Dettati ortografici sulla neve – una collezione di dettati ortografici, di autori vari, per bambini della scuola primaria. Difficoltà ortografiche varie.
Una giornata diversa
“La neve!” gridò Marcovaldo alla moglie, ossia fece per gridare, ma la voce gli uscì attutita. Come sulle linee e sui colori e sulle prospettive, la neve era caduta sui rumori, anzi sulla possibilità stessa di far rumore; i suoni, in uno spazio imbottito, non vibravano. Andò al lavoro a piedi; i tram erano fermi per la neve. Per strada, aprendosi lui stesso la sua pista, si sentì libero come non s’era mai sentito. Nelle vie cittadine ogni differenza tra marciapiedi e carreggiata era scomparsa, veicoli non ne potevano passare, e Marcovaldo, anche se affondava fino a mezza gamba ad ogni passo e si sentiva infiltrare la neve nelle calze, era diventato padrone di camminare in mezzo alla strada, di calpestare le aiuole, d’attraversare fuori delle linee prescritte, di avanzare a zig-zag. Le vie e i corsi s’aprivano sterminati e deserti come candide gole tra rocce di montagne. La città nascosta sotto quel mantello chissà se era sempre la stessa o se nella notte l’avevano cambiata con un’altra? Chissà se sotto quei monticelli bianchi c’erano ancora le pompe della benzina, le edicole, le fermate dei tram o se non c’erano che sacchi e sacchi di neve? Marcovaldo camminando sognava di perdersi in una città diversa; invece i suoi passi lo riportavano proprio al suo posto di lavoro di tutti i giorni, il solito magazzino, e, varcata la soglia, in manovale stupì di ritrovarsi fra quelle mura sempre uguali, come se il cambiamento che aveva annullato il mondo di fuori avesse risparmiato solo la sua ditta.
(I. Calvino)
La prima neve
Il cielo si abbassa sempre più, coprendo col suo vaporoso candore le cime delle montagne; intorno all’ovile, le rocce bagnate e il bosco cupo avevano un’immobilità e un profondo silenzio d’attesa: i belati dei primi capretti tremolavano con lamenti che sembravano un pianto infantile. Cominciò a nevicare fittamente, a falde lunghe e larghe che parevano petali di fior di mandorlo. Le montagne sparvero tutte sotto la curva bianca dell’orizzonte; le rocce, i cespugli, il bosco, la capanna, l’elce della radura e le mandrie ricevevano in silenzio la neve continua, fitta, infinita.
(G. Deledda)
Sotto la neve
Stamane alzandoci abbiamo visto tutto bianco. I monti intorno sembravano ravvicinati; un candore uguale li copre, la neve ha colmato valli e burroni. Sotto il cielo grigio il riverbero della neve è come una luce che si sprigiona dalla terra. L’aria è fredda e a tratti raffiche di vento scuotono gli alberi. Scendendo nella valle, guardo tra gli olivi ai lati della strada e scopro le ferite fresche. Alcuni rami sotto il peso della neve si sono spezzati e le piante levano in alto le braccia tronche. Le cime sono piegate e mostrano il rovescio delle foglie.
(F. Seminara)
La nevicata
La neve è bella. Una nevicata è una pioggia di farfalle candide. Senza lampi e senza tuoni, quasi sempre nel più profondo silenzio, quei fiocchi bianchi scendono a mille, a milioni da un cielo bigio cinereo, roteando per l’aria e tutto ricoprendo d’un manto lucente e morbido. La terra bruna diviene bianca e bianchi i tetti e bianchi i ferri rugginosi e i muri. E le forme delle cose anch’esse si arrotondano, svaniscono, si disciolgono in quell’oceano bianco e freddo.
