Lazio: materiale didattico, dettati e letture per bambini della scuola primaria.
Il lazio: cartina fisico-politica
I confini: Mar Tirreno, Campania, Abruzzo, Molise, Marche, Umbria, Toscana.
I golfi: golfo di Gaeta.
I promontori: Capo Circeo, Punta di Gaeta.
I monti: Appennino Centrale (Umbro-Marchigiano, Abruzzese), Sub-appennino (Monti Sabini, Simbruini, Ernici), Antiappennino (Volsini, Cimini, Sabatini, Colli Albani, Lepini, Ausoni, Aurunci)
Le cime più alte dell’Appennino Centrale: Terminillo (m 2.213), nei monti Reatini; Monte Viglio (m 2156); Monte Pizzodeta (m 2.037); La Mera (m 2.241).
Le cime più alte dell’Antiappennino: Monte Cimino (m 1.053), Monte Cavo (m 949), Monte Semprevisa (m 1.536), Monte Calvilli (m 1.102), Monte Petrella (m 1.533).
I valichi: Valico di Torrita (m 1.005).
Le pianure: Maremma, Campagna Romana, Agro Pontino.
I fiumi: Tevere, Liri-Garigliano con il suo affluente Sacco; affluenti di sinistra del Tevere: Nera con il suo affluente Velino; Aniene.
I laghi: Lago di Bolsena, Lago di Vico, Lago di Bracciano, Lago d’Albano, Lago di Nemi, Lago di Fondi.
Le isole: Ponziane (Ponza, Ventotene, Palmarola, Zannone, Scoglio Santo Stefano).
Osserviamo la cartina
Il Lazio, terra degli antichi Latini, è situato al centro dell’Italia e abbraccia un territorio assai vario per aspetto fisico. Esso comprende la zona montuosa dell’Appennino, con la vetta del Terminillo, i Monti Sabini e Sambruini, ai piedi dei quali si stendono le regioni della Sabina e della Ciociaria.
Nella parte settentrionale del Lazio, lungo il corso del Tevere, sorgono i monti Volsini, Cimini e Sabatini, mentre nella parte meridionale si elevano i Colli Laziali e, lungo la valle dei fiumi Sacco e Liri, i Monti Lepini, Ausoni e Aurunci.
La Campagna Romana è l’unica zona pianeggiante del Lazio e si stende lungo il Mar Tirreno.
Fanno parte del territorio del Lazio le Isole Ponziane.
Belli sono i caratteristici laghi vulcanici di Bolsena, di Vico e di Bracciano.
Province
Il Lazio è suddiviso in cinque province.
Roma, capitale d’Italia dal 1871, è da secoli il centro del mondo cattolico e sede del Papato. La sua gloriosa storia è narrata in innumerevoli e superbe opere antiche, medioevali e moderne, che la rendono unica al mondo. Roma è anche città modernissima, con belle vie larghe e dense di traffico, grandi alberghi, magnifici palazzi. Importante nodo stradale e ferroviario, Roma è in comunicazione con tutto il mondo, grazie agli aeroporti di Ciampino e di Fiumicino, dove fanno scalo le principali linee aeree nazionali e internazionali.
Frosinone, il capoluogo della Ciociaria, è situata sull’alto di un colle, tra vigne e oliveti.
Latina, città modernissima, è provincia dal 1934. Sorge nella zona bonificata dell’Agro Pontino ed è centro agricolo e industriale.
Rieti, capoluogo della Sabina e cioè del bacino del fiume Velino, giace in una conca dominata dal Terminillo.
Viterbo, al centro della regione vulcanica, occupa la zona tra i laghi di Bolsena e di Vico.
Per il lavoro di ricerca
Quale origine ha il territorio del Lazio?
Non molto lontano da Rieti presso il confine con l’Umbria, sorge un monte noto agli sportivi per i suoi campi da sci: qual è?
La fascia costiera della regione comprende due ampie pianure: come si chiamano?
Come erano queste zone qualche decennio fa?
Come sono oggi?
Nel Lazio si aprono parecchi laghi: di che origine sono?
Quali sono i più importanti fiumi della regione?
Quali isole appartengono al Lazio?
Quali sono i più importanti prodotti agricoli della regione?
Che cos’è la Pietra di Roma?
