Martin Luther King – materiale didattico e schede illustrate pronte per la stampa per bambini della scuola primaria, sulla vita di Martin Luther King.
Martin Luther King si celebra col MLK day negli USA il terzo lunedì di gennaio, un giorno vicino alla sua data di nascita. E’ una festività nazionale istituita per legge dal 1983, ma fu osservata da tutti gli Stati americani solo dal 1993. Per raccontare ai bambini la sua storia ho preparato una biografia, una serie di carte illustrate che possono essere utili durante il racconto, e un riassunto del discorso pronunciato a Washington nel 1963. Le immagini sono di pubblico dominio; tutte le fonti sono citate in fondo all’articolo.
Martin Luther King è l’icona mondiale della lotta per i diritti civili.
Fino a cinquant’anni fa, in USA, c’erano fontanelle pubbliche separate per bianchi e neri, a teatro la balconata separata per neri, e i posti in fondo al bus solo per neri. E’ difficile da credere ma era veramente poco tempo fa. Nella lotta per guadagnare la parità per i cittadini di qualsiasi razza si è svolta la breve vita di Martin Luther King. In quel periodo negli USA era normale salire sugli autobus, entrare nei bar, in teatro, e nelle chiese e vedere posti separati a seconda del colore della pelle delle persone, e persone come Martin Luther King sono, anche oggi, fonte di ispirazione per chi crede nella giustizia sociale. Voleva il riscatto di tutti, non solo dei neri, che non erano i soli ad essere maltrattati nel suo paese: l’ingiustizia sociale era troppa e troppe le leggi scritte ma non rispettate. Occorreva restituire dignità a tante persone schiacciate da secoli di schiavitù sociale, politica e morale.
L’Italia, da paese di emigrazioni è diventato un paese di immigrazioni, e quindi una società multietnica caratterizzata dalla coesistenza di persone di etnie diverse. Molti italiani che si considerano ‘istruiti’, si rivelano poi razzisti, per diversi motivi. Il sogno di Martin Luther King può insegnare molto agli italiani sui diritti civili, sull’integrazione, sull’uguaglianza delle minoranze e sulle barriere razziali. Anche se i tempi e le situazioni sono diverse, le cause del razzismo sono sempre le stesse. Perciò, i valori che il sogno di Martin Luther King ha insegnato agli americani, possono servire da lezione anche agli italiani.
Martin Luther King jr (15 gennaio, 1929 – 4 aprile, 1968) nacque nella città di Atlanta, in Georgia, il 15 gennaio 1029.
La Georgia è uno Stato del sud degli Stati Uniti, dove il problema razziale era molto forte.
I neri americani sono i discendenti di quegli uomini che furono rapiti dai negrieri e portati dall’Africa all’America, in catene, per essere venduti come merce. Milioni di donne e di uomini vennero strappati alla loro terra e fatti schiavi per lavorare nelle piantagioni di cotone, tabacco, zucchero e caffè degli stati del sud dal 1620 fino al 1865: 200 lunghi anni durante i quali gli antenati di Martin Luther King venivano comprati, venduti e trattati non come esseri umani, ma peggio degli animali. La legge che permetteva la schiavitù negli Stati Uniti fu cancellata solo grazie a una terribile guerra civile tra gli Stati del Nord, che volevano abolire lo schiavismo, e gli Stati del Sud. Ma, soprattutto al sud, l’abolizione legale della schiavitù non portò la libertà agli americani neri, perchè i proprietari terrieri escogitarono sistemi di ricatto economico nei confronti dei lavoratori ex schiavi, per cui più lavoravano più si indebitavano. Nella pratica i neri americani non potevano nemmeno partecipare alle elezioni. Sorse inoltre il Ku Klux Klan (KKK), un gruppo fondato da ex soldati sudisti dopo la guerra civile, che ha usato la violenza e l’intimidazione per escludere i neri dal voto, dalle cariche politiche e anche dalle scuole, compiendo crimini orribili.
