Recite sull’autunno per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Piccola accademia
Ecco un dialogo molto vivace tra un gruppo di bambini e l’autunno, rappresentato come un ometto brontolone, mezzo contento e mezzo rabbuiato.
La voce: Non avete mai visto un ometto sbarbato, giallo, raffreddato, un po’ contento e un po’ rabbuiato?
Bambini: Signor Autunno, aspetti un momentino! O, ma che fretta! Sieda! Si riposi! Lo vuole aprire dunque il suo sacchettino? Uh, che provvista…
Autunno: Ditemi, noiosi, e il vostro naso dove lo metto?
Un bambino: Via, via, sia buono! Dica, che cosa se ne fa di questo mare di fogliacce gialle? E’ forse uno spazzino?
Autunno: Ma… chissà… Non bastano le foglie e le farfalle, i fiori e gli uccellini: tutto prendo! Sapeste come pesa sulle spalle il mio sacchetto, ma a nessuno lo vendo!
Un bambino: Le rondinelle hai fatto scappare, solo a vederti sono scappate via…
Autunno: Oh, mi dispiace, ma che posso fare? Credete, bimbi, non è colpa mia! Io faccio come tutti il mio dovere; per questo ho fretta e ne me devo andare, le castagne sono pronte da bacchiare: queste, credete, vi faran piacere e darà gioia alla gente il vino buono, che nel tino ribolle, e alla terra il nuovo seme che nel cuor rinserra. Vedete, dunque, lascio anch’io il mio dono…
Un bambino: Ma quel velo di nebbia, perchè mai stendi suoi campi e sopra la città? Sapessi quante noie e quanti guai combina. Oh, proprio, credi, non ci va!
Autunno: (in tono scherzoso e leggermente ironico) Eh, cari bimbi, a certe cose strane non saprei dar che una risposta sola… vi do un consiglio buono come il pane: se volete saper correte a scuola! Là imparerete tutto e, al mio ritorno, potrete darmi qualche spiegazione… Ora vi lascio, amici miei, buongiorno!
Bambini in coro: Caro Autunno, sei proprio un gran briccone!
(L. Nason)
Buon viaggio, rondine
Rondine: Addio, addio, amico mio.
Bambino: Perchè parti?
Rondine: Comincia ad esser freddo.
Bambino: Rintanati nel tuo nido.
Rondine: Il mio nido di fango non è troppo caldo.
Bambino: Mettici un po’ di lana.
Rondine: E per mangiare come faccio?
Bambino: Ti darò briciole di pane.
Rondine: Grazie, ma io mi nutro di insetti e, durante l’inverno, gli insetti spariscono. Bisogna che parta!
Bambino: Dunque vuoi proprio lasciarmi! E dove andrai?
Rondine: Andrò di là dal mare, dov’è ancora caldo e ci sono tanti insetti nell’aria.
Bambino: Mi dispiace non vederti più…
Rondine: Tornerò, non dubitare.
Bambino: Quando tornerai?
Rondine: Tornerò a primavera.
Bambino: Ci diamo un appuntamento?
Rondine: Volentieri. Il 21 marzo sarò di nuovo qui.
Bambino: Va bene, lo segno sul calendario.
Rondine: Prima di partire, ho da chiederti un piacere.
Bambino: Di’ pure…
Rondine: Ti prego di guardare il mio nido: che nessuno rovini la mia casa.
Bambino: Sta’ tranquilla, rondinella; farò buona guardia.
Rondine: Grazie, amico mio.
Bambino: Buon viaggio, rondinella bella.
P. Bargellini
Cadono le foglie
Era un gigantesco platano e stava ritto in mezzo al prato come un signore del paese. Le foglie cominciavano a cadere.
Foglie: Noi ti lasciamo, babbo.
Albero: (come ridestandosi da un sopore) Come, come? E’ già tempo di distaccarsi, figliole care?
Foglie: Tu lo vedi, non abbiamo più linfa, siamo secche e inaridite. E stamani, per giunta, sono arrivate nebbia e brina che ci hanno tolto gli ultimi resti di vigore.
Albero: (implorando) Oh, restate ancora un poco… Guardate che cielo delizioso abbiamo oggi. Restate ancora un poco a godere quest’ultima soavità dell’anno.
Foglie: Babbo, la nostra ora è suonata. Ce ne andiamo.
Albero: Ingrate! Voi dimenticate che io vi ho nutrite col suo sangue, che vi ho dato voce, splendore e bellezza per sei mesi di seguito.
Un gruppo di foglie: Noi formeremo sotto di te un vasto letto, o babbo grande, dove, riposando insieme, ragioneremo delle tue grandi virtù.
Altro gruppo: Rievocheremo le gioie che abbiamo godute con te, o babbo grande, i piccoli nostri passatempi estivi.
Altro gruppo: Ricorderemo gli scrosci gloriosi dietro le orchestre dei venti, quando tutte insieme ci scagliavamo e tu scricchiolavi come un vascello in burrasca.
Primo gruppo: Tempi allegri e beati!
Secondo gruppo: Bei rischi e splendori!
Terzo gruppo: Magnifiche avventure estive!
Tutte: Finchè, ohimè, la neve ci coprirà.
L’albero, a sentir parlare di neve, ha un lungo brivido per tutti i rami. Altre foglie cadono e i rami si scoprono sempre più lividi e nudi tra gli squarci della veste.
Albero: Ahimè, tutte se ne vanno, tutte se ne vanno… Quanta malinconia in questi distacchi! E tutti gli anni è la stessa pena, tutti gli anni le stesse lacrime.
Foglie: (in coro) Non ti disperare, babbo grande! Tu devi sopravviverci e riavere altre figliole che vestiranno a festa le tue braccia forti. Il nostro turno è finito. Addio… Addio…
E ad una ad una cadevano sul prato. Ma tutte a dire il vero, avevano un modo così delicato di lasciare l’albero! Lo lasciavano pian piano, alla chetichella, quasi direi in punta di piedi, come si lascia la camera di un malato grave. Brave figliole! E le più brave stavano con lui finchè potevano, finchè erano quasi secche, quasi bruciate; poi sfinite si lasciavano andare perdutamente, gettando un piccolo grido d’angoscia quando passavano in mezzo ai rami.
Frrrsch… crè… crè…
Era come l’addio di tutte le cose che se ne vanno, la tristezza infinita delle separazioni.
Frrrsch… crè… crè…
(Carlo Linati)
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