Dettati ortografici e letture LA FESTA DEL LAVORO – MESTIERI: una raccolta di dettati ortografici e letture di autori vari per la scuola primaria

Importanza del lavoro
Ogni lavoro è importante, sia quello compiuto dalle braccia, sia quello compiuto dalla mente perchè in ogni uomo che lavora c’è sempre una mente che pensa e provvede, c’è sempre una persona che pensa, che fatica per sè, per i propri cari, per il bene dell’umanità.
Ogni luogo in cui vivi, porta l’impronta dell’operosità di chi ti ha preceduto perchè la storia del progresso è la storia del lavoro.
Come tu stesso puoi concludere, vedi allora come è importante il lavoro per la dignità della nostra vita individuale e sociale. Ed è per questo che la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro.

Tutti lavorano: nei campi, nelle officine, nei negozi, nelle scuole. Il lavoro è necessario all’uomo. Anche il bambino ha il suo lavoro: egli studia, aiuta la mamma nelle piccole faccende, si rende utile nella casa con lavoretti leggeri.

Il falegname adopera la sega, la pialla, il martello. E con il legno fabbrica le porte, le finestre, i mobili solidi e belli.
Il calzolaio batte la suola. Seduto al suo deschetto, egli taglia il cuoio e fabbrica gli scarponi per gli uomini e le scarpette per i bambini.
C’è un pezzo di stoffa: il sarto potrà trasformarla in un bel vestitino e per questo ha bisogno dell’ago, del filo, delle forbici e della macchina da cucire.
Ecco il muratore che costruisce la casa. Mette  i mattoni uno sull’altro, li tiene insieme con la calcina, e il muro viene su, diritto, solido, forte.
Guardati attorno: quante cose sono fatte di legno! Le porte, le finestre, le travi, i mobili… Il grande albero della foresta si è trasformato in un armadio, in un banco, per il lavoro del falegname.
Di ferro sono le chiavi, le serrature, i cardini su cui girano le porte. Di ferro sono le navi che solcano il mare e il chiodino per attaccare il quadretto.
Non lavorano soltanto i falegnami, i fabbri, i calzolai. Lavora anche chi scrive, chi pensa, chi studia. Lavorano il medico, il professore, l’impiegato. Chi lavora con le braccia, chi col cervello.

Il primo maggio si celebra la festa del lavoro in tutto il mondo. In questo giorno,le macchine cessano di rombare, i forni di ardere, i martelli di battere. L’uomo cessa, in tutto il mondo, la sua attività lavorativa.

Se non ci fosse il lavoro, noi dovremmo vivere ancora come l’uomo delle caverne. E’ per opera del lavoro umano che noi abbiamo le case, i vestiti, i mezzi di trasporto. Supponiamo, per un momento, che nessuno lavori più: dopo qualche tempo le case cadrebbero in rovina, gli uomini sarebbero coperti di stracci la terra non darebbe più che un frutto misero e insufficiente.

In tutto il mondo, il primo maggio, per ventiquattro ore, cessa il frastuono delle macchine, il fischio delle sirene, il ronzio affaccendato degli operai che vanno e tornano dal lavoro. Dopo la brevissima sosta, il lavoro riprenderà il suo ritmo incessante, dalla grande officina e dall’affollato stabilimento, alla modesta botteguccia dell’artigiano del  paese, e all’umilissimo bischetto del ciabattino, che ripara e rattoppa le scarpe. Ogni lavoro ha la sua importanza e la sua nobiltà, purchè venga accuratamente ed onestamente compiuto, non solo nell’interesse del singolo, ma anche a vantaggio dei nostri simili, della collettività. (da S. I. M.)