“Lavorare dall’alba al tramonto, incatenato alla terra dai conti da pagare al proprietario della piantagione, piangere, compatirsi per la propria mancanza di coraggio, essere lo zimbello dei giudici e dei poliziotti, finire col credere alla propria indegnità… e infine cedere, inchinarsi e odiare se stessi per la propria debolezza“.
Così Martin Luther King racconta la vita di suo nonno James Albert, che era la vita di tutti i neri americani. Nelle città si vedevano dappertutto cartelli con la scritta “colored only” o “white only” (solo per neri, solo per bianchi). I neri vivevano riuniti in zone della città, i ghetti (slums), sovrappopolati e privi di strutture e di servizi decenti. I neri americani non potevano frequentare molte scuole, Università, né entrare a far parte di molte associazioni, non votavano, subivano maltrattamenti anche da parte delle autorità e dalla polizia, ed erano spesso condannati ingiustamente da giurie popolari bianche e razziste. I neri godevano di meno diritti dei bianchi ovunque: nel campo dell’istruzione, sul lavoro, e in tutti i settori della vita sociale ed anche nell’esercito, e perfino nell’uso dei mezzi pubblici. Quello che oggi, nella nostra cultura, sembra assurdo, nell’America degli anni ‘50 e ’60 era la normalità.
In questo clima Martin Luther King nacque, visse e cominciò a lottare fin da bambino.
Oggi gli USA hanno il loro primo Presidente nero. Sono passati solo cinquant’anni dai discorsi di Martin Luther King. Il Presidente Obama non ha nella sua storia familiare ex-schiavi afroamericani, mentre la first lady, Michelle, sì. Gli USA hanno fatto molti passi avanti per i diritti civili e l’uguaglianza, ma le discriminazioni esistono ancora. Ad esempio, in alcuni stati degli USA, gli studenti di colore vengono sospesi o espulsi tre volte di più dei loro coetanei bianchi.
Fin dall’infanzia Martin Luther King subì i traumi dei bambini che scoprono di essere diversi e discriminati, che scoprono di vivere in una società razzista.
Il padre, Martin Luther King senior, era pastore della Chiesa battista, la mamma una maestra. Nei primi anni dell’infanzia giocava con i bambini del quartiere, anche coi bambini bianchi. A sei anni cominciò a frequentare la scuola elementare, e cominciarono ad accadere fatti incomprensibili per un bambino: venne escluso dai giochi dei suoi vicini di casa che, addirittura, ebbero dai loro genitori il severo divieto di parlare con lui. Martin non riusciva a capire: non aveva fatto loro alcun dispetto, non li aveva offesi in alcun modo… Non lo fecero sentire meglio le spiegazioni dei suoi genitori, che gli parlarono di cosa significasse essere di colore e vivere in uno Stato del Sud, gli raccontarono delle origini africane dei neri americani, della lunga e terribile schiavitù e della Guerra di Secessione che aveva dato loro, almeno formalmente, la libertà. A otto anni il suo papà gli dà la notizia della morte della sua cantante preferita, Bessie Smith, che dopo un incidente stradale morì perché gli ospedali per bianchi di Atlanta si rifiutarono di ricoverarla.
Ancora impreparato a reagire, queste ed altre esperienze gli rimasero scolpite per sempre nell’anima.
