Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro e i mestieri – una raccolta di testi di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Tutti lavorano
Per non studiare le sue lezioni, per non fare i compiti, per non aiutare i grandi, Silvio è scappato via di casa, solo soletto, e corre come un capriolo via per i campi e per i boschi, mentre la sua povera mamma si affligge e lo cerca da tutte le parti.
Silvietto è felice di essere libero, di non far nulla, e parla con tutto ciò che gli sta intorno.
“Oh piccola ape, color dell’oro, dove corri così frettolosa?” chide Silvietto, “Fermati un po’; sii buona; scherza e ridi con me.”
“Non posso, piccino”, risponde l’ape color dell’oro, “Bisogna ch’io succhi il nettare dei fiori, per farne del miele e della cera”.
Silvietto, si da pensoso per un istante; poi ripiglia la corsa e dice all’asinello bigio macchiato di bianco, che pascola nel prato: “Pigliami in groppa, asinello grazioso, e fammi fare una bella trottata!”
“Non posso, bimbo caro” risponde l’asinello, “Ora che ho mangiato, il mio padrone mi carica di erbe e di frutta, e andremo insieme in città”.
Silvietto fa una smorfia di dispetto. Si china sul ruscello limpido, vivace, rapido e gli mormora: “Ruscelletto, ruscelletto mio, te ne prego: arrestati un po’ e divertiti con me che sono solo solo e mi annoio”.
“Non posso, piccino mio: devo correre verso il mulino di Tonio, per far girare la macina; se no, il grano non si cambia in farina”.
E Silvietto è stupito e indispettito. Ma come? Hanno tutti qualcosa da fare? Un dovere da compiere, un lavoro da eseguire?
Una povera vecchia appare da un bosco lontano; è curva sotto un fascio di legna secca e cammina adagio adagio, ansimando.
“Che cosa fate, cara vecchietta?”, domanda il bambino.
“Eh, figliolo mio, ho raccolto con grande stento questa legna in montagna; ora la porto in paese e la vendo al fornaio per un po’ di pane. Così potrò mangiare per qualche giorno.
“Datemi il vostro fascio, lo porterò io”, dice Silvietto a un tratto.
E passo passo la vecchia e il bimbo ritornano al villaggio.
M. Serao
Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro e i mestieri – Storia di un passerotto e di una formica
C’era un passerotto molto sfaccendato e prepotente. Un giorno trovò un chicco di grano. Stava per ingoiarlo, quando una formica gli disse: “Per piacere, passerotto, regalami quel chicco”
“Che discorsi!” esclamò il passero, “Ho trovato un chicco di grano e questa formica lo vuole. C’è della gente sfacciata a questo mondo!”
“Non lo voglio gratis”, disse la formica “Quest’estate vieni a trovarmi e, invece di un chicco, te ne darò cinque”.
Il passero ci pensò sopra per qualche minuto, poi disse: “Mi conviene. Vorrei solo sapere come farai”.
“Pianterò questo chicco in terra”, spiegò la formica, “A primavera spunterà una piantina. La piantina crescerà e metterà la spiga. Il sole la maturerà e, se tu conosci le spighe, e io so che le conosci, saprai che di chicchi ne contengono tanti. Così io potrò darti cinque granelli e il resto lo metterò in magazzino”.
“Mi fai sudare solo a sentirti parlare”, disse il passero sfaccendato, “Eccoti il chicco di grano ed arrivederci a quest’estate”.
Venne il mese di giugno e tutti i campi erano d’oro. Il passero si ricordò del granello che aveva dato in prestito e andò a trovare la formica.
Vide la spiga di grano, piena di chicchi, che dondolava al vento, davanti al formicaio.
“Questa è la mia spiga!” disse, “Ora la beccherò”
“Piano, piano!” replicò la formica, “Questa non è la tua spiga. Tuoi sono soltanto cinque granelli”.
“Chi è questa formica importuna?” gridò il passero, “Qui c’è una spiga nata da un chicco di grano che io trovai un giorno”.
“Ah, la pensi così?” disse la formica. Chiamò in aiuto le sue compagne, le quali dettero tutte addosso al passero che, con quelle formiche infuriate attorno, non trovò di meglio che volarsene via.
“Ho conosciuto, una volta, una formica sfacciata!” gridò da lontano.
