Dettati ortografici CRISTOFORO COLOMBO – Una collezione di dettati ortografici e letture per la scuola primaria su Cristoforo Colombo e la scoperta dell’America (12 ottobre 1492).
Cristoforo Colombo
Cristoforo Colombo, tra i molti navigatori che intorno al 1500 compirono audaci viaggi di esplorazione per mare, alla ricerca di nuove terre o di più comode vie di navigazione, è certamente il più famoso. Egli era convinto che la nostra terra avesse la forma di una sfera; pensava, quindi, che chi partisse da un qualsiasi punto e navigasse sempre in direzione di ponente, avrebbe finito per giungere alle favolose terre di oriente: il Giappone, le Indie, la Cina.
Non gli fu però facile porre in atto il suo proposito, spesso giudicato addirittura pazzesco: ma, finalmente, dopo lunghi anni di insistenze e di preghiere, ottenne, dalla regina di Spagna, tre vecchie caravelle scarsamente attrezzate e male equipaggiate e potè cominciare il suo viaggio, tra stenti e pericoli di ogni sorta, con una ciurma inesperta e ribelle. Finalmente, il 12 ottobre 1492, dopo settanta giorni di navigazione, egli riusciva a toccare terra approdando su un’isola che dapprima credette fosse il lembo estremo delle Indie, ma che in realtà era quel nuovo mondo, fino allora sconosciuto, che prese il nome di America.
Dopo questo viaggio Cristoforo Colombo ne effettuò altri ancora; quindi numerosi navigatori di ogni nazione seguirono il suo esempio e percorsero gli oceani ormai aperti ad ogni impresa. Fu così che, per l’eroismo del grande genovese, ebbero inizio quelle straordinarie esplorazioni che raddoppiarono la superficie del mondo allora sconosciuto, dettero il via a nuovi studi e procurarono ricchezze favolose.
Cristoforo Colombo
Un tempo non si sapeva che la terra fosse rotonda. Cristoforo Colombo, marinaio genovese e grande navigatore, fu uno dei primi ad affermarlo. Al fine di dimostrare ciò che diceva, egli intraprese un viaggio verso le Indie. Fu un viaggio avventuroso, lungo e disagiato, ma finalmente, dopo tre mesi di navigazione, il 12 ottobre la terra fu avvistata.
Cristoforo Colombo
Era italiano il grande navigatore che scoprì l’America. Con pochi uomini, su tre caravelle: la Nina, la Pinta e la Santa Maria, ebbe il coraggio di attraversare l’oceano sconfinato. Gli uomini dell’equipaggio avevano perduto la fede in lui, ma lui non l’aveva perduta. Finalmente ecco la terra. Colombo scende sulla riva, si inginocchia e la bacia. Era il 12 ottobre 1492.
Cristoforo Colombo
Alle due dopo mezzanotte, la Pinta, che veleggiava in testa, sparò un colpo di bombarda. “Terra! Terra!”. Ed era vero, stavolta, e la videro tutti, ombra nera sul cielo turchino, un paio di leghe più avanti.
Fu un delirio, una frenesia, un tripudio che pareva fossero tutti impazziti. I rombi delle bombarde rintronarono la notte e bandiere di gala furono alzate.
Gli uomini si abbracciarono gridando, singhiozzando, corsero all’impazzata da poppa a prora, da una banda all’altra; come se l’angusto spazio delle navi non bastasse più al loro bisogno di agitarsi, di sbracciarsi, di gridarsi l’un l’altro che la prova sovrumana era finita, che avevano compiuto la più grande impresa di mare che mai fosse stata tentata dai tempi dei tempi. (M. Ghisalberti)
Cristoforo Colombo
Cristoforo Colombo nacque a Genova nel 1451 e morì a Valladolid nel 1506.
Figlio di un cardatore di lana, fece, per qualche tempo, il mestiere del padre, quindi cominciò a navigare per vendere le sue mercanzie. Avendo sposato la figlia di un navigatore, ereditò, da quest’ultimo, carte e strumenti che lo invogliarono a intraprendere lunghi viaggi.
Convinto dal suo amico Paolo Toscanelli, bravissimo disegnatore di carte geografiche, il quale affermava che la terra era rotonda, Colombo concepì il progetto di una spedizione verso le coste orientali dell’Asia, per raggiungere le quali avrebbe attraversato l’Oceano Atlantico da oriente ad occidente.
