IL FERRO materiale didattico sul ferro con lezioni pronte e materiale vario.

Se al tempo delle fate una di esse avesse detto a qualche bel cavaliere errante in cerca di avventura e di fortuna: “Io ti dono un regno ricco di immensi tesori, se tu, con la tua audacia, col tuo valore, col tuo ingegno saprai trovare la chiave che ne apre le porte: figlia del cielo, quella chiave è sepolta nelle viscere della terra”, il nostro bel cavaliere sarebbe partito per il giro del mondo, col cuore pieno di speranze e la mente abbagliata da luminose aspettative. E avrebbe varcato fiumi, monti, valli, visitando tutte le grotte che gli si presentassero davanti, con gli occhi attenti a cogliere ogni luccichio, ogni bagliore, ogni riflesso,  perchè non avrebbe saputo immaginare la chiave se non di una sostanza che richiamasse, col suo splendore, le bellezze del cielo: il diamante da cui la luce si sprigiona scissa nelle sue varie colorazioni, come nell’arcobaleno; l’oro che sembra aver imprigionato in sè un po’ dei raggi del sole; l’argento che richiama col suo freddo riflesso i raggi tremuli della candida luce. Eppure non l’argento, non l’oro, non il diamante avrebbero dovuto richiamare la sua attenzione, ma un metallo grigiastro, uniforme, che nasconde di essere destinato a grandi cose: la chiave del mondo, della civiltà, del progresso è fatta col ferro, non con i metalli preziosi o con le pietre preziose.
Chi, cadendo nell’errore del bel cavaliere, lancia occhiate di ammirazione alla vetrina di un orefice e passa indifferente davanti al ferramenta, dovrebbe meditare la storia del re Mida che ebbe da Bacco l’infausto dono di tramutare in oro tutto quello che toccava, condannandosi così da solo a morire di fame, se il dio del vino non lo avesse liberato da quel triste privilegio dopo averlo costretto a riconoscere che molte e molte cose sono molto più utili dell’oro.
Sì, il ferro non riflette i bei colori del diamante eppure in un certo senso il ferro richiama il cielo molto più del diamante, perchè parte del ferro che si trova in natura cadde proprio dal cielo, frammento di mondi celesti che nelle notti serene ammiriamo nello spazio.

Ferro terrestre e ferro celeste

Del ferro che troviamo sul nostro pianeta ce ne è di origine tellurica (che significa terrestre, da tellus, latino, che significa terra), ma ce n’è anche di origine extratellurica, caduto sulla terra con una velocità spaventevole segnando nell’aria una scia luminosa nella notte o una leggera nube di fumo durante il giorno.
Queste masse, però, che si chiamano meteoriti, di solito non sono molto grandi, non sorpassando mai il volume di un metro cubo, spesso mantenendo le dimensioni di un pugno, e talora riducendosi alla grandezza di piselli o di ceci.
Comunque è meraviglioso pensare che la chiave del cassetto della nostra scrivania può essere stata, un tempo, infinitesimale parte di un astro di cui ammiriamo lo scintillare nell’azzurro cupo del cielo.
Ma, di origine celeste o di origine terrestre, il ferro è di un’utilità che sorpassa quella di ogni altro metallo ed entra nella maggior parte degli oggetti che ci circondano. Di ferro è probabilmente il telaio della nostra finestra, di ferro l’asta e la maniglia che servono a chiuderla; di ferro la chiave che ne muove i congegni; di ferro i chiodi a cui appendiamo i quadri, e probabilmente l’anello che serve ad appenderveli; di ferro molti utensili di cucina; di ferro i pilastri di sostegno della casa; di ferro, nelle loro parti più importanti, gli strumenti che si usano nell’agricoltura, nell’artigianato e nell’industria. E l’elenco potrebbe continuare per pagine e pagine…

Per avere il ferro occorre generalmente frugare nelle viscere della terra

Dopo aver parlato ai bambini degli usi del ferro, sarà il caso di dirgli come faccia l’uomo ad appropriarsi di un metallo tanto diffuso in natura, ma raramente allo stato puro, bensì combinato con altri minerali da cui bisogna separarlo mediante processi lunghi e difficili.
I minerali che meglio si usano a questo scopo sono: la magnetite, di cui troviamo importanti giacimenti anche in Italia, nell’Isola d’Elba; il ferro oligisto, di cui, sempre nell’Isola d’Elba, si ammira un colossale ammasso che può essere definito una montagna di ferro; la sferosiderite, in cui il ferro è mischiato ad argilla e che si trova alternata a strati di carbone; l’ematite; e infine la limonite, che non è che ruggine naturale che si addensa come un’incrostazione sulle masse di oligisto e di magnetite.
La magnetite ha la singolare proprietà di attrarre altri corpi, soprattutto il ferro. Così, se una leggenda ci dicesse di un viandante munito di scarpe chiodate il quale si fosse sentito tirare come da una forza misteriosa sotto i suoi piedi, non ci direbbe una cosa priva di fondamento scientifico. Quando la magnetite ha la proprietà di attirare il ferro viene detta calamita, e appunto da questa curiosa proprietà ha preso nome un Capo dell’isola d’Elba.
Ma se il ferro si ricava da questi minerali, i bambini devono anche sapere che la loro conquista non è semplice: estrarre e sminuzzare il materiale, quando si trova in giacimenti di superficie, è semplice, ma spesso i filoni di minerale si trovano all’interno della terra, e per raggiungerli bisogna scavare miniere talvolta profondissime, con gallerie che si diramano in ogni direzione e che vanno costantemente lavorate per consolidarne i fianchi, provvedere alla loro areazione e al loro prosciugamento in caso di presenza di acqua,  dopo averle aperte con l’aiuto di mine o per mezzo di potenti macchine perforatrici.