“E io un passero prepotente e poltrone!” rispose la formica e, svelta svelta, si dette da fare per portare i chicchi nel formicaio, al sicuro dal becco del passero.
Ma, poichè era anche una formica onesta, i suoi cinque granelli glieli lasciò.
Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro e i mestieri – Il bambino e la formica
C’erano una volta un bambino e una formica. Disse il bambino: “Come sei piccola, formichina nera! Sta tutta sulla mia unghietta e io ti posso schiacciare col dito!”
“Non lo fare,” rispose la formichina “ammazzeresti una grande lavoratrice!”.
“Ma che sai fare tu di tanto importante?” domandò incuriosito il bimbo.
“Saresti capace di portare sulle tue spalle un grosso albero?”, chiese la formica.
“Non ancora” rispose il bimbo.
“Questa foglia che io porto nella mia tana pesa per me quanto un albero per te”.
“Oh!”, fece il bimbo.
“E saresti capace di trascinarti dietro un elefante per la coda?”
“Davvero no, non ci riuscirebbe nemmeno il mio papà!”
“Quel bruco morto, che io mi tiro nella mia dispensa, pesa per me quanto un elefante per te!”
“Uh!” disse il bimbo, “Meriti davvero una medaglia!”
“Io ho più che una medaglia,” rispose la formichina, “perchè in tutti i libri di scuola insegno ai bambini l’amore per il lavoro”.
Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro e i mestieri – L’amico
Un uomo era sempre sereno, sempre contento. Lavorava e cantava.
“Beato lui!” diceva la gente, “E’ sempre allegro”.
“E’ il mio amico che mi tiene allegro”, rispondeva l’uomo.
Non andava quasi mai all’osteria e a chi gli chiedeva il perchè, rispondeva: “Il mio amico mi tiene abbastanza compagnia”.
Raramente era malato e a chi se ne meravigliava, diceva:”Il mio amico mi tiene in salute”.
Sempre metteva avanti questo suo amico, che nessuno aveva mai visto.
Ma dov’è questo vostro amico?” chiedevano all’uomo.
“Come? Non lo vedete? Dalla mattina alla sera è con me!”
“Ma gli volete tanto bene?”
“Che volete! L’ho conosciuto da bambino e mi è stato subito simpatico. In sua compagnia sono stato sempre bene”.
“Ma chi è, dunque?”
“Non lo vedete? Siete proprio ciechi? E’ il lavoro.
(da Gira gira mondo, Vallecchi)
Il figlio dotto
Il figlio giunse dalla città a far visita al padre in campagna. Il padre gli disse: “Oggi si falcia: prendi il rastrello e vieni ad aiutarmi!”
Ma il figlio non aveva voglia di lavorare e rispose: “Io ho studiato le scienze e ho dimenticato tutte le parole dei contadini: che cos’è un rastrello?”
Non appena uscì in cortile, inciampò in un rastrello e il manico lo colpì in testa. Allora si ricordò che cos’era un rastrello, si premette una mano sulla fronte e disse:”Chi è quell’imbecille che ha lasciato qui il rastrello?”
L. Tolstoj
Recite per bambini e racconti sulla Festa del lavoro e i mestieri
Lavori in fattoria e ciclo dell’anno
Gennaio.
Il pastore è ora molto occupato perchè cominciano ad arrivare gli agnellini e deve badare a loro ed alle loro madri.
All’aperto, quando è bel tempo, gli uomini tagliano le siepi, potano gli alberi da frutta e puliscono i fossati.
Forse le patate sono state accatastate e ora il contadino vuole venderne un po’: così bisogna aprire la catasta e suddividere le patate secondo la grandezza.Poi vengono messe nei sacchi, pesate e mandate al mercato o dal compratore.
C’è molto più lavoro con gli animali, d’inverno, perchè bisogna portare loro il cibo e portar fuori il letame col carro (molto diverso da quando erano all’aperto).
Questo è anche il momento di revisionare le macchine, aggiustare gli attrezzi, riparare steccati e cancelli, le costruzioni, e fare tutte quelle manutenzioni che non si ha tempo di fare durante l’estate.
Febbraio
Il lavoro di questo mese è molto simile a quello di gennaio. Se non piove molto, forse, è possibile coltivare un po’ verso la fine del mese.