Martin Luther King visse la sua infanzia e adolescenza in un periodo di grande fermento storico, con la II Guerra Mondiale e la conquista dell’indipendenza delle colonie europee, e fu molto affascinato dalla figura di Gandhi, dal quale imparò i principi della lotta non-violenta. Poté studiare frequentando le scuole per ‘coloreds’ (cioè per soli neri), e fu negli anni del liceo, mentre si inseriva nel mondo degli adulti, che cominciò ad avere sempre più coscienza della discriminazione razziale. Così decise di diventare avvocato e si iscrisse all’Università di Atlanta (per soli neri), ma dopo qualche anno passò agli studi di filosofia e di teologia e diventò, a 22 anni, pastore battista. Ispirato dal metodo di lotta per i diritti basato sulla ‘non violenza’ di Gandhi, Martin Luther King si convinse che questo sistema poteva servire anche per la conquista dei diritti civili dei neri americani. Dalla meditazione sulle opere di Gandhi, trasse la conclusione che i valori cristiani uniti ai principi della non-violenza, dovevano essere la base della lotta per la giustizia sociale. Completò gli studi e, durante la preparazione della tesi di laurea conobbe Coretta Scott, che studiava canto per diventare soprano. Anche Coretta aveva il sogno di poter fare qualcosa per i neri americani. I due giovani s’innamorarono e nel 1953 si sposarono e si trasferirono nella città di Montgomery, in Alabama, entrambi erano decisi a lottare per non essere più giudicati inferiori, ma cittadini come gli altri.
In questa città Martin Luther King era pastore della chiesa battista.
Le sue prediche lo resero molto famoso tra le persone, indipendentemente dal colore della loro pelle, e riuscì ad attirare a sé un numero sempre più grande di sostenitori.
Nel dicembre del 1955 un fatto in apparenza banale, che avvenne proprio nella città di Montgomery, dette ai fatti una svolta decisiva. Sugli autobus della città le prime tre file di posti erano riservate ai bianchi, le altre potevano essere occupate da neri solo se non c’erano bianchi in piedi. Quel giorno Rosa Parks rifiutò di alzarsi e cedere il suo posto, e venne arrestata e portata in carcere.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Nel giro di poche ore King mise a disposizione la sua chiesa per organizzare la protesta e fu deciso il boicottaggio dei trasporti pubblici, una forma di lotta pacifica, ispirata agli insegnamenti di Gandhi: nessun nero sarebbe salito su un autobus fino a che non fosse stata tolta la spartizione dei sedili.
L’iniziativa ebbe un enorme successo: il giorno seguente, infatti, tutti i mezzi pubblici erano deserti, perchè non solo in neri ma anche molti bianchi avevano aderito alla lotta. La situazione continuò a ripetersi anche nei giorni seguenti e gli abitanti neri di Montgomery non salirono sugli autobus e si recarono al lavoro arrangiandosi come potevano fino al dicembre dell’anno successivo: 382 giorni. In questo periodo King fu bersaglio di minacce d’ogni genere e la sua casa fu fatta saltare in aria con una bomba (la moglie e la figlia, che erano dentro, restarono fortunatamente illese). La compagnia degli autobus perse 40 milioni di dollari e le autorità arrestarono Martin L. King con un pretesto. A sorpresa, quando il processo contro di lui stava ormai per iniziare, arrivò la notizia: la Corte Suprema dichiarava illegale la segregazione praticata negli autobus.
Nacque così il Movimento per i Diritti Civili e Martin Luther King divenne il simbolo della ‘rivoluzione nera’.
Ogni sua vittoria ebbe per lui un prezzo altissimo: fu preso a sassate, picchiato ed aggredito dai cani della guardia nazionale; fu arrestato una ventina di volte durante le manifestazioni per la pace; più di una volta John Kennedy, che sarebbe diventato il Presidente degli Stati Uniti, pagò personalmente la cauzione per farlo uscire di prigione.
Martin Luther King organizzò tantissime manifestazioni pacifiche, marce, conferenze pubbliche e raduni, e il Movimento si estese ben presto a tutti gli Stati Uniti.
Organizzò ovunque boicottaggi contro gli esercizi commerciali che praticavano la segregazioni (negozi, bar, ristoranti, ecc.). Martin Luther King diceva: “Non possiamo obbedire a leggi ingiuste, perché il non collaborare col male è un obbligo morale, non meno del collaborare col bene“.