Propose questa spedizione al Senato di Genova. La Repubblica genovese non accettò l’offerta e allora Colombo si recò in Portogallo dove presentò la stessa proposta al re di quel paese. Ma nemmeno qui Colombo ebbe fortuna. Anzi, si cercò di carpirgli la gloria del successo, inviando una spedizione sulla rotta da lui indicata.
La spedizione fallì e Colombo si recò allora in Spagna dove riuscì a presentare ai sovrani spagnoli la sua proposta, che fu presa finalmente in considerazione. Anzi, il genovese riuscì a stipulare con gli stessi sovrani, il 17 aprile 1492, un vero e proprio contratto in cui, in cambio delle terre da lui scoperte, gli venivano concessi il titolo di ammiraglio dell’oceano, il vicereame delle isole o terre da lui occupate, e una sovvenzione in denaro che doveva coprire le spese della spedizione. Gli furono concesse anche tre caravelle, la Nina, la Pinta e la Santa Maria, e con esse Colombo prese il mare, da Palos, un porto spagnolo, il 3 agosto 1492.
Dopo più di due mesi di navigazione verso occidente, in cui egli ebbe a lottare strenuamente contro lo scoraggiamento e le minacce dell’equipaggio, il 12 ottobre Colombo scorse il primo lembo di terra. Si trattava di un’isola dove le tre navi approdarono e che fu chiamata, da Colombo, San Salvador.
Convinto di essere sbarcato sull’estremo lembo dell’Asia, Colombo esplorò successivamente altre isole del luogo, quelle che un giorno si sarebbero chiamate le Bahamas. In una di queste costruì un fortilizio e lasciò una parte dei suoi uomini. Queste terre sconosciute erano abitate da uomini dalla pelle rossastra, molto ingenui e primitivi, che Colombo chiamò Indiani, sempre credendo di essere sbarcato in India.
Le due navi (la Santa Maria era nel frattempo naufragata) volsero la prua al ritorno e Colombo rientrò a Palos, accolto trionfalmente dai reali e dal popolo.
Confermato nella sua carica di ammiraglio dell’oceano e vicerè delle Indie Occidentali, chè così egli aveva chiamato le terre su cui era sbarcato, Colombo allestì una nuova spedizione, questa volta con diciassette vascelli. Rifatto il vecchio percorso, sia pure con una certa deviazione, il navigatore scoprì altre isole nel periodo di tre anni (1493-96). In un terzo viaggio (1498-500) si inoltrò anche nel continente, ma qui la malvagità e le calunnie dei suoi nemici lo raggiunsero, sì che egli fu destituito, fatto prigioniero e mandato, in catene, in Spagna. Qui giunto tentò di discolparsi e, liberato, potè intraprendere una quarta spedizione (1502-1504) in cui riuscì ad allargare le sue scoperte e a farne delle nuove.
Tornato in Spagna, fu ancora calunniato e tradito. Abbandonato dalla corte e vituperato dal popolo, il grande navigatore morì in miseria il 20 maggio 1506.
Il viaggio di Colombo
Dopo circa settanta giorni di un viaggio pieno di pericoli e di minacce da parte dei marinai scoraggiati, Colombo riuscì finalmente a toccare terra. L’isola a cui per primo approdò fu, da esso, chiamata San Salvador. Nei giorni seguenti scopriva altre isole; poi tornò in Spagna dove ebbe accoglienze trionfali. (D. Martellini)
I primi segni della terra vicina
O fresco ramoscello di biancospino, verdissimo e fiorito, divelto appena dal tronco, che ti culli sulle onde dolcemente, e sei assalito e rapito e portato in trionfo sulle navi, e sollevato nell’azzurro religiosamente, chi può dire di che brivido sacro e di quanta poesia hai scosso e inebriato ogni cuore? O erbe verdi di fiume, che chiazzano le onde qua e là, portate dalle correnti alla foce; o piccolo nido pieno d’uova entro la biforcazione di un ramo, che la madre non ha abbandonato e continua a covare sull’onde; o giunchi verdi da poco divelti alla zolla natia, con ancora tra le radici qualche minuzzolo di terra! (A. Albieri)
Terra! Terra!
L’equipaggio della Pinta scorse una canna e un bastone lavorato con ferro; la gente della Nina vide pure altri segni della terra e un piccolo ramo di rose canine. E la caravalla Pinta, siccome più veloce degli altri legni andava innanzi alla Santa Maria, ammiraglia, scorse la terra e fece i segnali ordinati. Terra! Terra! Si grida dai tre ponti. (Dal giornale di bordo di Cristoforo Colombo)
Terra! Terra!
