Dettati ortografici LA PRIMAVERA – Una collezione di dettati ortografici sulla primavera, di autori vari, per la scuola primaria.

Dettati ortografici LA PRIMAVERA

Da qualche giorno c’è qualcosa di nuovo nell’aria. Si diffonde un lieve tepore, il sole è più limpido. La primavera è arrivata. Anche sotto terra la buona notizia deve essere arrivata, perchè già alcune foglioline spuntano piano piano come sentinelle per informarsi di come vanno le cose; e subito dopo alcuni fiorellini curiosi tirano fuori il capino per vedere. Pochi giorni ancora, e i fiori saranno tanti, tanti; i ruscelli, ingrossati per lo sciogliersi delle nevi, cominceranno a correre allegramente. (O. Giacobbe)

Ed ora è primavera, ancora una volta primavera. Invano l’inverno ha scatenato le sue ultime raffiche di neve, di grandine, di tramontana; già grandi lenzuoli azzurri ondeggiano bruscamente tra la nuvolaglia oscura. La campagna, il giardino erompono dappertutto in boschi di serenelle, in gemme di alberi da frutto; le giunchiglie spuntano nell’erba diritte come pugnali, e nei boschi i rami ancora nudi si popolano di battiti d’ali e di gridi leggeri. (M. Roland)

Venne la primavera. Sul cielo ancora freddo, ma alto e nitidissimo, riapparve qualche rapido volo di rondine e il sole scese sul cortiletto, indugiandosi negli angoli umidi e verdognoli di muschio, ove restava qualche rimasuglio di neve ghiacciata. Sulle creste dei muri luccicavano, verdi e lavati, i frantumi di vetro; i davanzali di granito, resi bruni dall’umido, riprendevano la prima tinta chiara, e sulle grigie cime del noce dell’orto attiguo, gli estremi rami sottili  si squarciavano per lasciare uscire le gemme di un bel giallo verdognolo e delicato. (G. Deledda)

E’ primavera: tutta la natura si risveglia e mentre il suolo si libera dal gelo invernale, le erbe si affrettano a fiorire prima che la cupola del verde degli alberi si chiuda sul bosco e le privi di luce. Così dal suolo cosparso di foglie spuntano i primi colori dei mughetti, delle viole. Nell’interno degli alberi la linfa sale fino ai germogli che spingono le sottili squame chi li hanno finora protetti e sbocciano. Sembra che la fretta abbia invaso il bosco. Tutto si spinge verso la luce, quella luce che è vita: a metà aprile il ciliegio è ricoperto da grappoli di fiori bianchi, l’acero è pieno di boccioli vermigli. A maggio la febbre della primavera tocca il suo culmine. Il suolo è tappezzato da campanule gialle, gerani selvatici, da margherite. Gli alberi si ricoprono rapidamente di foglie. Anche gli animali iniziano una nuova vita. Chi durante l’inverno era rimasto in letargo come l’orso, si desta dalla tana: è magro, irritabile, sente prepotente il bisogno del cibo. A frotte ritornano gli uccelli migratori, i rettili riprendono a strisciare in cerca di preda, e gli insetti, nella maggioranza dei casi, completano la loro formazione.

Primavera in città.
Com’è stato lungo l’inverno! Pareva non dovesse avere mai fine! Furono giorni e giorni senza nemmeno un’occhiata di sole. Nella luce malinconica e scialba, sotto una coltre di nebbia e di nuvole che gravava sulla città, tutto era ottenebrato, in una specie di eterno crepuscolo. Ora, fugata la nebbia, fugate le nuvole, il sole trionfa nel cielo. Si respira di gioia. D’un tratto la città ha preso un aspetto di festa. Bambini e ragazzi sciamano per i viali e per le piazze alberate. Nei rioni popolari finestre e terrazzi si spalancano al sole; la gente si affaccia per godersi l’animazione della strada, per respirare e tuffare gli occhi nel cielo di una bellezza che rapisce. (A. Fabietti)

Il ventuno del mese di marzo la primavera entra puntualmente, portando la luce, il calore, la vita. I contadini hanno ormai un gran da fare: seminano la canapa, il riso, i fagioli, il granoturco, i foraggi. Poi rincalzano la terra, sarchiano, concimano, hanno mille faccende da portare a termine negli orti. Ed ecco che la mattina al mercato si cominciano a vedere già le primizie: i primi piselli, i carciofi, le insalatine. Vediamo anche le ricotte e i formaggi freschi. Nei campi ogni albero è carico di gemme… e nei prati sbocciano le violette, le primule. (A. Palazzi)

Primavera in montagna.
In questa stagione gli uomini, per consuetudine antica, salgono le pendici e cercano le vette. Primi sono i pastori. Hanno passato lunghi mesi tra le case del villaggio chiusi talvolta per settimane tra quattro pareti, di contro al biancore compatto d’intorno. Belavano le bestie affamate, piangevano i bimbi infastiditi. Ora son tutti fuori nel sole: spingono innanzi le bestie, mai sazie di erba tenera, verso i pascoli alti. La baita sull’orlo del prato, a sera fuma, e l’occhio del bimbo fissa la stella piccolina, che è spuntata laggiù. (G. Fanciulli)

Primavera alpina.
Neve e fiori… ecco la pompa della primavera delle Alpi. Il fiorellino appena sbocciato, tentennando il capo mollemente sulla neve, che ha appena abbandonato sull’esile gambo l’ultima stilla, sembra ringraziarla con un sorriso di avergli custodito nella lunga stagione dei geli il germe della vita. Superba sopra tutti sorride la rosa delle Alpi che in solitari cespugli orna la cima di una rupe o in larghe e folte macchie si distende tutta porporina tra neve e neve. Essa è la gloria della flora alpina.

