LA MONTAGNA materiale didattico vario: dettati ortografici, racconti, testi brevi, di autori vari, per la scuola primaria.
La montagna è un rilievo roccioso elevato oltre i mille metri. Le montagne sono come le grandi rughe della Terra e si sono formate in tempi antichissimi, quando la Terra era ancora fiammeggiante e sconvolta da terremoti e da eruzioni vulcaniche.
Il luogo dove la montagna sorge dal piano è detto piede; salendo lungo il pendio o fianco o versante della montagna si raggiunge la cima o vetta. Una montagna può elevarsi isolata, oppure può raggrupparsi con altre in un massiccio. Sovente le montagne sono affiancate ed allineate in una lunga catena.
Un insieme di numerose catene costituisce il sistema montuoso.
Con il passare dei millenni, i fianchi delle montagne si sono trasformati e coperti di terra; soltanto gli alti pendii e le vette mostrano la roccia nuda.
Il piede della montagna è verdeggiante di noccioli e di castagni; sui fianchi si estendono i boschi di abeti e di larici; poi questi si diradano e iniziano i pascoli, ombreggiati da qualche betulla, fioriti di arniche e di genziane; infine ecco la roccia, irta di punte, incisa di burroni, tormentata da frane, dritta di pareti che danno il capogiro.
L’alta montagna ha cime e conche coperte di spessi strati di neve e di ghiaccio che neppure il sole estivo scioglie completamente: lassù si estendono i nevai ed i ghiacciai.
La montagna è un ambiente difficile per la vita dell’uomo. Egli però, l’ha domata, ed ha saputo costruire strade audaci che la superano ai valichi; gallerie che la perforano e che facilitano le comunicazioni stradali e ferroviarie; funivie e seggiovie che permettono a tutti di raggiungere comodamente le cime più elevate.
Villaggio alpino
Poche rustiche casette: le basi di pietra, le pareti di legno, i tetti di ardesia; piccole le finestre, fiorite di rossi gerani. Una chiesetta, un campanile. Null’altro. Sulle vie deserte qualche vecchia dalla gonna rossa e nera che fila o ricava, due o tre caprette, e nidiate di bimbi rosei e biondi che guardano curiosi, ma coi piedini nudi fuggono pieni di vergogna. (R. Bacchelli)
In montagna
Le casette del paesello montano si raggruppano attorno alla chiesa, sul pendio, come un piccolo gregge raccolto attorno al pastore. Dal paese si giunge subito ai prati che spesso lasciano scorgere, tra l’erba, spuntoni di roccia; si giunge in breve ai boschi dove l’ombra è fitta e l’aria è carica del profumo delle resine e dei fiori. Attorno, i monti levano le cime, alcune ancora del tutto coperte di verde, altre, più alte ancora, bianche di neve. Sul fondo della valle scorre il torrente: balza tra i massi e li circonda di spruzzi e di spuma; va gorgogliando, mormorando, portando al piano la voce della montagna.
Le montagne
Le montagne sono tra le cose più belle che esistono. Che cosa sarebbe la terra senza le montagne? Senza le montagne, non si avrebbero nè fiumi, nè torrenti, nè le cascate che ci danno l’energia elettrica, quella formidabile energia apportatrice di luce, di calore, di vita.
La vita sul monte
Quanta vita sul monte! Dalla grossa felce che cresce ai suoi piedi, al ginepro, dal saporoso mirtillo all’ontano, dai fiori delicati e stupendamente colorati all’imponente abete. E poi, la lepre di monte, il capriolo che fugge di balza in balza, il cervo dominatore delle vette, e ancora, su su, fino alla roccia nuda, fino alla neve eterna. Ma anche lì, abbarbicato alla roccia, mezzo sepolto dal ghiaccio, vive l’ultimo amico della montagna: il lichene dai colori vivissimi; si trova lassù, sul punto più alto della terra. (A. Manzi)
Villaggio alpino
Poche, rustiche casette: le basi di pietra, le pareti di legno, i tetti di ardesia; brevi le finestre, fiorite di rossi gerani… Una chiesetta, un campanile. Null’altro. Sulle vie deserte qualche vecchia che fila e ricama; due o tre caprette e nidiate di bambini rosei e biondi. Chioccolio di fontane; qualche ragazza che lava. E un silenzio, una pace tale sotto quel sole diffuso, in quella pura aria frizzante, che tutto lo spirito ne gioisce. (R. Bacchelli)
Alpinisti e sciatori
Tra gli ospiti dell’albergo ci sono degli alpinisti. Essi cercano una buona guida, pratica di questi monti, che li accompagni. Partendo da un rifugio, vogliono arrampicarsi in cordata per la parete più difficile del monte, fino alle guglie che sovrastano il ghiacciaio. L’abisso non fa loro paura. Non temono i precipizi e i crepacci. Dall’albergo parte una seggiovia che durante la stagione invernale porta gli sciatori ai più vicini campi di sci.