E di fronte alle minacce, riferendosi al Ku Klux Klan, diceva: “Mandate i vostri sicari incappucciati nelle nostre case. Ma siate certi che vinceremo: un giorno conquisteremo la libertà, e la nostra vittoria sarà anche la vostra“.
Nel 1963, centenario dell’abolizione della schiavitù firmata da Lincoln, le azioni non violente del Movimento per i Diritti Civili dilagarono in più di 800 città.
A Birmingham, città che subì in un anno diciassette attentati dinamitardi ad opera dei razzisti bianchi, ebbe inizio una delle più importanti campagne di sensibilizzazione del Movimento. Durante una marcia tenuta la sera del venerdì Santo, vennero imprigionate centinaia di persone e, fra di esse (per la tredicesima volta) Martin Luther King. Dal carcere scrisse una famosa lettera: “E facile dire: ‘aspettate’. Ma quando avete visto poliziotti pieni d’odio colpire e perfino uccidere impunemente i vostri fratelli e le vostre sorelle; quando sentite la vostra lingua torcersi se cercate di spiegare alla vostra bambina di sei anni che non può andare al luna-park perchè è nera, e vedete spuntarle le lacrime; quando vi perseguita notte e giorno il fatto di essere nero, non sapendo mai che cosa vi può accadere; allora voi comprendete perché per noi è tanto difficile aspettare“.
Sempre nel 1963, in agosto, Martin L. King guidò un’enorme manifestazione interrazziale a Washington, dove pronunciò il suo discorso più famoso, poetico e struggente: “Ho un sogno” (I have a dream).
La marcia dei 250.000 arrivò a Washington il 28 agosto, per chiedere l’approvazione della legge sulla parità dei diritti civili per bianchi e neri. Oltre 80.000 dei partecipanti all’evento erano bianchi e marciavano insieme agli altri cantando ‘Black and white together’ (neri e bianchi insieme). Fu una manifestazione molto pacata e vi partecipò tutta la comunità americana, singoli individui e gruppi politici e religiosi, associazioni, sindacati dei lavoratori, bianchi, neri, meticci ed indiani: fu un’azione collettiva, di tutta la nazione americana, a favore dei più deboli ed emarginati. Le telecamere di tutto il mondo erano puntate sulla marea umana che si era raccolta intorno al monumento a Lincoln per chiedere un mondo migliore, dove giustizia ed uguaglianza non fossero utopie, ma realtà. Milioni di telespettatori in tutto il mondo, seguirono affascinati questo evento ad ascoltarono la voce di Martin Luther King, a cui fu affidato il discorso conclusivo. Il suo discorso fu accolto da applausi scroscianti. A proposito della marcia di Washington, Martin Luther King scrisse: “…L’estate del 1963 è stata una rivoluzione perché ha cambiato il volto dell’America…”.
Questa marcia pacifista e la figura di Martin Luther King ebbero risonanza mondiale, e le sue predicazioni e i suoi scritti furono tradotti e letti in molti Paesi, ed anche in Italia.
Il 1964 fu un anno importante.
La legge per i diritti civili venne approvata il 10 febbraio 1964. Durante una manifestazione pacifica la polizia si scagliò con ferocia su un corteo di dimostranti, sguinzagliando cani e azionando idranti contro ragazzi inermi. Sotto la pressione dell’opinione pubblica inorridita, il Governo dichiarò illegale la segregazione nei negozi e nei locali pubblici, e stabilì che l’assunzione al lavoro doveva essere egualitaria per bianchi e neri. Erano vietate le discriminazioni per l’iscrizione ai registri elettorali ed era sancito l’obbligo di ammettere tutti i cittadini, senza distinzioni di razza, a qualsiasi scuola o esercizio pubblico. La battaglia, però, durò ancora a lungo e negli Stati del Sud, soprattutto l’Alabama e il Mississippi, continuarono a registrarsi episodi di neri picchiati e uccisi dai razzisti bianchi del Ku Klux Klan.
