato un generale valoroso, Settimio Severo.
Appoggiato dall’esercito, mirò a creare una monarchia assoluta e dinastica. Vinse i Parti, togliendo loro la Mesopotamia settentrionale, e combattè i Caledoni, a nord della Britannia, ove ricostruì il Vallo di Adriano. A ricordo di queste vittorie gli fu eretto nel Foro un grandioso Arco di Trionfo.

Triste inizio ebbe il regno del figlio e successore, Caracalla, così soprannominato per la foggia gallica del suo mantello, che per non dividere il trono con il fratello Geta, lo pugnalò fra le braccia della madre. Egli è famoso per l’editto del 212, col quale estese il diritto di cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi dell’impero.
In Roma eresse le grandiose terme, che portano il suo nome e di cui restano imponenti ruderi. Caracalla fu ucciso.

L’esercito, di nuovo in rivolta, creò ed uccise gli imperatori. Per 50 anni questi si succedettero l’uno all’altro e scomparvero rapidamente, fra congiure e guerre civili, saccheggiando e depredando le province: tra queste, molte tentarono di tenersi indipendenti.
L’impero sembrava avviarsi fatalmente alla rovina, ma nella seconda metà del secolo fu salvato da una serie di imperatori di nazionalità illirica, che furono detti restauratori.

Il primo di essi fu Claudio Gotico, così soprannominato per la grande vittoria riportata sui Goti, i quali dal Mar Nero erano scesi verso il Mediterraneo, invadendo l’Asia minore e la Grecia.

Più grande ancora fu Aureliano, che in 5 anni di guerra domò le province insorte e consolidò le frontiere. Sconfisse i Vandali e gli Alemanni che erano penetrati in Italia, e cinse Roma di una nuova e possente cerchia di mura (mura Aureliane) che esistono ancora in gran parte. Ma dovette abbandonare la Dacia ai Goti, per accorciare i confini dell’impero e poterli meglio difenderli. Morì nel 275.

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Storia di Roma IMPERIALE – Diocleziano e la tetrarchia (285 – 305)

Dieci anni dopo si iniziava un nuovo periodo nella storia dell’Impero, per opera di Diocleziano, anch’egli di stirpe illirica e valoroso soldato. Egli fece dell’impero una vera e propria monarchia assoluta, circondandola di un fastoso cerimoniale, che ricordava quello delle corti orientali.
Convinto che un solo imperatore non bastasse più ad amministrare il vasto impero, si associò al governo l’antico suo compagno d’armi Massimiano col titolo di Augusto: questi governava la parte occidentale dell’impero, stando a Milano.
Diocleziano governava l’Oriente, da Nicomedia, una città dell’Asia Minore.
Roma, troppo lontana dal Danubio e dall’Asia, non poteva più essere la capitale dell’impero.
Successivamente i due Augusti si scelsero ognuno un collaboratore, o Cesare, designandolo come successore.
Questa partizione del potere si chiamò Tetrarchia, dal greco “comando di quattro”.
L’impero restò uno dal punto di vista giuridico, ma amministrativamente fu diviso in 4 parti dette Prefetture: ogni prefettura era divisa in diocesi, ogni diocesi in province.
Il potere civile fu separato da quello militare: l’impero diventò un complesso ingranaggio burocratico. Fu necessaria una riforma tributaria, che accrescesse il gettito delle imposte, per stipendiare questo esercito di impiegati civili e le truppe necessarie alla difesa dei confini.
Per frenare la speculazione, Diocleziano fissò con un calmiere il prezzo massimo delle merci di più largo consumo.
Convinto che, per mantenere l’unità dello stato, fosse necessaria l’unità del culto, ordinò nel 303 una persecuzione contro i cristiani, che fu la più violenta e la più lunga di tutte (303 – 311), tanto che questo periodo si chiamò l’era dei martiri. Ma il cristianesimo non fu estirpato, anzi, la chiesa si ricostituì più forte di prima.
Nel 305, dopo 20 anni di governo, volendo assistere al funzionamento del sistema che aveva creato, Diocleziano abdicò e si ritirò a Salona, presso l’odierna Spalato, nella nativa Dalmazia, dopo aver indotto il suo collega Massimiano a fare altrettanto.
I due Cesari divennero Augusti e adottarono due nuovi Cesari.
Ma il sistema non fece buona prova. Presto scoppiarono tumulti e lotte civili fra Augusti e Cesari, finchè sui vari competitori trionfò Costantino, figlio di Costanzo Cloro, il Cesare dell’Occidente.

Diocleziano

Tra i numerosi imperatori che succedettero a Adriano è da ricordare Diocleziano, feroce e sanguinario. Sotto il suo governo i Cristiani subirono la più tremenda persecuzione (303 – 311). Questo periodo fu chiamato era dei martiri.

