IL CRISANTEMO leggenda giapponese
C’è, in Giappone, un luogo dove il crisantemo non è coltivato perchè ricorda una storia troppo triste.
Una volta, in un castello dalle trenta torri, nella graziosa città di Himeji, abitava un ricchissimo signore. Egli prese al suo servizio una fanciulla di buona famiglia, chiamata O-Kitu, il che, in giapponese, significa appunto “fior di crisantemo”. O-Kitu doveva aver cura di molti oggetti preziosi e, fra l’altro, di dieci piatti d’oro.
Un giorno, uno dei piatti scomparve e la ragazza, per dimostrare la propria innocenza, si annegò in un pozzo. Il suo spirito tormentato, la notte, tornava al castello e singhiozzando cantava: “Ichi-mai, ni-mai, san-mai, yo-mai, go-mai, ro-ku-mai, shichi-mai, bachi-mai, ku-mai”. “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove!”
Il decimo piatto non c’era e la povera servetta non trovava pace: finchè si trasformò in un insetto che somiglia a uno spirito coi capelli scompigliati e che fu chiamato la “mosca crisantemo”.
L’immagine di una chioma spettinata, che richiama alla mente i petali frastagliati del crisantemo, ha dato origine sempre in Giappone, a un’altra leggenda.
Una musmè aveva sposato un giovane, che amava teneramente. Egli era mercante e spesso doveva allontanarsi per lunghi viaggi sul mare. Una fosca sera di novembre la moglie lo aspettava, ritta su uno scoglio. La nave apparve, ma una tempesta terribile si scatenò. La povera musmè, coi capelli ondeggianti al vento, assistette inorridita al dramma: il bastimento fu inghiottito dai flutti furibondi. Disperata, la sposa si gettò anch’essa nelle onde e morì. Il giorno dopo, sul luogo dove aveva atteso il suo sposo, sbocciarono i fiori del crisantemo, e i loro petali fluttuavano al vento come i capelli della musmè.
Un’altra commovente leggenda giapponese è questa. Due giovani sposi vivevano tranquilli e felici. Purtroppo scoppiò la guerra e il marito dovette partire. Dopo lunghi mesi di dolorosa separazione gli fu dato un congedo ed egli potè tornare alla sua casetta. La moglie gli chiese: – Quanti giorni resterai? –
– Quanti petali ha quel fiore – rispose il marito, indicando un fiore in un vaso.
I petali erano pochi: di notte la sposa si levò, prese un paio di forbici e li frastagliò in tanti minutissimi frammenti. E il marito rimase con lei molti giorni, assai più di quanto non gli fosse stato concesso…
Tornato al campo, fu giudicato e condannato a morte come disertore. E la sposa, per il rimorso e per il dolore, morì.
Ma il ricordo del suo grande, sebbene così tragico amore, le sopravvisse in un modo strano e poetico. Sulla sua tomba nacquero bellissimi fiori mai visti prima: erano i crisantemi dai petali innumerevoli, simili a quelli del fiore che la donna aveva frastagliato con le sue incaute forbicine.