Alle due del mattino, un colpo di cannone tuona sull’oceano dalla tolda della Pinta che, navigando in testa per scandagliare il mare, ha scorto la terra a due leghe di distanza. “Terra! Terra!“. Il grido tanto a lungo represso, l’urlo forsennato si libera dai petti esultanti. (R. Rippo)
La scoperta dell’America
Spunta l’alba dell’undici ottobre. Un giunco verde, fiorito tocca la Santa Maria, e l’equipaggio della Pinta raccoglie una canna, poi un piccolo palo lavorato, mentre quello della Nina afferra un ramoscello carico di insetti. La vita li sfiora, la dolce vita da cui si credevano abbandonati. Poi cala la notte, ma i segni che la terra è vicina, sono ormai certi. (R. Rippo)
La partenza di Colombo
Era l’alba e il porto di Palos si svegliava alla luce del mattino. Tre caravelle erano in procinto di salpare. Il gran pavese sventolava al vento mattutino e l’equipaggio, arrampicato sulle sartie e sui pennoni, salutava festosamente chi rimaneva a terra. Sembrava un giorno come tutti gli altri, e invece era un giorno che la storia avrebbe ricordato come una data fondamentale.
L’equipaggio di Colombo
I mormorii si fanno, in breve, clamori e minacce. Ormai l’ammiraglio doveva affrontare la ribellione aperta dei suoi uomini che pur devono aiutarlo a compiere l’impresa. Egli è solo contro tutti: non un cuore che lo comprenda, che vibri dello stesso disperato amore per questa terra che gli manda incontro il profumo dei suoi fiori, il canto dei suoi uccelli, i suoi richiami più allettanti e, pure, come per un gioco crudele, gli si nasconde ancora e si vela! (A. Albieri)
Alla scoperta dell’America
La terra nascosta continua a mandare i suoi messaggi incontro ai naviganti; sono sciami di uccelli variopinti e canori che riempiono l’aria di trilli, di gorgheggi, di melodie e, la notte, continuano a passare, frusciando con innumerevoli battiti d’ali; sono pesci in gran numero; e poi un airone, un pellicano, persino un’anatra che volano, anch’essi, verso libeccio. Avventuroso mattino, quello dell’undici ottobre! Sereno e dolcissimo, con l’aria tanto imbalsamata, che a chiudere gli occhi si poteva pensare a giardini in fiore. (A. Albieri)
Le isole del nuovo mondo
Posso annunciare alle Vostre Altezze che io potrei fornir loro tutto l’oro di cui potranno aver bisogno, e con un po’ d’aiuto dalla loro parte, anche spezie e cotone. Potrò anche fornire aloe e tanti schiavi quanti mi comanderanno di spedirne. Io credo di aver trovato anche rabarbaro e cannella; e la gente che ho lasciata laggiù troverà mille altri prodotti, non essendomi io potuto fermare in nessun posto ed avendo sempre dovuto navigare. In verità, credo di aver ben compiuto il mio dovere. (Dalla lettera inviata da Colombo ai reali di Spagna)
La scoperta dell’America
Cristoforo si destò di soprassalto, scese dal lettuccio, cercò a tastoni in quell’angolo. Sentì sotto le mani il rocchio della sagola d’uno scandaglio che egli aveva adoperato qualche giorno prima.
Lo prese e uscì sulla tolda.
Bonaccia di vento e di mare; la nave era immobile.
Cristoforo si sporse col busto fuori bordo, fissò l’acqua nera e immota sotto si sè, vi tuffò il piombino dello scandaglio, lasciò svolgere cautamente la sagola. Non ne aveva sfilato nemmeno venti braccia quando sentì che il piombino toccava fondo. Nello sesso istante udì un frullare di piccole ali alto sul suo capo, un chioccolio d’uccelli migranti nella notte.
“Terra!” gli gridò, dentro, il cuore “ora sì, terra!”.
Lasciò andare lo scandaglio, che giacesse là, su quel fondo saliente dell’abisso a dare il segno della prossima fine del mare.
“Terra!”
E un inno muto, solenne, immenso come quel mare che egli aveva varcato sollevò l’anima sua verso il cielo.
… Di lì a poco l’equipaggio della Pinta vide galleggiare una canna e un bastone, e più tardi pescò un altro bastone ingegnosamente lavorato.