Apri la finestra. E’ la primavera che ti chiama: ogni cosa intorno a te parla di vita. Alza gli occhi al cielo, dove, scompigliata la corte delle nubi, torna alfine il sole, a cucire con fili di luce gli abiti nuovi degli alberi e dei campi. Un anno nuovo comincia nel grande tempo della terra. (R. Rubatto)

Primavera.
Non è più tanto freddo e, sui prati, sbocciano, a cento a cento, i fiorellini bianchi. Anche le violette sbocciano sul margine dei fossi e profumano l’aria.

Primavera.
Il cielo è quasi sempre sereno e soltanto qualche nuvoletta vaga qua e là. Il vento la trasporta e la nuvoletta è molto lieta di  vagare per il cielo e guardare la terra tutta verde.

La bella stagione.
Un giorno il cielo diventa tutto azzurro, di un azzurro gentile e delicato con qualche nuvoletta bianca che vaga qua e là. E gli alberi, che sembravano secchi, improvvisamente si mettono a fiorire.

Primavera.
E’ primavera. I campi sono tutti verdi; è l’erbetta nuova che cresce. Fra l’erba sbocciano le pratoline. Si aprono al primo raggio di sole e se il sole scompare, chiudono i petali e si addormentano.

Primavera.
I bambini sono contenti che sia tornata primavera. Ora possono andare a giocare per i prati e godere il tepore del sole d’oro.

Colori della primavera.
Al cielo terso e luminoso di un azzurro che l’inverno non conosce e l’estate non ha più, ai colori dei torrenti e dei ruscelli, alle mille sfumature di verde della nuova vegetazione, la primavera aggiunge la tavolozza ricchissima dei suoi fiori. Ha cominciato il mandorlo con i suoi candidi fiori, poi i meli, i peri, i ciliegi, ma prevalgono i fiori dei peschi con il loro rosa che sfuma nel carminio. (F. Monelli)

Primavera, tempo degli arrivi
La primavera è il tempo degli arrivi. I meli, i peri hanno già ricevuto la fioritura rosea e bianca,e tramando la innalzano nell’azzurro. Sotto ogni mazzetto di fiori fa capolino il cartoccetto delle foglie; fra poco la buccia si romperà e le foglie si apriranno, piccine, tenere e lustre. Sui solchi, il grano verdazzurro vibre, lancia per lancia, rimescolato dal tepore del sole. (G. Fanciulli)

Primavera
La primavera è qui, è arrivata. La senti nell’aria, la vedi nel cielo, nel prato e persino nel viso delle persone che è più aperto, più ridente, non più nascosto da sciarpe e pellicce, ma esposto al dolce venticello che purifica l’aria e la rende più dolce. Guardati intorno, ma il tuo sguardo non sia distratto e superficiale. La primavera va scoperta con attenzione, con amore e soltanto allora potrai godere del lieto miracolo che ogni anno si rinnova.

Primavera
Ogni pezzo di terra era coperto d’erba; gli steli crescevano folti, stretti l’uno contro l’altro, in uno splendido rigoglio. Si scostavano ad ogni passo dolcemente e subito si raddrizzavano. L’ampia, verde pianura era costellata di margherite bianche, di fiori di trifoglio dalle grosse teste violette sfumate di rosso, di gialli bottoni dorati e splendenti, di denti di leone. (F. Salten)

Annuncio di primavera
Da qualche giorno c’è qualcosa nell’aria. Si diffonde un lieve tepore, il sole è più limpido, la primavera è arrivata.
Anche sottoterra la buona notizia deve essere arrivata, perchè già alcune foglioline spuntano piano piano come sentinelle per informarsi come vanno le cose; e subito dopo alcuni fiorellini curiosi tirano fuori il capino per vedere.
Pochi giorni ancora e i fiorellini saranno tanti; i ruscelli, ingrossati per lo sciogliersi delle nevi, cominceranno a correre allegramente. (O. Giacobbe)

Preannuncio di primavera
Anche i vecchi alberi di copriranno presto di verde. Ecco che le gemme si ingrossano; lì dentro stanno chiuse le foglie. Ma il sole vuole che vengano fuori, e scalda le gemme e l’albero tutto: e le foglie scappan fuori belle lucide e pare che ridano; e anche l’albero ride, si fa tutto verde e torna giovane ancora. (A. Colombo)

Primavera
La primavera è una stagione meravigliosa, coi suoi bei fiori, i prati smeraldini, le rondini che tornano ai nidi, e i pulcini pigolanti intorno alle chiocce. Tutto sulla terra germoglia, le giornate si fanno più lunghe, e i ragazzi passano quasi tutto il tempo che rimane loro libero, fuori di casa a giocare alle biglie, alle guardie e ai ladri, e a qualunque altro gioco che venga loro in mente. (Jerome S. Meyer)

La primavera
L’inverno aveva rinfrescato anche il colore delle rocce. Dai monti scendevano, vene d’argento, mille rivoletti silenziosi, scintillanti tra il verde vivido dell’erba. Il torrente sussultava in fondo alla valle tra i peschi e i mandorli fioriti. E tutto era puro, giovane, fresco, sotto la luce argentea del cielo. (Grazia Deledda)

Il risveglio della terra
La terra si era addormentata. Una lunga pioggia leggera è scesa a cullare la fine del suo sonno. Lei sentiva, ma ancora non si svegliava. Dolce dormire. Sorrideva, dietro le palpebre chiuse, a sentirsi frugare fra l’erba, a sentirsi toccare le violette nascoste. Picchiettandola con le lunghe dita leggere, la pioggia le faceva il solletico e le diceva piano piano: “Svegliati!”. (Achille Campanile)

Primavera
Alla grondaia sono arrivate le rondini e rattoppano i buchi dei vecchi nidi; volano, volano ancora portandosi intorno un riflesso del gran mare che hanno attraversato. Sui ramicelli più nuovi della macchia si posano i pettirossi, attillati e svelti, l’occhio attento ad esplorare l’orto. Anche i bruchi li hanno visti e si rannicchiano dentro i gonfi cavoli; sarebbe triste davvero farsi sciupare la farfalla! Per tutta la valle scende un vento fresco, non freddo, e spazza, spolvera, scioglie gli ultimi nodi dell’inverno, porta al sole il fumo dei camini, il suono delle campane, le prime libere canzoni. (G. Fanciulli)

