LA STORIA DELLE ORIGINI DELLA LINGUA ITALIANA viene presentata dopo la storia delle famiglie linguistiche 

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QUARTA GRANDE LEZIONE MONTESSORI
LA STORIA DELLE ORIGINI DELLA LINGUA ITALIANA

Tutte le lingue europee, persiane e indiane appartengono ad un unico gruppo linguistico, che è chiamato Indo – Europeo. Questo perché derivano da una lingua originaria.

Gli studiosi ritengono che l’antenato della lingua che parliamo oggi sia una lingua parlata da una popolazione nomade, dedita alla pastorizia, che si trasferì dalla Russia verso l’Europa Centrale circa 4.000 anni fa.

Chi erano questi pastori? Cosa facevano?  Com’era l’Europa a quel tempo?

L’Europa a quel tempo era abitata da popolazioni dedite all’agricoltura; si trattava di gruppi che costruivano enormi tombe per la sepoltura comune. Uno di questi gruppi è denominato Cultura del vaso campaniforme, a causa della forma delle sue ceramiche. E’ stato un periodo molto tranquillo della storia. C’erano i costruttori di tombe, i ceramisti e gli agricoltori che vivevano uno a fianco all’altro. In questo scenario si sono introdotte popolazioni guerriere, armate di asce fatte di rame o pietra levigata. Un aspetto interessante di queste popolazioni è che seppellivano gli uomini coricati sul fianco destro con la testa rivolta a ovest, mentre le donne coricate sul fianco sinistro e con la testa rivolta verso est. Le loro asce erano deposte davanti ai loro occhi. Queste popolazioni si spostarono in successive migrazioni. (Mostrare ai bambini delle mappe, che i bambini possono approfondire).

Una parte di queste tribù raggiunse l’Europa occidentale, un’altra si insediò in Persia e un’altra ancora in India (Arii). La lingua detta Proto-Indo Europeo si ramificò perciò in due direzioni: occidentale e orientale.

Le tribù giunte in Europa occidentale si suddivisero così: gli Ittiti e i Greci in Asia Minore e Grecia;  i Germani in nord Europa; i Celti sfiorano le Alpi, entrando anche in Italia; mentre il resto proseguì verso le coste dell’Atlantico.
Anche i cosiddetti “Popoli del mare” che invasero il Vicino Oriente (inclusi i Dori che occuparono la Grecia nel 1200 aC) sono di origine indoeuropea (mostrare mappe e schemi).

Nella penisola italica (XVII-IX secolo aC) arrivarono le seguenti popolazioni indoeuropee: a nord Leponzi e Celti (chiamati anche Galli) e i Veneti; al centro i Picenti, i Latini, gli Umbri e i Volsci, al sud  i Sanniti e gli Iapigi; in Sicilia  i Siculi. Questi popoli, fondendosi con le popolazioni già stanziate, ebbero la meglio sul piano linguistico. Le popolazioni che gli indoeuropei trovarono in Italia conoscevano il rame e vivevano prevalentemente su palafitte, che durarono fino all’età del ferro, quando si sviluppò la civiltà Villanoviana (1000 aC) che determinò la formazione di grossi villaggi da cui poi emersero le città etrusche.

Le principali lingue indoeuropee dell’antichità sono state le seguenti:
Indiano (Vedico e Sanscrito)
Iranico (Persiano Antico, Avestico, Medo, Scitico)
Armeno e Ittito (in Asia Minore)
Tocarico (parlato nel Turkestan orientale)
Tracio e Frigio
Slavo
Baltico (antico Prussiano, Lituano e Lettone)
Germanico
Celtico, Osco-Umbro, Latino e Greco, che sono all’origine delle parlate italiche.

