Favola Il concorso

Una volta il re degli animali bandì un concorso che diceva: “L’animale che avrà saputo costruirsi la miglior casa, sarà nominato architetto e dichiarato vincitore del grande concorso”.

I galli dalla gran voce, le scimmie urlatrici, gli asini dai ragli sonori, gli elefanti coi loro potenti barriti si fecero banditori e portarono l’annuncio in ogni parte della terra: fra le foreste vergini dei paesi caldissimi, fra i ghiacci del polo, nelle terre selvagge  e nelle zone popolate anche dagli uomini.

Così, nel giorno fissato, tutti gli animali si riunirono in una vastissima pianura e lottarono fra di loro per prendersi un posto in prima fila.

Finalmente giunse il venerabile vecchio leone, re degli animali. Tutti fecero silenzio, per rispetto, pur continuando a sospingersi, come certi scolaretti  davanti al maestro.

“Eccovi qui” egli disse lento e grave, “tutti radunati davanti a me. Mi compiaccio; fra di voi vi è certo colui che sarà proclamato vincitore, colui che ha dimostrato più intelligenza e operosità nella costruzione della sua casa. Certo non è tra gli animali domestici; anzi, mi stupisce di vederli qui”.

Un mormorio di vittoria e di scherno corse tra i selvatici: “Visto? L’avevamo detto, noi! Fuori i venduti! Non li vogliamo!”
“Essi hanno intelligenza e virtù, miei cari” aggiunse il leone, “Ma non possono concorrere. Quel cavallino morello ha una scuderia tutta per sè, fatta in legno e muratura, più bella di tante case degli uomini…”
“Oh…”
“E vive come se fosse un signore, nutrito e strigliato… Ma la scuderia non l’ha fatta lui! Così quella mucca grassa, potrà vantarsi della sua stalla moderna, ma lei non ha fatto che la fatica di occuparla… Il signor Crestarossa col suo corteo di galline e lo stuolo delle amiche oche e anitre, ha un pollaio modello. Ma chi l’ha costruito?”

“L’uomo!” urlano i selvatici.

“No no, miei cari domestici! Noi non prendiamo in considerazione che il lavoro fatto con le proprie zampe. Si facciano avanti i veri concorrenti!”

Tutti lasciarono il passo alle belve. Si fecero innanzi la tigre, la pantera, il leopardo, il giaguaro, il lupo; a quattro passi di distanza li seguivano la iena e lo sciacallo, umili, a coda bassa, pronti a fuggire al primo ringhio. Presentarono modelli di covili, fra alte erbe secche e rocce. Non erano molto belli, parevano piuttosto scuri e puzzavano di selvatico.

“Fratelli”, disse il leone, “I nostri covili di belve saranno sicuri, ma non sono modelli di bellezza e comodità. Lasciate avanzare gli altri”.

Si presentarono cervi, elefanti, gazzelle, zebre, giraffe, coi modelli delle loro case nei boschi. Il re scuoteva la testa.

Si udirono alcuni potenti sibili: giungevano i serpenti.

“Ammirate le nostre case ben nascoste nella terra, sotto le pietre calde!” disse uno di essi fissando il popolo delle bestie, che non osava tirare il fiato.

Il vocione del coccodrillo si levò di fianco: “I miei cugini serpenti avrebbero delle buone tane, se fossero un po’ più umide. Venite a provare la mia nel letto fangoso del fiume!”

“No, no!” brontolarono divertiti gli altri, “Noi stiamo meglio all’asciutto!”.

Avanzarono le scimmie coi loro alberi, disponendovisi in mille modi: appese per la coda, per una mano, per un piede, dondolandosi, sedendosi, sdraiandosi sui rami per dimostrare la bellezza e l’utilità della loro casa.
Ma il pubblico le beffava, rifacendo i loro versi.

Vennne la volta degli animali più piccoli, che erano stati ricacciati indietro dagli altri.

La lepre, la volpe mostrarono i loro modelli di tane profonde e asciutte, con lettini di fieno e di pelo morbido. Ma la marmotta e il tasso le superarono con le loro case sotterranee, a più piani e con le dispense.

Le creature più piccole si dimostrarono le più industriose.

Gli uccelli, infatti, portarono a vedere le più varie e graziose specie di nidi: da quelli fatti a scodella, a barchetta, a vaschetta, a panierino, ad altalena, tutti intrecciati meravigliosamente, a quelli impastati con tanta bravura.

Tutti erano davvero ammirati… Si pensava che fra gli uccelli ci fosse il vincitore; e il re degli animali stava per scegliere uno di essi, quando arrivò affannato il castoro, chiedendo scusa del ritardo, poichè giungeva da lontano: nientedimeno che dal Canada.
Oh, la meravigliosa casetta che presentò! Tutta rotonda, a cupola, posata sulle palafitte, con uscita sotterranea di sicurezza, stanza delle provviste, camera da letto e piattaforma per il passeggio. Che cosa ci poteva essere di meglio?
“Diamo il premio al castoro! Viva il castoro, vero architetto!” gridava la folla.
“Adagio… adagio… c’è ancora qualcuno” avvertirono le aquile, che coi loro occhi acuti avevano visto una cosina bruna farsi largo verso il leone. Era una formica.
“Peuh! Una formica!”. Uno scoiattolino la spazzò on una zampata, facendola volare per aria. La formica ricadde a terra, riprese pazientemente la sua via e giunse davanti al giudice. La sua casetta piccola era un paesello, con strade, gallerie, camere, saloni, granai, cellette…

“Come fai a costruirtela?” comandò un animale, guardandola come un fenomeno.

“Con l’aiuto di tutte le mie compagne. Noi siamo migliaia e migliaia; ci aiutiamo sempre e andiamo perfettamente d’accordo”.

“Ha vinto la formica!” gridò la solita voce.

Ma nel sole luminoso s’avvicinava ronzando un puntolino d’oro: una piccola ape. Giungeva ben ultima; ma quale mirabile lavoro essa portava al giudizio di tutti gli animali! Il leone, che era passato di meraviglia in meraviglia, volle vedere per primo.

“Questo è un vero palazzo!” esclamò. “Neanche l’uomo sa fare tanto! Osservate le centinaia di stanzette perfettamente regolari, fatte di pura cera! Ammirate l’appartamento della regina, quello delle operaie, l’altro dei fuchi. E che dire dell’entrata e dei magazzini colmi di dolcissimo miele dorato?”
L’orso approvava calorosamente, leccandosi i baffi.

“La formica scava da perfetta minatrice” continuò il leone, “Ma l’ape costruisce con sostanze che ricava dal suo corpicino e la sua costruzione è sempre preziosa e perfetta.”

Qui il giudice tacque un momento: si alzò dal seggio e disse con ruggito solenne: “Proclamo l’ape vincitrice del grande concorso e sono sicuro che tutti i presenti sono del mio parere”.

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