Primavera nei campi
Dopo il letargo invernale, la campagna sembra sorridere al contadino, ravvivargli nel cuore la santa speranza dei racconti e invitarlo al lavoro. Nel cielo ci sono nuvoloni chiari che si accavallano; un’acquata breve e improvvisa fa trotterellare gli agnellini verso le loro mamme, e sembra rendere più acuto l’odore delle erbe. Sboccia un garofano sul davanzale della massaia; appare timidamente il biancore del biancospino e si avverte veramente il profumo delle viole mammole. (L. Rinaldi)

Rifluisce la vita
Il giovane bosco era ancora quasi spoglio, come d’inverno. Solo nei cerei germogli, di cui era fittamente costellato, c’era qualcosa di superfluo, di insolito, una gromma o un gonfiore: questo superfluo, questa novità, questa gromma erano la vita che abbracciava già alcuni alberi con la verde fiamma del fogliame.
(B. Pasternak, da “Il dottor Zivago”)

La primavera
La primavera toccò i rami dei peschi e dei mandorli e disse lietamente; “Su, svegliatevi! Che cosa fate? E’ ora!”. E quelli, obbedienti, schiusero le gemme, si coprirono di fiori, e furono molto belli. Anche le violette si destarono, sbocciando al tocco leggero della primavera e così le pratoline fra l’erba dei prati e il biancospino sulla siepe.

Le violette
Per i campi si sparse un odore soave e leggero. Erano sbocciate le violette e tutti furono contenti. Gli uccelli, vedendole, cinguettarono festosi e le nuvolette bianche chiesero al vento che non le portasse via subito. Volevano sentire anch’esse quel gentile profumo.

La bella stagione
Un bel giorno il cielo diventa azzurro, di un azzurro delicato con qualche nuvoletta bianca vagante qua e là. E gli alberi, che sembravano tutti secchi, stecchiti, improvvisamente si mettono a fiorire. E pare impossibile che da quei rami, duri e ruvidi, siano potuti venire certi fiori così lievi.

Le lucertole
Le lucertole, riscaldate dal sole tiepido, escono dai buchi dove sono state in letargo per tutto l’inverno e si fermano al calduccio, guardando qua e là con gli occhietti vispi. Sono alla caccia di un insetto. Hanno tanto dormito che ora vorrebbero proprio saziarsi di qualche insettuccio incauto, che arrivi alla portata della loro lingua.

Le pratoline
E’ primavera: i campi sono tutti verdi; è l’erbetta nuova che cresce. Fra l’erba sbocciano le pratoline. Si aprono al primo raggio di sole, ma se il sole scompare, velato da una nuvola, o se scende dietro l’orizzonte, le pratoline chiudono i petali e si addormentano. Si schiuderanno al nuovo sole.

Primavera
Quando viene primavera, tutta la terra si schiude al dolce calore.Gli alberi mettono le gemme; fra l’erba sbocciano le pratoline, il cielo si fa chiaro e l’aria mite. I giorni sono più lunghi e tutto è allegria.

Primavera
Il torrente sussultava in fondo alla valle, fra i peschi e i mandorli fioriti. E tutto era puro, giovane, fresco, sotto la luce argentea di quel gran cielo mite, sul cui orizzonte i profili morbidi dei monti, ancora coperti di neve, si stendevano come file di colombi addormentati. (G. Deledda)

Primavera
Al torrente è arrivata tanta acqua dai nevai che si sfanno, e la sua voce canta più alta fra i ciottoli, parla più tenera fra i salici… Per tutta la valle scende un vento fresco, non freddo; scioglie gli ultimi nodi dell’inverno, porta il fumo dei camini, il suono delle campane e le prime libere canzoni. (G. Fanciulli)

Primavera
Le mammole riaprono, dal lungo sonno, i begli occhi azzurri, il pesco si è tutto magnificamente coperto di fiori che brillano al nuovo sole come gemme cristalline. Le margherite, silenziose e tranquille, tremolano al tiepido sole. (E. Nencioni)

Primavera
L’aria si è addolcita. La pioggia non è più gelida. S’è fatta quasi tiepida. All’alito della primavera, le piante, che hanno dormito per tutto l’inverno, si ridestano. Le loro radici si allungano nella terra umida. Succhiano e fanno salire nuovi umori lungo i fusti e i tronchi. (P. Bargellini)

Il vento
Il vento di primavera è capriccioso: ora è uno zeffiro leggero che fa dondolare i fiori e frusciare dolcemente gli alberi. Talvolta invece, è un vento strapazzone, che sbatacchia porte e finestre, strappa i petali dei fiori e trascina le nuvole in un pazzo galoppo.

Il vento
Il vento tira violento, ulula fra i monti, fischia tra i rami degli alberi, strappa i fiori, urla, penetrando nelle case e porta le nuvole qua e là in un pazzo galoppo. Ma se diventa gentile, fa frusciare i rami degli alberi, accarezza i fiori e porta, con grazia, le nuvolette qua e là nel cielo.