La stella alpina
Molto e molto tempo fa, nel cielo brillava una stellina solitaria e di lassù pensava che doveva essere pur bella la vita sulla terra, fra le alte vette nevose. Per questo pregò di poter scendere in terra. Il Signore acconsentì e, in una notte serena, la stellina attraversò il cielo e andò a posarsi fra le ripide pareti di ghiaccio di un monte altissimo. Che freddo! La stellina sarebbe certamente morta assiderata se un Angelo non l’avesse avvolta di una morbida veste di velluto bianco. Da allora, tra i ghiacci, sulle alte cime dei monti, crescono le stelle alpine, i fiori che hanno la forma di stella e che sono morbidi come velluto.
Perchè si viaggia in quel modo, sospesi in aria?
Le teleferiche, le funivie e le seggiovie hanno bisogno di impianti costosi, ma sono mezzi di trasporto molto utili in montagna, perchè abbreviano i percorsi. Con esse è possibile superare, senza marce faticose, grandi dislivelli, viaggiando in linea retta e passando al di sopra dei burroni, dei torrenti, dei boschi, dei ghiacciai.
Le possiamo trovare in luoghi di villeggiatura dove d’estate o d’inverno, arrivano molte persone che vogliono raggiungere la cima delle montagne senza far fatica. Oppure le possiamo trovare dove i boscaioli hanno bisogno di far scendere a valle i tronchi tagliati.
Come si formano le montagne
Le montagne vengono prodotte o da vulcani o da sedimenti marini.
Montagne vulcaniche. Alcune montagne sono senza dubbio dovute al sovrapporsi di lave che vennero espulse dalle viscere della Terra. Ma non sono molte le montagne che hanno questa origine. E solo una piccola parte delle montagne che hanno forma conica vennero costruite dai vulcani.
Montagne costruite dai fondi marini. La maggior parte invece delle montagne si è formata nelle profondità marine. Vediamo in che modo.
Prima vi è un fondo marino. Su questo fondo ogni anno si depositano millimetri su millimetri di fanghiglie: terriccio che il vento ha portato nel mare e che le acque di questo lasciano precipitare lentissimamente fin nelle profondità; terra e sabbia che i fiumi hanno trascinato giù dai monti e che le onde marine hanno portato al largo; gusci di animaletti e scheletri di grossi animali che, alla morte dei loro proprietari, scendono ad adagiarsi sulle fanghiglie; coralli della scheletro calcare che si vanno sviluppando sempre più. E così di anno in anno il fondo aumenta di spessore.
Intanto grandiosi fenomeni si vanno manifestando nelle profondità; fenomeni tali che obbligano il vecchio fondo marino a sollevarsi, a piegarsi in pieghe talora complicatissime, ad emergere dalle acque del mare e a formare così le montagne, cioè l’ossatura di isole e di futuri continenti.
Ma appena le montagne si sono un po’ alzate, vengono subito prese di mira dalle piogge, dai torrenti, dal caldo – freddo, dal gelo, e così comincia il cesellamento, lo scolpimento del primitivo uniforme blocco; e l’uniforme catena viene smembrata da valli in cime sempre più numerose; ogni cima, sotto il cesello del tempo, acquista forme sue proprie. Poi vengono i ghiacciai ad alternare ancor più le forme. E con l’alterazione continua lo sgretolamento, l’abbassamento dei monti e, da ultimo, la loro vecchiaia e la loro morte, cioè il loro spianamento.
E nel frattempo tutto il materiale che prima costituiva quelle montagne, trasportato al mare dai fiumi, ha servito a riempire il mare e a costruire delle pianure. La nostra bella pianura Padana un tempo era un enorme golfo marino che lambiva tutte le Alpi ben addentro fino a Cuneo e a Mondovì. Il Po e i suoi affluenti hanno con le loro ghiaie colmato questi abissi fino a creare la piatta superficie su cui si stendono oggi grandiose e coltivate campagne, s’innalzano case e palazzi, e fioriscono industrie e commerci.
Voi mi domanderete: sono proprio sicuri gli scienziati che le cose siano accadute proprio in questo modo? E come hanno fatto essi a conoscere tutte queste cose? Osservando come sono fatte le Alpi e come è fatta la pianura. Infatti tante rocce che costituiscono molte montagne sono piene zeppe di conchiglie e di altri animali fossili: dunque sono antichi fondi marini, in seguito emersi e sollevatisi a tre – quattromila metri. Le stesse rocce non sono però sempre piatte e orizzontali come si vennero formando nei mari, ma piegate, intensamente piegate come rughe; dunque è avvenuto un piegamento e un sollevamento. Il resto, cioè come sia avvenuto in seguito il cesellamento, lo scolpimento e la demolizione parziale, è cosa ovvia e semplice.
Quanto tempo è occorso perchè tutto ciò avvenisse? Tempi enormemente lunghi, senza dubbio, ma finora nessuno ha saputo dare nè con precisione, nè lontanamente, dei valori anche solo approssimativi. Certo milioni e centinaia di milioni di anni, certissimamente le nostre Alpi e l’Appennino si sono formati moltissimo tempo prima che l’uomo apparisse sulla Terra.