Dove sorgono le più importanti industrie e quali sono?
Cos’è Cinecittà?
Frosinone, la Ciociaria, Rieti, Montefiascone legano i loro nomi a prodotti particolari. Quali?
Che cos’è la Ciociaria e perchè ha questo nome?
C’è un’altra voce molto importante nell’economia del Lazio: quale?
Alcune città laziali sono antichissime, altre invece molto recenti: dove e quando sono sorte queste ultime?
Quali sono le testimonianze, in Roma, della grandezza storica della città?
Quali sono le più famose fontane di Roma?
Che cos’è il Colosseo?
Dove sono state trovate tombe etrusche di grande importanza? Che cosa ricorda il nome Nemi?
Se tu volessi raggiungere il Lazio in aereo in quali aeroporti potresti atterrare?
E se vi arrivassi in macchina da Firenze o da Livorno, quali strade o autostrade dovresti percorrere?
Quale Stato indipendente è compreso nel territorio del Lazio?
Il Lazio
Ricco di foreste, di boscaglie, di pascoli, povero di prodotti del sottosuolo, il Lazio produce frumento, granoturco, barbabietola da zucchero, foraggi, olive e uve. Pregiatissimi i vini del Velletrano e dei Castelli romani. Florida la pastorizia; scendono alla campagna, dall’Umbria, gli armenti. Cavalli e bufali per la libera distesa, sorvegliati dai butteri.
Lazio: sguardo d’insieme
Quelli del Lazio sono soltanto confini politici; non delimitano, infatti, una regione fisica particolare. Il Lazio è costituito di elementi dissimili: monti di formazione ed aspetto del tutto diversi l’uno dall’altro, pianure di diversa origine, fiumi che percorrono la regione ed hanno altrove le sorgenti, fiumi che si alimentano ai piedi dei monti laziali e scorrono per lunghi tratti nelle regioni vicine.
I rilievi che occupano largamente il Lazio si presentano senza ordine, in gruppi, più o meno estesi e appartengono, nella maggior parte, al sistema dell’Antiappennino. L’Appennino si affaccia nel tratto nord-orientale della regione con le montagne reatine culminanti nella vetta del Terminillo (m 2213): si innalza con rilievi calcarei, massicci, con aspre vette, fianchi scoscesi, pareti precipiti; i Monti Simbruini ed i Monti della Meta sono le altre cerniere appenniniche che saldano il Lazio all’Abruzzo. Dal Nord al Sud, l’Antiappennino offre uno spettacolo grandioso di rilievi vulcanici; prima i tre gruppo dei Volsini, dei Cimini, dei Sabatini; poi, oltre la piana del Tevere, il gruppo dei colli Albani o Laziali. In tutto è visibile l’origine singolare, formati come sono dai crateri ormai sfaldati ed erosi, foggiati dall’esplosione vulcanica o dal getto dei materiali dell’esplosione stessa. Il verde che oggi riveste i morbidi dossi toglie ogni drammaticità al paesaggio e lo addolcisce; lo rende anche più suggestivo la presenza di numerosi laghi imbutiformi, venuti a colmare di acque azzurre le bocche degli antichi vulcani.
Nei Volsini è il grande lago di Bolsena (secondo solo al Trasimeno, nell’Italia peninsulare); nei Cimini è il lago di Vico, nei Sabatini il lago di Bracciano; ornano i colli Albani i laghi di Albano e di Nemi.
Più a sud si innalzano, distinti nettamente l’uno dall’altro, i gruppi montuosi dei Lepini, degli Ausoni e degli Aurunci, che non sono di origine vulcanica: essi hanno una struttura calcarea, appaiono poco elevati, ma di aspetto rude, ricchi di grotte e di doline, con pareti scoscese rivolte verso il Tirreno, sulla costa del quale si erge, a formare promontorio, il rilievo solitario del Monte Circeo.
Tutto intorno ai rilievi vulcanici si estendono bassi ripiani di materiale tenero, sui quali le acque hanno lavorato in profondità, scavando valli d’ogni misura e isolando sparsamente piccoli rilievi collinari simili a quelli che videro sorgere Roma.