I neri e grossi alberi dalle braccia minuscole e rudi, paiono spruzzati da una brina di smeraldi e di perle. Sotto l’arido muschio delle vecchie pietre grige, nel bosco, le mammole riaprono, dal lungo sonno, i begli occhi azzurri. Il mandorlo si è tutto magnificamente coperto di fiori biancorosei che brillano al nuovo sole come gemme cristalline e fragranti. (E. Nencioni)

Il pesco si è tutto magnificamente coperto di fiori biancorosei, che brillano al nuovo sole come gemme cristalline e fragranti. Le margherite, silenziose e tranquille, tremolano al tiepido vento, La giunchiglia piega sul gracile stelo il velato suo calice. Persino sulle lande più petrose e deserte, qualche fiore solitario apre le sue tre o quattro foglioline soffuse di un pallido rosa, o venate di tenui righe violacee. (E. Nencioni)

Addio, giorni brevi e tristi, cieli grigi, pesanti. Addio fredde e tenebrose piogge monotone, nebbie e ghiacci crudeli… Il fremito giovanile della vita è corso su tutta la terra… Un alito spira lieto dalle umide colline, velate dai vapori argentei e leggeri. Bianche e soffici nuvole aleggiano per l’immacolato turchino del cielo. (E. Nencioni)

Mentre le gemme si fanno turgide e i fiori sbocciano, gli insetti, come avvertiti da questo mirabile risveglio della terra, escono dalle loro uova, dai bozzoli, dalla terra e si spandono per i campi, per i prati e per i boschi. Gli uccelli si riuniscono a coppie e preparano il nido. Molti ritornano dalle zone più calde. Le vacche e le pecore escono dalle stalle e tornano sui prati coperti di tenera erbetta. (L. Vaccari)

Ieri gli alberi erano nudi, neri, rigidi: d’un tratto in vetta, al ramo più alto brillò una fogliolina ancora accartocciata, colore di chiaro bronzo, e un poco si aprì all’aria solatia che si addolciva nel presentimento delle viole. Subito su ogni ramo s’inturgidirono mille e mille gemme, si schiusero e vestirono platani e ippocastani di una peluria di un verde roseo che inteneriva a guardarla. (V. Brocchi)

Nell’inverno, il sole è in basso, i suoi raggi obliqui non penetrano nella terra, nulla si muove allora. Ma appena comincia ad elevarsi al di sopra di noi e con le sue frecce riscalda la terra, tutto nel mondo si riscalda e si mette in movimento. La neve scompare, il ghiaccio si scioglie nei ruscelli, le acque precipitano dalle montagne e con l’elevarsi dei vapori dall’acqua, in forma di nubi, comincerò a piovere. (L. Tolstoj)

C’è uno stepito gioioso intorno all’albero d’aranci mentre le api abbracciano i fiori e s’inebriano di dolcezza. Ognuna ha da portare all’alveare, prima dell’imbrunire, un carico di nettare che è forse dieci volte il proprio peso. E’ stato calcolato che mezzo chilo di miele richiede trentasette mila viaggi di andata e ritorno dall’alveare ai fiori. (D. Culross Peattie)

Basta un fiore sbocciato sul davanzale della finestra, il volo di una rondine nel breve spazio del cielo verso cui alziamo gli occhi, un raggio lucente e caldo che ci raggiunga al nostro tavolo di lavoro, per dirci che è primavera. Ma forse non c’è bisogno di nulla se ascoltiamo dentro di noi il desiderio di essere buoni e gentili con tutti, la voglia improvvisa di ridere e di cantare. Il piacere di rimanere con gli occhi rivolti verso il cielo inseguendo con il pensiero un sogno. Allora la primavera è in noi. (G. G. Moroni)

Le sementi, disgelandosi, manderanno fuori i loro germogli; questi ingrosseranno nella terra; dalle vecchie radici verranno fuori germogli nuovi, e gli alberi e le erbe cominceranno a crescere. Gli orsi, le talpe usciranno dal loro torpore; le mosche e le api si sveglieranno; le zanzare nasceranno e le uova dei pesci si schiuderanno. L’aria scadandosi, si innalzerà, al suo posto verrà l’aria fredda e il vento soffierà. Le nubi saliranno… Chi farà tutto questo? Il sole. (L. Tolstoj)

La siepe era tutti spini, sembrava imbronciata. Non sta bene avere il broncio, quando tutti sono contenti. Ieri il vento deve averglielo detto: le è passato vicino dicendo: sss… sss… sss… Penso che le abbia detto: “Su, ridi, e vestiti a festa anche tu”. E questa mattina è vestita di bianco e di verde, che è una bellezza. Le spine non si vedono più; sono tutte ricoperte dai fiori bianchi. (Colombo)

Ritorno all’aperto
Eravamo usciti di febbraio due o tre giorni appena, quando il tempo, fino allora grigio e sudicio, si schiarì per un bel vento tiepido, che sembrava sopravvenuta la primavera. Ed io ottenni, se Dio vuole, di precipitarmi fuori di casa.
Che felicità quei primi giorni!
Respiravo l’aria libera come si beve sopo una gran sete; ritrovavo, come scoperte allora allora, le strade, le case, le campagne, la gente: cose tutte piene d’un valore fantastico; somiglianti, sì, ad una vaga immagine che ne avevo in mente, ma mille volte più belle e felici. I butti d’acqua che venivan giù dalle rocce delle fontane, bisognava per forza che li toccassi, tanto mi sembravano incredibili.
E il sole! Quel bel sole d’oro, biondo, morbido, buono come se mi conoscesse personalmente, non mi bastava vederlo luccicare sulle cortecce violette degli alberi, nè pure di sentirmelo sul dorso delle mani, che gli stendevo.
Bisognava guazzare in quel sole.
(F. Chiesa, da “Tempo di marzo”)

Giorni di fine inverno
Finisce l’inverno, lungo le rive dei fossi si aprono i primi fiori e sui pendii dei colli altri, di colori più intensi, azzurri o gialli. Sulle cime dei monti gli ultimi filoni di neve sfumano in nere nubi. Il verde del frumento si accresce, ed altri campi si fanno gialli di ravizzone. Biancheggiano i susini, i peri, alterni al rosa dei peschi. Le galline hanno un canto diverso, appare la prima farfalla, e gli uccelli cantano fra gli alberi che ancora non danno ombre. Finisce l’inverno, si entra in primavera, certi anni il trapasso viene come velato da un lungo periodo di piogge, si aprono le foglie, fioriscono i frutteti e la terra sotto la pioggia, ritorna il sole e sui rami si scopre la frutta già segnata senza esserci accorti dei fiori.
(G. Comisso, da “La favorita”)