(G. Nangeroni)
Il volto delle montagne cambia
Le montagne sono trasformate dall’azione dell’acqua, del clima, del vento. Il primo demolitore delle montagne è il gelo. Quando negli alti picchi il calore del sole scioglie la neve, l’acqua che si forma penetra nelle fessure delle rocce. Al sopraggiungere del freddo della notte, quest’acqua gela, trasformandosi in ghiaccio. Poichè l’acqua solidificando aumenta il suo volume di circa il 10%, il ghiaccio che si è formato produce una tal pressione nella spaccatura, da dilatarla e staccare pezzi di roccia.
Nelle regioni aride, come avviene nei monti del deserto, lo sgretolamento delle rocce è causato dal brusco cambiamento di temperatura fra il giorno caldissimo e la notte fredda. Di giorno, la parte superficiale della roccia si dilata rompendosi in tante squame che, al sopraggiungere del freddo notturno, si contraggono e si staccano. Il vento rode le rocce contro cui batte. La sua azione diventa più demolitrice se trascina sabbie e detriti che, gettati contro la parete rocciosa, agiscono come una lima. Tutti questi detriti che si staccano dalle montagne vengono trascinati e portati verso verso la pianura o nel mare dalle acque correnti e dai ghiacciai.
Altri agenti demolitori delle montagne sono i gas che si trovano nell’aria, cioè l’ossigeno e l’anidride carbonica.
Perchè salendo verso l’alto la temperatura diminuisce
La superficie della Terra assorbe il calore del Sole e poi lo diffonde nell’aria. Quando questa è molto densa ed umida, come avviene nelle pianure, il calore si conserva a lungo. Man mano che si sale, l’aria diventa meno densa e meno umida: è meno capace di conservare il calore, perciò la temperatura si abbassa. Inoltre, in vetta alle alte montagne, non esiste una vasta superficie di terreno che possa assorbire e poi restituire il calore del Sole. Questo fenomeno ci spiega l’esistenza di ghiacciai anche nelle regioni tropicali che superino i 4000 metri di altitudine.
Come possiamo calcolare l’altitudine delle montagne
Per calcolare l’altitudine delle montagne, cioè la loro altezza sul livello del mare, si usano il teodolite, l’altimetro e il barometro – altimetro. Il teodolite è un delicatissimo strumento ottico che permette di misurare, dal luogo ove viene collocato, distanze ed altezze di punti inaccessibili. L’altimetro è uno strumento di precisione che indica l’altitudine del luogo ove viene collocato. Il barometro – altimetro oltre ad indicare l’altitudine di un luogo, ne segna anche la pressione atmosferica corrispondente; infatti la pressione atmosferica varia col variare dell’altitudine.
Vette più importanti della catena alpina
Monte Bianco (m 4810), Monte Rosa (m 4633), Monte Cervino (m 4478), Gran Paradiso (m 4061), Pizzo Bernina (m 4049), Grivola (m 3969), Ortles (m 3899), Monviso (m 3481), Monte Cevedale (m 3778), Palla Bianca (m 3736), Monte Disgrazia (m 3678), Adamello (m 3554), Pizzo dei Tre Signori (m 3499), Marmolada (m 3342).
Vette più importanti della catena appenninica
Etna (m 3263, Appennino Siciliano), Gran Sasso d’Italia (m. 2914, Appennino Abruzzese), Maiella (m 2795, Appennino Abruzzese), Monte Velino (m 2487, Appennino Abruzzese), Monte Vettore (m 2478, Appennino Umbro – Marchigiano), Monte Sirente (m 2349, Appennino Abruzzese), Monte Pollino (m 2271, Appennino Lucano), Monte Terminillo (m 2213, Appennino Umbro Marchigiano), Monte Cimone (m 2165, Appennino Tosco Emiliano), Monte Cusna (m 2120, Appennino Tosco Emiliano), Monte Miletto (m 205o, Appennino Campano), Monte Sirino (m 2005, Appennino Lucano), Monte Giovo (m 1191, Appennino Tosco Emiliano), Pizzo Carbonara (m 1979, Appennino Siciliano), Aspromonte (m 1956, Appennino Calabrese), Corno alle Scale (m 1945, Appennino Tosco Emiliano), Monte Calvo (m 1901, Appennino Abruzzese), Gennargentu (m 1834, Appennino Sardo), Monte Mutria (m 1823, Appennino Campano), Monte Maggiorasca (m 1803, Appennino Ligure).
L’uomo e la montagna
Avete mai veduto costruire una casa? Io, tante… E ho pensato: “Ma guarda un po’ l’uomo, che è capace di fare! Mutila la montagna, ne cava pietre, le squadra, le dispone le une sulle altre e, che è che non è, quello che era un pezzo di montagna è diventato una casa”.
“Io” dice la montagna, ” sono montagna e non mi muovo”.
“Non ti muovi, cara? E guarda là quei carri tirati dai buoi. Sono carichi di te, di pietre tue. TI portano in carretto, cara mia! Credi di startene così? E già mezza sei, due miglia lontano, nella pianura”.
“Dove?”