(P. Mantegazza)
Dice la neve
“Io sono il candido e soffice mantello dei bianchi inverni; sono figlia delle nuvole, sorella della pioggia. Io vesto le vette montane, mi accumulo nelle alte vallate, dove si formano i ghiacciai che alimentano le fresche sorgenti dei fiumi i quali corrono ad adagiarsi nei piani. Io getto una morbida coltre sulle fertili pianure, sopra i campi seminati, dove il buon seme attende, nella terra in riposo, il bacio del sole primaverile che lo faccia germogliare. (P. Bianchi)
Fiocchi di neve
Avete mai guardato attentamente un fiocco di neve? Andate all’aperto con una tavola scura mentre nevica, e osservate con una lente d’ingrandimento le graziose stelline che vi cadono a miliardi dal cielo. Vi assicuro che rimarrete strabiliati dalla meravigliosa regolarità di costruzione di queste foglioline di cristallo, di questi grappoli di stelline, ognuna delle quali è un capolavoro che nessun gioielliere saprebbe imitare. Basta un cambiamento del vento o della temperatura o dell’altezza da cui scendono, perchè le loro forme cambino ed appaiano più semplici o più complesse.
(B. H. Burgel)
Notte di neve
L’inverno è calato su ogni fioritura. Pochi alberi drizzano i loro scheletri, bianchi di neve, come fantasmi. Terribile notte per gli uccellini! Sui grandi alberi squallidi sono là, tremanti, senza che nulla li protegga. Coi loro occhi inquieti guardano la neve e aspettano il buio per dormire: il buio che non viene mai.
Nevicata
E’ cosa straordinaria la gioia che ci procurava una nevicata abbondante, purchè fosse neve di quella giusta: non troppo secca, non troppo umida; una cosa di mezzo, che non si sfarini tra le dita e non vada in brodo appena la si stringe. Quell’anno era neve della migliore qualità, da poterci fare tuffi e capitomboli: meglio di quando nel nostro cortile si sgrovigliava la lana dei materassi e noi si faceva, non visti, un tuffo nel mucchio. Nemmeno pareva, per essere neve, una cosa fredda. Si tornava a galla con appena un po’ di argento sugli abiti, sui capelli, subito scrollato via. E, così morbida, sapeva diventare dura come la pietra nelle mani di chi avesse un po’ di forza; diventare palle che correvano dritte al bersaglio, e s’udiva il colpo. Non mancavano, si capisce, i richiami e i comandi; e non si deve credere che l’uso degli scappellotti cessi per il solo fatto che dal cielo vien giù la neve. Ma si tollerava molto; come, durante il carnevale, si tollerano mille stravaganze. Davvero erano specie di carnevale quell’una o due giornate bianche: tempo libero a tutti gli spassi e chiassi e burle e battaglie che nessuno di noi si sarebbe concesso, nè gli altri avrebbero sopportato in altra stagione.
(F. Chiesa)
Neve in montagna
I prati, le case, le piante e la montagna sono coperti di neve, e uno stormo di corvi annuncia altra neve. Sotto la neve, il bosco pare più fitto. La neve farinosa che va tranquillamente accumulandosi sui rami alti dei larici e degli abeti si da peso, e curva il ramo, poi cade e scuote altra neve di altri rami più in basso e trasforma l’albero in una nuvola bianca. I rami liberati dal peso della neve oscillano un poco nell’aria e tornano lentamente a imbiancarsi per altra neve che cade. Ai piedi degli alberi, fra un tronco e l’altro, è tutto nero. La neve cade su altra neve con un fruscio sottile. E’ così soffice, compatta, fredda asciutta che non si sentono tonfi. Lo strato cresce in silenzio; ma capita di avvertire un cedimento breve nella neve, uno strato superiore che si adagia su quello inferiore, già più saldo, e atto, a sua volta, a sopportare un nuovo strato di aria e di neve. Di ora in ora, di giorno in giorno, la neve cresce; sono cristalli che si fondono e si alzano verso il davanzale delle finestre più basse. Il cumulo si alza come una siepe, una muraglia.
Neve
Nelle città la neve ha lavorato tutta la notte a stendere il suo velo, ma al primo mattino, i piedi degli uomini e le ruote dei carri rompono la fragile trama, la pestano e ne fanno un moticcio appiccicoso. Ma nelle campagne la gran pagina bianca resta a lungo intatta, e sembra attendere chi vi scriva una grande parola di bellezza.