Il terreno deve essere preparato per i nuovi prodotti.
Il contadino ha tanti lavori diversi da fare durante l’inverno. Oltre ad organizzare tutto il lavoro della fattoria, deve decidere che cosa far crescere e dove, e quali sementi comprare.
E’ anche molto importante che egli fatta tutto il suo lavoro d’ufficio. Ha tante carte da riempire per l’amministrazione e le tasse.
Marzo
In marzo è freddo, ma la primavera non è molto lontana.
Il frumento invernale comincia appena a mostrarsi attraverso il terreno, ma la superficie della terra si è fatta un po’ troppo compata e bisogna smuoverla. A questo scopo il contadino manda i suoi uomini a smuovere un po’ il terreno con gli erpici, attrezzi che hanno tantissime piccole punte. Gli erpici vengono trascinati sopra le piante o con i trattori o con i cavalli, ne sradicano alcune, senza tuttavia danneggiare il raccolto e al tempo stesso estirpano le erbacce.
Se ora il terreno è a blocchi, si usa il rullo, purchè il tempo sia asciutto.
Se il tempo è buono, il campo delle patate può esser preparato, anche se per la semina sarebbe ancora un po’ presto. Si usa un attrezzo che è come un doppio aratro. e che quando viene spinto attraverso il terreno, butta la terra sui due lati facendo un solco profondo. Questo solco è necessario per piantare le patate. Si fa poi passare il doppio aratro sui bordi del solco e così le patate vengono ricoperte. Il gelo uccide le patate, perciò devono essere piantate in modo che quando i germogli sbucano dal suolo non ci sia più pericolo di gelate.
I contadini amano un marzo asciutto.
Verso la fine del mese possono essere seminati avena, orzo e frumento primaverile.
Aprile
E’ un mese delizioso. Nella natura tutto comincia ad apparire nuovamente fresco.
Nella fattoria i campi sono di varie sfumature di verse, a seconda dei prodotti che vi stanno crescendo, o di marrone, dove la terra è ancora nuda.
Questo è un grande mese per seminare.
La seminatrice è probabilmente l’attrezzo più usato di questo mese. Essa sparge i semi di barbabietola da zucchero, di foraggio, di rapa, di verza e di fagioli nei vari campi.
Alcuni prodotti, come i cavoletti, vengono prima seminati in piccole cassette o terrari, e poi trapiantati.
Le mucche possono uscire dalle stalle per un’ora o due al giorno, ma non devono restare fuori troppo a lungo perchè altrimenti mangerebbero troppa erba fresca e si ammalerebbero.
Agli agnelli viene tosata la coda per evitare che si sporchino e si infestino di mosche.
Per la famiglia si piantano nell’orto un po’ di carote, cipolle ed altri ortaggi.
Maggio
In questo mese le mucche possono lasciare le stalle ed andare nei campi.
Per le pecore è tempo di essere tosate.
Nei campi tutto cresce in fretta, comprese le erbacce. I contadini escono con gli estirpatori tirati dai trattori o dai cavalli e vanno su e giù per i filari per diserbare. Le erbacce che non possono essere rimosse con mezzi meccanici, vengono estirpate con la zappa.
Le patate crescono molto velocemente, e devono essere ricoperte con altra terra, perchè se le nuove vengono in superficie diventano verdi e non sono buone da mangiare.
I cavoli vengono ora piantati in piazzole, in modo che il terreno tra l’uno e l’altro possa esser coltivato.
Se le pecore sono state tenute nell’ovile, bisogna portare il letame nei campi col carro.
Giugno
E’ un buon mese per far fieno. L’erba che si lasciata crescere per questo, e per far riposare la terra, viene ora tagliata e poi stesa al suolo per asciugarsi bene. Se il tempo è buono, in pochi giorni è pronta per essere raccolta ed ammucchiata, ma per asciugarsi bene ha bisogno di essere rivoltata prima più volte. Qualche volta piove e così si deve ricominciare daccapo. Può succedere qualche volta che piova così tanto che il fieno si rovini, e questa è una grande perdita. Per stabilire se il fieno è abbastanza asciutto per essere ammucchiato, il contadino ne torce tra le mani una manciata: se scricchiola e si rompe, vuol dire che è pronto.