Presagi di primavera sui monti
A volte pare impossibile che la montagna si liberi ancora dell’inverno, eppure sta scritto che se ne libererà. Non grazie alle deboli forze umane, costrette, qui, come altrove, ad assistere, ad accettare; ma grazie ad una forza divina, che scende fino a noi con le fiamme del sole.
Non si libererà come la pianura, ma in tutt’altro modo. In pianura la neve se ne va un poco ogni giorno, come è venuta, silenziosamente. Anche qui molte cose accadono senza rumore: sopra e sotto la terra, nei pianori più riposati, nei grembi concavi, negli angoli riparati e inclinati leggermente. Ma altre si svolgono addirittura con fragore. Non sempre la montagna è il regno del silenzio. Già ben sonoro è il primo risvegliarsi della meravigliosa forza celeste. Un bel mattino, e pare ancora pienissimo inverno, il rivestimento di ghiaccio su per le pareti e le cime non tiene, non aderisce più: tende all’infuori, scricchiola, si stacca, piomba giù per cinquanta, per cento metri, con rombi e rimbombi di tuono.
Ora gli uomini hanno capito. La primavera tornerà, spunteranno presto i bucaneve, i suoi crochi bianchi e turchini, innumerevoli, nei prati.
(G. Zoppi, da “Dove nascono i fiumi”)

Illusione di primavera
Già nell’aria correva un respiro di primavera, sebbene alberi e siepi non dessero ancora segno di vita: la terra nera del giardinetto si rivestiva soltanto sulle cornici delle aiuole d’una lanuggine verde; ma il sole pareva più nitido e, non disturbato da nessuna frasca, proiettava più nere e precise le ombre dei pali, dei pergolati e delle persone.
(E. De Marchi, da “Ragazzi”)

Tramonto di marzo
Il sole, sembrava, scendendo fra le nebbie, una palla di rame che scomparisse in mezzo alla cenere. Ma eccolo che ritorna.
E’ un intenso color di rosa, che dal lontano occidente sale e si dilata sino a impregnare di sè gran parte del cielo. Le masse degli alberi, rese spaziate e leggere dalla nudità dei rami, si disegnano in trine leggere e trafori, delicatissime, sugli accesi riflessi degli sfondi. Il ghiaccio delle lance s’imporpora, rifrange splendori di rubini. I tronchi dei pioppi e dei salici si animano di una profonda tinta violastra. Salici di fiume, dal ceppo basso, nocchieruto, dalle grosse teste scarmigliate e irte; pioppi alti e sottili, incorporei come ombre; terra d’inverno, più vasta, perchè più spoglia, più libera perchè placata.
Ma già l’aria s’è fatta d’un grigio azzurrognolo d’ortensia; il rosso è tutto nell’acqua. Si spostano i riflessi, si spezzano le armonie: qualcosa ha da morire, e si dibatte contro la fine, pur sapendo che ha da rinascere. Qualcosa di infinitamente piccolo, d’infinitamente grande: il giorno.
(A. Negri, da “Di giorno in giorno”)

Primavera
Appena un lontano mandorlo caccia la sua fioritura, la timida nota diventa gorgheggio ed il volo saltellante di siepe in siepe di fa volo lungo e disteso di giardino in giardino. Giunge, intanto, la capinera. Seguono i richiami squillanti del merlo e del fringuello in armonia con lo squillare dappertutto dei colori.

La primavera va dal 21 marzo al 22 giugno, data da cui avrà inizio una nuova stagione, l’estate. L’arrivo della primavera si rivela, innanzi tutto, nelle mutate condizioni del clima, del cielo, della vegetazione. Il clima è più tiepido; perchè? La terra gira intorno al sole, impiegando in questo giro poco più di 365 giorni. Poichè durante questo movimento di rivoluzione la terra cambia la sua posizione rispetto al sole, ecco che cambiano anche le condizioni di riscaldamento e di illuminazione nelle varie zone della superficie terrestre.

La primavera attraverso il tatto
Sulla nostra pelle sentiamo il tepore dei raggi di sole, il vento non più gelato, ma prevalentemente tiepido, anche se qualche volta diventa violento e furioso. Sentiamo il velluto della gemma, la morbidezza dei petali del fiore, la scabrosità del tronco dell’albero che lascia cadere la vecchia corteccia, la flessuosità morbida dell’erba dei prati.

La primavera attraverso l’udito
La pioggia non è più la pioggia gelida e sferzante dell’inverno. E’ una pioggerella leggera che fruscia, che mormora. Nel suo rumore leggero sentiamo poi il canto degli uccelli: sono i primi ad annunciare l’arrivo della bella stagione. Oltre al canto degli uccelli, ecco il ronzio degli insetti che si sono svegliati dal loro sonno invernale durante il quale, spesso, hanno compiuto una metamorfosi che li ha resi perfetti, forniti di ali che, talvolta, come nel caso delle farfalle, hanno smaglianti colori.
Ascoltiamo anche il fruscio delle chiome degli alberi dove il vento di primavera suscita mille suoni. Il vento è un po’ la voce di marzo. Infine, a causa dello scioglimento delle nevi, i ruscelli fanno sentire il loro mormorio, i torrenti scrosciano, le fontane hanno una voce più sonora.

La primavera attraverso la vista
Prima di tutto osserviamo il cielo nei vari momenti della giornata: il chiarore madreperlaceo della prima luce, il roseo dell’aurora, il celeste delicato delle ore di sole, il rosso del tramonto. Notiamo poi le forme, i colori dei fiori, scopriamone le gradazioni; ammiriamo le variopinte ali delle farfalle, il verde smaltato della nuova erbetta, le sfumature delle chiome degli alberi.

