Montessori da 0 a 3 anni – lo sviluppo del linguaggio.
I suoni prodotti dal nostro apparato fonatorio non sono molti, ma con essi possono essere create infinite combinazioni. Dal lontano passato fino al presente attuale, è straordinaria la creatività della mente umana nel cercare e trovare possibilità di comunicare e di conservare la comunicazione, per superare le barriere del tempo e dello spazio.
Da un punto di vista generale si può dire che gli esseri umani hanno meccanismi per l’acquisizione del linguaggio già presenti nella mente dei bambini molto prima che essi imparino a parlare. Questi meccanismi sono definiti da Noam Chomsky come una perfetta conoscenza della grammatica universale già programmata nel cervello dei bambini alla nascita, ma poi ogni individuo userà il linguaggio in un modo che sarà solo suo, partecipando alla creatività della lingua con l’unicità del suo modo personale di comunicare.
Il linguaggio non è ripetizione di parole: le parole sono sostenute dal pensiero e l’uso delle parole sostiene e aumenta il pensiero.
Il linguaggio è lo strumento per comunicare all’esterno e allo stesso tempo consente il dialogo con noi stessi, ci permette di focalizzare i nostri pensieri, esaminarli, di porci domande e darci risposte. Per comunicare veramente con gli altri è molto importante saper parlare a noi stessi.
Purtroppo linguaggio parlato e linguaggio interiore possono dissociarsi: anche i bambini possono imparare a separare i loro pensieri dalle loro parole se fanno l’esperienza che ciò che hanno in mente non è accettato dall’ambiente. A questo punto le parole non servono più a manifestare i propri pensieri, ma piuttosto a coprirli.
Nell’acquisizione della lingua si osservano sempre due periodi principali:
– pre-linguistico: dalla vita prenatale fino ai 12 mesi;
– linguistico: dai 12 mesi ai 3 anni.
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Il periodo pre-linguistico
Nel periodo pre-linguistico tutto il lavoro che i bambini compiono con la lingua è nascosto, e le tracce osservabili dall’esterno sono molto poche. Si tratta di un processo silenzioso che va tenuto in serissima considerazione.
I neonati, grazie alle memorie accumulate durante la loro vita prenatale, possono riconoscere fin dal primo momento la voce della madre e si girano verso di lei mentre parla, come riconoscono e reagiscono anche alla voce del padre. Queste voci conosciute hanno il potere di calmarlo.
I neonati mostrano poi uno speciale interesse per la voce umana in generale, perchè si trovano nel periodo sensitivo del linguaggio ed essa è il suono preferito dell’ambiente.
Dal punto di vista della produzione del linguaggio da parte dei neonati, dobbiamo riconoscere che il loro pianto varia a seconda delle situazioni e che vi è una grande varietà nella qualità e nella quantità. Se siamo attenti scopriamo in questo modo di comunicare un vero e proprio linguaggio. Inoltre essi accompagnano questo pianto con molti movimenti delle varie parti del corpo che aggiungono la forza e la chiarezza del linguaggio non-verbale alla loro espressione vocale.
Nei primi due mesi di vita una cosa molto interessante del loro pianto è che piangendo mutano il ritmo respiratorio: queste alterazioni possono darci indicazioni su ciò che i bambini desiderano comunicare all’ambiente.
A partire dal terzo mese compare la possibilità di modulare la voce, perchè la laringe comincia a lavorare in modo diverso e raggiunge la normale posizione e la completa mielinizzazione. Si crea un tipo di linguaggio che il bambino utilizza principalmente con la madre nei momenti di intimità e durante le cure materne, quando la relazione è diretta e c’è la possibilità di guardarsi negli occhi.
Verso i tre-quattro mesi i bambini cominciano a riprodurre le vocali in modo chiaro, quasi cantando e con una chiara intenzione di gioco. Se l’ambiente si mostra interessato e risponde, i bambini si impegnano in un dialogo pieno di gioia.