Si levò il mare grosso più che in tutto il viaggio, il vento divenne incostante, a groppi, come in prossimità della costa. Alcune procellarie stridettero rauche in cresta alle onde. Verso mezzogiorno il mare s’abbonacciò, e allora i marinai della capitana videro un giunco ancora fresco passare vicino alla nave e guizzare un grosso pesce verde, di quelli che non s’allontanano mai dagli scogli.
La Pinta s’accostò alla capitana e Martin Alonzo vociferò di aver visto un altro pezzo di canna, ed erba diversa dalla solita, erba di terra, e una tavoletta.
Poi fu la volta della Nina, che passò accosto, sopravvento. Vicente Pinzon agitò, come una bandiera, un ramo di spino carico di bacche rosse, ripescato poco prima da uno dei suoi uomini.
“Portatelo al signor Capitano” gridò. “E’ stato tagliato di fresco!”.
Lo lanciò a bordo della Santa Maria. Giacomo lo afferrò a volo, si precipitò nell’alloggio di Cristoforo.
“Guarda!”
Il ramo gli tremava in mano, pareva che gli occhietti gli schizzassero dalle orbite, che l’esultanza gli mozzasse il respiro.
Cristoforo prese il ramo, lo guardò quasi come una reliquia. Andò a deporlo ai piedi della statuetta della Vergine.
Allora credettero tutti, e fu un velettare febbrile, un arrampicarsi sugli alberi, un ridere, un chiamarsi festoso. A sera, il Salve Regina echeggiò sul mare come un Gloria…
Alle due dopo mezzanotte, la Pinta, che veleggiava in testa, sparò un colpo di bombarda. “Terra! Terra!”.
Ed era vero stavolta, e la videro tutti, ombra nera sul cupo turchino, un paio di leghe più avanti.
Fu un delirio, una frenesia, un tripudio che pareva fossero tutti impazziti.
I rombi delle bombarde rintronarono nella notte, le bandiere di gala furono issate, il Gloria in excelsis eruppe da tutti i petti e parve che ogni gola trovasse la potenza sonora di un organo. Gli uomini s’abbracciarono gridando, singhiozzando, corsero all’impazzata da poppa a prora, da una banda all’altra, come se l’angusto spazio delle navi non bastasse più al loro bisogno di agitarsi, di sbracciarsi, di gridarsi, l’un l’altro, che la prova sovrumana era finita, che avevano compiuto la più grande impresa di mare che mai fosse stata tentata dai tempi dei tempi.
(Mario Ghisalberti)
La caravella
Era una bella barca davvero la caravella, barca festosa, tutta colori e gale, tutta luccichio e bandiere. Lunga una quarantina di metri, larga sette o otto, era dipinta sui fianchi di bei colori vivaci: azzurro, bianco, rosso, giallo. Ornamenti dorati erano dappertutto. Aveva tre alberi: il trinchetto a prua, il maestro al centro, l’albero di mezzana a poppa. Le funi della manovra, a gruppi di cinque, portavano cinque lettere per poterle riconoscere: A. V. M. G. P. (Ave Virgo Maria Gratia Plena). Così i marinai, nella manovra delle vele, invocavano la Madonna.
La vita a bordo
Ma se la caravella era bella, la vita che vi si faceva sopra era dura. Il lavoro era febbrile, a tutte le ore del giorno e della notte; il mangiare consisteva sempre in pane secco e pesce salato. Solo il Capitano e i piloti avevano una tavola, i marinai mangiavano sui ginocchi o seduti sui talloni e tuffavano le mani in un unico piatto di legno messo in mezzo.
Il servizio era diviso in quarti di quattro ore a cominciare dalle otto del mattino.
Al primo quarto del giorno il mozzo voltava la clessidra, recitava l’Ave Maria e cantava: “Benedetta sia la luce e la santa croce; benedetto il Signore che è verità e la santa trinità”. La sera, al crepuscolo, il mozzo cantava: “Benedetta Maria che concepì il Signore, benedetto Giovanni che lo battezzò, Maria e Giovanni guardateci in quest’ore”.
Cristoforo Colombo
Il 13 agosto 1476 Colombo si trovava a bordo di una delle navi genovesi che trasportavano merce a Lisbona. Verso sera il convoglio venne attaccato da una squadra navale franco-portoghese, e le navi genovesi, inferiori per numero e per armamento, vennero affondate.
Colombo, ferito, riuscì a nuotare per sei miglia e raggiunse la terra; fu quello il suo arrivo in Portogallo, il luogo in cui maturò il suo grande progetto.