La primavera attraverso il gusto
Si può assaggiare la primavera? Certo! E’ vero che in estate avremo il sapore dei frutti, ma in questa stagione possiamo sperimentare il sapore acidulo dell’erba nuova, e il dolce di un fiore. Soprattutto nei fiori degli alberi da frutto, c’è una gocciolina di nettare e ben lo sanno gli insetti che non se la lasciano sfuggire.

La primavera attraverso l’odorato
Possiamo percepire il profumo delicato della violetta, ma più in generale quello prepotente della primavera con la sua vastissima gamma di odori.

Il freddo era finito, soffiavano venti gagliardi, ma l’erba non cresceva sulle prode, nè i fiori, nè le viole. Nulla cambiava nel paesaggio: le argille si stendevano grigie tutto attorno, come sempre; qualcosa mancava, la vita stessa dell’anno e il senso di questa mancanza riempiva il cuore di tristezza. Col tempo migliore, le vie del paese erano tornate deserte: gli uomini erano tutto il giorno lontani, nei campi invisibili. I ragazzi sguazzavano, con le capre, nelle pozzanghere e dalle case giungevano alterne le voci delle donne.
Carlo Levi

La primavera comincia il 21 marzo e termina il 20 giugno. La giornate si allungano sempre di più e un tiepido sole riscalda la terra. Non c’è bisogno di indossare i pesanti abiti invernali, di tenere ben chiuse porte e finestre, di riscaldare la nostra casa: non fa più freddo…
E’ come aprire gli occhi dopo un lungo sonno e, come per incanto, come per incanto, vedere una natura nuova: sui monti la neve ha cominciato a sciogliersi e i torrenti sono gonfi e luccicanti; prati, boschi e giardini ricominciano a verdeggiare e alcuni fiori fanno capolino tra le vecchie foglie.
Gli alberi si rivestono di bottoncini verdi. Osserva questi bottoncini: essi danno piccole foglie di un verde intenso, le prime foglie nuove della primavera.
Nei giardini e nei frutteti i peschi e i ciliegi si coprono di fiori rosati e bianchi che il miracolo della natura trasforma in saporiti frutti. Di tanto in tanto una fitta pioggerellina va a ristorare le nuove pianticelle, assetate di vita. E’ una pioggerellina fine fine, lieve lievi, e le sue goccioline cadendo, rimbalzano qua e là, sugli esili fili d’erba, sulle tenere foglioline e le timide corolle dei fiori, diffondendo tutto intorno la musica della primavera.
A volte scoppiano gravi temporali che incupiscono per un attimo il limpido azzurro del cielo; ma non fanno paura e i tuoni sembrano brontolii di un gigante buono. Ritornano le rondini: dopo lunghi, estenuanti voli, riprendono possesso dei vecchi nidi. E se il nido è rotto o se le intemperie l’hanno rovinato o distrutto, le rondini non si perdono di animo: puoi vederle allora volare instancabili in cerca di terra fine, di pagliuzze, di lanuggine e lavorare con impegno alla ricostruzione del nido.
La primavera è una stagione tutta piena di voci, di movimenti, di risvegli.
Il cuculo lancia le sue sillabe gioiose sempre uguale, le galline chiocciano, gli uccelli cantano lieti sui rami; le farfalle, le formiche, i calabroni, i grilli, le api, ad innumerevoli altri insetti animano con i loro voli, i loro colori, i loro canti, il loro industrioso lavoro prati e giardini, mentre la lucertola, il riccio, la marmotta, il ghiro, escono dalle tane dove hanno trascorso, in letargo, il lungo e freddo inverno, per godersi il nuovo sole.
Nei campi un lavoro intenso attende il contadino: le tenere pianticelle di frumento devono essere liberate dalle erbacce che ruberebbero loro il nutrimento e le viti devono essere riassestate e irrorate. E’ tempo di concimazione e di semina; si seminano barbabietole, piselli, lino e canapa; si piantano gli alberelli degli olivi, dei gelsi e le pianticelle di alberi da frutta.

Perchè i fiumi si gonfiano in primavera

Col sopraggiungere della bella stagione, le acque dei fiumi diventano di giorno in giorno più abbondanti. Questo fenomeno è causato dallo scioglimento delle nevi: i vari torrenti che alimentano il fiume si arricchiscono dell’acqua che proviene da ghiacciai e nevai di alta montagna.

I lavori del contadino

Il contadino ritorna sempre più frequentemente nei suoi campi. Il lavoro da fare è tanto. Le tenere pianticelle di frumento devono essere liberate dalle erbe infestanti che ruberebbero loro il nutrimento: è il momento della sarchiatura. Vengono arati i campi che erano stati coltivati a foraggio in inverno e si preparano con concimazioni per la semina di fave, avena o granoturco. E’ tempo di sistemare i tralci delle viti sui fili zincati o su altri sostegni e di provvedere alle prime irrorazioni di sostanze antiparassitarie contro le più comuni malattie della vite (peronospora e oidio).
In primavera si provvede inoltre alla semina delle barbabietole da zucchero e da foraggio,dei piselli, del lino e della canapa.
Nei terreni preparati con scasso durante l’inverno, si piantano gli alberelli degli olivi, dei gelsi e le pianticelle degli alberi da frutta.