A cinque mesi compaiono alcune consonanti, quali M, N, D, che vengono unite alle vocali già usate e che, con la ripetizione, formano parole come MA-MA, DA-DA, NA-NA. Naturalmente i bambini si accorgono subito che MA-MA suscita una grande reazione da parte della madre, e sono incoraggiati a ripetere i suoni e a continuare i loro esercizi vocali con grande passione. Spesso cominciano a farlo da appena svegli, ed è esattamente quello che avviene anche a noi adulti, quando ci svegliamo senza fretta e cominciamo a parlare a noi stessi, anche se noi non lo facciamo ad alta voce.
Esercitandosi continuamente con la voce, i bambini prendono coscienza di avere a loro disposizione gli strumenti preziosi della bocca e della laringe.
A sette-otto mesi i bambini sono in grado di rispondere in modo appropriato ad inviti verbali fatti dagli adulti con i quali vivono, quali “batti le mani”, “fai ciao”, o anche “dammi la mano”, “dammi il piede” quando li vestiamo, e comprendono bene anche il “no”.
Intorno ai dodici mesi se l’ambiente è stimolante e di aiuto, cominciano a pronunciare le prime parole che riguardano di solito le persone della famiglia, il cibo, i saluti. Queste parole sono dette olofrasi perchè ognuna esprime tutta una situazione ed è perciò come un’intera frase. A un anno i bambini usano circa 3 o 4 olofrasi.
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Il periodo linguistico
Il periodo linguistico, che va dai 12 mesi ai 3 anni, si divide in due fasi:
– fase locutoria: dai 12 ai 20 mesi,
– fase delocutoria: dai 20 ai 36 mesi.
Nella fase locutoria, dai 12 ai 20 mesi, i bambini usano la stessa parola per molte situazioni diverse, o anche parole diverse per la stessa situazione.
Aumentano le parole e le consonanti usate, ma alcune di esse quali R, S, Z sono per loro difficili da riprodurre.
Le frasi si compongono ora di due parole, ad esempio “Mamma qui”; questo genere di frase è detta frase nucleare. Nella frase nucleare la prima parola è il soggetto e la seconda serve a descrivere tutta la situazione. Quando arriva ad usare tre parole si parlerà di frase nucleare espansa.
Quando il bambino arriva a parlare di situazioni o persone che non sono presenti, siamo di fronte a un grande progresso.
Un progresso ulteriore avviene quando il bambino risponde a parole quando gli viene chiesto qualcosa, mentre prima la risposta era solo motoria, cioè consisteva in un’azione. ,.A questo punto comincia un vero dialogo, e i bambini mostrano un grande interesse per tutti i nomi, in particolare per quelli difficili.
I bambini dai 20 ai 24 mesi possono imparare facilmente, in due o tre giorni, 15 nomi difficili (razze di gatti, nomi di uccelli, di fiori, di mezzi di trasporto, ecc.) presentati loro attraverso illustrazioni (si consiglia una dimensione 20×20) e provando in questo apprendimento una gioia incredibile.
Siamo nel periodo sensitivo per la nomenclatura, ed è importante che gli adulti ne siano consapevoli e che rispondano adeguatamente alla fame di parole che i bambini hanno in questo periodo. Facendolo doneranno loro un’incredibile ricchezza e precisione di linguaggio.
Conoscere la parola veramente adatta ad una situazione dà una grande sicurezza interiore e consente un giusto controllo sull’ambiente.
Siamo giunti in una fase che Maria Montessori chiamò dell’esplosione del linguaggio.
A 24 mesi i bambini possono usare circa 200 parole, pronunciate più o meno chiaramente, ma parlano di se stessi utilizzando la terza persona, e non il pronome io.
Nella fase delocutoria, dai 20 ai 36 mesi, i bambini acquisiscono l’uso delle nove parti del discorso e le frasi diventano più lunghe e articolate.
Grazie all’uso e alla comprensione del linguaggio dimostrano un impressionante livello di consapevolezza del mondo esterno e di se stessi: sono in grado di descrivere le emozioni personali e ciò che avviene nell’ambiente, di giudicare correttamente le diverse situazioni, di opporsi ad esse usando con frequenza il “no”.