Appennino, Antiappennino, valli e distese collinari occupano una parte notevole della regione; la pianura vera e propria si riduce, nel tratto settentrionale, ad una fascia costiera ricca di dune; si allarga nell’avvallamento creato dal Tevere, aperto ampiamente a destra ed a sinistra del suo delta (Agro Romano); torna a restringersi a ridosso dei colli Albani; si estende di nuovo in modo notevole nell’Agro Pontino, costituito in parte da un tavolato alluvionale, in parte da territori lievemente ondulati, emersi in antico dal mare. Agro Romano e Agro Pontino recano il ricordo di paludi e di malaria; dopo opere di bonifica, offrono ora una terra fertile alle coltivazioni. A questo punto, i monti Ausoni ed Aurunci spingono gli ultimi pendii fino al mare, spegnendo del tutto la pianura.
Nel mar Tirreno, al largo del promontorio del Circeo, è l’arcipelago delle Ponziane che, amministrativamente, appartengono al Lazio. Nella regione scorre, ma non vi nasce, il Tevere, il maggior fiume dell’Italia peninsulare (Km 405), il quale, dalle pendici del monte Fumaiolo (Appennino Tosco-Emiliano), attraversa l’Umbria e si avvia al Lazio in direzione longitudinale stretto com’è fra i rilievi dell’Appennino e dell’Antiappennino che gli impediscono di rivolgersi al mare; soltanto dopo aver superato i monti Sabatini devia verso Roma e verso il Tirreno; scendono al Tevere, dai monti Reatini, il Velino, che confluisce nel Tevere in Umbria, e, dai monti Simbruini, l’Aniene; nel Lazio ancora scorre per un tratto il Liri, il quale riceve gli affluenti Sacco e Gari e, con nome di Garigliano, porta le sue acque nel Tirreno segnando, nel suo ultimo tratto, il confine fra il Lazio e la Campania.
Il Tevere nel Lazio
Dopo circa 240 km di percorso il Tevere entra nel Lazio, tocca Orte e riceve le copiose acque della Nera, il più generoso dei suoi affluenti, senza il cui apporto non sarebbe che un longo e disordinato torrente. Dice infatti un proverbio romano: “Il Tevere non sarebbe il Tevere, se la Nera non gli desse da bevere”.
Snodandosi poi in larghi meandri, scende solenne verso Roma, alle cui porte lo raggiunge l’Aniene o, meglio, il Teverone, come familiarmente lo chiamano i Romani.
Scivolando sotto i ponti più antichi del mondo, attraversa silenzioso l’Urbe descrivendo un’ampia curva e dividendosi in due rami per lambire l’Isola Tiberina dalla caratteristica forma allungata, congiunta alle sue sponde dai vetustissimi ponti Cestio e Fabricio. Raggiunte poi le moderne installazioni portuali di San Paolo, ove risalgono dal mare battelli e rimorchiatori di notevole mole, prosegue lento, tortuoso, giallastro, nell’austera solitudine dell’Agro Romano. In località Capo li Rami si biforca a formare l’Isola Sacra: il braccio destro, canalizzato, rettilineo, fiancheggiato da rigogliosi eucalipti, va al porto di Fiumicino; quello sinistro, detto Fiumara Grande, gira intorno all’isola, lambisce le rovine di Ostia Antica e infine si insala nel Tirreno, in un paesaggio di severe solennità. Si compie così, dopo 405 km, il viaggio del fiume nel cuore antico d’Italia.
Sorgono nuove città
Le Paludi Pontine, che si stendevano dal mare al margine delle montagne, erano un grandioso deserto paludoso e malarico, in cui pascolavano le greggi e le mandrie di bufali neri che non temono il fango.
Vi abitava un piccolo numero di pastori dispersi e vi passavano le compagnie dei cacciatori attratti dagli uccelli acquatici.
Nessuna parte dell’Italia era più primitiva di questa alle soglie di Roma stessa. Si dice che nemmeno ai tempi di Roma queste terre fossero fertili; e ad ogni modo nei secoli di decadenza la palude aveva inghiottito le opere dei primi monaci e i vari tentativi di sistemazione idraulica iniziati dai papi.
La bonifica è sempre stata dalla natura. Lasciati a se stessi, questi terreni piatti tornerebbero ad impaludarsi. Anche il relativo abbandono duranti gli anni della guerra fu sufficiente a far temere che la natura prendesse una triste rivincita. Il pericolo è adesso superato, la bonifica è salva.