Naturalmente il lavoro con gli animali continua ininterrotamente. Due volte al giorno le mucche devono essere riportate nelle stalle per la mungitura. Le galline probabilmente stanno ora facendo grandi quantità di uova.
Nel frutteto la frutta comincia a svilupparsi e maturare.
Luglio
Un giorno, di buon mattino, il contadino si mette il suo vestito migliore, tira fuori l’automobile, e va nella città più vicina.
Al mercato del bestiame ci sono mucche, pecore, maiali e galline. Lì incontra molti suoi amici e se la passa con loro chiacchierando e discutendo di animali, battendo i fianchi alle mucche, e strofinando il dorso dei maiali. Se poi trova qualche animale che gli va a genio, lo compera.
Naturalmente i mercati agricoli vengono organizzati in tutti i periodi dell’anno, ma di solito è a luglio che si svolgono le fiere agricole più importanti. In queste occasioni si possono vedere gli animali di razza più pregiata, e le macchine agricole più moderne. Contadini, commercianti,allevatori ed esperti di una cosa o dell’altra si incontrano qui e possono parlare dei loro problemi.
Alla fattoria il lavoro continua come al solito.
Le barbabietole da zucchero e da foraggio e le rape sono diventati così grandi che le loro foglie si toccano l’una con l’altra.
Le patate hanno foglie fresche verde scuro alte circa trenta centimetri. I cavoli ed i fagioli sono alti circa sessanta centimetri.
I cereali cominciano a formare le spighe.
Se i covoni di fieno sono all’aperto, devono essere coperti. Il vecchio modo di farlo è procurarsi della paglia e rimboccarli. La paglia di frumento è la migliore per questo scopo.
Agosto
Questo è il mese della mietitura del grano. Un giorno il contadino esamina il suo frumento e trova i grani non più lattiginosi, ma compatti: significa per lui che è ora di tagliarlo. Manda fuori la mietitrice, che è una macchina che taglia il grano e lo lega in fasci. I fasci vengono poi messi in biche, cioè otto o dieci fascine vengono messe in piedi e appoggiate l’una verso l’altra. Vengono lasciate così un po’ di giorni e poi raccolte e immagazzinate.
Una macchina più complicata potrebbe fare il lavoro più velocemente, ma ad alcuni contadini le macchine complicate non piacciono. Essi pensano che sia meglio mietere il grano e poi lasciarlo a maturare ancora un po’ al sole, prima di immagazzinarlo.
L’avena è pronta per la mietitura quando il campo è di colore biondo cenere, o quando l’aveva “mostra i suoi denti”.
I grani dell’orzo hanno piccoli filetti color porpora che scompaiono quando sono maturi.
Nel frutteto le prugne sono ora gonfie e succose e alcune mele sono pronte per essere raccolte.
Settembre
Settembre è un mese pieno di colori. Gli alberi diventano rossi, gialli e marroni. Il sole brilla attraverso una leggera bruma. La maggior parte delle piante ha completato il suo ciclo di crescita e c’è intorno una sensazione di compiutezza. Questo è il mese del raccolto. Le forze che hanno fatto uscire le piante dalla terra non sono più attive.
Ottobre
Tutto il terreno che è stato spogliato dal raccolto deve ora essere nuovamente preparato. I campi che sono rimasti a riposo negli anni precedenti devono ora essere concimati ed arati.
Alcuni prodotti non sono stati ancora raccolti, ma ora finalmente la barbabietola da zucchero può essere spedita alla fabbrica e le rape e le barbabietole da foraggio vengono portate nei magazzini e conservate per quando serviranno. Per conservarle al meglio il contadino ne fa delle cataste coperte di paglia e terra: i tuberi, con questa antica tecnica, possono conservarsi per mesi e mesi.
Le mucche devono essere nutrite e munte, le loro stalle devono essere ripulite e provviste di paglia sempre fresca.
I maiali devono essere nutriti e ripuliti.
Anche il pollame deve essere accudito, ma questo è spesso compito della moglie del contadino.
Qualcuno deve badare anche alla pecore.
Novembre
Il lavoro di aratura continua. Continua anche la raccolta degli ultimi prodotti.
Se il contadino decide di seminare il grano invernale, il terreno deve essere preparato e seminato.