(D. Valeri)
E nevicava
Le giogaie s’eran fatte cupe, gli alberi annerivano. Ora, dietro le fratte, si scorgevano le luci d’oro delle case, tutti i focolari accesi. E il cielo si colorava sempre più di una luce scialba. Faceva freddo. Nessun grido. Non un canto: la neve. Si compiva sulla terra un miracolo, bianco. Prima sui monti, poi sui colli, per le valli… Solo il mare restava cupo: ingoiava tutto quel cielo bianco senza placarsi. Era nevicato tutta la notte; in gran silenzio la neve aveva visitato la terra. Era venuta a mezzanotte, portata da un vento leggero di levante, e la terra, presa nel sonno, era morta. Il freddo stringeva le cose con artigli di ferro: si sentivano stridere le travi, la legna, i rami, e la terra stessa accovacciata sembrava sempre più rattrappirsi. E nevicava, ricordo, adagio, nevicava su tutti i sentieri perduti, sopra la valle scura, su tutte le povere case…
(F. Tombari)
Il bucaneve
Bianco come una piccola candela, dove la neve s’è sciolta, splende il bucaneve. I contadini lo chiamano il bicchiere della Madonna. Si racconta che un giorno di gennaio, poichè Gesù aveva sete, la Madonna andò alla fontana; ma questa, per il gran freddo, si era tutta gelata. “Come faccio” sospirò la Madonna “a dar da bere al mio bambino?”. La terra, udendola, forò la neve dei prati con un fiorellino colmo di fresca acqua di sgelo. Era il bucaneve. Gesù bambino potè bere; e da allora, in ricordo di quel giorno, il bucaneve ha il privilegio di forare il bianco mantello che copre la terra. (R. Pezzani)
Nevicata
Era una delle ultime notti di gennaio; nevicava: le vie della città, le piazze, i davanzali, le terrazzine delle case, gli alberi dei giardini, tutto era bianco, sepolto, sovraccarico di neve; i fiocchi venivan giù lenti, grossi, fitti, e sullo strato nevoso lungo i muri, non appena s’imprimeva un’orma ne spariva ogni traccia. I lampioni agli angoli della strade mandavano intorno un chiarore velato e triste; sui crocicchi, per quanto si guardasse, avanti e indietro, a destra e a sinistra, non si vedeva nessuno; in ogni parte un silenzio cupo: si sarebbe sentita, per modo di dire, cadere la neve. (E. De Amicis)
Nevicata in città
Gli alberi sono carichi di candido fogliame e di fiori cristallini. I tetti sembrano coperti d’uno strato di soffice bambagia. Un passero pigola e fa capolino dalla volta di una tegola, rannicchiato come un riccio. I bambini escono dalla scuola intirizziti, raccolti a due, a tre, sotto certi ombrelloni che paion camminare da sè, radendo terra. Tutti hanno una grande smania di correre. (A. Stoppani)
Sotto la neve
Neve dappertutto: alta sui tetti, sui fianchi dei monti, sulle pinete, sui ciliegi dei cortili, sui susini degli orti, sopra i davanzali delle finestre, sulle altane delle stalle. Neve profonda: il paese vi sparisce dentro fino ai comignoli. A colpi di vanga bisogna liberare i sentieri, per giungere alle porte dei vicini e alle fontane per prender l’acqua coi secchi. La montagna di faccia sembra un colosso bianco con la fronte nel cielo bianco, con uno smisurato mantello bianco sulle spalle. I giganteschi abeti, nel loro niveo mantello, non sembrano più alberi. (R. Parini)
Notte d’inverno
Nevicava: le vie della città, le piazze, i davanzali e i terrazzini delle case, gli alberi dei giardini, tutto era bianco di neve e i fiocchi venivano giù densi e fitti. Era una di quelle notti in cui chi si trova fuori di casa si affretta a ritornarvi a passi rapidi, con l’occhio a terra per scansare le pozzanghere, con il collo rientrato nelle spalle, col bavero del vestito alzato, con le mani affondate nelle tasche, tutto inarcato e rimpicciolito. (E. De Amicis)
Il silenzio della neve
L’inverno porta il silenzio nei campi. E dove cade la neve, il silenzio è ben più profondo. Sotto il bianco mantello la terra dorme e i pochi rumori si perdono subito come se fossero inghiottiti dall’aria. Anche il suono delle campane, sempre così squillante e festoso, diventa cupo. La terra dorme il suo profondo sonno invernale. (G. Cauzillo)
Cortile in inverno
Un cortile. Finestre chiuse, vetri appannati. Qualche filo di ghiaccio penzola qua e là dalle gronde, immobile, rigido, quasi trasparente ai deboli raggi del sole. E’ nevicato e la neve coi suoi luccichii e scintillii è la festa dei bambini. Dal cortile si levano grida di gioia che si frangono contro i vetri delle finestre e si spengono tra i muri delle case. Le voci dei ragazzi che si rincorrono nel cortile, balzano e rimbalzano con improvvisi alti e bassi, esplodono con rapidi frastuoni, tacciono, sussurrano, riprendono ad urlare.