I dati fondamentali della bonifica variano leggermente secondo le pubblicazioni. Si può dire in maniera approssimativa, che ottantamila ettari circa furono sistemati, cinquantamila dissodati e venticinquemila resi irrigabili; e circa un milione di metri quadrati coperto di fabbricati rurali. Sorsero, tra il 1932 e il 1939, Latina, Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia.
Capoluogo e borgate, artificiali anche nei nomi dettati dal gusto del tempo, attecchirono però bene, ed infatti dal primo nucleo cominciarono a svilupparsi. Col loro aspetto di borgate rurali di diversa grandezza, che si propongono soltanto d’essere funzionali, sono oggi riuscite ad incorporarsi nell’ambiente.
Si ha perciò il caso, molto raro in Europa, ed imitato nell’Italia del Sud, di centri nati dal nulla e divenuti vitali in una ventina d’anni.
(G. Piovene)
Un paesaggio monotono
Un paesaggio che ha completamente cambiato la sua primitiva fisionomia è quello delle paludi pontine, o, come ora meglio si dice, dell’agro pontino. A percorrere la via Appia nel tratto che da Velletri porta a Terracina c’è da morir di noia. Non per nulla si chiama “la fettuccia di Latina”. E’ infatti un unico interminabile rettilineo. Ai due lati è il disegno geometrico di campi seminati per lo più a grano. Piantagioni a scacchiera di ulivi e di viti, interrotti qua e là da quei piccoli stagni tondeggianti che si chiamano “piscine”, nulla tolgono alla monotonia del paesaggio.
Siamo nel Lazio, ma potremmo essere nelle terre basse della pianura padano-veneta: gli stessi reticolati di canali e di fossi, gli stessi argini, le stesse lunghe vie, diritte, le stesse case rurali fatte in serie, di un bianco abbacinante nel sole estivo. Anche le città, in questo Lazio antico, greve di storia millenaria, sono qui nuove, come Latina, che è nata nel 1932, o Sabaudia (1934) o Pontinia (1935) o Aprilia (1937).
Nessuna attrattiva di paesaggio dunque, per cui il viaggiatore è preso da noia e, se è un automobilista, deve lottare per vincere il sonno.
Un tratto di campagna romana
Oggi la vista è tutt’altra, e non ci non più gli splendori stupendi e maligni dei crepuscoli in palude. Il cacciatore non trova più le cospicue delizie di valle e di macchia, e nemmeno rischia più di affondare nei tradimenti del pantano. I primi canali, pigri e incerti, che nel tempo delle piogge confondevano le acque loro con quelle dilaganti, e in tempo di siccità stagnavano, non sono più spurgati e diserbati col primitivo sistema di spingerci dentro i branchi delle bufale.
Questo animale predilige acque morte e limo tiepido. Era uno spettacolo bello e selvaggio , quando i butteri, incassati nell’alta sella dalle staffe lunghe, spingevano col pungolo simile ad una lancia i bufali al canale, che vi scendevano dentro con gli zoccoli grevi e le corte gambe, che prima di vederle correre mai diresti così veloci, vi si affondavano fino al petto quadrato, fino al garrese possente. Restavano a fior d’acqua le corna a forma di falce rovesciata, le fronti catafratte, gli occhi lenti e come smemorati; le froge, godevano e rifiatavano forte.
Sul fondo dei canali sono passate le benne delle macchine di scavo, le pale degli abili operai emiliani e lombardi, che hanno scavato e sistemato canali, fossi e scoli; poi, con le marre, sterrato, sarchiato, livellato con quella incredibile minuzia che esige l’acqua, la quale vuole essere invitata più che violentata, e indovinata non che studiata, e che occorre per la sistemazione a coltura dei terreni bonificati.
Idraulici ed agricoltori in una hanno perfezionato la rete di scolo e di irrigazione, ché la bonifica libera la terra dall’acqua per cadere nella siccità, e bisogna immettere acqua sana e tenere vivi i canali.
