I colombi di San Marco
Anticamente, le varie Confraternite di Venezia offrivano ogni anno, per la festa di San Marco, un regalo al Doge.
Era un regalo di poco valore, ma d’un certo significato, che il Doge riceveva sulla Piazza di San Marco, davanti alla bella chiesa e al cospetto di tutto il popolo in festa.
Ai piedi del campanile, sopra un palco dorato, il Doge sedeva vestito splendidamente. Accanto a lui era il Consiglio dei Dieci, e poi tutti i dignitari della forte e gloriosa Repubblica marinara.
Le Confraternite sfilavano dietro i loro stendardi, nelle cappe di vari colori.
Giungevano ai piedi del palco e i doni venivano deposti in un grande vassoio d’argento.
La Confraternita di Santissimo Sacramento portava, per esempio, una focaccia; quella di San Rocco una conchiglia, quella di San Giuseppe un mazzo di fiori.
La Compagnia dello Spirito Santo offriva, di solito, una coppia di colombi, con le zampette legate mediante un nastrino rosso.
Un anno, o il nodo non fosse stato stretto bene, o le due bestiole fossero più irrequiete del solito, i due colombi si sciolsero e da vassoio d’argento, con un frullo d’ali, s’alzarono andando a posarsi sul copricapo del Doge, che era fatto a corno!
I colombi si misero proprio sulla cima del corno, suscitando il riso di tutti i presenti.
Naturalmente le guardie si precipitarono per acchiappare le due innocenti bestiole, che non avevano voluto offendere la maestà del Doge.
Ma i due colombi non si lasciarono prendere. Con un altro frullo d’ali, andarono a posarsi sulla testa del Leone di San Marco. Fortunatamente era un leone di marmo, che non si mosse.
Ma si mossero le guardie, che cercarono ancora di prendere i due fuggitivi.
Quando però stavano per metter loro le mani addosso, i due colombi, con un nuovo frullo d’ali, andarono a posarsi sulla testa di San Marco, cioè sulla statua dorata del santo protettore.
La gente della piazza si divertiva un mondo a seguire il volo dei colombi e i tentativi delle guardie. Tutti gridavano: “Eccoli là! Sono sulla testa del santo! Eccoli là! Si sono posati sullo stendardo della Compagnia! Eccoli lassù! Sono saliti su quella colonna!”.
Anche il Doge girava la testa di qua e di là, ridendo. Ridevano anche quelli del Consiglio dei Dieci, che si solito stavano sempre seri. E ridevano i dignitari della Repubblica.
S’immagini la folla degli uomini, delle donne e dei ragazzi, che sembravano impazziti dal divertimento. Non si era mai vista tanta allegria sulla piazza di San Marco, nemmeno durante il Carnevale.
Ma non ridevano le guardie, che si accanivano a voler prendere le due bestiole, con scale, pali, reti. Fino a che, i due poveri colombi, spauriti, non infilarono la porta della Chiesa, andando ad appollaiarsi dotto le grandi volte a mosaico.
Le guardie fecero per entrare dentro la Basilica, ma qualcuno gridò: “Lasciateli stare! Si sono messi sotto la protezione di San Marco! Non li toccate!”.
Queste parole furono accolte con un grido d’approvazione. Da ogni parte si gridò: “Sono liberi! Non li perseguitate più! Lasciateli in pace!”.
Le grida commossero anche il Doge, che fece cenno di tacere. Quando sulla piazza fu tornato il silenzio, disse: “Quei colombi sono stati offerti a noi, Doge di Venezia. E noi ordiniamo che da qui innanzi siano lasciati liberi, essi e la loro discendenza. E che nessuno ponga loro le mani addosso, perchè sono nostri; nessuno li disturbi e li molesti, perchè sono i colombi di San Marco e del Doge!”.
Un grande applauso accolse le parole del Doge, mentre i due colombi, senza sapere nulla del decreto che li riguardava, si pulivano sotto le ali.
Così i colombi si moltiplicarono sulla Piazza di San Marco, amati e rispettati da tutti.
E quando anche oggi qualcuno si ferma fra loro, vanno a posarsi sulle sue spalle o sulla testa, proprio come fecero, tanti anni or sono, i primi colombi con il Doge.
(F. Dall’Ongaro).
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