“Ma in quella casa là, non vedi? Una gialla, una rossa, una bianca: a due, a tre, a quattro piani. E i tuoi faggi, i tuoi noci, i tuoi abeti? Eccoli qua, a casa mia. Vedi come li abbiamo lavorati bene? Chi li riconoscerebbe più in queste sedie, in questi armadi, in questi scaffali? Tu, montagna, sei più grande dell’uomo: anche tu faggio, e tu noce, e tu abete; ma l’uomo ha in sè qualcosa che voi non avete.
(Luigi Pirandello)
La vegetazione spontanea della montagna
Al piede della montagna crescono i lecci, dalle dense fronde scure, e gli alberi da frutta. Le querce e i castagni possono giungere più in alto, fino ai mille metri. I faggi prosperano fino ai millecinquecento metri e più. I larici e gli abeti dalle foglie sottili e aguzze come aghi giungono fino a duemila metri. Ancora più su, a duemilacinquecento metri, si stendono i vasti pascoli punteggiati di arbusti, di rododendri e di pini mughi. Oltre questa zona, riescono a vivere soltanto pianticelle alte meno di un palmo, e poi muschi e licheni. Essi traggono il nutrimento dalla poca terra che il vento ha depositato nelle fessure delle rocce. Infine, ecco la zona delle nevi perenni. Qui nessuna pianta può vivere: è il regno del ghiaccio.
Gli animali che vivono in libertà sui monti
Nella zona dei pini vivono il gallo cedrone, la pernice bianca e numerosi uccelli rapaci, come la poiana, il falco, il gufo e la civetta. E’ facile trovare l’ermellino, prezioso per la sua pelliccia, che è bruna d’estate e diventa candida durante l’inverno; dove i boschi sono più fitti, si trovano scoiattoli, caprioli e cervi. Ma l’animale più caratteristico di queste zone è l’orso; e il più pericoloso è il lupo, che durante l’inverno, spinto dalla fame, si avvicina ai centri abitati. Oltre i duemila metri troviamo gli animali tipici dell’alta montagna: l’aquila, lo stambecco, il camoscio e la marmotta. Sopra si stendono soltanto ghiacciai. Sembra che la vita sia impossibile qui, ma c’è un minuscolo animale che riesce a vivere anche in mezzo ai ghiacci: è la pulce dei ghiacciai. Essa si nutre dei grani di polline che il vento trasporta, dalla zona dei larici e degli abeti, fino a un’altitudine di quattromila metri!
Utilità dei monti
Le pendici dei monti sono coperte da fitti boschi di castagni e, più in alto, da foreste di conifere: pini, larici e abeti che forniscono buon legname. I boscaioli, per il trasporto dei tronchi, si servono delle teleferiche che, lungo un cavo d’acciaio, trasportano a valle pesanti tronchi. D’estate, sui pascoli alpini, i pastori e i mandriani conducono a pascolare le loro greggi e le mandrie fino all’autunno. Dal latte delle mucche e delle pecore si ricavano burro e squisiti formaggi. Per l’aria pura e salubre che vi regna, i monti sono mete ideali per i soggiorni estivi e per gli sport invernali. Sui pendii soleggiati sorgono i grandi edifici dei sanatori, dove si curano le persone malate che hanno bisogno di sole e di aria purissima. Un altro dono prezioso ci viene dalle montagne: il carbone bianco. L’acqua dei fiumi che scende a valle, per mezzo di un potente sbarramento detto diga, viene raccolta in un bacino e convogliata attraverso grosse tubature, dette condotte forzate, alle centrali idroelettriche. Nelle centrali, con la sua caduta, l’acqua muove le pale delle turbine, che producono l’energia elettrica.
I minerali
Il Duomo di Milano pesa 184.000 tonnellate; ebbene, sono 184.000 tonnellate di montagna trasferite nel centro d Milano. Infatti, il Duomo è costruito in marmo, una delle rocce che ci fornisce la montagna. Le rocce delle montagne, fin da quando, milioni di anni or sono, si formarono, contengono minerali di ogni genere: ferro, piombo, rame, zinco, zolfo, salgemma, manganese, e via dicendo; tutte sostanze assolutamente indispensabili per le industrie. Perciò l’uomo da secoli scava le montagne, con la tenacia di una formica; e dove le montagne sono formate completamente da minerali utili, allora addirittura la demolisce, le asporta pezzo per pezzo, le spiana a poco a poco. Ci basterebbe fare una visitina alle più grandi cave italiane di marmo, quelle di Carrara, per accorgerci di questo: vedremo allora che intere parti di montagna non esistono più. I loro milioni e milioni di tonnellate di marmo sono distribuiti ormai in tutto il mondo, sotto forma di scalinate, colonne, statue, lastre di copertura, pavimenti, eccetera.