(R. Bacchelli)
Dalle barbabietole allo zucchero
Rieti vanta il più antico zuccherificio italiano, costruito nel 1872. Le bietole grigiastre appena raccolte vengono lavate e tagliate a listarelle, quindi introdotte in appositi recipienti cilindrici. Una corrente d’acqua calda immessa poi in questi cilindri asporta dalle bietole tutta la sostanza zuccherina. Si forma così un liquido giallognolo che viene depurato mediante complessi procedimenti e trasformato in un succo denso di colore scuro. Questo è poi filtrato attraverso sabbia e segatura di legno e infine fatto bollire ad una temperatura non superiore ai 60 gradi.
Durante questa operazione si formano i cristalli di zucchero, che si separano dallo sciroppo (la melassa) e che vengono quindi lavorati nelle raffinerie, dove assumono finalmente l’aspetto ben noto.
Le mozzarelle
Frosinone e la Ciociaria sono un po’ la patria della mozzarella, quei delicati formaggi freschi e bianchi, che si sciolgono in bocca come un burro. Per fabbricare le vere mozzarelle occorrono innanzitutto le bufale, cioè le femmine di una specie bovina asiatica, importata in Italia durante il medioevo ed allevata nel Meridione. Il latte delle bufale viene fatto cagliare lentamente in ambiente tiepido. La cagliata diviene così plastica, tanto da poter filare senza rompersi. Dopo alcune ore questa pasta bianca viene estratta dal siero (liquido lattiginoso che si separa dalla sostanza cagliata) e manipolata in acqua calda, finchè i pezzi si incollano, sovrapponendosi: provate ad affettare una mozzarella, vi accorgerete che è composta da diversi strati. Infine, le mozzarelle vengono modellate su forme apposite e poste a consolidare in acqua fredda; quindi, impacchettate nel loro siero, sono pronte per essere spedite e consumate ovunque.
La pietra di Roma: il travertino
Il travertino fece la sua comparsa a Roma solo nel II secolo avanti Cristo; fino ad allora il materiale che più si usava era il lapis albanus, cioè la pietra di Albano, pietra-tufo di origine vulcanica dai brillanti bianchi cristalli d’un minerale chiamato leucite (parola greca che vuol dire “bianco”) ben visibile lungo il lastricato del Foro Romano, ecc.
La sua fortuna il travertino la dovette soprattutto al fatto che Roma distava pochi chilometri dai giacimenti più importanti, quelli di Tivoli, da cui il nostro travertino. Le località più tipiche e storicamente più importanti per l’estrazione del travertino sono situate nella pianura percorsa dal fiume Aniene alle falde dei monti di Tivoli, per esempio alle Acque Albule, così chiamate perchè bianche di calce, presso un fiumicello dalle acque solforose e solforiche dall’odore penetrante. In questa piana i Romani scavarono una gran valle, larga ben 2500 metri, ottenendo così oltre mezzo milione di metri cubi di travertino. Del resto basta pensare alle proporzioni del Colosseo e dei vari teatri dell’antica Roma, tutti in travertino, per farsi un’idea dell’enorme quantità di materiale che i Romani asportarono da questa terra.
L’uso del travertino si andò diffondendo; e altre cave furono aperte in Toscana, in Umbria, nella Campania. Da Orvieto giù giù fino a Salerno il travertino ebbe presto il sopravvento su tutti gli altri materiali da costruzione e da rivestimento anche se di qualità meno bella della vera “Pietra di Tivoli”.
I più importanti giacimenti di travertino oggi “coltivati” (come si dice in gergo minerario) si trovano nel Lazio, e non solo a Tivoli ma anche a Viterbo, a Cerveteri, a Subiaco, per dire solo le località più tipiche. Ma se ne estrae anche dalla terra perugina e ascolitana; e in Toscana vi sono altre buone località: Montecatini, Bagni di Lucca, Rapolano, Magliano, Massa Marittima. Il travertino è un calcare (cioè carbonato di calcio) che venne abbandonato dalle acque calcarifere le quali erano divenute tali perchè avevano sciolto da altre parti più a monte il calcare delle rocce. Spesso il travertino contiene foglie e rami di piante che vennero lentamente ricoperte dalle acque calcarifere e che perciò vennero inglobate nel calcare abbandonato dalle acque.