Le pecore vengono portate nei campi dove si sono raccolti i tuberi, per mangiare tutte le foglie verdi che sono rimaste nel campo, e anche per concimare il terreno.
E’ anche tempo di portare le mucche nelle stalle per l’inverno, dove saranno foraggiate con fieno, tuberi, cavoli, pastone e un particolare impasto che deve essere comperato: si tratta di un cibo speciale che le aiuta a produrre più latte.
Il contadino terrà d’occhio il giornale per vedere i prezzi sul mercato dei prodotti che ha da vendere. Se pensa che il prezzo sia giusto, manda alcuni dei suoi uomini a prendere cavoletti e verze, o anche qualche animale, e li manderà al mercato.
Dicembre
Le giornate sono fredde e corte. Quando il tempo è adatto, forse è possibile arare ancora un po’, e c’è sempre il lavoro da fare con gli animali.
Una giornata di gelo è buona per portare nei campi il concime col carro, perchè il terreno è duro.
Il pastore è ora occupato a costruire piccoli ricoveri di paglia nel campo, perchè presto nasceranno gli agnellini. Egli ora deve stare quasi sempre col gregge.
Se non è stata usata una macchina agricola di quelle che fanno tutto, ora è il momento di sgranare il grano. Di solito questo si fa in un grande granaio, ed è un lavoro che si può fare con la pioggia ed anche con la neve.
La prima giornata di lavoro del giovane emigrato
Paolo arrivò primo al lavoro. Studiò la facciata, osservò le impalcature, passò la mano sui mattoni e sulle pietre del muro. Severo era il job nel suo odore fresco e pungente di calce, legna spaccata, vernice e rugiada. Nel mattino rigido il sole s’alzava in una gloria di toni fulvi che promettevano una calda giornata di lavoro.
Santo, il manovale, aprì il ripostiglio degli attrezzi, si levò il giacchettone di pelle, rimboccò le maniche fin sopra i gomiti e preparò il necessario per la calce.
“Mattinieri siamo, eh, mastro Paolì?” disse, e tirò fuori dal ripostiglio i tubi dell’acqua, la pala, la marra, la carriola. Aggiustandosi i risvolti delle maniche studiò il sole.
“Oggi farà caldo. Non levarti troppa roba di dosso; i primi caldi portano la polmonite”.
Poi, come uno che ha un’eternità di strada da percorrere e se la prende calma, tirò fuori adagio, uno dopo l’altro, i sacchi di cemento e li pose ritti presso il recinto della calce.
Gli uomini arrivavano e Paolo era pronto con la mestola. Il fischio scatenò il concerto delle mestole sonanti, raspanti, picchiettanti sui mattoni.
Giuseppe Febbregialla, uno della corporazione, piccolo, itterico, dalle mascelle quadrate, chiamò Paolo: “Neh, Filippo, chiammo a tte!”
Paolo accorse e l’altro gli mostrò dove doveva riempire di calce e mattoni gli interstizi tra le stecche parallele che poggiavano sul piano di cemento. Quando Paolo gli disse che il suo nome era Paolo, Febbregialla fece: “Va bbuò, Filippo, tira avanti!”
E Paolo lavorò per ore e ore, solo, in ginocchio, chino sulle stecche. Ogni volta che piegava la schiena, sentiva una fitta acuta ai lombi. Il manico della mestola cominciò a sembrargli di pietra, la polvere di mattone gli escoriava le dita, la calce gli scottava le mani. Si Alzava, di quando in quando, in piedi per distendere i muscoli della schiena e, una volta, alzandosi, posò il piede su stecche malferme, scivolò e cadde, battendo su una pietra aguzza. Il dolore gli mozzò il fiato e gli riempì di lacrime gli occhi. Dio che male, ma non voglio che nessuno se ne accorga, devo lavorare, si disse. Si morse la lingua e si rimise in piedi e si sentiva gonfiare la botta, che gli faceva male. Appoggiò una mano in terra e lavorò con l’altra sola. Per posare un mattone deponeva la mestola, e se doveva rompere un mattone in due per riempire un mezzo vuoto, doveva ogni volta sedersi sui talloni. Tra le lacrime vedeva male, e una volta, rompendo un mattone, si picchiò sul pollice, e il dolore fu tale che si portò il pollice alla bocca per non gridare. Non è niente, non è niente, devo finire questo lavoro. Il pollice pulsava forte, si gonfiava, diventava livido, ma lui non voleva mollare.