Anche lo studio è lavoro. Lavoro non è solamente quello che esce dalle mani del muratore, del calzolaio, dell’operaio: lavoro è tutto quanto è frutto dell’opera dell’uomo, tanto della mano quanto della mente. Anche voi, studiando, lavorate: il vostro lavoro è lo studio.  (P. Dazzi

Il lavoro è una veste che nutre voi e me, che edifica le vostre case e prepara i vostri letti, apre le strade, fabbrica i veicoli che le percorrono, stende i fili della corrente elettrica e del telefono; falcia l’erba, miete il grano, dispone i fiori nei giardini, illumina le nostre stanze, stampa i libri, dipinge i quadri, fotografa le nostre persone, scolpisce le statue, costruisce le navi e gli aeroplani; trasforma la creta in fine porcellana. (Gould)

Vi sono delle fabbriche in cui non si può interrompere il lavoro neanche la notte, come non si può interrompere in certe grandi officine meccaniche, nei forni dove si fonde la ghisa, nelle stazioni ferroviarie, nelle tipografie dei grandi giornali e così via. C’è quindi una massa di operai, di artigiani, di ferrovieri, di tipografi, che deve lavorare la notte… Di notte vegliano farmacisti e dottori, a turno, perchè siano pronti i soccorsi sanitari, se qualche malato ne ha bisogno; a turno lavorano, negli ospedali, anche ostretriche ed infermieri. Tutta questa gente compie un dovere sacro di lavoro e di assistenza. Ammiriamoli e siamo loro riconoscenti. (M. Serao)

Il lavoro umano ha mille aspetti e strumenti diversi. Accanto al lavoratore del braccio trovi il lavoratore della mente; quando il contadino si avvia per i campi, il minatore scende nelle viscere della terra; mentre l’operaio suda fra lo strepito delle macchine ed il fabbro batte il ferro sull’incudine, l’architetto disegna progetti di edifici e il chirurgo si curva sul malato disteso sul tavolo operatorio. Anche tu sei un lavoratore perchè con lo studio ti prepari ad essere di aiuto alla società.

Incontri il lavoro dell’uomo dovunque tu posi le mani, qualsiasi oggetto tu adoperi. La casa dove abiti, la strada che percorri, la scuola che frequenti, l’abito che indossi sono frutto del lavoro dell’uomo. Immagina che non ci sia più intorno a te nulla di ciò che ha fatto l’uomo. Vedresti intorno a te la foresta selvaggia, oppure la palude insidiosa, o il deserto solitario. Sentiresti il brivido del freddo, o il bruciore del sole, avresti il terrore delle belve selvagge.

Primo maggio: oggi il mondo è in festa. E’ una festa che affratella tutti gli uomini di tutte le nazioni del mondo e che fa pensare al più bello dei doveri della vita: quello del lavoro. In tutto il mondo oggi gli uomini sono fratelli nella gioia di questa festa,  come erano ieri e come lo saranno domani nella fatica dei muscoli e nello sforzo del pensiero.

Tutti gli uomini lavorano; chi lavora nei campi, chi nelle officine, chi nei negozi, chi negli uffici; chi lavora con il braccio, chi con la mente. Lavorare è necessario. Anche il bambino ha il suo lavoro: studia e si rende utile in casa con qualche servizietto. Il fannullone, invece, che non ha voglia di lavorare, vive del lavoro degli altri. Egli è come la pianta di edera che si aggrappa all’albero e ne succhia la vita per mezzo delle radici che gli affonda nel tronco. Per questo, forse, il grande albero morrà, ma con lui morrà anche la pianta infingarda.

L’elettricista. Arriva, bene accolto, l’elettricista. In cima a una scala, come il ragno che fa la tela, tende fili e fili; ogni tanto un isolatore, qua e là alcune valvole e poi anche qualche presa di corrente… (L. Bartelletti)

I pescatori. Di buon mattino, quando il primo sole rischiara gli scogli e la spiaggia, i pescatori tornano. Se cantano, vuol dire che la pesca è stata fortunata. Se non cantano, vuol dire che il rischioso lavoro di una notte è stato inutile. Le ultime ombre della notte sembrano allora ai poveri pescatori più oscure e cattive. (M. Comassi)

Il calzolaio. Non credo che nessun banco da lavoro sia così affollato e disordinato come un bischetto: nè così piccolo.  Lesine, punteruolo, trincetti, il vasetto della colla, ritagli di pelle, pezzetti di vetro; e fino negli estremi angoli, qualcosa da trovare,  per esempio il sego, nel quale di tanto in tanto si tuffa la frettolosa punta della lesina, per poi bucare meglio il cuoio. (G. Fanciulli)