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Storia di Roma IMPERIALE – Costantino e l’Editto di Milano

Storia di Roma IMPERIALE – Costantino

Nel 312 divenne imperatore Costantino. Si narra che, durante la guerra contro il suo rivale Massenzio, gli fosse apparsa in cielo una croce luminosa con il motto “In hoc signo vinces” e che subito avesse fatto applicare una croce sugli stendardi delle sue legioni, convinto di vincere la battaglia. Massenzio fu infatti sconfitto a Roma presso il Ponte Milvio.
Nel 313, a Milano, Costantino emanò il famoso Editto con il quale veniva permesso ai Cristiani di professare liberamente il proprio credo religioso. Durante il suo regno la capitale dell’Impero venne spostata da Roma a Bisanzio, in Oriente, che da lui prese il nome di Costantinopoli.

Storia di Roma IMPERIALE – Costantino

Egli era stato acclamato Cesare nel 306, dalle regioni della Britannia, mentre infieriva ancora la persecuzione contro i cristiani ordinata da Diocleziano. Ma Costantino aveva compreso che il cristianesimo era ormai una grande forza e, invece di perseguitare la chiesa, si appoggiò ad essa.
Venuto in Italia nel 312, si liberò dell’ultimo rivale, Massenzio, con la battaglia combattuta ai Saxa Rubra, sulla riva del Tevere, nei pressi dell’attuale ponte Milvio.
L’anno seguente, da Milano, Costantino emanò il famoso Editto di Tolleranza, con il quale pose termine alle persecuzioni e concesse ai cristiani, in tutto il territorio dell’impero, piena libertà di culto. La religione ufficiale dello stato continuava però ad essere il paganesimo.
Egli, mantenendo la divisione fatta da Diocleziano, regnava in quel tempo col collega Licinio, imperatore dell’Oriente.
Nel 324, rotti i buoni rapporti con Licinio, lo sconfisse e riunì nelle sue mani l’Oriente e l’Occidente.
L’anno seguente, nel 325, Costantino convocò a Nicea un concilio di vescovi per reprimere una dottrina sulla natura di Cristo, diffusa dal vescovo di Alessandria, Ario, e perciò detta Arianesimo. Ario sosteneva che Cristo non era dio fattosi uomo, ma creatura umana perfetta e perciò divinizzata. Molti vescovi condannarono come eretica, e cioè erronea, questa dottrina, ma essa si diffondeva pericolosamente. Nel concilio di Nicea l’arianesimo fu condannato.
Nel 330 Costantino trasferì la capitale a Bisanzio, sul Bosforo, che da lui prese il nome di Costantinopoli.
Roma però continuò ad essere la capitale morale dell’impero, anche se gli imperatori non vi risiedevano più: tanti secoli di storia gloriosa le avevano conferito un prestigio sacro.
Costantino morì nel 337.