Roma è la città più d’ogni altra ricca di monumenti che testimoniano delle qualità espressive del travertino: il colonnato di San Pietro, opera del Bernini; il pavimento della Piazza del Campidoglio; la Fontana di Trevi; e tanti altri palazzi e monumenti posteriori al periodo imperiale romano.
La richiesta del travertino continua tuttora. Le cave, le diverse cave disseminate in Italia, gettano senza sosta sul mercato questa così bella pietra, docile alla lavorazione e resistente quando il clima non sia troppo umido o gelido. Infatti l’umidità determina spesso un annerimento della superficie, e il gelo, penetrando l’umidità nei forellini della pietra, determina un rapido logorio. Nonostante questo, anche a Milano il travertino è molto in uso.
(G. Nangeroni)
Lo sai?
Secondo la tradizione Roma fu fondata da Romolo il 21 aprile del 753 aC. Ebbe sette re, ultimo dei quali Tarquinio il Superbo, venne cacciato. Durante il periodo repubblicano estese le sue conquiste e consolidò la sua potenza vincendo tra gli altri Volsci, Equi, Etruschi, Campani, Tarantini, e abbattendo con tre lunghe guerre la fortissima Cartagine.
Con Ottaviano Augusto divenne una splendida città e la capitale di un vastissimo impero che non ebbe eguali nell’antichità.
Nel I secolo vi si formò la prima comunità cristiana, che ebbe in breve numerosissimi seguaci e fu sottoposta a feroci persecuzioni.
Alla fine del IV secolo l’Impero Romano d’Occidente cessò di esistere e Roma perdette definitivamente la sua potenza militare, ma acquistò col succedersi dei Papi sempre maggior importanza come capitale del mondo cristiano e centro culturale.
Nella notte di Natale dell’anno 800, in San Pietro, papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero.
Nel 1527 la città venne ferocemente saccheggiata dai Lanzichenecchi, soldati mercenari tedeschi.
Il 9 febbraio 1849 fu proclamata la Repubblica Romana, di cui Giuseppe Mazzini fu l’animatore. Essa venne abbattuta, il 2 luglio dello stesso anno, dai Francesi, nonostante la resistenza opposta dai suoi eroici difensori.
Il 20 settembre 1870, truppe italiane al comando del generale Raffaele Cadorna entrarono nella città attraverso la breccia delle mura di Porta Pia e la occuparono. Pio IX si ritirò in Vaticano considerandosi prigioniero del Governo Italiano.
L’anno dopo, il primo luglio 1871, Roma fu proclamata capitale d’Italia.
L’11 febbraio 1929 si pose termine al dissidio tra il Governo Italiano e la Santa Sede con la firma dei Patti del Laterano.
Roma ha dato i natali a molti illustri personaggi, tra cui Caio Giulio Cesare, Cesare Ottaviano Augusto, Severino Boezio, Gregorio Magno, Pietro Metastasio, Gioachino Belli, Trilussa, Enrico Fermi.
Impressioni di Roma
Non sono pochi ad affermare che Roma è la più bella città del mondo. Qui la natura, la storia, la religione e l’arte si alternano e si completano nel dar vita a visioni stupende e nel ricreare suggestioni e commozioni intense. I secoli più remoti e più recenti rivivono nella pietra, nel marmo, nel cotto dei monumenti, in un accostamento che non appare mai come frutto del caso, ma che sembra il volto di un perenne presente su quello sfondo di pini bruni che fanno più risplendente e più profondo il cielo.
Ma che cosa rimane nella memoria di tutto quel continuo succedersi di contemplazioni, di stupori, di emozioni, mentre si procede di via in via, di piazza in piazza, di basilica in basilica, di colle in colle? Prima di tutto il ricordo del solenne, dell’austero, del maestoso, dello spazio che circolano per l’aria fra i ruderi, fra le colonne, nelle navate, sotto le cupole, fra i palazzi, nelle vaste strade, nelle piazze enormi. Poi San Pietro, il Colosseo, le fontane, le innumerevoli fontane che si succedono con fantasia inesauribile; e indimenticabili visioni di Roma eterna come si possono ammirare dai colli famosi.