Muratori. I manovali riempivano i cofani di calcina; infilavano le scale sorreggendosi con la mano di piolo in piolo, recando sull’omero i cofani e le pile di mattoni. I muratori raggiungevano i ponti spingendosi su per le scale; il sole ricominciava a cuocere il loro viso, le braccia, la nuca; grondavano sudore. (V. Pratolini)

Di notte. Mentre ciascuno di noi riposa tranquillamente in un letto che non avrebbe saputo costruire con le proprie mani, i fornai attendono a cuocergli il pane per la mattina dopo, telefonisti, scrittori e tipografi collaborano in vario modo a preparargli il giornale, e la guardia notturna cammina su e giù per impedire l’opera losca dei malandrini, e il pompiere veglia pronto a spegnere il fuoco devastatore, e marinai e ferrovieri guidano nella notte i veicoli che recano le lettere, giornali, derrate e il nutrimento del corpo e la gioia dell’animo.

Gli spazzini. E’ mattina presto in città. Il silenzio è quasi assoluto ma, ad un tratto, ecco comparire dal fondo della strada un grosso furgone tutto chiuso. Si arresta e, rapidi, scendono gli spazzini. Le loro mani, protette da grossi guanti di gomma, afferrano i carrelli e li spingono verso gli ingressi delle case. Inizia il loro lavoro: bidoni pieni che vanno verso il furgone pronto a ingoiare rumorosamente quintali di rifiuti, bidoni vuoti che tornano. Ogni giorno così, con tanta abilità, con tanta dignità.

Pescatori. Le paranze alzano le vele gialle pittorescamente decorate e lasciano il porto. In alto mare i pescatori calano le reti che galleggiano, perchè sostenute dai sugheri. Quando le ritirano sono pesanti. Le issano a bordo con fatica e nella barca, allora, è tutto un guizzare di pesci argentei, azzurrini, rosei. (G. Facco)

Il fabbro. Nell’officina il mantice soffia e palpita con ritmo incessante, come organo di vita. Il carbone arde, alita la fiamma e investe, il ferro rosseggia. Prigioniero di solide tenaglie il rovente metallo geme sull’incudine. Sopra di lui scendono celeri, ripetuti, i colpi del martello. L’abile, insistente picchiar del martello plasma forme nuove, rendendo ubbidiente la dura materia alle esigenze dell’arte. Dall’oscuro, sudato lavoro del fabbro, nascono mirabili opere. I colpi del martello, che risuonano a sera sull’incudine, sono canti di vita operosa, sono canti di vittoria. (A. Magnani)

L’orologiaio. Per le sue mani passano oro, argento, rubini minuscoli, ma non se ne accorge: per lui merita tanti riguardi il pataccone d’acciaio del ferroviere, quanto il microscopico orologino tempestato di brillanti della gran signora. L’importante è cercare il male e guarirlo, come sulla tavola operatoria sono uguali il principe e il povero, così per l’orologiaio meritano la stessa considerazione l’orologio da polso e quello da tasca, quello che scintilla sulla scrivania e quell’altro che alla parete scandisce i secondi col pendolo grave. Orologi di ogni dimensione sono lì davanti a lui e sembrano famiglie patriarcali riunite: il nonno, i genitori e la schiera garrula dei figli e dei nipotini. (D. Provenzal)

Il barbiere. La sua non è una bottega, ma uno “studio”, quasi… Nelle botteghe si compra, si vende, e qualche volta si fabbrica: qui nulla di ciò. Qui vedi giovani vestiti di bianco i quali si affettano a gettare un manto bianco alche sulle spalle dei clienti perchè sia tutto candido: e specchi, tavolette di marmo, acciai lucidi e tersi: nell’aria un vago sentore di profumi e di cipria. D’inverno l’ambiente è caldo, d’estate piacevolmente fresco: sifoni d’acqua olezzante sostituiscono, in piccolo, gli zampillo odorosi dei giardini del Gran Sultano. (D. Provenzal)