Il lavoro in montagna
Anche la montagna è fonte di vita per la sua gente, ma lassù, dove soltanto il salire e lo scendere è fatica, il lavoro è assai duro. Tra le rocce cristalline, che scintillano al sole, gli scalpellini lavorano nella cava di marmo. Potenti teleferiche trasportano i blocchi già tagliati verso il fondo valle. Molti montanari sono pastori; essi conducono il gregge al pascolo, tosano le pecore e con il latte fanno i caratteristici formaggi pecorini; altri fanno gli agricoltori, coltivando lo scarso terreno che si apre tra i boschi, sulle pendici dei monti e nelle vallate; altri ancora fanno i boscaioli, abbattendo gli alberi che fornivano legname per la costruzione di navi, di ponti, di mobili. Durante l’interminabile inverno di montagna, quando non è possibile uscire di casa, uomini, donne e spesso anche i ragazzi divengono artigiani; intagliano nel legno graziosi oggetti che venderanno poi ai turisti. Un rumore assordante rompe il silenzio dei monti: è l’acqua dei torrenti che scendono impetuosi a valle. La forza delle loro acque viene spesso sfruttata per azionare i motori delle segherie. Molte volte questi torrenti si vedono sbarrato il passo da potenti dighe: le loro acque si espandono allora in un calmo lago e alimentano, più a valle, la centrale idroelettrica che produce luce ed energia per le città lontane.
Le frane
Boschi e foreste, che un tempo coprivano quasi tutta la terra, a poco a poco vennero distrutti dall’uomo, per dar luogo a coltivazioni di piante utili e per costruirvi case, paesi, città. Talvolta però l’uomo, spinto dal bisogno o dalla volontà di guadagno, ha tagliato troppo i boschi, lasciando interi pendii, dalle falde alla vetta, senza alberi. Allora si sono verificati guai seri, perchè la terra non era più tenuta salda dalle radici delle piante, durante le stagioni piovose, ha cominciato a precipitare a valle formando enormi frane che hanno travolto paesi e interrotto strade, con grande danno per il traffico e per gli abitanti.
Villaggio di montagna
Aggrappato al monte, ecco un villaggio composto di poche casette rustiche. I muri, in basso, sono fatti di pietra; in alto sono di legno; i tetti sono coperti di lastre di ardesia. Alle strette finestre spiccano i gerani; i palchi sotto i tetti sono pieni di legna per l’inverno e di fieno per il bestiame. Una chiesetta e un campanile vigilano sulle poche case e sulle vie deserte. Gli uomini e le donne sono al lavoro nei prati, nei boschi e nelle malghe. A sera, pochi montanari tornano al villaggio: la maggior parte rimane nelle baite. Solo la domenica i montanari discendono per la messa, e la chiesetta si riempie di canti e di preghiere. Il giorno dopo tutti ritornano al lavoro e il silenzio scende sul villaggio.
La malga
Tra i verdi pascoli d’alta montagna sorge un casolare lungo e basso, costruito in modo rudimentale con tronchi e pietre. E’ la malga, in cui trovano rifugio i mandriani. Vicino, una larga conca scavata nel terreno raccoglie l’acqua piovana per l’abbeveraggio delle mucche. Si ode lontano il tintinnio dei campanacci. La mandria è al pascolo e ritornerà solo verso l’imbrunire, per la mungitura. La malga è lontano da ogni centro abitato. Il latte, perciò, non può essere venduto. Dev’essere utilizzato subito. E i mandriani hanno il loro bel da fare. La panna abbondante e densa, scremata giorno per giorno, viene sbattuta a lungo nella zangola di legno, per produrre il burro. Il latte rimanente, con uno speciale procedimento, è fatto cagliare o coagulare. Separato dal siero, darà la caseina, dalla quale si ricava il formaggio. Come ultimo prodotto resterà la ricotta, che sarà messa a stagionare sul camino.
Gli innamorati della montagna
Le montagne, con la varietà dei loro paesaggi, offrono uno degli spettacoli più mirabili del creato. Il sole, specie all’alba e al tramonto, dipinge rocce e boschi, prati e picchi nevosi di splendidi colori. Molti, per questo, amano la montagna. Ricorda, tra gli altri, gli escursionisti che, zaino in spalla, affrontano lunghe marce per sentieri e tratturi; gli scalatori, che cercano pericolose vie tra le rocce; gli sciatori che, in inverno, volano sulla neve con gli sci.
I rifugi alpini
In molte zone di alta montagna sorgono i rifugi alpini, costruzioni adibite per il ricovero degli alpinisti che vogliono avventurarsi sulle cime più elevate. Un tempo, questi rifugi si raggiungevano con marce faticose di molte ore; oggi invece, molti di essi sono collegati ai paesi della valle con ardite e veloci funivie. Gli appassionati di sport invernali possono inoltre servirsi di seggiovie, che in pochi minuti portano ai campi di neve più alti.
I mezzi di trasporto
Sulle belle strade alpine e appenniniche corrono veloci corriere, automobili e motociclette. Quando la salita è troppo ripida per le ferrovie normali, si usano i treni a cremagliera, la cui locomotiva è munita di una ruota dentata che si ingrana in una rotaia supplementare. Spesso, per necessità di lavoro o per esigenze turistiche, si collega il fondo valle con località elevate per mezzo di teleferiche o di funivie: su grosse funi metalliche, tese tra un pilone e l’altro, scorrono carrelli per il trasporto di materiali o cabine per passeggeri. Tutte le principali località di montagna e i centri di villeggiatura estiva e invernale hanno inoltre seggiovie, slittovie, sciovie. Le seggiovie sono costituite essenzialmente di due funi metalliche a cui sono appesi seggiolini scorrevoli; nelle slittovie, un cavo tirante trascina le slitte che trasportano gli sciatori. Nelle sciovie, invece, ogni sciatore è collegato, per mezzo di un braccio metallico, a un rullo che scorre su una fune d’acciaio e lo trascina in salita.