Neve sull’oliveto
Da due giorni non si apriva uno spiraglio nel cielo chiuso e inerte; il giorno era un lungo crepuscolo, e cadeva una pioggia fine e incessante. Ieri il cielo di piombo si saldò all’orizzonte come un coperchio, e a tarda sera cadde la neve, che continuò per un pezzo durante la notte, coprendo ogni cosa. Stamane, alzandoci, abbiamo visto tutto bianco. Corrono voci inquietanti di danni causati dalla neve agli olivi. Appena fuori dall’abitato, fisso lo sguardo sugli oliveti della collina opposta, ma non riesco a scoprire nulla; i miei occhi, assuefatti da alcuni giorni alla penombra della casa, sono abbagliati dalla neve che copre tutto. (F. Seminara)
Nevicate alpine
Chi non vide le immense e profonde nevicate alpine, non può comprendere questo delirio della bianchezza. Le maggiori nevicate, dalle Alpi in giù, lungo i monti, le valli e le pianure d’Italia, anche a giudicarne dalle più iperboliche descrizioni, mi parvero sempre tenui e mansuete. Inverno da dilettanti o di parata, che viene per la mostra e che il primo scirocco o scioglie e mitiga in gran parte. La neve che ha tre, quattro, cinque metri di spessore, ha un aspetto ben diverso da quella che si misura in centimetri. La sua bianchezza è più immacolata, più lucente, più metallica; non c’è potenza germinativa che vinca o dissodi la sua compagine; attraverso i suoi cristalli, nulla traspare della buona faccia terrestre, il suolo che essa ricopre ne ha modificato la struttura; gli aspetti delle cose non sono più quelli. Quel dolce candore così radioso sotto il sole pomeridiano, così soavemente rosato al tramonto, se appena il cielo si appanna o cessano i raggi, diventa immediatamente spettrale. (G. Giacosa)
Riflessioni mentre nevica
La natura è sepolta sotto un lenzuolo bianco. L’inverno, simbolo della vecchiaia, non è lieto per me che non ho nessun gusto a far battaglie con le palle di neve. Io amo il verde, il sole, il cielo azzurro, e sento tutta la tristezza che deve pigliare i nostri montanari del lago di Como, quando vanno a cercare lavoro e fortuna in Inghilterra. Ah si, è pane ben guadagnato, a confronto del quale quello che trovo tutti i giorni sulla tavola è pan d’oro del cielo. Eppure non ci si pensa mai: e anche ieri mi sono lamentato che non fosse abbastanza ben cotto. Nevica. Un gran silenzio pesa sulla città. Le ore giungono soffocate e rotte. Penso ai paesetti che ho veduto quest’autunno nell’Engadina, che ora saranno sepolti fino ai tetti. Domani mattina gli abitanti dovranno aprirsi una strada o una galleria nella neve; come fanno le talpe nella terra dei campi, e ringrazieranno la madre natura se quest’anno saprà essere un po’ più discreta del solito nei suoi regali. Il vecchio Giovanni, che vive lavando scodelle, ha osservato quest’oggi: “Visto che Dio ce la manda, non potrebbe essere farina? Non si avrebbe che la fatica di raccoglierla, di metterla nei sacchi e di riempirne i magazzini. Ma nasce una questione: che cosa di farebbe il resto dell’anno?”. (E. De Marchi)
Neve in montagna
I prati, le case, le piante e la montagna sono coperti di neve, e uno stormo di corvi annuncia altra neve…
Sotto la neve, il bosco pare più fitto. La neve farinosa che va tranquillamente accumulandosi sui rami alti dei larici e degli abeti si fa peso, e curva il ramo, poi cade e scuote altra neve di altri rami più in basso e trasforma l’albero in una nuvola bianca. I rami liberati dal peso della neve oscillano un poco nell’aria e tornano lentamente ad imbiancarsi per altra neve che cade. Ai piedi degli alberi, fra un tronco e l’altro, è tutto nero.