Roma, città isolata
Per tanti secoli Roma fu come un’oasi in un deserto. Chi usciva di città passava attraverso una stretta cintura di orti e di vigne, poi si trovava all’improvviso in una landa sconfinata, lievemente ondulata. Bella e suggestiva, non c’è dubbio! Qualche capanna conica di pastore interrompeva la linea uniforme dell’orizzonte, che un gruppo di bufale nere, o la pennellata chiara di un gregge non bastavano ad animare. Era il regno della malaria e del latifondo.
I monumenti di Roma
Non è certo il caso di farne qui un elenco completo: i monumenti di Roma sono veramente innumerevoli, di tutte le epoche della sua storia meravigliosa.
I più importanti e caratteristici sono il Colosseo o Anfiteatro Flavio, il più grandioso di tutti, e le Terme di Caracalla, nella cui cornice si svolgono d’estate rappresentazioni liriche all’aperto. E accanto ad essi, per limitarci solo ai più insigni e ai meglio conservati, gli archi di Costantino, di Tito e di Settimo Severo; la basilica di Massenzio o di Costantino, (le basiliche dell’antica Roma, badate, non erano affatto chiese) ove tuttora si svolgono d’estate grandi concerti orchestrali, e tutto il superbo complesso del Foro Romano e del Palatino (il colle, questo, sul quale nacque la prima “Roma quadrata”), il Foro Traiano, il più insigne dei fori imperiali, con la Colonna Traiana e i vicini Mercati Traianei; il Pantheon (costruito da Agrippa genero di Augusto e rifatto da Adriano), tempio romano e poi chiesa cristiana; l’Ara Pacis Augustae (Altare della pace augusteo) eretta fra il 13 e il 9 aC a ricordo della pace ridata da Augusto all’impero, poi andata in frantumi e ricomposta nel 1938; il Mausoleo di Augusto e quello di Adriano (Castel Sant’Angelo), entrambi adibiti nel medioevo a fortezze; la statua in bronzo di Marco Aurelio sul Campidoglio, modello di tutte le statue equestri del Rinascimento, e la Colonna istoriata eretta in onore dello stesso imperatore, in Piazza Colonna, centro dell’Urbe; i resti colossali delle Terme di Diocleziano entro cui sorgono ora la Chiesa di Santa Maria degli Angeli costruita da Michelangelo e il Museo Nazionale Romano; i dodici obelischi egiziani elevati su altrettante piazze; la tomba di Cecila Metella e gli altri resti monumentali della via Appia Antica; e infine i grandiosi Scavi di Ostia Antica e le più modeste rovine dell’antica Veio.
La Roma cristiana ci si presenta innanzitutto con le Catacombe (principali quelle di San Callisto, del II secolo); poi con un gran numero di chiese insigni per età, pregi artistici e importanza religiosa, tra le quali emergono le quattro basiliche patriarcali di San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Luterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo Fuori le Mura.
E che dire dei palazzi dai nomi notissimi (il Quirinale, sede del Presidente della Repubblica; i palazzi Madama e di Montecitorio sedi rispettivamente delle due Camere, il Palazzo Senatorio sede del Municipio e gli adiacenti palazzi del Museo Capitolino e del Conservatorio, i palazzi Venezia, della Cancelleria, Farnese, il barocco Palazzo Barberini e cento altri), e delle fontane monumentali (chi non ha sentito nominare la settecentesca fontana di Trevi, la più monumentale di tutte?), e delle piazze imponenti (la michelangiolesca Piazza del Campidoglio, la bella Piazza del Quirinale dominale dalla fontana con i Dioscuri, la settecentesca piazza Navona sorta sull’area dello stadio di Domiziano, la suggestiva Piazza di Spagna con la celebre scalinata della Trinità dei Monti, l’immensa Piazza del Popolo, e via dicendo); delle vie (dall’ampia maestosa via dei Fori Imperiali all’elegantissima via Vittorio Veneto, che i romani continuano, come un tempo, a chiamare via Veneto, alla Passeggiata del Gianicolo); dei giardini e dei parchi (il Pincio, villa Borghese col giardino zoologico più importante d’Italia, il Parco di Porta Capena, ecc.)?
Che dire dei musei e delle gallerie d’arte antica e moderna? Né mancano opere grandiose e comunque degne di nota anche tra quelle più recenti.