La seggiovia
Un particolare tipo di funivia leggera è la seggiovia, chiamata così perchè appesi alla fune viaggiano seggiolini metallici, su cui siedono i viaggiatori. Le seggiovie sono molto diffuse nelle zone turistiche montane perchè risparmiano a sciatori, gitanti e alpinisti la fatica delle salite a piedi.
Le Alpi e gli Appennini
Le Alpi, che cingono l’Italia, formano un arco meraviglioso per la varietà delle sue forme. Ora elevano al cielo guglie acute, ora torreggiano con immense piramidi di ghiaccio, ora si presentano come un susseguirsi di creste capricciose. Pare quasi che siano state create apposta per stabilire i confini italiani e ripararci dai venti freddi del nord. Le acque e le foreste costituiscono le loro ricchezze principali. La loro bellezza richiama ogni anno milioni di turisti che cercano nella salubrità del loro clima il ristoro alle loro fatiche. Un’altra catena attraversa l’Italia in tutta la sua lunghezza e ne costituisce, per così dire, la spina dorsale. Meno elevati delle Alpi, gli Appennini non hanno ghiacciai, ed i fiumi che da essi discendono sono più brevi e meno ricchi di acque. Coperti un tempo da fitte foreste, sono oggi in gran parte brulli perchè l’uomo li ha purtroppo privati del loro verde mantello. Oggi si cerca di rimediare favorendo il rimboschimento, ma dovranno passare molti e molti anni prima che l’Appennino ritorni ad essere com’era un tempo.
Il ghiacciaio
Lassù, presso le alte cime dei monti, pendii rocciosi ricoperti di neve circondano la valle. Sul fondo, un fiume solido e bianco luccica come un grande specchio. E’ il ghiacciaio formato dalle nevi permanenti, quelle che neppure il sole d’agosto riesce a sciogliere completamente. Sembra fermo, invece scorre lentamente. La sua candida superficie è tutta increspata da onde ghiacciate. Ma il sole scotta, e il ghiacciaio, lungo i bordi e sulla superficie si liquefa, lentamente. L’acqua cola, scorre, penetra nella massa screpolata, si raccoglie sul fondo, o meglio sul letto del ghiacciaio. Qui continua il cammino nella sua galleria di cristallo, finchè non sbuca all’aperto. Così nascono i corsi d’acqua. Anche i fiumi più grandi hanno un’origine umilissima, una piccola sorgente sulla fronte di un ghiacciaio.
Il ghiacciaio
La neve cade abbondantissima sulle alte montagne, si raccoglie e si ammucchia in vaste conche di roccia; qui uno strato di neve comprime l’altro e tutta la massa gela e si trasforma in ghiaccio. Vi sono ghiacciai che si estendono per chilometri e chilometri. I ghiacciai terminano in un luogo detto bocca, dove il ghiaccio si scioglie e dà origine a cento, mille vene d’acqua, che precipitano verso la valle.
Il ghiacciaio
Immaginate un’ampia valle, cui fanno parete, dall’uno all’altro lato, rupi ignude, scoscese, talora a picco. Un maestoso fiume ne occupa tutto il fondo. E’ infatti un fiume di ghiaccio che scaturisce dagli immensi campi di neve eterna, le quali rivestono le eccelse vette e colmano i vasti altipiani delle Alpi. E sembra anche al vederle, che quelle nevi eterne, con perpetua onda, si riversano in quel fiume di ghiaccio e quel fiume scorre e solleva le sue onde simile a un torrente, quasi ad un mare in burrasca. Ma quel fiume sembra immobile; quelle onde sembrano sospese, cristallizzate: quel fiume è tutto di ghiaccio. (A. Stoppani)
La leggenda della neve rossa (leggenda valdostana)
Se andate un giorno sul monte Rosa, il vostro sguardo rimarrà abbagliato dall’immensa distesa candida e scintillante del ghiacciaio.
La leggenda racconta che, nel tempo dei tempi, a quelle altitudini eccelse, il clima era molto più mite e là dove ora si distendono i gelidi ghiacciai erano verdi praterie e folte foreste di abeti. E in mezzo vi sorgeva una città prosperosa e popolosa.
Purtroppo, però, i denari accumulati a poco a poco avevano reso cattivi e avari gli abitanti di questa città, i quali vivevano nel loro egoismo senza alcun timore di Dio. Ma Dio, che tutto vede e tutto sa, non tardò a punirli.
Una sera d’ottobre giunse in questa città un vecchio viandante. Appariva esausto per la fatica e la fame. Ma invano egli bussò a una porta dopo l’altra, chiedendo cibo e ricovero: tutti lo respinsero con male parole.