Fra i 32 e i 36 mesi il bambino dice finalmente “Io”, ed è questo un momento di grande importanza per lo sviluppo umano. Si tratta della nascita di una persona che ha una chiara coscienza del suo posto e del suo ruolo nell’ambiente, e con l’uso del pronome io afferma la propria identità e chiede di essere riconosciuta come l’essere unico e irripetibile che è.
E’ un evento che merita di essere celebrato solennemente, come abbiamo celebrato il suo primo muoversi su due gambe. Iniziando a camminare il bambino ha affermato la sua identità fisica, che ora completa con l’affermazione della sua identità psicologica, dicendo “io”.
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La parte emozionale del linguaggio
Le tre necessità di base per apprendere ed usare la lingua materna sono:
– poter udire bene;
– avere un apparato fonatorio funzionante;
– avere il desiderio di comunicare.
Il desiderio di comunicare è la parte emozionale del linguaggio. I bambini possono aver assorbito il linguaggio ed essere in grado di parlare, ma possono decidere di non usarlo a causa di fattori di disturbo emotivo. Un buon clima emotivo è la condizione indispensabile per un migliore sviluppo ed uso del linguaggio.
Imparando a dare un nome a ogni oggetto ed ogni informazione i bambini possono fare il passaggio dal concreto all’astratto. Col linguaggio parlato, e poi con quello scritto, i bambini avranno a disposizione lo strumento per ricevere e produrre una conoscenza sempre più grande.
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Consigli pratici per aiutare lo sviluppo del linguaggio
– udito: per apprendere il linguaggio è essenziale che il bambino possa udire bene, per questo è molto importante controllare l’udito dei neonati nei primi tempi dopo la nascita. Una prima ricerca si può fare semplicemente battendo le mani o suonando un campanello o chiamando il bambino per nome mentre si sta dietro di lui. Quando abbiamo dei dubbi, informiamone al più presto il pediatra;
– curiamo il modo in cui parliamo: fin dall’inizio dobbiamo parlare al bambino in modo corretto e chiaro, ma lentamente e con voce non troppo forte. Stiamo attenti alle espressioni che usiamo, perchè i bambini capiscono sempre molto più di quello che riescono ad esprimere;
– descriviamogli le nostre azioni: durante il tempo delle cure materne e in qualsiasi altra occasione, descriviamo le azioni che compiamo con lui;
– curiamo il tono: il tono del nostro discorso deve essere serio, come lo è quando parliamo ad una persona in grado di comprendere, per trasmettere al bambino l’importanza che diamo alla comunicazione con lui;
– coltiviamo il linguaggio speciale dell’amore: usiamo naturalmente con lui il linguaggio speciale dell’amore, che ha toni e maniere diverse di usare le parole, e facciamo che i due modelli siano sempre presenti contemporaneamente, perchè i bambini hanno bisogno di impararli tutti e due;
– rispondiamo sempre: appena i bambini cominciano a riprodurre i suoni e noi siamo presenti, dobbiamo rispondere ai loro vocalizzi per stabilire il modello che il linguaggio serve a comunicare con gli altri;
– i nomi delle cose: i bambini devono imparare le parole udite nel contesto della vita reale. Possiamo dire vocaboli mentre tocchiamo le varie parti del loro corpo durante le cure materne, possiamo dire il nome degli oggetti che usiamo mentre prepariamo il cibo per lui, mentre glielo diamo, mentre li vestiamo e li spogliamo. La cosa importante è dire solo il nome, senza ulteriori spiegazioni e aggettivi. Se ad esempio presentiamo il cucchiaio, ripetiamo la parola “cucchiaio” due o tre volte, mostrando l’oggetto. Questo aiuta i bambini a fare ordine ed arrivare presto a comprendere che tutto e tutti hanno un nome;
– non ripetiamo i loro errori: evitiamo di imitare i loro errori nel parlare pensando di poter essere così meglio compresi dal bambino. In realtà lui ha nella mente il suono corretto della parola che vuole usare, ma lo strumento non è ancora in grado di riprodurlo. Per aiutarli ha più senso ripetere la parola corretta per dire al bambino che abbiamo compreso quello che voleva dire e per rafforzare il modello corretto della parola nella sua mente;
– rispetto: guardiamo con rispetto i risultati raggiunti invece di ridere per gli errori;
– offriamo libri adatti: i libri possono essere un grande aiuto al linguaggio, ma devono essere scelti bene. I bambini credono in tutto ciò che diciamo e noi dobbiamo essere onesti. Perchè, ad esempio, presentare animali che vivono e si comportano come esseri umani? La vita vera degli animali è molto più straordinaria ed interessate per il bambino. I libri giusti possono chiarire e verificare tutto quello che il bambino ha già imparato nel suo ambiente, e possono aggiungere molte informazioni e preparare i bambini a nuove esperienze. La fantasia arriva più tardi, quando hanno già sperimentato la realtà e l’hanno assorbita, divenendo capaci di distinguere tra ciò che si vede all’esterno e ciò che si pensa all’interno;
– ripetizione: quando leggiamo un libro ai bambini piccoli, essi ci chiedono sempre di leggerlo molte volte. Questa richiesta va esaudita perchè i bambini hanno bisogno di conoscere il libro a memoria per essere in grado di ripeterlo a se stessi. Recitiamo poesie, filastrocche, canzoncine e non stanchiamoci mai di esaudire il desiderio del bambino di riascoltarle, tutte le volte che ce lo chiedono.