(A. Basso)
Le quattrocento chiese di Roma
Una città sotterranea è stata la prima città della fede cristiana. Nella terra stessa dove erano le fondamenta di Roma, i primi cristiani hanno scavato le loro catacombe, i loro luoghi di ricovero e di raduno, le loro primissime chiese.
E un labirinto sottoterra, sempre più profondo, per il quale giri al lume delle candele per chilometri e chilometri. Di San Pietro sai già che è la prima chiesa del mondo. E’ sorta sul luogo dove morivano i martiri; e, accanto, sul Colle Vaticano, ha il suo piccolo libero Stato dai meravigliosi palazzi, il Papa.
Ma quante altre chiese ha Roma? Quattrocento. E fra queste la più antica, la madre delle basiliche, quella dedicata a San Giovanni, sorta sui terreni che l’imperatore Costantino donò ai Papi.
Le fontane di Roma
Roma è la regina delle acque. Per le vene di Roma scorre l’Acqua Vergine, l’Acqua Felice, l’Acqua Marcia, l’Acqua Paola: acque freschissime, pure e maestose. Nelle piazze e nei giardini si sono innalzate le più mirabili fontane, che parlano perpetuamente il loro linguaggio di gorgoglii, chioccolii, scrosci delle cascatelle, degli steli bianchi, degli sprilli altissimi, de getti violenti. Le fontane di Roma!
In Piazza Navona ce ne sono tre. E la barcaccia di Piazza di Spagna? Essa è posta davanti alla scalinata per cui si sale alla Trinità dei Monti, il punto più soavemente bello di Roma. E la fontana di Trevi? E’ un capolavoro; tra i più capricciosi e svariati giochi d’acqua, emergono cavalli marini e tritoni, irrigati da rivoletti freschi, che danno apparenza di essere vivi.
(G. Borsi)
Curiosità
Intorno alla Colonna Traiana si possono ammirare numerosissimi fregi che si snodano a spirale per tutta l’altezza della colonna: in essi sono rievocati gli episodi più significativi delle guerre compiute nella Dacia dall’Imperatore Traiano, nel periodo che va dal 101 al 106 dopo Cristo.
Sulla sommità della colonna troneggia una statua di San Pietro alla quale si può giungere per mezzo di una scala a chiocciola posta nell’interno della colonna stessa.
Il colosseo
Il Colosseo, il più importante degli edifici della Roma Imperiale, così denominato per le proporzioni gigantesche e per la vicinanza della statua colossale di Nerone, sorse nella bassa valle dell’Esquilino, del Palatino e del Celio, forse nel luogo stesso si apriva come un lago lo stagnum del sontuoso palazzo imperiale di Nerone. Esso ha resistito ad incendi, a terremoti, al logorio dei secoli ed è pertanto interessante ricordare la profezia del monaco inglese Beda: “Finchè starà il Colosseo starà Roma; ma quando Roma cadrà finirà anche il mondo”.
Iniziatane la costruzione da Vespasiano che la condusse fino al secondo ordine, venne compiuto da Tito nell’80 dC, e rifinito da Domiziano. Per gli speciali accorgimenti usati nella costruzione, tali da permettere in pochi anni l’elevazione di così immensa mole, il Colosseo costituisce uno dei grandi ardimenti dell’ingegneria romana.
La costruzione è alta come un palazzo odierno di dodici piani ed è formata da tre file sovrapposte di ottanta archi di travertino, sormontate da un quarto ordine a muro continuo, oggi quasi del tutto scomparso. Corrispondevano, all’interno un’immensa cavea, tre ordini di sedili, divisi da due recinti, e, in alto, un ultimo ordine, riservato forse alla classe più povera di spettatori.
Il Colosseo costituisce una delle più evidenti testimonianze della capacità costruttiva degli antichi Romani. Le perfette realizzazioni tecniche ancora oggi stupiscono. Esse consentivano, ad esempio, di allargare la platea per lo svolgimento delle battaglie navali (naumachie); di tendere un enorme velario per riparare dal sole gli spettatori, di disporre di ben trentadue ascensori per sollevare le belve dal sotterraneo fino al livello del suolo e di innalzare, tutto intorno all’arena, una robusta cancellata, assicurata a grosse travi, durante le cacce alle bestie feroci.
A cavea gremita si calcola che l’edificio potesse contenere cinquantamila spettatori.