La neve cade su altra neve con un fruscio sottile. E’ così soffice, compatta, fredda asciutta che non si sentono tonfi. Lo strato cresce in silenzio; ma capita di avvertire un cedimento breve nella neve, uno strato superiore che si adagia su quello inferiore, già più saldo, e atto, a sua volta, a sopportare un nuovo strato di aria e di neve…
Di ora in ora, di giorno in giorno, la neve cresce; sono cristalli che si fondono e si alzano verso il davanzale delle finestre più basse. Il cumulo si alza come una siepe, una muraglia…
Neve
Nelle città la neve ha lavorato tutta la notte a stendere il suo velo, ma al primo mattino, i piedi degli uomini e le ruote dei veicoli rompono la fragile trama, la pestano e ne fanno un moticcio appiccicoso. Ma nelle campagne la gran pagina bianca resta a lungo intatta, e sembra attendere chi vi scriva una parola: di bellezza, di fede, chi sa? La parola, invece, è già scritta, sotto quel bianco: eterna parola chiusa nel piccoletto grano, che par morto ed ha in sè il mistero della vita, di tutta la vita. La neve dei campi è la neve più buona.
D. Valeri
Arriva la neve!
Il cielo è grigio, d’un grigio tutto uguale; l’aria è scura e pungente: tutto il mondo è immusolito. Ma, ecco: che cosa succede? Nell’aria sono apparse delle bricioline bianche, poi qualche falda che sembra burlarsi di noi, volteggiandoci davanti agli occhi e subito fuggendo. Ma ora sono tante le falde, sempre più fitte, non si possono più contare nè distinguere. E l’aria è tutta bianca, la terra ha subito un velo d’argento; in breve tutto il mondo è bianco, indistinto, silenzioso.
Una nevicata
Gli alberi sono carichi di candido fogliame e di fiori di cristallo. I tetti sembrano coperti da uno strato soffice di bambagia; i camini, mezzo sepolti, soffiano, come altrettante bocche, da una gran barba bianca. Sembra che la gente abbia una gran smania, tutti tirano dritto, dritto, intabarrati, incappucciati, incappottati. E i bianchi fiori scendono soffici, lentamente, roteando. (A. Stoppani)
La neve durò poco. Dapprima una forte pioggia, di cui ogni goccia scavava un buco nella neve già corrosa, poi il vento spazzarono la valle e la montagna. Dal bosco la neve cadde a mucchi, e solo qua e là sui più grossi rami ne rimase un po’, cristallizzata dal gelo.
Un giorno apparve il sole e il cielo si incurvò sulle lame brillanti delle montagne lontane. I ghiaccioli di cristallo pendenti dai rami e la neve sulle rocce sprizzarono scintille iridate; la sottile erba invernale, su cio la brina standeva le sue filigrane, brillò anch’essa, smeraldina; e i capretti candidi e neri scesero saltellando dalla mandria. (G. Deledda)
Nevicata
Le fronde degli alberi si piegano sotto candide arcate scintillanti! Nel giardino, le vecchie statue si ammantano di tuniche bianche, si incipriano, si incappucciano, incanutiscono sotto zazzere d’argento. E sul molle lenzuolo, disteso dalla pianura ai monti, resta assopito ogni rumore. Di giorno, anche le voci umane sembrano sospese nell’aria. (P. Lioy)
Le valanghe
Sulle cime più alte della montagna, dura rigido l’inverno per otto mesi. Su queste vette non erbe, non fiori, ma neve continua e, a lato, ghiacciai perpetui da cui soffiano violentissimi venti che spesso scoppiano in turbini, i quali sollevano la neve come onde del mare e ne fanno precipitare grossi ammassi: le valanghe. (A. Bresciani)
La neve
Cade a larghi fiocchi e copre gli alberi, i prati, i tetti delle case. I fiocchi scendono pian piano dal cielo e sembrano farfalle bianche. Ma appena si posano, ecco, la farfalla non c’è più. Ma altre farfalle sopravvengono, si ammassano, formano un candido manto che cambia l’aspetto di tutte le cose.
Una nevicata
I fiocchi di neve scendono vaporosi come fiori o ali di farfalle, e quanti ce ne sono in ogni nevicata! In breve, il suolo è completamente ricoperto come da un candido manto, e tutto cambia di aspetto.