Il 14 ottobre Martin Luther King ricevette un telegramma da Stoccolma: “Il premio Nobel per la pace è stato assegnato a Martin Luther King per aver fermamente e continuamente sostenuto il principio della non-violenza nella lotta razziale nel suo Paese“. I 34 milioni del premio vennero messi a disposizione del Movimento per i Diritti Civili.
Ma ancora l’effettiva uguaglianza tra bianchi e neri era un obiettivo lontano.
A metà degli anni Sessanta il movimento per i diritti civili si spaccò: un gruppo di attivisti neri si oppose alle scelte moderate e pacifiste di King e diede vita a forme di protesta più radicali caratterizzate dallo slogan Black power (potere nero).
Tra mille difficoltà e molti oppositori Martin Luther King continuò a correre da una parte all’altra degli Stati Uniti per diffondere le idee del Movimento per i Diritti Civili, che estese la sua richiesta di riforme sociali non solo alla comunità nera, ma a tutti gli americani poveri, e si impegnò contro il coinvolgimento degli USA nella guerra del Vietnam.
Nel marzo 1968 Martin Luther King stava preparando la marcia della “miseria nazionale” durante i poveri di tutte le razze sarebbero dovuti arrivare da tutti gli Stati USA a Washington.
Il 27 marzo nella città di Memphis, in Tennessee, seimila americani neri attraversarono in corteo la città per solidarietà con 1.700 spazzini in sciopero e Martin Luther King era in testa al corteo.
Pochi giorni dopo, il 3 aprile, Martin Luther King parlò, sempre a Memphis, davanti a quindicimila. Il giorno seguente, si trovava con altri membri del Movimento per i Diritti Civili in una stanza dell’Hotel Lorraine. Si affacciò ad un balcone dell’Hotel e venne colpito da un colpo di fucile. Quando morì aveva solo 39 anni ed era nel pieno della sua battaglia. Il colpo era partito dalla casa di fronte, e approfittando dei momenti di panico che seguirono, l’assassino si allontanò indisturbato.
Il presunto killer fu arrestato a Londra circa due mesi più tardi, si chiamava James Earl Ray. L’uomo si proclamò innocente e disse di sapere chi fosse il vero colpevole, ma non sapremo mai la verità perchè venne accoltellato la notte seguente nella cella in cui era rinchiuso.
Al suo funerale parteciparono migliaia le persone d’ogni ceto e razza.
Celebrò la cerimonia suo padre, il pastore Martin Luther King senior, che fece riascoltare una predica registrata del figlio, nella quale, tra l’altro, diceva: “Se qualcuno di voi sarà qui nel giorno della mia morte, sappia che non voglio un grande funerale. E se incaricherete qualcuno di pronunciare un’orazione funebre, raccomandategli che non sia troppo lunga. Ditegli di non parlare del mio premio Nobel, perché non ha importanza… Vorrei solo che dicesse che sono stato una voce che ha gridato nel deserto per la giustizia, e che ho tentato di spendere la mia vita per amare e servire l’umanità».
Coretta King, anche dopo la morte del marito, continuò la sua lotta contro la segregazione razziale e a favore della pace del mondo.
I Have a Dream – Martin Luther King jr
Riassunto del Discorso Pronunciato da Martin Luther King a Washington il 28 Agosto 1963.
Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della schiavitù.
Ma cento anni dopo, i neri non sono ancora liberi; cento anni dopo, la vita dei neri è ancora una vita in catene, e queste catene sono la segregazione e la discriminazione. Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa.
In un certo senso siamo venuti qui, nella capitale degli Stati Unti, per incassare una cambiale. Quando i Padri Fondatori scrissero la Costituzione Americana e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono una cambiale ad ogni americano. Questa cambiale prometteva a tutti gli uomini, ai negri tanto quanto ai bianchi, il diritto di godere in America dei principi inalienabili della vita, del diritto alla libertà e del diritto alla ricerca della felicità.
E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo impegno e non ha pagato la cambiale data ai suoi cittadini neri.