Il fornaio. Un delizioso odore di pane appena sfornato si spande per tutta la piazza del paese. Il fornaio ha lavorato varie ore della notte: ha impastato la farina ed ha sorvegliato la macchina impastatrice; ha tagliato dall’impasto grissini, panini, pagnotte, cornetti e li ha messi nel forno osservandone di tanto in tanto la cottura. Al mattino il pane è pronto per chi si reca al lavoro. Passano gli operai e comprano la grossa pagnotta odorosa; passano gli scolari e comperano il panino croccante… E finalmente il fornaio può andare a riposare. (O. Vergani)

Il postino. Con il sole o con la pioggia, chi è che non si ferma mai e va tutto il giorno, paziente, di porta in porta? Va con la neve, va con il fango, non ha paura del freddo, non ha paura del caldo. Pensa quante cose ti porta: la letterina d’auguri dei nonni, il pacchetto con il regalo della zia, le cartoline degli amici. E quante cose ancora ti porterà, con il volgere degli anni. E non ti dirà neanche il suo nome, non chiederà nemmeno che lo ringrazi; e ogni giorno camminerà per te, dall’alba al tramonto, con la sua grande borsa a tracolla, per tutta la vita… ( O. Vergani)

Contadini. Il contadino non si riposa mai, nemmeno quando la neve copre la sua terra. Ma la stagione dei lavori grandi è certamente quella che va da maggio ad ottobre e culmina con la mietitura. Dopo questa fatica il contadino un po’ si riposa, ma il campo chiama il vomere. Le prime nebbie di inizio novembre chiamano ad altri lavori. Il grano è nei sacchi allineati al muro, la dispensa odora di mele cotogne, di sorbe, di pere, di conserve. L’anno ricomincia, c’è nell’aria l’aria di un inizio. Ed è la semina: quella del grano, la più solenne dell’anno. (G. Titta Rosa)

La zappa. Voi non sapete quanto sia bella una zappa.Non potete sapere, voi cittadini di città, quanto può essere bella una zappa! Una semplice zappa di campagna, una vera zappa nelle due mani del contadino, una reale zappa appoggiata ai sassi del muro, accanto all’uscio del contadino. Un pezzo di legno infilato in un pezzo di ferro: un povero pezzo di legno, una semplice stanga di legno forte: un pezzo di legno appena squadrato dal filo dell’accetta, e non pulito, non verniciato, non lustrato: le due mani dello zappatore, ingrossate, indurite, gli daranno giorno per giorno la lucentezza dell’antico; un povero pezzo di ferro, un piccolo pezzo di metallo nero che il fabbro fece rosso nel fuoco, e che il contadino fa splendere al sole come l’argento. (G. Papini)

I pompieri. A un tratto si sente lo strido lugubre, tenace, prima fioco, poi più forte, e finalmente come palle di cannone, piombano sul luogo e si arrestano di scatto le automobili dei pompieri. Senza guardare in faccia nessuno, i pompieri balzavano a terra srotolando di corsa i tubi delle pompe, aprono le prese d’acqua, avvitano le pompe, le stendono sul selciato. Ecco, l’acqua gorgoglia nei tubi che si gonfiano, si snodano, si induriscono e, in meno che non si dica… quattro o cinque getti violenti entrano in pieno nelle finestre. (A. Campanile)

Un’operaia. Un’operaia, in una fabbrica di terraglie, sta davanti ad una macchina che svolge un nastro corrente largo due palmi, perchè il piatto è appena stampato in una polvere che soltanto il colpo vigoroso dello stampaggio riesce a tenere insieme. La mano della donna prende uno dopo l’altro questi piatti e li depone in una catasta che andrà al forno. Basterebbe un movimento un poco meno delicato per sbriciolare la polvere friabile in cui è stampato l’oggetto. Non c’è una macchina al mondo che possa fare questa operazione. Dalla mano di questa donna dipende, in definitiva, il rendimento della fabbrica. (C. Alvaro)

Il magnano. Intanto il magnano ha piantato in piazza la sua officina. Ha fatto in terra una fossetta, e nella fossetta accende un po’ di carbone; ha appeso a un treppiede il suo manticino, e con una funicella lo muove; strige tra le ginocchia una piccola incudine, ci picchia sopra con il mazzuolo. Chi aveva una secchia bucata, una pentola ammaccata, una brocca sconquassata, è andato a scovarla nella polvere dei ripostigli. Le comari vengono in processione, armate di casseruole rugginose e di padelle senza fondo, ed egli attentamente le gira e le rigira, le guarda contro luce, ne saggia il suono con le nocche, e infine, rassegnato, le lascia cadere nel mucchio. (U. Fracchia)

Da un bioccolo di lana l’uomo, col suo lavoro, fabbrica un morbido e caldo tessuto; con un bozzolo fa la lucida stoffa di seta; per opera dell’uomo il tronco di un albero viene trasformato in una tavola, in una sedia; una pianta di lino in una bella e candida tela; un pezzo di minerale in una chiave, in una forchetta.