Neve in montagna
La neve saliva. Vi fu qualche turbine di vento. La neve, sollevata, mulinava, ricadeva in stracci leggeri. La foresta gemeva, e si udivano gli scoppi dei rami che, troppo carichi e troppo tormentati, si spezzavano. In quei giorni, la furia dell’aria riusciva a svelare tra le nubi larghi specchi d’azzurro e un raggio di sole accendeva fra tanto candore, un brillio infinito. Sotto un cielo di stelle la neve gelava e nella tarda alba diffondeva riflessi di madreperla. Poi di nuovo la cenere chiara si adunava da ogni parte e ancora cadevano le piume bianche. (G. Fanciulli)
Neve
Nelle città la neve ha lavorato tutta la notte a stendere il suo velo, ma al primo mattino, i piedi degli uomini e le ruote dei carri rompono la fragile trama, la pestano e ne fanno un moticcio appiccicoso. Ma nelle campagne la gran pagina bianca resta a lungo intatta, e sembra attendere chi vi scriva una grande parola: di bellezza, di fede, chi sa? La parola, invece, è già scritta, sotto quel bianco; eterna parola chiusa nel piccoletto grano, che par morto ed ha in sè il mistero della vita, di tutta la vita. La neve dei campi è la neve più buona. (D. Valeri)
Neve
La neve che cade dà tanta gioia ai bimbi che vedono, nelle bianche distese, soltanto motivo di divertimento: scherzose battaglie di palle di neve, lunghe scivolate con slittini e sci e infine, l’aspetto nuovo, pittoresco e gentile, delle case, dei campi, delle strade. Per gli adulti la neve non è soltanto gioia, ma è anche freddo, intralcio al traffico e, per i poveri, poco lavoro, fame, difficoltà di ogni genere.
La neve
La neve! Che festa per i ragazzi! Tutto diventa bello sotto il suo candido manto. Godete la neve, bambini, ma non dimenticate che la neve vuol dire anche freddo, fame e tribolazioni per i poveri. Una bella nevicata e una bella carità! Due cose che starebbero tanto bene insieme!
La neve è bella
Una nevicata è una pioggia di farfalle candide. Senza lampi e senza tuoni, quasi sempre nel più profondo silenzio, quei fiocchi bianchi scendono a mille, a milioni da un cielo bigio cinereo, roteando per l’aria e tutto ricoprendo di un manto lucente e morbido. La terra bruna diventa bianca e bianchi i tetti e i muri. E le forme delle case anch’esse si arrotondano, svaniscono e si disciolgono in quell’oceano bianco, morto, freddo. (P. Mantegazza)
Il silenzio della neve
Dicembre porta il silenzio nei campi. E dove spesso cade la neve il silenzio è ben più profondo. Sotto il bianco mantello la terra dorme e i pochi rumori si perdono subito come se fossero inghiottiti dall’aria. Anche il suono delle campane, sempre così squillante e festoso, diventa sordo. La gente cammina frettolosamente e sembra che vada in punta di piedi e che parli a voce sommessa, come se avesse paura di svegliare la terra che dorme il suo profondo sonno invernale. (G. Cauzillo)
Nevicata in città
Gli alberi sono carichi di candido fogliame e di fiori cristallini. I tetti sembrano coperti d’uno strato di soffice bambagia… Un passero pigola e fa capolino dalla volta di un tegolo, rannicchiato come un riccio. E guardando in alto tu vedi, un bel pezzo prima, quello che arriverà dopo. (A. Stoppani)
Nevicata
Nevicata: le vie della città, le piazze, i davanzali, le terrazzine delle case, gli alberi dei giardini, tutto era bianco, sepolto, sovraccarico di neve; i fiocchi venivano giù lenti, grossi, fitti, e sullo strato nevoso lungo i muri, non appena si imprimeva un’orma ne spariva ogni traccia. I lampioni agli angoli delle strade, mandavano intorno un chiarore velato e triste. (E. De Amicis)
Dettati ortografici sulla neve – Tutte le opere contenute in questa raccolta restano di proprietà dei rispettivi autori o degli aventi diritto. Il proprietario di questo blog non intende in alcun modo violare il copyright o farle passare come proprie opere.