Allora, a un tratto, il vecchio si drizzò minaccioso e apparve gigantesco e terribile, eretto, sull’alta persona. Protese il braccio e gridò: – Stanotte nevicherà, domani nevicherà, per giorni e giorni nevicherà: la città maledetta perirà. –
Gli abitanti, chiusi nelle loro case, udirono quella voce rimbombare nella tenebra e furono scossi da un brivido, ma poi alzarono le spalle e cercarono di dimenticare il funesto presagio bevendo, tra risa di scherno.
Intanto il vecchio era scomparso. Ed era cominciato a nevicare. Ma non neve bianca, bensì neve rossa, d’un cupo vermiglio, come il sangue. Essa cadde tutta la notte e tutto il giorno seguente, e per molti molti giorni ancora, fitta, lenta, inesorabile. Nessuno osava uscire dalle case e la neve saliva, saliva, saliva, sommergendo le dimore e gli uomini, i campi e i boschi, implacabilmente, come implacabili erano stati quei malvagi verso il vecchio viandante.
Quando la rossa nevicata cessò, della città non v’era più traccia: al suo posto, da allora, si estende un immenso ghiacciaio.
E talvolta, al tramonto, sul ghiacciaio, si scorgono ancora sinistri bagliori, come di sangue… (M. Tebaldi Chiesa)
Una gita in montagna
Gabriella e il babbo salirono su una corriera. Dapprima percorsero un breve tratto a fondo valle, poi infilarono una strada che con forte pendenza saliva verso l’alto fra boschi di castagni. Qui la vegetazione cambiò: la strada si inerpicava fra selve di abeti e di larici e l’aria era profumata di resina.
– Siamo a mille metri! – esclamò il babbo, quando apparvero le casette del villaggio dove avrebbero trascorso le loro vacanze. L’indomani Gabriella fece col babbo la sua prima escursione. Una funivia li portò rapidamente in alto. Gli abeti a poco a poco andarono diradandosi e facendosi sempre più piccini, poi apparvero in tutta la loro bellezza i prati verdeggianti su cui pascolavano mandrie di mucche. Giungevano fino a loro i muggiti delle pacifiche bestie intente a brucare l’erba profumata della montagna. Qua e là, disseminate sui pendii, si scorgevano le baite che ospitano pastori e bestiame durante la stagione dell’alpeggio. Infine anche i pascoli scomparvero. La funivia sorvolava ora una zona di alte rocce, le cui sommità, simili a guglie, si stagliavano solenni nell’azzurro del cielo. Un ultimo balzo, ed eccoli alla stazione d’arrivo. Di lassù appariva in tutta la sua bellezza la cerchia delle Alpi, le cui candide vette erano coperte di neve. Davanti a loro, tra rocce enormi, si stendeva un ghiacciaio.
– Sembra un fiume di ghiaccio – osservò Gabriella.
– Ed è proprio un fiume che scende lento lento verso il fondovalle – le rispose il babbo.
– Un fiume di ghiaccio? E’ mai possibile? – osservò Gabriella, la quale aveva ancora negli occhi la visione del fiume le cui acque correvano impetuose verso la pianura.
– Sì, proprio un fiume, – ripetè il babbo. – Quel ghiaccio, che ti appare fermo ed immobile, in realtà scende verso la valle assai lentamente, ma scende. E quando è giunto in basso il ghiaccio si scioglie e diventa acqua, che alimenta le sorgenti dei fiumi –
– Sicchè tutto questo ghiaccio…-
– E’ destinato a tramutarsi nell’acqua dei fiumi che porteranno alla lontana pianura i benefici dell’irrigazione. Ma prima che avvenga ciò, questi ghiacciai, che tu vedi scintillare al sole, alimenteranno con l’acqua da essi prodotta le numerose centrali elettriche che l’uomo ha costruito sulle montagne –
– E in che modo? –
– Più in basso gli uomini hanno creato dei laghi artificiali chiudendo con una diga una valle nel punto in cui questa si presentava più stretta. L’acqua così raccolta viene incanalata in giganteschi tubi che la portano alle turbine, destinate ad azionare le dinamo, che sono macchine capaci di produrre l’energia elettrica. Tutta l’elettricità, che mette in moto i treni e le macchine degli opifici, che illumina le vie e dà luce alle nostre case nasce qui, su questi monti, per merito dell’acqua che giustamente è stata chiamata “carbone bianco”. –
Come si forma un ghiacciaio
Il ghiacciaio si forma nel “bacino collettore”; si chiama in questo modo la zona alta di una montagna dove si raccoglie ogni anno una enorme massa di neve, più di quanta se ne scioglie durante l’estate. Perciò un bacino collettore si trova sempre sopra il limite delle nevi perenni. Generalmente esso ha proprio la forma di un bacino, cioè è circondato da alte e ripide pareti rocciose; la neve che si deposita su queste e che poi, sotto forma di valanghe e slavine, precipita nel bacino, contribuisce anch’essa ad aumentare la ricchezza del deposito che alimenta il ghiacciaio. Qualche volta il bacino ha invece la forma di una grande cupola; questo è il caso del Monte Bianco. E’ nel bacino che la neve, man mano che viene sottoposta alla pressione degli strati più recenti, si trasforma prima in ghiaccio granuloso, poi in ghiaccio compatto, di colore quasi azzurro.