L’impero romano-cristiano
Nel decennio successivo alla battaglia di Ponte Milvio, Costantino assunse un atteggiamento sempre più favorevole ai cristiani e giunse infine al riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale dell’impero. Da una minoranza eroica di perseguitati, esso si trasformava così in religione di massa, aumentando immensamente il numero dei propri aderenti ed inserendosi nella compagine statale dell’impero romano.
Fra le altre conseguenze, ciò portò ad una crescente diversificazione fra la massa dei semplici fedeli o laici (dal greco laos = popolo), spesso convertiti di fresco ed ignoranti delle dottrine cristiane, e la parte eletta dei ministri del culto o clero (dal greco kleros = scelto). In seno a quest’ultimo, sull’esempio della burocrazia imperiale, si delineò una gerarchia sempre più precisa, facente capo ai vescovi. Costantino incoraggiò questa evoluzione della Chiesa cristiana, consentendo alle comunità non solo di recuperare ciò che avevano perduto nelle persecuzioni, ma altresì di aumentare il proprio patrimonio in misura cospicua, grazie ai lasciti ed alle donazioni. Concesse al clero privilegi importanti, tra cui l’esenzione o immunità dalle prestazioni d’opera (munera). Concesse inoltre che i vescovi assumessero attribuzioni giudiziarie verso coloro che volessero ricorrere alle loro sentenze.
Il monogramma di Cristo fu posto sulle monete. Fu riconosciuta la domenica come festività ufficiale. L’imperatore inoltre pose tutta la propria energia nel rafforzare e difendere l’unità della Chiesa, in quanto organismo universale (Ecclesia Catholica) contro ogni  scissione interna. Si operava infatti, in seno al cristianesimo, una sistemazione dottrinale, in cui si precisavano a mano a mano le dottrine che tutti i fedeli dovevano accettare, respingendo quelle deviazioni o eresie, che eventualmente sorgessero. Il IV secolo, anzi, fu un’età di controversie teologiche particolarmente importanti, specie intorno alla natura ed agli attributi di Cristo. Tra esse fondamentale fu quella fra i seguaci di Atanasio, assertori del dogma della trinità, e i seguaci di Ario, il quale assimilava la natura di Cristo a quella di un uomo, negando così in sostanza il dogma trinitario.
Infine Costantino dovette affrontare l’ultimo dei suoi rivali nell’impero, cioè Licinio, dominatore dell’Oriente. Poichè quest’ultimo favoriva i pagani, la lotta assunse il carattere di un duello fra cristianesimo e paganesimo: la vittoria su Licinio (324) e quindi l’annessione anche dell’Oriente ai domini di Costantino apparvero così una vittoria cristiana.
Alla ricostituita unità dell’impero, sotto la monarchia di Costantino, corrispose altresì il ristabilimento dell’unità della chiesa, travagliata dalla controversia ariana. Si riunì pertanto il Concilio Ecumenico, cioè l’assemblea di tutti i vescovi crisitani, a Nicea (325), dietro convocazione dell’imperatore, e lì la dottrina atanasiana fu riconosciuta come la sola valida. Il concilio di Nicea fissò inoltre in modo definitivo la dottrina cristiana con una dichiarazione di fede o simbolo niceno. Attribuì infine particolare autorità sugli ecclesiastici nelle rispettive zone ai metropoliti di Roma, Alessandria ed Antiochia; pari dignità venne attribuita più tardi anche al metropolita di Bisanzio.
All’indomani della sua vittoria su Licinio, Costantino decise di creare una nuova capitale, interamente legata alla fede cristiana, trasportando la residenza imperiale a Bisanzio, che da allora assunse il nome di Costantinopoli. Alla vecchia Roma del paganesimo, si contrapponeva così la nuova Roma del cristianesimo. L’impero, sino a ieri persecutore del cristianesimo, diventava Impero Romano Cristiano.
Da allora in poi, la dignità imperiale ed il concetto stesso di Impero non dovevano più dissociarsi dall’idea cristiana e dalla funzione di sommo protettore e regolatore della cristianità. (G. Spini)

Grandezze e meschinità di Costantino
L’imperatore Costantino, passato alla storia con il nome di Grande, non fu tuttavia immune da debolezze umane; molte sue opere ce lo confermano, ed anche i suoi biografi. Secondo Eutropio, storico attendibile sia per essere vissuto in tempi abbastanza vicini, sia per essere un sommarista delle opinioni altrui, Costantino era degno di essere paragonato ai più grandi imperatori per i suoi primi anni di regno, ma per gli ultimi anni, ai più meschini. In lui rifulsero comunque moltissime virtù di animo e di corpo. Assai avido di gloria militare, ebbe favorevole la fortuna in guerra, ma non al punto da superare la sua stessa abilità. Infatti, anche dopo la guerra civile, sconfisse più volte i Goti e, in ultimo, stringendo la pace con loro, lasciò grata memoria di sè presso i barbari. Amava le belle arti e gli studi liberali; poichè desiderava la considerazione del popolo, ma voleva ben meritarsela, egli riuscì ad ottenerla con la munificenza e l’affabilità. Fu indifferente verso alcuni amici, ma caldo verso altri, e non si lasciava sfuggire occasione alcuna per beneficarli di ricchezze e di onori.
Promulgò molte leggi, alcune buone e giuste, molte però superflue, e altre severe più del dovuto. Mentre preparava la guerra contro i Parti che già premevano ai confini della Mesopotamia, morì a Nicodemia, in un  palazzo dello stato. Aveva 66 anni e il popolo disse che la sua morte fu preannunciata da una vistosa cometa che solcò il cielo per un certo tempo. (M. Bini)

Bisanzio
Bisanzio sorse nel VII secolo aC come colonia greca; nel 201 aC divenne romana.
Era una solida cittadella che, affacciata sullo stretto, poteva controllare il passaggio delle navi dal Mediterraneo al mar Nero e quindi la via verso l’Asia.
La sua posizione era quindi ideale, oltre a ciò Bisanzio era straordinariamente bella: su una penisola collinosa, circondata dalle acque azzurre del Mar di Marmara, del Bosforo e del Corno d’Oro.
Quando Costantino il Grande,  imperatore romano dal 306 al 337 dC, realizzando un progetto già caro ad Augusto, diede all’impero una capitale orientale (le province orientali superavano ormai di gran lunga per forza economica e popolazione quelle d’Occidente), le località tra cui ritenne di dover scegliere erano Troia, Bisanzio ed Alessandria.
Troia, secondo la leggenda, era la madre di Roma; Alessandria era la seconda metropoli dell’Impero. Ma la scelta cadde su Bisanzio, sia per necessità pratica sia per la bellezza della sua posizione.
Nel 330, ribattezzata Costantinopoli, fu proclamata capitale dell’Impero. (W. Schneider)

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