Quando vi si stabilì Colombo, Lisbona, la capitale portoghese, era la città di mare più attiva, più intraprendente, più aperta ai grandi e audaci progetti. Il desiderio di scoprire la via di mare verso le Indie era vivissimo. Erano stati fatti molti tentativi e sempre per quella unica via ritenuta possibile: giungere alle Indie, circumnavigando l’Africa. Nessuno aveva pensato all’oceano fino al giorno in cui Colombo, forte della teoria del Toscanelli, propose al re del Portogallo di concedergli una piccola flotta per arrivare alle Indie dopo aver attraversato l’oceano. Il navigatore genovese destinava le innumerevoli ricchezze, che l’impresa avrebbe fruttato, all’allestimento di una poderosa crociata destinata a liberare definitivamente i luoghi santi.
Il re del Portogallo giudicò lui folle, e folli le sue idee. Tuttavia Colombo lo convinse a sottoporre il suo progetto alla Commissione scientifica per la navigazione: la Commissione non bocciò del tutto il progetto, lo ritenne realizzabile.
Colombo aveva speso tutto nel tentativo di far approvare il suo progetto. Temendo di essere arrestato per debiti, abbandonò Lisbona per la Spagna. Cercò di convincere i reali spagnoli; il suo progetto venne esaminato e giudicato inattuabile, da un’altra commissione. Per ben sei anni Colombo tenne duro, tra umiliazioni d’ogni genere. Infine, dopo tanti anni, la casa reale spagnola bocciava definitivamente il progetto ritenendo eccessive le spese per attuarlo.
Colombo, deluso nelle sue speranze, pensava di raggiungere la corte francese. Ma la regina Isabella lo fece richiamare: convinta dal suo confessore, amico di Colombo, lo finanziava e gli concedeva tra navi per tentare l’avventura. I sovrani avevano capito (nel frattempo il portoghese Bartolomeo Diaz aveva doppiato il Capo di Buona Speranza) che conveniva giocare quella carta: il rischio economico era minimo se si consideravano i vantaggi che potevano derivare dal felice esito della spedizione. Colombo ebbe tre caravelle, il titolo di Ammiraglio dell’Oceano e venne fatto vicerè e governatore di tutte quelle terre che avrebbe eventualmente scoperto.
Dopo il primo viaggio, Colombo venne accolto in Spagna con tutti gli onori: il suo merito riconosciuto ed esaltato. Ma, in seguito, cadde in disgrazia. Le terre scoperte non erano favolosamente ricche come si sperava; la colonizzazione si presentava difficile; le Indie non erano state raggiunte.
Di tutto, Colombo venne ritenuto responsabile. Gli fu tolto il titolo di vicerè, e il suo successore, senza attendere ordini dai sovrani, lo spedì in Spagna incatenato, come un malfattore. I sovrani spagnoli ripararono quell’affronto, liberando il grande navigatore, ma Colombo non riacquistò mai più il favore, i benefici di cui aveva goduto un tempo.
Finì i suoi giorni a Valladolid, fino all’ultimo convinto di aver raggiunto l’Asia, non un nuovo continente.
La grande avventura di Cristoforo Colombo
Porto Palos, agosto 1492
Sta per salpare una strana spedizione capeggiata dal genovese Cristoforo Colombo, che si propone di raggiungere le Indie navigando verso ovest, presupponendo che la terra sia rotonda. L’equipaggio è di 87 uomini, in massima parte spagnoli. Si imbarcheranno su tre navi: la Santa Maria, ammiraglia, che stazza 230 tonnellate, è lunga 30 metri e larga 9; la Pinta di 75 tonnellate di stazza, 22 metri di lunghezza e 7 di larghezza; e la Nina che stazza 60 tonnellate, è lunga 20 metri e larga 7.
L’11 ottobre
La terra nascosta continua a mandare i suoi messaggi incontro ai naviganti; sono sciami di uccelli variopinti e canori che riempiono l’aria di trilli, di gorgheggi, di melodie, e la notte continuano a passare, frusciando con innumerevoli battiti d’ali; sono pesci in gran numero; e poi un airone, un pellicano, perfino un’anatra che volano, anch’essi, verso libeccio. Avventuroso mattino, quello dell’undici ottobre! Sereno e dolcissimo, con l’aria tanto imbalsamata, che a chiudere gli occhi si poteva pensare a giardini in fiore. (A. Albieri)
L’impresa di Cristoforo Colombo
Il tre agosto, Colombo, all’età di quarantun anni, partiva da Palos. Era il suo strano e meraviglioso viaggio, su un oceano che nessuno aveva mai solcato e per una meta che non si sapeva se fosse raggiungibile.