Il risveglio

In collina la fioritura è un mare di fragranti ondicelle rosee spumeggianti. I poggi verzicanti sono tondi e morbidi e sui vecchi tralci contorti i primi teneri viticci mettono un manto delicato.
E in pianura negli orti germogliano a perdita d’occhio in filari simmetrici le pallide lattughe e gli ispidi cavolfiori nani e i carciofini d’un verde bigio.
E gli alberi si vestono di gemme e da quelli fruttiferi i petali si staccano per posare in terra un tappeto bianco e rosa. I nuclei dei frutti gonfiano e si colorano: ciliegie e mele, pesche e pere, fichi gelosi che si tengono racchiuso il fiore nel cuore.
Tra i filari l’ortolano rovescia le zolle d’erba primaverile perchè l’erba interrata ingrassi la terra, scava solchi per far affiorare l’acqua e argina i solchetti perchè la trattengano, e dagli argini estirpa le erbacce che potrebbero rubarla alle piante.
Sulla vite i fiori minuti sbocciano il lunghi penduli corimbi. E man mano che la stagione si inoltra, il caldo aumenta e le foglie assumono una tinta più cupa.
Le susine si allungano in forma di uovo, i peruzzi in forma di perla, le pesche mettono la peluria. I fiori della vite schiudono i minuscoli petali e i duri pallini diventano bottoni verdi e i bottoni si fanno pesanti. (J. Steinbeck)

I giardini e i frutteti

Nei giardini e nei frutteti i peschi ed i ciliegi, prima ancora di rivestirsi di foglie o contemporaneamente al formarsi di queste, sbocciano in migliaia di fiori, rosati e bianchi: offrono per primi il nettare dello loro corolle alle api.

Le gemme

Gli alberi a primavera si svegliano e si preparano alla nuova fioritura. Le radici si allungano nella terra in cerca di nutrimento. L’acqua sale su per gli steli, i tronchi, i rami, ed ecco le gemme poste sui rami diventare più grosse.
Esse hanno incominciato a godere i primi tiepidi raggi di sole ed ora le loro piccole squame vischiose si aprono, lasciando intravvedere delle punte grigiastre: sono i sepali che,  come mani amorose, proteggono i bocci fiorali. In seguito le squame si curveranno all’esterno, per lasciare liberi i fiori di crescere, distendersi e ricevere tutta la luce. Intanto, da altre gemme, si libereranno le nuove foglie, dapprima delicate, poi robuste e vivaci.
Dalle gemme apicali, quelle poste sulle punte, usciranno i nuovi rami che daranno all’albero una chioma più abbondante.

Nelle gemme

E’ incredibile quanta roba sia rinchiusa nelle gemme. In quest’astuccio di squame, in uno spazio talora così piccolo, dove noi non sapremmo farci entrare neppure un seme di canapa, si trovano foglie a dozzine e interi grappoli di fiori. Il grappolo nascosto dentro una gemma di lillà possiede più di cento fiori. E tutto trova posto nella stretta valigia, senza che nulla sia lacerato od ucciso. Se si togliessero ad una ad una dal loro posto le diverse parti di una gemma, se si disfacesse la valigia, chi avrebbe l’abilità di rifarla?
Le foglie sono speciali per collocarsi nel minor posto possibile: assumono la forma di cornetti, si arrotolano, si piegano in due per lungo e per largo, si raggomitolano, si pieghettano o si chiudono a ventaglio. Osservate in primavera le gemme prossime a schiudersi: vi potranno insegnare a fare un giorno la vostra valigia!

Sveglia nel bosco

Il tepore di primavera e l’odore dell’erbetta nuova sono giunti fin nelle tane profonde, dove gli animaletti del bosco dormivano il lungo sonno. E i ricci, i tassi, i ghiri, gli scoiattoli si sono risvegliati. Sono usciti magri e affamati, hanno cercato subito il buon cibo fresco e si sono messi a mangiare avidamente.
Lassù tra il verde, seduto sul ramo d’un grosso faggio, un ghiro sta divorando alcune gemme appena schiuse.
Uno scoiattolo sgranocchia una pigna trovata per terra. La tiene agilmente con le zampine anteriori, mentre i denti aguzzi lavorano senza posa.

Nei pascoli alpini

Sui monti non sono ancora giunte le mandrie di mucche e le greggi belanti, eppure i pascoli solitari son già pieni di vita. Dalle tane profonde e foderate di fieno sono uscite le marmotte, dopo il letargo invernale. Il loro mantello bruno – grigio è un po’ sciupato, e lascia vedere il corpo molto dimagrito per il lungo digiuno. Ora corrono a frotte nelle vallette tranquille, mangiando a sazietà, mentre una di loro sta di guardia sopra un sasso. Se appena scorge qualche pericolo, lancia un fischio e tutte spariscono nelle tane.
La pernice, il gallo cedrone, le cornacchie riempiono l’aria di fruscii d’ali. Anche per gli uccelli di montagna è giunto il momento di preparare il nido e di covare.
Di notte, poi, escono numerose le arvicole, i piccoli topi della montagna, e la lepre alpina si aggira timorosa tra i cespugli, alla fioca luce lunare. Rizza le orecchie e annusa spesso l’aria con sospetto. Potrebbe giungere improvvisamente l’ermellino brigante, che azzanna e uccide senza pietà. Potrebbe piombare dal cielo qualche rapace notturno, e chi si salverebbe più dai forti artigli? Per questo occorre essere pronti a fuggire veloci, in ogni istante.
Nella montagna alta, intanto, camosci e stambecchi riposano sicuri negli anfratti, in attesa delle prime luci dell’alba, quando usciranno a brucare l’erba fresca di rugiada.

Tornano gli uccelli migratori

Nelle terre calde dell’Africa settentrionale le rondinelle, tutte chiuse nel loro bell’abito nero e bianco, si preparano a partire per il viaggio di ritorno, ora che è tornata la primavera.
Le rondini voleranno sopra deserti, mari, pianure, montagne. Un istinto meraviglioso le guiderà per migliaia di chilometri, e farà sì che esse riconoscano i nidi che ogni anno le aspettano.
Anche le gru, le anatre e le oche selvatiche, gli stornelli, i chiurli, le cicogne, le allodole, i vanelli e i falchi sono uccelli migratori.
Le gru cinerine, cioè di color cenere, volano formando nel cielo una grande V. Il loro volo è lento e maestoso. Lo sai che possono raggiungere perfino i 9.000 metri di altezza? Potrebbero cioè da sole, con il solo battito delle forti ali, posarsi sulla più alta montagna della Terra.
Le anatre selvatiche invece hanno un volo rapidissimo. Possono compiere in un’ora anche centoventi chilometri, quanti cioè ne fa un’automobile.
Gli storni invece formano in cielo delle grosse nubi nere, poichè volano in gruppi foltissimi e molto serrati.
Mettendo attorno alle zampe di alcuni uccelli migratori degli anellini di alluminio, con le indicazioni del luogo da cui ebbe inizio il volo, si è saputo, per esempio, che le cicogne dei paesi del nord Europa passano l’inverno nell’Africa del sud, dopo aver compiuto un viaggio di ben diecimila chilometri, senza neppure l’aiuto dei punti cardinali.