I minerali del ferro non lo cedono se non fuso ad altissime temperature

Ottenuti i minerali di ferro, bisogna pensare a separare il ferro dalle altre sostanze con le quali è legato: lo si porta perciò in un impianto industriale dove il minerale viene prima spezzettato e privato da ogni materia terrosa (spezzettatura, cernita, lavatura), poi viene collocato in un alto forno che ha internamente la fora di due coni uniti per la base.

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Al suo interno si colloca il minerale, alternato a strati di legna o di carbone coke, caricandolo dall’apertura superiore (bocca) del forno. Il primo tronco di cono sotto la bocca si chiama tino, il secondo sacca; il punto di congiunzione dei due tronchi di cono si chiama ventre.
In basso si trova un crogiolo destinato a raccogliere la materia fusa che esce dal forno, sotto forma di rigagnolo, per il foro di colata. L’altoforno impiega circa un giorno per raggiungere la temperatura necessaria alla fusione del ferro, cioè il suo passaggio dallo stato solido in un bel liquido bianco abbagliante che, per mezzo di un canale scavato davanti all’alto forno, viene convogliato all’interno di stampi in cui lentamente si solidifica, prendendo colore nero, grigio, bianco o chiazzato a seconda della natura del materiale fuso e del combustibile usato.

Ma da tutto questo meraviglioso lavoro non otteniamo ancora il ferro puro, ma il ferro grezzo, cioè la ghisa, che è un composto di ferro e carbonio, in cui questa seconda sostanza è presente in proporzione variabile dall’uno e mezzo al sei per cento.
Per ottenere il ferro occorre una nuova operazione, detta raffinazione, che consiste nel sottoporre la ghisa di nuovo al calore,  facendola attraversare da una corrente d’aria che, bruciandolo, elimina il carbonio.
Il ferro ottenuto da questa nuova operazione si chiama “ferro dolce”, un ferro di solito di colore grigio più o meno chiaro che, riscaldato, si lascia foggiare molto facilmente.
Tanto più però diventa plastico, tanto meno diventa fusibile: occorre ora, per fonderlo, una temperatura che va da venti a venticinque volte quella dell’acqua bollente, mentre la ghisa fonde a una temperatura di circa diciotto volte quella dell’acqua bollente.
L’operazione di raffinazione della ghisa  si conclude con la trasformazione del ferro dolce in lamine e in fili, essendo ora duttile e malleabile. Per ottenere le lamine si usa il laminatoio,

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composto da coppie di cilindri orizzontali di un ferro speciale (l’acciaio), perfettamente lisci, fatti girare uno sull’altro in senso contrario, mentre si fa passare tra essi il ferro che si vuole ridurre in lamiera.
Per ottenere i fili si usa la trafila, una macchina formata da una lastra durissima sulla quale si trovano dei fori di diametro successivamente decrescente, per ciascuno dei quali si fa via via passare la barra di ferro che si vuole ridurre, tirandola forte dalla parte opposta, dove il filo si avvolge via via intorno ad un argano a formare una specie di matassa.

Anche il ferro ha un grande nemico

Invitiamo ora i bambini ad osservare un pezzo di ferro che sia stato esposto all’aria umida a lungo, e senza alcuna protezione. Per poco osservatore che sia, il bambino avrà già notato che i cancelli, le inferriate, i balconi di ferro, vengono verniciati con una sostanza rossa (il minio), poi da una vernice qualsiasi secondo il colore desiderato dal proprietario.
Nel pezzo di ferro che noi gli mostriamo  una polvere bruno rossiccia ha ricoperto la sua superficie, formandosi a spese del nostro metallo, che si corrode, si assottiglia, si buca nelle parti più fini; così devastato dalla ruggine, esso non è più che un rottame di scarso o nessun valore.
Per questo motivo il ferro si riveste di stagno formando la latta, oppure di zinco, formando il ferro zincato. Così l’uomo trasforma le materie prime, e combinandole tra loro crea anche materie nuove, che si adattano meglio ai suoi bisogni.
Un esempio dei prodigi dell’industria siderurgica, così chiamata dal nome greco che designa il ferro, è la produzione dell’acciaio, che si ottiene dalla raffinazione della ghisa con un processo simile a quello che porta alla produzione del ferro dolce.

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