Il vigile. Veste proprio come tutti gli altri “ghisa”. Si chiama Clementina Guarneri ed è la prima donna-vigile di Milano. Le piacciono le automobili, il traffico e… il suo lavoro. Non crede che ci siano lavori adatti solo a uomini e lavori adatti solo a donne, ma pensa che ogni persona debba scegliersi il mestiere che più le piace. Spesso un passante si ferma per chiederle un’informazione: dove si trova una certa via, quale tram si può prendere per raggiungere il tal posto, se c’è nelle vicinanze una farmacia. Ora dal margine della strada osserva scorrere il traffico, automobilisti e pedoni sono più disciplinati quando vedono un vigile. Deve essere sempre pronta ad intervenire in caso di necessità: il passaggio di un’ambulanza, un ingorgo stradale, un incidente, il guasto di un semaforo. “Avanti, avanti!”, “Alt! Adesso tocca a voi!”, dice coi i movimenti delle braccia e delle mani quando si pone in mezzo ad un incrocio.  (S. Ceruti)

I lavori di un tempo. Il mestiere del contadino, del muratore, del fabbro, del falegname è uno dei quattro più antichi. Il contadino rompe la zolla e ne cava il pane; il muratore squadra la pietra ed innalza la casa: la casa del povero, la casa del re, la casa degli scolari; il fabbro arroventa e torce il ferro per dar la spada al soldato, il vomere al contadino, il martello al falegname; il falegname sega e inchioda il legno per costruire la porta che protegge la casa dei ladri e per fabbricare il letto sul quale dormono innocenti e ladri. Queste semplici cose ordinarie, comuni, usuali che non le vediamo più, che passano ormai disavvedute sotto i nostri occhi avvezzi a più complicate meraviglie, sono le più semplici creazioni dell’uomo, ma più miracolose e necessarie di tutte le altre inventate dopo. (G. Papini)

Mietitori. Il sole diede il suo oro alla campagna e nelle spighe è già pronto il frumento. Calano da ogni parte a brigate i mietitori, e nelle sere odorose di gigli s’odono canzoni di tutti i paesi. Brillano le falci e la fronte dell’uomo si bagna di sudore. Nelle ore di afa, che tutte le cose s’assannano e l’aria è come un mare di fuoco, le cicali stridono e le stoppie saltando in aria scoppiettano. Gli alveari, poichè le api succhiano instancabili tutta la primavera, colano di miele, e nelle celluzze i nuovi nati s’impinzano, molli come cera. Il tempo del pane nuovo è venuto. (F. Lanza)

La mietitrice. Ho fatto la conoscenza di una macchina straordinaria, che miete il frumento, lo raccoglie in manipoli, lega a uno a uno questi manipoli con un giro di corda, e a uno a uno li scaglia fuori, là dove il campo è già spoglio. Le andate e i ritorni restringono sempre più il campo da mietere, finchè neppure una spiga resta più sul proprio gambo ed il campo è nudo. E gli uomini? Uno siede alla guida, un altro sta in piedi sul carrello, attento al lavoro della macchina; e un terzo, in disparte, raccoglie i manipoli, li raggruppa e forma i covoni. (D. Valeri)

La trebbiatrice. Il macchinista ha fatto presto ad avviare il motore , la cinghia è stata subito innestata; sotto alla trebbiatrice han disteso un panno a raccogliere quel poco che la macchina avrebbe lasciato perdere dagli ingranaggi; e l’uomo è subito montato su. Il contadino porge un covone dopo l’altro, con un falcetto un altro taglia il legaccio, e il primo infila un covone per un capo, nella bocca della tramoggia. Solo il macchinista se ne sta inoperoso, una gamba appoggiata al suo motore. (G. Titta Rosa)

