Libri di lettura di Tolstoj – Racconti tratti dalle raccolte di Libri di lettura di Tolstoj per la lettura, il riassunto e l’analisi grammaticale.
Sto utilizzando con successo queste brevi letture di Tolstoj coi bambini di seconda e terza. Ci esercitiamo nella lettura, ma anche i bambini si cimentano nei primi riassunti e nell’analisi grammaticale, sottolineando e classificando nomi, verbi, aggettivi. Iniziamo anche a cercare le prime parole sul vocabolario.
Tolstoj dedicò alla stesura dei suoi quattro Libri di lettura, che inizialmente appartenevano all’Abbecedario, circa 14 anni di lavoro, condotto in larga parte all’interno della sua scuola a diretto contatto coi bambini.
Mi sento davvero di consigliarli:
Le letture seguono un ordine di complessità progressiva, e si caratterizzano tutte da una rappresentazione positiva della realtà, dalla scelta di temi vicini alla sensibilità dei bambini e che suscitano il loro interesse, e da un linguaggio accuratamente scelto per loro dallo scrittore al fine di ottenere uno stile conciso, semplice e soprattutto chiaro, senza per questo rinunciare alla bellezza della parola.
Ecco alcuni esempi di schede di lavoro.
Libri di lettura di Tolstoj
Leggi il seguente racconto, poi evidenzia i nomi, gli aggettivi qualificativi ed i verbi
I fili sottili
Un uomo chiese a una filatrice alcuni fili sottili.
La filatrice glieli preparò, ma l’uomo disse che non andavano bene, che gli occorrevano ancora più sottili.
La filatrice allora rispose: “Se questi fili non sono abbastanza sottili per te, eccone altri” e gli mostrò una scatola vuota.
L’uomo disse che non vedeva nulla; ma l’astuta filatrice rispose: “Appunto, sono tanto sottili che non si vedono. Non li vedo nemmeno io!”
Allora quello sciocco, tutto contento, fece una grande ordinazione di quei fili e li pagò a prezzo d’oro.
Autocontrollo e autocorrezione
Nomi: fili, uomo, filatrice, scatola, ordinazione, sciocco, prezzo, oro
Aggettivi: sottili, vuota, astuta, contento, grande
Verbi: chiese, preparò, disse, andavano, occorrevano, rispose, mostrò, vedeva, vedono, vedo, fece, pagò.
Libri di lettura di Tolstoj
Come imparai a cucire
Avevo sei anni quando chiesi a mia madre che mi insegnasse a cucire. Mia madre rispose: “Sei ancora troppo piccola. Non riusciresti che a pungerti le dita”.
Ma io insistetti. Allora mia madre tolse dal suo cestino un pezzo di panno rosso e me lo diede. Poi infilò un sottile filo rosso in un ago e mi insegnò come tenerlo.
Cominciai a cucire, ma non riuscii a fare i punti regolari: uno era troppo lungo, uno troppo corto, un altro finiva troppo vicino all’orlo, non prendeva la stoffa e lasciava aperto un grosso buco. Alla fine mi punsi un dito.
Non volevo piangere, ma storsi la bocca e la mamma se ne accorse.
“Ebbene? Che cos’hai?” mi chiese sorridendo.
Questo fu troppo per me, e scoppiai finalmente a piangere. Allora mia madre mi consolò e mi consigliò di andare a giocare.
La sera, quando mi coricai, i punti danzavano ancora davanti ai miei occhi. Mi domandavo come avrei fatto a imparare a cucire, e la cosa mi sembrava tanto difficile che dicevo scoraggiata tra me e me: “No, non imparerò mai!”.
Ora, divenuta grande, non mi ricordo neppure come feci ad imparare; e quando insegno a cucire a mia figlia, rimango sempre assai sorpresa nel constatare come faccia fatica a tener ben fermo l’ago tra le dita.