Come fanno ad orientarsi gli uccelli migratori?

Cose veramente straordinarie sanno fare gli uccelli migratori: si è notato per esempio che la rondine torna non solo nello stesso luogo, ma persino nello stesso nido che ha abbandonato l’anno precedente.
Come fa ad orientarsi in un percorso che è spesso di migliaia di chilometri?
Purtroppo non si è ancora in grado di rispondere con esattezza, e il problema dell’orientamento degli uccelli migratori rimane tuttora uno dei più appassionanti per la scienza moderna.
Si è supposto che gli uccelli sappiano calcolare per istinto l’angolo che la  loro strada deve avere in ogni istante rispetto alla direzione della luce solare.

Proserpina e la primavera

Proserpina era la figlia di Cerere, la buona dea che insegnava agli uomini come si fa a crescere il frumento. Ella aveva il capo coronato di spighe di frumento e portava con sè l’abbondanza e la gioia. Proserpina, sua figlia, era leggiadra e fresca come un fiore.
Un giorno Proserpina si trastullava in un prato con le compagne. Verde era l’erba e quieta l’aria, imbalsamata di profumi. Ad un tratto la terra si aprì accanto a Proserpina. Ne uscì un magnifico carro tirato da neri cavalli, e sul carro sedeva Plutone, che afferrò Proserpina, la rapì e la portò nel suo regno buio e tetro. Egli voleva che Proserpina, gentile e mite, diventasse la regina dell’inferno.
Invano Cerere cercò la sua cara figliola. Come pazza girò tutta la terra. Intanto non aiutava il lavoro degli uomini e trascurava i campi, che attendevano la sua benedizione.
Così i campi inaridivano e non davano più una spiga di frumento. Mancava il pane e la fame rattristava gli uomini.
Quando Cerere seppe che Proserpina era stata rapita da Plutone, supplicò che le fosse resa.
Plutone, allora, raccolse a consiglio tutti gli spiriti dell’inferno. Fu deciso che Proserpina potesse sì ritornare da sua madre, purchè non avesse assaggiato nulla dei cibi dell’inferno.
Per fortuna Proserpina, che era desolata di essere lontana da Cerere e di non rivedere la dolce terra bella di fiori, non aveva voluto mai toccar cibo. Solo, avendo visto delle bellissime melegrane rosse, ne aveva colto una.
“Allora” disse Plutone, “Proserpina deve rimanere qui!”
“No” dissero gli spiriti dell’inferno, “Proserpina dovrà stare quaggiù per tre mesi all’anno: e ne trascorrerà nove con la madre”.
E così fu fatto.
Ed ogni primavera, Proserpina, fresca e gentile, ricompare sulla terra; e il suo ritorno segna il primo germogliare del tenero frumento, il primo sbocciare dei fiorellini profumati. (E. G. Camillucci)

La primavera

Spunta da ogni dove, tra il verde del prato bucato dalle primule e dalle margheritine, all’angolo delle case dove sta il vecchio fico, nei bottoni dei cespugli, sui pennacchi nudi delle piante che si punteggiano di gonfie protuberanze, sotto i nostri stessi piedi, nell’aria che accarezza i nostri volti e rinfresca i nostri pensieri. Tutto intorno a noi pare voglia innalzarsi e volare: tutto tende all’alto,  e gli stessi uccelli sfrecciano più rapidi, e le prime rondini scivolano a larghe volate, che pare non abbiano mai a finire. Un profumo sottile e grato è nell’aria; un colore nuovo, che rinnova perfino le facciate delle case, i boschi e le valli.

Incanto della primavera

La primavera apre le grandi porte del cielo al sole, alla gioia, a tutte le cose belle. Le porte spalancate sono le nubi, che vanno sempre più lontane, diventano più lievi. Sulla terra, tutto si risveglia, tutto sorride, tutto canta, tutto si tinge di meravigliosi colori. Anche nel cuore delle persone più infelici rinasce la gioia, la letizia. Nel cuore dei bambini, nei loro volti, nei loro giochi sono già comparsi allegria ed esultanza.

Primavera nella valle

Il sole brillava, ma più ancora brillava il verde della vallata perchè ogni filo d’erba rifletteva la luce, e tutti i prati erano pieni d’oro e di verde, e macchie gialle, rosse e azzurre facevano capolino dalle siepi, dove i fiori si davano un gran daffare per le api. I mandorli e i biancospini erano fioriti, e più in basso i meli primaticci venivano su splendidi, in quattro file ben ordinate dietro la fattoria.
La mandria di mucche nere era tutta nel fiume immersa fino al ventre nell’acqua fresca e tranquilla; e le code mandavano spruzzi bianchi, ricadendo nell’acqua dopo aver scacciato le mosche; e più in su, le pecore non alzavano un momento il muso dall’erba tenera. Quando il vento riprendeva fiato, si sentivano brucare. (R. Llewellyn)

Nel mondo degli animali
Riprende la piena attività di molti animali in terra, nel mare, nei fiumi e nei laghi. Degli animali terrestri, il cervo perde le corna e si isola, le talpe sono in attività febbrili, le volpi cominciano ad uscire dalla tana.
Fra gli uccelli tornano le beccacce, gli storni e i colombi selvatici; le pernici volano a coppie; il merlo gira intorno alle macchie; l’allodola comincia a far udire il suo canto. Si possono vedere in volo anitre, cicogne, corvi e cornacchie. (D. Forina)

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