Il pompiere. Durante un incendio ogni vigile del fuoco ha il suo compito. Alcuni attaccano i tubi alle prese dell’acqua e all’autocisterna. Altri dirigono i getti d’acqua verso il fuoco. Altri, con un telone, raccolgono coloro che si lanciano dai piani superiori degli edifici per sfuggire alla furia delle fiamme. Altri ancora traggono in salvo le persone in pericolo. (da I quindici)

Il barbiere. Dicono che sia un po’ adulatore. Infatti, a un giovinetto che abbia una peluria quasi invisibile sul viso egli domanda: “Barba?”, mentre a un vecchio che ha forse quattro o cinque peli sul cranio deserto, egli chiede ossequioso: “Capelli?”. (D. Provenzal)

Disoccupato. Non tutti hanno la fortuna di possedere un lavoro. Molte persone, pur avendo la buona volontà di lavorare, non ne trovano oppure non ce l’hanno più perchè la loro fabbrica è stata chiusa, o a causa di infortuni che non permettono più una vita attiva. Il lavoro è un bene prezioso, che va rispettato.

Nella costruzione di una casa lavora il muratore ma, prima di lui ha lavorato l’ingegnere che ha fatto il progetto, l’architetto che lo ha studiato nei minimi particolari; per fare i mobili lavora il falegname, ma prima di lui ha lavorato colui che li ha disegnati; lavora il contadino per far fruttare la terra, ma prima di lui hanno lavorato coloro che hanno studiato la composizione della terra, dei concimi, i fenomeni metereologici ed è seguendo le regole che essi ne hanno tratto, che il contadino può ricavare il massimo prodotto dal terreno.

Se è lavoro quello dell’artigiano, è lavoro non meno nobile e in alcuni casi infinitamente più gravoso, quello dello scienziato che studia le malattie, quello dell’astronomo che passa le sue notti a consultare il giro delle stelle; è lavoro quello dello scrittore che compone i suoi racconti, quello del medico che cura l’ammalato; quello dell’insegnante che cerca di educare e istruire i bambini. E’ lavoro quello dello scolaretto che studia per diventare un uomo utile ai suoi simili, quello della casalinga è lavoro.

Il valore del lavoro non è dato dalla sua specialità, ma dal modo come viene eseguito. Un professore che scrive un libro sopra un argomento difficile, ma che fa il suo lavoro senza esattezza nè precisione, fa un lavoro inutile. L’importante non è eseguire un dato lavoro, ma eseguirlo il più perfettamente possibile. Tutti i lavori sono necessari. Tutti sono belli, nobili, degni di lode. Non c’è un lavoro che possa aver la supremazia su un altro lavoro, ma è degno di lode qualsiasi lavoro purchè sia eseguito bene.

Anche gli animali lavorano. Non solo gli animali domestici, ma anche gli animali liberi, come gli uccellini, ad esempio. Nonostante l’apparenza spensierata, la loro vita è tutto un lavoro: lavorano per cercare il materiale e poi per costruirsi il nido, lavorano per allevare la prole, lavorano per procurare il cibo a sè e ai piccoli.
Guardiamo gli insetti. Non fanno che girare tutto il giorno, da un fiore all’altro, e oltre a fare un lavoro indiretto, utile all’uomo, qual è quello dell’impollinazione, fanno un lavoro per se stessi, in quanto si procurano il cibo e cercano il luogo più adatto per deporre le uova. Talvolta usano accorgimenti straordinari: forano la corteccia degli alberi, perforano semi, e tutto questo in un lavoro sagace, continuo.
Guardiamo le api, i lavoratori per eccellenza che, per fabbricare una certa quantità di miele e di cera, devono visitare migliaia di fiori, che costruiscono una casetta perfetta, che allevano i piccoli come amorose nutrici, che combattono per difendere l’alveare dagli intrusi.
Guardiamo le formiche, da sempre esempio di laboriosità e prudenza.
Guardiamo  le vespe che costruiscono il nido trasformando il legno in solido cartone e che, forse, hanno insegnato all’uomo la maniera di fabbricare la carta.
Anche l’animale selvatico lavora: lavora per procurarsi il cibo, per scavarsi la tana, giungendo, come nel caso del castoro, a dare esempio all’uomo di edilizia e ingegneria.
Persino il ragno, dette forse all’uomo la prima idea per filare e tessere, senza parlare del filugello il cui filo ci dà addirittura la seta.