Libri di lettura di Tolstoj
La pietra
Un mendicante bussò alla porta di un ricco e chiese la carità. Ma il ricco non gli diede nulla e gli gridò con sgarbo: “Vattene! Vattene!”.
Il povero non si mosse. Allora il ricco andò in collera, raccattò una pietra e gliela scagliò contro.
Il povero raccolse la pietra, la mise nella sua bisaccia, e mormorò: “Porterò questa pietra fin quando non sarà giunta l’ora di vendicarmi e di lanciarla contro di lui”.
E infatti quell’ora giunse.
L’uomo ricco commise un delitto. Fu spogliato di tutti i suoi beni e venne condotto in prigione.
Mentre il ricco camminava lungo la strada, incatenato e deriso, il mendicante lo incontrò e lo riconobbe.
Si fece avanti, tolse la pietra dalla bisaccia e alzò il braccio. Ma, dopo aver riflettuto un attimo, lasciò cadere a terra la pietra, dicendo: “Perchè mai ho portato questa pietra per tanto tempo? Quando egli era ricco e potente suscitava la mia ira; ora mi fa pena…”
Libri di lettura di Tolstoj
Il cieco e il sordo
Un cieco e un sordo andarono a rubar piselli nel campo del vicino. Il sordo disse al cieco: “Tu ascolta bene e riferiscimi tutto. Da parte mia, terrò gli occhi aperti.”
Giunti nel campo, fecero bottino e sedettero. Il cieco tastò i piselli e disse: “Quanti! E’ andata bene…”
“Che dici? Chi viene?” chiese il sordo, che aveva capito male l’ultima parola. Il cieco, allarmato, cadde nel fosso che limitava il campo.
“Che fai?” chiese il sordo stizzito.
“Son caduto nel fosso. Che brutto incidente!”
“Come? Vien gente?” e il sordo si diede subito alla fuga, seguito a balzi dal cieco.
Libri di lettura di Tolstoj
Il bambino trovato
Una povera donna aveva una figlioletta che si chiamava Maria. Un giorno, di buon mattino, Maria uscì per attingere acqua dal pozzo e scorse sulla soglia della casa un piccolo involto.
Posò il secchio e si mise a disfare l’involto. A un tratto, da quel fagottino di vecchi panni uscì uno strillo e Maria vide un bel bambino appena nato, che agitava le manine e vagiva, vagiva…
Maria allora se lo prese in braccio, ritornò in casa e gli diede un po’ di latte.
“Che cosa hai trovato?” le domandò la madre, che entrava nella stanza in quel momento.
“Ho trovato un bel bambino. Era in un fagottino presso la porta” rispose Maria.
“Che cosa gli daremo da mangiare?” sospirò la madre. “Siamo già così poveri anche noi! Andrò dal sindaco del villaggio e lo pregherò di tenerlo con sè”.
A quelle parole, Maria si mise a piangere.
“Oh, mamma,” supplicava la bambina “è tanto piccolo! Mangerà così poco! Lascialo stare qui. Guarda com’è bello con le manine rosse e le piccole dita…”
La madre guardò il piccolo e ne fu commossa.
Tennero il bambino e lo crebbero con ogni cura. Maria lo nutriva, lo fasciava e lo sfasciava, lo metteva nella sua piccola culla e alla sera, per addormentarlo, gli cantava le più belle canzoni.
Libri di lettura di Tolstoj
Bob, il cane dei pompieri
Nelle città capita molto spesso che, quando le case bruciano, qualche bambino resti tra le fiamme. E non è facile salvarlo, perchè, pieno di paura, egli si nasconde in qualche angolo e il fumo impedisce di vederlo.
A Londra, la capitale dell’Inghilterra, si ammaestrano i cani affinchè salvino i bambini in caso di incendio. Questi cani sono gli amici fedeli dei pompieri e vivono con loro. Quando brucia una casa, essi si slanciano tra le fiamme e portano in salvo i bambini.
Un cane, di nome Bob, ne ha già salvati dodici.