Quando fischiò l’ora del pranzo i ginocchi raggranchiti non furono in grado, lì per lì, di sollevarlo in piedi.
Pietro Di Donato
L’oste che non voleva lavorare
Personaggi: oste, la moglie, un dottore e un notaio.
(La scena si svolge nella stanza da letto dell’oste)
Moglie: Sono le undici, l’osteria è piena di gente e tu te ne stai a letto come se non fosse affar tuo
Oste: Che affare e non affare! Se tu ti sentissi male come mi sento io, non parleresti a questo modo, te l’assicuro.
Moglie: Ma a chi vuoi darla a bere? A sentir te, da quando siamo sposati non sei stato bene nemmeno un giorno. Se fosse vero, carino mio, a quest’ora saresti morto e seppellito.
Oste: Eh, già! Per te fingo, vero? E tutta la camomilla che bevo e non mi piace?
Moglie: Già. E tutto il vino che ti piace e che bevi quando vengono quei bricconi dei tuoi amici a farti visita?
Oste: Quale vino?
Moglie: Lasciamo andare, altrimenti si rischia di non finirla più. Ma sta’ sicuro che una volta o l’altra te la faccio passare io la voglia di darti malato per startene comodamente a letto quanto ti pare!
(La moglie esce e il sipario si chiude per due minuti. All’apertura nella stessa stanza, accanto al letto dell’oste, si trovano il dottore e il notaio)
Dottore: (parla nell’orecchio al notaio, ma in modo che l’oste lo senta) Ormai non c’è più nulla da fare. E’ spacciato…
Notaio: (con meraviglia)Ma è possibile?
Oste: (in tono lamentoso) Ahi, ahi! Dottore, sto male!
Dottore: Eh! Via, non vi disperate. Vedrete che con queste gocce vi passerà tutto.
Oste: (piangendo) Signor notaio, chi l’avrebbe mai detto che anche per me sarebbe arrivato il gran giorno?
Notaio: Ma perchè piangete! Il dottore mi ha detto che non siete grave. Vero dottore?
Dottore: Certo… certo… (Poi parla nell’orecchio del notaio) E’ solo … ps… ps… ps…
Notaio: (rivolgendosi all’oste) Avete sentito? Niente di grave. Piuttosto perchè non pensate a regolare i vostri conti con gli uomini e con Dio?
Oste: (disperato) Come?
Notaio: Sì, insomma… cosa fatta capo ha.
Oste: Mi dica un po’, signor notaio, perchè lei che ha sempre tanto da fare, si è scomodato a venirmi a trovare?
Notaio: Son passato dall’osteria e vostra moglie mi ha detto che stavate male. Allora son salito: ecco tutto.
Oste: Ah, è così, vero? Dottore, datemi un bicchiere di vino, perchè malato o no, io mi voglio alzare e dire alla mia donna due parole!
Notaio: e questo che c’entra?
Oste: Che c’entra, eh? Crede che non abbia capito? Mi manda il notaio per farmi credere di essere moribondo. Glielo do il testamento! (Fa per alzarsi, molto arrabbiato)
Dottore: Ma che fate, state sotto!
Oste: Stia tranquillo, dottore. So io come curarmi. Quanto a lei, caro signor notaio, se ha voluto guadagnare qualche soldo con me, ha sbagliato porta. Lei, con me, dovrà sempre pagare se vorrà bere un bicchiere di buon vino! E ora vada pure a dirglielo a mia moglie!
(Il notaio si allontana)
Dottore: ma voi state male… non potete!
Oste: La ringrazio per le sue cure, caro dottore! Ma creda a me, a morire c’è sempre tempo!
(Anche il dottore esce e l’oste resta solo)
Oste: M’hanno fatto prendere una bella paura, quei due! E io che quasi non mi ero accorto dell’inganno. Spacciato, capisci? Io… certo… quella povera donna… lavora tutto il giorno come una bestia e io me ne sto qui a letto a far niente. Ha ragione.
In fondo in fondo, il padrone dell’osteria sono io. Certo!
(Affacciandosi alla porta)
Pietrooo! Attacca la mula. Andiamo a caricare il vino dal fattore.
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