I mestieri necessari per costruire la casa 
Il muratore spegne la calce viva con l’acqua e la mescola con la sabbia: con questo materiale, che si chiama malta, unisce i mattoni che dispone uno sopra l’altro per fare il muro. Per fare questo lavoro adopera la pala, la cazzuola, la secchia, lo sparviero, il filo di piombo. I muratori lavorano anche in alto, sulle impalcature. Questo è perciò anche un mestiere pericoloso. Dobbiamo considerare con simpatia questi lavoratori che, nel lavoro, rischiano anche la vita. Alla costruzione della casa, col muratore lavorano l’elettricista e l’idraulico, e il piastrellista. Quando la casa è finita per quel che riguarda i muri e i pavimenti, c’è da pensare agli infissi: porte e finestre. Li fabbricherà il falegname, con la collaborazione del vetraio, e dopo sarà sempre lui a costruire anche i mobili per arredare la casa. A volte il falegname partecipa anche alla costruzione vera a propria della casa, perchè le travi che sostengono il tetto sono di legno. Gli strumenti del falegname sono la sega circolare, la pialla e altri tipi di sega, il martello, la morsa, il tornio. La casa è ormai fornita di porte e di finestre; sono pronti anche i mobili, manca però l’opera di un altro operaio, il fabbro, che dovrà fabbricare le serrature, i cardini, le chiavi. Il fabbro batte con il maglio sull’incudine. Prima mette una sbarra di ferro sul fuoco fino a renderla incandescente. Il fuoco arde nella fucina, dove viene alimentato  dal mantice; il ferro, sulla fiamma, diventa rosso e malleabile. Il fabbro, col suo martello, riesce a dargli la forma che vuole. Altri strumenti che adopera per il suo lavoro sono la morsa, le tenaglie e le pinze.

Pendolari. “Noi pendolari, in fondo, siamo dei senza famiglia. Adesso, se permette, mi rimetto a dormire. Tanto il ritardo è assicurato: a Rogoredo si blocca tutto un’altra volta…”. L’operaio si tira sulla faccia la tenda, pesante, impolverata, che copre il finestrino, allunga le gambe come può e rimane immobile. Scene come questa sono di tutti i giorni, di tutte le albe sugli accelerati. Una vita da forzati. I pendolari dell’alba, dei primi accelerati, sono tra quelli che salgono ed hanno appena il tempo di lasciarsi cadere sul sedile, tirare la tendina e ricominciare a dormire (se il troppo caldo o il troppo freddo, d’inverno, lo consentono). Nei convogli successivi, quelli delle sette e mezzo, trovare un posto a sedere, specie nelle stazioni intermedie, è come vincere un terno. Bisogna rassegnarsi a stare in piedi, pigiati,  tra gli spifferi, la gente che passa e ripassa, con l’occhio all’orologio, pronte a scendere di volata e a saltare sul primo tram. Di sera la stessa trafila, faticosa, interminabile. Aspettare, aspettare, rassegnarsi a non vedere i figli, a non scambiare due chiacchiere con loro, con la moglie, con gli amici, mandar giù un boccone di cena e trascinarsi a letto. (V. Emiliani – “Il giorno” del 6 ottobre 1972)

L’architetto urbanista. L’architetto urbanista si occupa della sistemazione organica di nuovi quartieri, della distribuzione logica di scuole, mercati, del verde pubblico e dei campi da gioco. Agli urbanisti è anche affidato l’incarico di stabilire gli itinerari e i sensi obbligati della circolazione automobilistica della nostra città dal traffico sempre più congestionato. L’urbanista non lavora quasi mai solo, ma all’interno di un gruppo di lavoro. (M.P. Lanieno)

Tutti lavorano. Non lavora soltanto chi esercita la forza delle braccia, chi suda sul martello, sulla vanga, sulla zappa. Lavora anche chi scrive, chi studia, chi pensa. Lavora il medico che cura l’ammalato, il maestro che arricchisce la mente dei ragazzi, lo scienziato che scopre nuove leggi e nuovi ritrovati per la felicità e il benessere degli uomini.