Un giorno, il fuoco di appiccò a una casa, e, quando i pompieri giunsero sul luogo, una donna corse disperata incontro ad essi. Con voce rotta dai singhiozzi, ella disse che nella casa c’era la sua bambina, di soli due anni.
I pompieri mandarono subito Bob a cercarla.
Il cane si arrampicò su per la scala e scomparve nel fumo. Cinque minuti dopo ricomparve: in bocca, stretta nella piccola camicia, teneva la bambina.
La madre si precipitò verso la sua creatura, e quando la vide sana e salva scoppiò in un pianto di gioia.
I pompieri, intanto, accarezzavano il cane e guardavano se si era ferito. Ma Bob si agitava, si dimenava inquieto, finchè riuscì a sfuggire alle loro mani.
Il cane ritornò di corse nella casa in fiamme e i pompieri, per un attimo, pensarono che vi fosse rimasto qualche altro bambino.
Ma quando Bob ritornò fuori, tutti scoppiarono a ridere. Il cane teneva tra i denti una grossa bambola di pezza.
Libri di lettura di Tolstoj
Gli eschimesi
C’è sulla terra un paese dove la bella stagione dura solo tre mesi; per il resto dell’anno è inverno. D’inverno, le giornate sono tanto brevi che il sole, appena levato sull’orizzonte, si corica e tramonta. Anzi, per circa tre mesi il sole non si leva neppure, e c’è sempre buio.
Anche in queste regioni vi sono degli uomini: gli Eschimesi. Essi non escono mai dal loro territorio; hanno una lingua propria e non comprendono le altre lingue. Di statura sono piccoli, ma hanno la testa piuttosto grossa. La loro carnagione non è bianca, ma color caffelatte. Hanno occhi piccoli, capelli neri, naso poco sviluppato, zigomi larghi e sporgenti.
Gli Eschimesi vivono spesso in case di neve, che costruiscono in modo curioso: tagliano la neve dura in forma di mattoni, collocano questi blocchi l’uno sull’altro e così costruiscono i muri. Le finestre sono fatte con lastre di ghiaccio; le porte sono lunghe gallerie scavate nella neve. D’inverno, quando il vento fischia e copre le case di nevischio, in quelle case si sta bene e c’è caldo.
Gli Eschimesi di cibano di carne di renna, di lupo, di orso bianco. Oppure di carne di pesce, che essi pescano abilmente, col rampone o con le reti, nei mari polari. Cacciano gli animali con l’arco e ne mangiano la carne cruda. Non hanno nè lino, nè canapa, nè lana, ma si vestono con pelli e si servono dei nervi degli animali uccisi per fabbricare le corde. Essi non conoscono il ferro. Per fare gli spiedi e le frecce, usano ancora le ossa degli animali.
Donne e uomini, tutti vestiti allo stesso modo. Le donne, tuttavia, hanno stivali molto larghi, perchè vi mettono dentro i loro bambini.
D’inverno, per oltre tre mesi, c’è buio su tutto il paese. Ma d’estate il sole non tramonta mai, e non c’è notte.
Libri di lettura di Tolstoj
La scimmia e il boscaiolo
Un giorno un boscaiolo andò nella foresta, abbattè un albero e si accinse a tagliarlo.
Sollevò una estremità del tronco abbattuto, l’appoggiò su un ceppo, ci si mise a cavalcioni e cominciò a segare. Poi piantò un cuneo nel punto in cui era arrivato con la sega e gli fu facile staccare un ciocco. Proseguì allora così: segava, piantava il cuneo, staccava il ciocco.
Seduta sopra un albero, una scimmia lo stava a guardare con attenzione.
Quando il boscaiolo si sentì stanco, si coricò all’ombra di una pianta e subito si addormentò. Allora la scimmia discese in fretta dal suo albero, si mise a cavalcioni del tronco, proprio come aveva visto fare dall’uomo, e lo volle imitare in ogni suo gesto.