Le lingue indoeuropee più importanti presenti nella penisola italica furono:
– Celtico e Gallico: popolazioni celtiche entrarono in Italia verso l’800 aC stabilendosi principalmente nella pianura padana e nelle Marche. Le loro lingue scomparvero completamente dopo la conquista romana.
– Paleoveneto: era la lingua degli Euganei
– Greco: la colonizzazione greca dell’Italia meridionale e delle isole ebbe inizio nell’VIII secolo aC (Magna Grecia). La lingua dei Greci resistette a lungo alla romanizzazione, e il latino assimilò moltissimi vocaboli da questa lingua.
– Latino: quando i Latini giunsero alle foci del Tevere incontrarono gli Etruschi. Il latino non fu in grado di soppiantare il greco nell’Italia meridionale, anzi lo adottò come seconda lingua. Man mano comunque che Roma si imponeva su tutta la penisola, il latino finì col prevalere su tutte le altre lingue preromane.

Dal Latino provengono le lingue NEO LATINE o ROMANZE (Italiano, Francese, Spagnolo, Portoghese e Rumeno). Bisogna considerare però che durante il periodo Romano la popolazione era divisa in due classi sociali: una abbastanza ricca da andare a scuola, e che parlava il latino standard, una povera che non andava a scuola e parlava il latino volgare (cioè del popolo).

Con la caduta dell’Impero Romano (476 dC) il latino non è più la lingua ufficiale e col passare del tempo nessuno lo parla più: diventa una “lingua morta”, mentre il latino volgare rimane vivo perché il popolo continua ad usarlo e modificarlo.

Essendo una lingua spontanea, non scritta, ogni popolazione lo parlava e modificava a modo suo. Inoltre arrivarono in Italia altre popolazioni, e ogni regione cominciò a vivere per conto proprio, perdendo i contatti con le regioni vicine per lunghi periodi. La popolazione si riuniva durante il periodo delle invasioni nei posti che riteneva più sicuri: monti e vallate isolate. Si formarono così tante piccole comunità isolate, e si svilupparono tanti volgari diversi, tutti che derivavano dal latino.

Nel Medioevo non esistono più il latino standard e il latino volgare, ma esistono i volgari italiani: lingue che assomigliano al latino e assomigliano all’italiano, ma che hanno caratteristiche proprie. Un esempio famoso si trova nelle poesie della Scuola Siciliana (volgare siciliano).

Dal XVI secolo al XIX il fiorentino si impose sempre più come lingua unitaria, ma non era parlata per la comunicazione quotidiana se non in Toscana. In tutte le altre regioni le persone di ogni condizione sociale parlavano il dialetto.

La situazione era caotica: i volgari italiani erano tanti e diversi e comunicare era difficile. Nel 1500 un gruppo di intellettuali lanciò un dibattito noto come Prima questione della lingua. Uno di questi, Pietro Bembo, propose come modello per una lingua unica il volgare fiorentino del 1300 di Dante, Petrarca e Boccaccio (detti ‘le tre corone’). La proposta venne accettata e il volgare fiorentino diventa il modello da seguire nell’italiano insegnato a scuola. Ma naturalmente per le strade di Firenze il volgare fiorentino era diverso da quello del 1300.

Ora, come per il latino, avvenne che solo le persone istruite parlavano il volgare fiorentino considerato corretto, mentre il popolo continuava a parlare e modificare i propri volgari. Ma poiché ora c’è una lingua ufficiale, questi volgari prendono il nome di dialetti.

L’esigenza di una lingua comune si manifestò nei primi dell’Ottocento quando cominciò a diffondersi l’idea di un’Italia unita del Risorgimento.

Nel 1840 Alessandro Manzoni pubblica I promessi sposi, romanzo scritto in una lingua nuova: si tratta del volgare fiorentino reso attuale e arricchito da espressioni contemporanee degli altri volgari.

Quando l’Italia venne unificata (1861) si pose la Seconda questione della lingua e viene scelta come lingua unitaria la lingua di Manzoni: questa lingua è la base dell’Italiano moderno.

Di nuovo abbiamo una lingua ufficiale, insegnata nelle scuole e modello da seguire, usata solo dai ricchi, mentre il popolo continua a parlare i dialetti.

Durante il XX secolo l’italiano ebbe crescente diffusione negli strati più povera grazie al fatto che la scuola elementare diventa obbligatoria. Inoltre le due guerre mondiali porta per la prima volta ad un mescolamento tra italiani. Ancor più fece poi, nel Novecento, la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa (cinema, radio, televisione).

LA STORIA DELLE ORIGINI DELLA LINGUA ITALIANA

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