Invece di pagare la sua cambiale, invece di onorare il suo debito, l’America ha consegnato ai neri banconote false, e quindi siamo venuti per incassare questo cambiale, per ricevere le banconote vere della libertà e della garanzia di giustizia.
Siamo anche venuti per ricordare all’America l’urgenza dell’adesso. Questo è il momento di realizzare le promesse; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti.
Sarebbe la fine per questa nazione, se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un autunno di libertà ed uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un inizio.
Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai neri non saranno concessi i loro diritti di cittadini.
Ma c’è qualcosa che devo dire alla mia gente. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste. Non soddisfiamo la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio; conduciamo la nostra lotta con dignità e disciplina; non permettiamo che la nostra protesta degeneri in violenza; rispondiamo alla forza fisica con la forza dell’anima.
Molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, capiscono che il loro destino è legato col nostro destino, e che la loro libertà è legata alla nostra libertà. Questa offesa che è l’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze.
Quando potremo sentirci soddisfatti? Non saremo mai soddisfatti finché il nero sarà vittima degli orrori a cui viene sottoposto dalla polizia; finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città; finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono ‘riservato ai bianchi’; finché i neri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare.
No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.
Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e sofferenze. Ritornate nel Mississippi, in Alabama, South Carolina, in Georgia, in Louisiana; ritornate ai vostri ghetti delle grandi città del nord, sapendo che questa situazione può cambiare, e cambierà.
Non sprofondiamo nella disperazione.
E anche se dovrete affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io ho un sogno.
Io un sogno: nel mio sogno, un giorno, questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso dei sui ideali. Tutti gli uomini sono creati uguali, questo è uno dei sui ideali.
Io ho un sogno: nel mio sogno, un giorno, i figli degli uomini che un tempo furono schiavi e i figli degli uomini che un tempo furono schiavisti, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno: nel mio sogno, un giorno, perfino lo stato del Mississippi, dove oggi c’è arroganza ingiustizia e oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho un sogno: nel mio sogno, un giorno, i miei quattro figli piccoli non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere.
Io ho davanti a me un sogno, oggi!
Difendiamo insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi.
Quel giorno tutti gli uomini sapranno cantare insieme l’America, dolce terra di libertà. Se l’America vuole essere una grande nazione, possa questo accadere.
Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York. Risuoni la libertà negli alti monti della Pennsylvania. Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve. Risuoni la libertà dai dolci pendii della California. Ma non soltanto. Risuoni la libertà dalle montagne della Georgia. Risuoni la libertà dalle montagne del Tennessee. Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.
Fonti:
https://english-zone.com/holidays/mlk-dreami.html Il discorso di MLK tradotto in Italiano
https://www.ilsoffioultrafanico.net/pag09_lutherkingdream.htm Il discorso di MLK in Inglese e Italiano
https://www.lagirandola.it/lg_primopiano.asp?idSpec=83
https://www.treccani.it/enciclopedia/martin-luther-king_(Enciclopedia_dei_ragazzi)/
https://www.studenti.it/materie/storia/martin_lutherking.php
https://www.martinlutherking.ucebi.it/biografia/bio.php
https://digitalcollections.nypl.org/search/index?utf8=%E2%9C%93&keywords=martin+luther+king#
https://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_Parks#/media/File:Rosaparks.jpg
https://it.wikipedia.org/wiki/Martin_Luther_King
https://www.lavocedinewyork.com/Il-sogno-di-Martin-Luther-King-nelle-scuole-americane/d/4277/
https://www.oronoticias.com.mx/galeriafotos/349/El-movimiento-de-Luther-King#.VpWYT7bhBkg
https://www.myusa.it/mappa-cartina-usa/243-cartina-politica-usa.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Racial_segregation_in_the_United_States
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Barack_Obama_family_portrait_2011.jpg
https://kinginstitute.stanford.edu/liberation-curriculum
https://mlkflc.org/photo-gallery/