Fece per togliere il cuneo, piantato nel tronco dal boscaiolo, ma la spaccatura del legno si rinserrò e le prese dentro la coda.
La scimmia, con la coda schiacciata nella fessura, si dibatteva, strillando per il dolore. Allora il boscaiolo si svegliò, la stordì con un colpo e la fece prigioniera.
Tutto per colpa della coda! La scimmia infatti può ben tentare di copiare l’uomo, ma non può riuscirvi. Perchè la scimmia ha la coda, e l’uomo no…
Libri di lettura di Tolstoj
Il viaggio in città
Mio padre stava andando in città. Io gli dissi: “Papà, portami con te!”
“Che idea!” mi rispose “Tu moriresti di freddo lungo la strada!”
Io mi voltai dall’altra parte, scoppiai in lacrime e corsi a rinchiudermi nella mia camera. Piansi a lungo e alla fine mi addormentai.
Vidi in sogno un sentiero che usciva dal nostro villaggio e conduceva ad una cappella. Mio padre camminava su quel sentiero. Lo raggiunsi, e insieme ci avviammo verso la città. A un tratto, mentre camminavamo, vidi in lontananza il negozio di un fornaio.
“E’ questa la città?” chiesi allora a mio padre.
“Sì, è la città” rispose. Intanto eravamo giunti al negozio.
Nella vetrina vidi molti pasticcini appena sfornati e chiesi: “Papà, compramene uno!”
Mio padre mi accontentò: comprò un pasticcino e me lo diede.
Proprio in quel momento mi svegliai.
Mi alzai, mi vestii, infilai i guanti e uscii di casa. Nella strada c’erano ragazzi che scivolavano sul ghiaccio, che correvano e saltavano, e anch’io mi misi a giocare con essi, finchè fui tutto intirizzito dal freddo. Rientrai in casa per riscaldarmi, quando udii la voce di mio padre che era tornato in quel momento dalla città.
Gli corsi incontro tutto contento e gli chiesi: “Papà, me lo hai comprato un pasticcino?”
“Sì!” rispose; e mi porse proprio quel pasticcino che avevo visto in sogno.
Allora fui preso da una tale felicità che saltai sulla tavola e mi misi a cantare.
Libri di lettura di Tolstoj
La tempesta nel bosco
Un giorno, quand’ero ancora ragazzino, fui mandato nel bosco in cerca di funghi. Ne trovai in gran quantità e, dopo averne raccolti parecchi, pensai di fare ritorno a casa. Ma l’aria, quasi all’improvviso, si era fatta scura. Incominciò a piovere e a tempestare, mentre il tuono brontolava lontano.
Preso dalla paura, mi rannicchiai sotto un grande albero. A un tratto, un lampo saettò nell’aria così vicino e luminoso che chiusi gli occhi abbagliato. Nello stesso tempo qualcosa scricchiolò sul mio capo. Udii uno schianto, un forte colpo sulla testa e caddi a terra svenuto.
Rimasi così a lungo, immobile sotto l’acqua.
Quando rinvenni, tutti gli alberi del bosco scintillavano, gocciolavano, mentre il sole gettava sprazzi di luce tra i rami. Gli uccelli cantavano.
Ma il grande albero giaceva al suolo, schiantato e bruciacchiato; dal suo tronco si levavano ancora pennacchi di fumo. La terra, tutt’intorno, era cosparsa di schegge e frammenti di legno.
I miei abiti erano fradici; la testa mi faceva male. Raccolsi in fretta i funghi, raccattai il mio berretto e corsi a casa.
Non c’era nessuno. Presi un po’ di pane che stava sul tavolo, sedetti accanto alla stufa e mi addormentai.
Quando mi svegliai, vidi che i miei funghi erano già in tavola, cotti ben bene, e che i miei genitori si accingevano a mangiarli.
“Li mangerete così, senza di me?” gridai indispettito.
“E tu, perchè dormi?” risposero i miei “Vieni, c’è posto anche per te. Purchè tu venga subito”.