Nessun lavoro è umile. Nessuno deve vergognarsi del suo lavoro anche se è modesto. Tutti i lavori sono belli, nobili se eseguiti con diligenza e buona volontà. Ogni lavoro ha la sua importanza purchè sia eseguito bene.

Il lavoro. Quando rovinate e rompete le vostre cose, pensate a tutto il lavoro che è stato necessario per fabbricarle. E pensate che voi, per pigrizia o trascuratezza, in un momento avete distrutto il lavoro di tanti giorni, di tanti uomini.

Tutti lavorano. Tutti lavorano: il contadino e l’artista, il fabbro e il letterato, il muratore e lo scienziato. Ciascuno secondo le proprie inclinazioni, ciascuno secondo le proprie forze. Soltanto gli oziosi non lavorano perchè preferiscono sfruttare il lavoro altrui. (Bitelli)

Anche gli animali lavorano. L’ape visita un fiore dopo l’altro per portare la sua provvista all’alveare; la formica corre corre tutto il giorno per riempire i suoi magazzini; il cavallo tira il carro con pazienza; gli uccellini si affaticano per fabbricare il nido prima, e per dar da mangiare ai piccini, poi. Spesso gli animali sono d’esempio all’uomo.

Nessun lavoro è vile. Meglio un buon ciabattino che un cattivo dottore. Chi si vergogna del suo mestiere, o del mestiere di suo padre, non sa quello che fa. Bisogna vergognarsi di eseguire male un lavoro, ma quando un lavoro è portato bene a termine, chi lo ha eseguito è un uomo che ha diritto alla gratitudine e al rispetto di tutti (Dazzi)

Il lavoro. Anche lo studio è lavoro. Lavoro non è soltanto quello che esce dalle mani del muratore, del fabbro, del calzolaio; il lavoro è frutto dell’opera della mano come della mente. Il marinaio che attraversa gli oceani, il magistrato che giudica, il medico che cura i malati, il maestro che insegna, lo scrittore che scrive libri, lavorano tutti.

La festa del lavoro. Coloro che in tutto il mondo vivono di lavoro, impiegati, operai, contadini, sospendono oggi la loro dura fatica per riunirsi fraternamente, per ricordare che deve essere organizzato un mondo in cui tutti gli uomini possano godere i beni della terra. (N. Tramontano)

Il portalettere

Arriva il postino con la sua borsa gonfia di lettere, di cartoline, di giornali. Porta le notizie dei figli lontani ai genitori che le aspettano; porta le letterine dei nipoti ai nonni e agli zii; porta i saluti degli amici; porta le importanti lettere di affari. Qualche volta deve anche portare lettere che recano dispiacere. Le lettere sono chiuse e il postino non sa se porta gioia o pena. Ci sono anche giornali e belle riviste illustrate nella borsa del postino, ma egli non può distrarsi, egli deve sempre andare. Non sarà mai stanco di camminare il postino?

La festa del lavoro

Il primo maggio, in ogni città e in ogni paese del mondo si celebra la festa del lavoro. Il lavoro genera il progresso, affratella i popoli, rende più comoda e più facile la vita dell’uomo.
Quando l’uomo comparve nel mondo, non era molto diverso dagli animali: viveva nelle caverne, coperto di ispide pelli, correva per le foreste in cerca di cibo, non aveva armi per difendersi, non conosceva il fuoco, tremava di terrore quando udiva scoppiare il tuono fra le nubi, e si nutriva di carni crude e di frutta selvatica.
Ebbene, l’uomo, così debole, vinse il leone e la tigre,conquistò il fuoco, trasse dalle viscere della terra i metalli, si fabbricò le armi, costruì le case e le città, addomesticò gli animali e li piegò al suo volere; tracciò le strade, navigò sui mari…
E tutte queste meraviglie le compì col lavoro, grazie a quella volontà che lo spinse a non essere mai pago, a fare sempre, a cercare, studiare, sperimentare, senza scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, ai pericoli, alle sofferenze.

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