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L’apprendimento di più lingue
I periodi sensitivi del cervello umano seguono un orologio biologico interno che deve essere rispettato per aiutare i bambini ad utilizzare il loro potenziale.
Una migliore comprensione tra gli esseri umani per mezzo della conoscenza di più lingue può favorire le relazioni tra paesi e popoli e contribuire alla pace nel mondo.
La seconda (terza, quarta,…) lingua deve essere presente nell’ambiente del bambino nei primissimi anni di vita, cioè una o due persone devono parlare questa lingua ai bambini ed in presenza dei bambini.
Se in questo periodo potessimo avere due, tre, quattro, cinque persone diverse che parlano ognuna la propria lingua, il bambino potrebbe arrivare ad assorbirle tutte facilmente, senza alcuno sforzo.
L’unica condizione da rispettare è che ciascuna persona parli con lui soltanto in una lingua. Con i bambini dei primi tre anni è assolutamente necessario: le diverse lingue devono provenire sempre dalla stessa persona, perchè per loro il linguaggio è parte della persona, come il suo viso, e non può essere cambiata se non a rischio di creare insicurezza.
Nell’apprendimento di ogni lingua bisogna distinguere tra:
– acquisizione del modello del linguaggio: pronuncia, forma del discorso;
– ricchezza e precisione del vocabolario.
Mentre l’acquisizione del modello avviene in modo perfetto solo nei primi anni di vita, il perfezionamento del vocabolario può continuare per tutta la vita, utilizzando il modello di base.
Una soluzione immediata può essere quella di riunire più volte a settimana alcuni bambini dei primi tre anni un gruppo gioco nel quale si trova una persona che parla con loro la lingua straniera. Con questa soluzione si riduce lo sforzo economico e i bambini arrivano alla scuola d’infanzia conoscendo almeno una seconda lingua.
Altra soluzione è quella di creare occasioni che permettano a bambini di diversa origine geografica di incontrarsi tra loro, per conoscersi, giocare insieme, prevenire diffidenze reciproche, e cominciare a scoprire la straordinaria ricchezza di linguaggi di cui è fornito il genere umano.
Tenendo conto della straordinaria plasticità del cervello dei bambini nei confronti del linguaggio umano, che tende a diminuire progressivamente dopo i 4 -5 anni, se non abbiamo la possibilità di far trascorrere del tempo al bambino piccolo con persone che parlano lingue diverse dalla lingua madre, possiamo svolgere con lui alcune interessanti attività, a partire da 2 – 3 anni. Queste attività possono essere della durata di circa mezz’ora al giorno, ma devono essere praticate con costanza e regolarità.
Esempi:
– cd con canzoncine nella lingua straniera: se non conosciamo bene la lingua, possiamo limitarci ad ascoltare le canzoni con lui e memorizzarle insieme, in casa o sfruttando gli spostamenti in auto;
– libri con immagini, brevi storielle divertenti, filastrocche nella lingua straniera per arricchire il vocabolario.
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