Racconti per l’autunno – una raccolta di racconti per la scuola d’infanzia e primaria.
Racconti per l’autunno – La vite tagliata
C’era una volta un uomo, piccolo, magro, dispettoso come una scimmia, che possedeva un bellissimo orto,e, meraviglia di tutto il paese, una magnifica vite che a settembre maturava certi grappoli d’uva che erano una bellezza.
L’omino magro l’aveva avuta in cambio di una grossa somma di denaro, da un mercante di passaggio. Immaginate come restò quando seppe che il suo vicino aveva piantato anche lui una vite che si arrampicava sul muro che divideva i due orti. L’omino maligno, dalla rabbia, non poteva dormire la notte, e quando gli riusciva di appisolarsi un po’, sognava che la vite del vicino cresceva, cresceva, fino a soffocare la sua.
Un bel giorno, decise di andare a trovare il suo rivale. Il vicino lo accolse con grande cortesia, ma quando seppe il motivo della visita scrollò il capo.
“No, caro vicino, la vite non la vendo. Ho una bambina che gusta quei grappoli come se fossero di miele. Posso toglierle questa gioia? L’avete voi, la vite; posso averla anch’io.”
L’omino maligno, visto che non la spuntava con le buone, decise di ottenere il suo scopo con le cattive. Una sera, era d’inverno e la notte era buia, aspettò che tutti fossero andati a letto, poi uscì pian piano dalla sua casa, e nelle mani aveva un grosso paio di forbici da giardiniere. Scavalcò il muro e penetrò nell’orto del vicino come un ladro. Eccola, la pianta tanto invidiata! Era spoglia, tutta rami secchi e viticci spezzati. L’omino le si accostò pian piano e giù, grandi colpi di forbici, di diritto, di traverso, e i bei rami troncati caddero con un fruscio lieve come un sospiro. Della povera pianta non rimase che il tronco.
Compiuta la sua cattiva azione, il malvagio omino scavalcò di nuovo il muro e se ne ritornò, tutto contento, a casa. L’indomani mattina, quando il vicino vide quello scempio, restò male e la sua bambina pianse, pensando che in autunno non avrebbe più mangiato quei bei grappoli succosi che le piacevano tanto, ma poichè a tutto ci si rassegna, anche loro si rassegnarono alla loro bella pianta perduta e non dissero neppure niente al cattivo vicino per non guastarsi il sangue.
Invece la vite, a primavera, germogliò. E così mutilata e priva di rami, mise tutto il suo vigore nei nuovi germogli che crebbero con maggior forza e, quando fu autunno, maturò certi grappoli succosi e grossi come non se n’erano mai visti.
La vite dell’omino cattivo, invece, mise una gran quantità di foglie larghe come ombrelli, ma di grappoli nemmeno uno per cavarsi la voglia.
Così l’omino invidioso fu punito e gli uomini, da quella volta, potarono sempre la vite.
M. Menicucci
Racconti per l’autunno – L’albero dorme
Un bambino molto piccolo non aveva mai visto un albero perdere le foglie.
“Oh” esclamò, quando vide il bell’albero spogliato “mi dispiace che tu sia diventato così! Eri tanto bello!”.
“Non ti rammaricare!” rispose l’albero “Ho perduto la mia veste verde, ma non per sempre. A primavera le foglie ritorneranno e torneranno anche i fiori e i frutti. E tutto sarà come prima”.
“E durante l’inverno che cosa farai?” chiese il bambino.
“Nulla farò” rispose l’albero. “Mi addormenterò di un sonno lungo lungo e così non sentirò il freddo. Ma a primavera mi risveglierò e sarà una bellissima cosa”.
“Verrò a svegliarti io!” disse il bambino. “Ti assicuro che non me ne dimenticherò”.
“Non importa” replicò l’albero allegramente “Non importa che tu venga. Ci penserà il sole, ci penseranno gli uccellini a svegliarmi”.
“Bene” disse il bambino “ma io verrò lo stesso e batterò le mie manine sul tronco”.
L’albero rise dell’insistenza dolce del bambino, poi ebbe un lungo brivido e si addormentò.
M. Menicucci
Racconti per l’autunno – La castagna
C’era una castagna insieme ad altre due sorelline, dentro il suo astuccio spinoso. E stava molto calda e morbida perchè quell’astuccio di fuori aveva le spine, ma dentro aveva una bella pelliccetta soffice.
La castagna diventava sempre più grossa, finchè un giorno ruppe il riccio e si affacciò.
“Com’è bello il mondo!” disse. Forzò l’apertura e cadde per terra. Era una bellissima castagna lucida e grossa.
“Buongiorno, castagna!” disse la formichina che passava.
“Dove vai?” chiese la castagna che aveva voglia di chiacchierare.
“Vado a portare questo granellino al formicaio”
“Buon lavoro, formichina!”.
E la formichina se ne andò.
Venne un grillo.
“Buongiorno castagna!”
“Anche tu porti un granellino al formicaio?”
Il grillo si mise a ridere.
“Quelle son faccende da formica. Io suono il violino”. E si mise a suonare una bellissima melodia.
“Sei bravo” disse la castagna. “Ora ricordo di averti sentito suonare quando ero chiusa nel riccio”.
“Forse mi nomineranno re di tutti i grilli!” disse il grillo dandosi grande importanza.
Un fungo, che era nato nella notte, si mise a ridere.
“Forse ti nomineranno re di tutti gli sciocchini!” disse.
“E io cosa diventerò?” chiese la castagna. “Sono ancora nuova e non lo so”.
“Polenta” disse il fungo. “Oppure castagnaccio. Ma forse caldarrosta”.
Venne una bambina e raccolse la castagna.
“Com’è bella!” disse, e se la mise in tasca.
Quando arrivò a casa la dette al fratellino piccolo, perchè ci giocasse e quella castagna non diventò polenta e nemmeno castagnaccio. Non fu nemmeno caldarrosta; diventò un giocattolo per un bambino piccolo, e fu molto contenta lo stesso.
M. Menicucci
Storia di una foglia
Nacqui come foglia d’albero in mezzo a un bel campo. Il mio primo amore fu il sole, il mio primo gioco l’altalena col vento. Ma poi vidi sbocciare vicino a me, sui rami del mio albero, i fiori ed ebbi invidia dei fiori che erano più belli di me.
Ma vidi ingrossare, al posto dei fiori, i frutti colorati e polposi ed ebbi invidia dei frutti.
Ma trascorsero le settimane e molti di quei frutti furono colti e morsi e ingoiati dagli uomini; altri caddero a terra e marcirono e allora ebbi pietà anche dei frutti mentre io rimanevo fresca e verde nell’aria ancora tiepida in alto.
Ma venne il novembre e mi feci gialla e grinzosa; uno strappo rabbioso del vento mi divelse dal ramo e caddi anch’io sulla terra fradicia.
Ebbi pietà di me stessa e invidiai il maestoso tronco che rimaneva intatto e dritto a dispetto dell’inverno.
Ma prima ancora che mi disfacessi tutta vidi arrivare due uomini armati di ascia e di accetta che si avvicinarono all’albero mio padre e cominciarono a colpirlo barbaramente giù in basso per farlo cadere.
E seppi dai loro discorsi che era destinato al fuoco della famiglia.
E allora, sul punto di essere annientata, ebbi il tempo di sentire una immensa pietà per l’albero dove ero nata.
(Giovanni Papini)
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