Il bacino collettore, quindi, non è che il grande magazzino di raccolta che continuamente rifornisce il ghiacciaio di nuovo materiale. Un bacino, infatti, presenta sempre uno o più sbocchi aperti verso il basso; da questi defluirà la bianca massa ghiacciata come una pasta che si versi dal bordo di una marmitta inclinata. Colerà per primo, dallo sbocco, il ghiaccio degli strati più profondi, spinto dall’enorme perso degli strati superiori; e via via, uno sull’altro, lentamente ma ininterrottamente, tutti gli strati di neve depositatisi di anno in anno nel bacino e trasformatisi in ghiaccio scenderanno verso il basso: così si forma il ghiacciaio.
I ghiacciai si muovono
Il ghiacciaio è dunque un gran fiume solido, di ghiaccio, che scende verso il basso. Man mano che scende incontra una temperatura più mite e si scioglie formando torrentelli e cascatelle. Ad un certo punto, bruscamente, il ghiacciaio termina, dando origine ad un impetuoso torrente. Costantemente i ghiacciai depositano alla loro estremità, oltre ai corpi di vittime di sciagure alpinistiche, oggetti come piccozze, zaini, corde, smarriti da alpinisti, e un’enorme quantità di massi e detriti rocciosi.
Tutto questo materiale era rimasto sul ghiacciaio o caduto in un suo crepaccio, in un punto qualsiasi del suo corso, anche molto vicino all’origine; ma, lentamente, la massa gelata è scesa verso il basso trasportando a valle il materiale incluso. Giunto al punto del disgelo, il ghiaccio restituisce alla luce quanto teneva racchiuso.
Possiamo così constatare che il ghiacciaio cammina costantemente verso il basso e che la maggiore velocità di discesa si ha nella zona centrale. Ai margini il movimento è più lento a causa dell’attrito delle pareti rocciose.
La velocità di discesa non è la stessa per tutti i ghiacciai. Quelli alpini hanno, in media, la velocità di 35 metri l’anno, cioè circa 10 centimetri il giorno; ma il ghiacciaio svizzero dell’Alètsch, che coi suoi 26 chilometri è il più lungo ghiacciaio delle Alpi, scende alla velocità di circa mezzo metro il giorno. Il ghiacciaio Baltoro, nel Karakorum, in Asia, si muove alla velocità di 600 – 700 metri annui e alcuni ghiacciai della Groenlandia scendono di 4 – 5 chilometri l’anno, cioè più di dieci metri il giorno.
Vocabolario
Circo: è una cavità circolare, un enorme catino scavato nella roccia della montagna da un ghiacciaio, che poi è scomparso.
Conca: è una grande cavità nel terreno a forma circolare oppure di ellissi, con i pendii poco inclinati.
Dosso: è una montagna o una parte di una montagna fatta a cupolone. Non è mai molto alta e può essere anche erbosa.
Forra: è una gola profonda fra pareti rocciose. Di solito è stata scavata da un torrente.
Ghiacciaio: è un’enorme massa di ghiaccio che si forma al di sopra del limite delle nevi persistenti in una conca dove si raccolgono le nevi (bacino collettore di raccolta); scende con una lingua fino al punto in cui si arresta (fronte del ghiacciaio) perchè il ghiaccio fonde e forma un torrente.
Gola: è una valle stretta e profonda, con le pareti ripide.
Gradino: è il salto formato da una ripida parete che interrompe una estensione di terreno piano o in lieve declivio: è proprio, insomma, come un grande gradino.
Morena: è un ammasso di ciottoli, detriti, massi, terra che il ghiacciaio raccoglie lungo il suo corso, trasporta a valle e ammucchia. Vi sono morene enormi, come la Serra, vicino a Ivrea, lunga più di 25 chilometri!
Nevaio: è un ammasso di neve che si accumula, spesso spinta dal vento, in luoghi riparati. Non si scioglie completamente nemmeno in estate. Invecchiando, la neve diventa granulosa e tende a trasformarsi in ghiaccio.
Valico: E’ un passaggio abbastanza basso che permette di attraversare una barriera montuosa. Un valico o passo, di solito, si chiama colle quando è a grande altezza; sella quando ha la forma di una piccola valle.
Monti d’Italia
Monti giganteschi, nevosi e scintillanti al sole, con le cime avvolte da nubi, dirupi solcati da ghiacciai e flagellati dalla tempesta, balze scoscese, cupi burroni precipitosi, massi, sassi e ciottoli, e ghiaieti alle falde. Foreste di castagni e di faggi, di larici e di pini, vestono questi monti, poi cespi di rododendri ed erbe dal cortissimo stelo, e muschi e licheni che di varie tinte, brune, argentine, dorate, coronano le rocce. Urla il lupo fra quelle foreste, s’appiatta l’orso e corre, presso la neve, nel suo manto invernale, il candidissimo ermellino, e ronzano insetti. (M. Lessona)
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