Per due mesi le tre unità corsero per mari sconosciuti in balia d’eterne tempeste e bonacce, senza vedere terra alcuna. Le ciurme stanche tumultuavano, volendo tornare indietro, ma Colombo tenne fermo finchè un giorno potè mostrare alcune erbe galleggianti sulle acque del mare e un ramo appena diverto: prove che la terra era vicina. Infatti alle dieci di sera dell’undici ottobre, Colombo che vegliava tra l’ansia e il timore, vide in lontananza un lumicino che su muoveva e lo additò alla ciurma.
Poco dopo, alle due dopo mezzanotte, dalla nave che correva più avanti si levò il grido: “Terra! Terra!”
All’alba ecco apparire sull’orizzonte un’isola tuta verdeggiante di boschi e di prati.
Colombo sbarcò per primo tenendo in una mano la bandiera della Spagna e nell’altra la spada sguainata, ma appena toccata terra, si inginocchiò, la baciò, e fece piantare una croce.
Quella prima isola scoperta venne chiamata San Salvatore.
Una lunga storia
Da quattordici giorni le caravelle di Colombo avevano toccato la nuova terra sconosciuta e navigavano tra le isole meravigliose.
Quel mattino, era il ventotto ottobre 1942, le caravelle gettarono le ancore nell’insenatura di una terra incantevole: l’isola di Cuba.
Le sue rive verdissime si perdevano all’orizzonte. Un forte profumo emanava dai suoi boschi. Colombo e il suo equipaggio erano affascinati e felici.
Poi Colombo mandò due suoi capitani ad esplorare la nuova terra. Quando tornarono, essi portavano con sè alcuni oggetti preziosi e frutti mai visti. Alcuni di questi erano avvolti entro lunghe foglie grigiastre. Ma bastava toglierle per vedere luccicare qualcosa che pareva d’oro. Gli indigeni li chiamavano maiz, li coltivavano estesamente e se ne nutrivano.
Fu così che gli abitanti d’Europa conobbero, per la prima volta, il maiz che gli Indiani d’America coltivavano fin dai tempi dei tempi.
La nuova terra
Queste isole erano molto fertili; possiedono molti porti e numerosi spiagge salubri e bellissime tutte accessibili, coperte di una lussureggiante vegetazione, con alberi di mille specie che quasi toccano il cielo. Io penso che essi non perdano mai le foglie, poichè li vidi così verdi e belli, come lo sono gli alberi in Spagna nel mese di maggio. Alcuni erano in fiore, altri carichi di frutti ed altri si trovavano in condizioni secondo la loro natura. Vi sono sei o sette specie di palme bellissime per la loro varietà.
Vi sono delle pinete meravigliose, dei campi vastissimi, molte specie di uccelli e numerosissime qualità di frutta. Gli usignoli ed altri uccelli di mille specie cantavano nel mese di novembre, quando io giunsi in questi luoghi. (da una lettera di Cristoforo Colombo)
Le isole del nuovo mondo
Posso annunciare alle Vostre Altezze che io potrei fornir loro tutto l’oro di cui potranno aver bisogno, e con un po’ di aiuto dalla loro parte, anche spezie e cotone. Potrò anche fornire aloe e tanti schiavi quanti mi comanderanno di spedirne. Io credo di aver trovato anche rabarbaro e cannella; e la gente che ho lasciata quaggiù troverà mille altri prodotti, non essendomi io potuto fermare in nessun posto ed avendo sempre dovuto navigare. In verità, credo di aver ben compiuto il mio dovere. (Dalla lettera inviata da Colombo ai Reali di Spagna).
Impressioni di Colombo dopo il suo primo viaggio
E’ Colombo che parla del suo viaggio, dei suoi incontri, della sua meravigliosa avventura. La descrizione è semplice, limpida e serena come l’animo e il cuore del grande navigatore.
Ho trovato moltissime isole popolate da innumerevoli abitanti e di tutte ho preso possesso in nome delle Vostre Maestà proclamandole padrone di queste terre e piantandovi la bandiera reale senza incontrare resistenza.
Tutte queste isole sono estremamente fertili: esse posseggono molti porti superiori ai nostri porti cristiani e numerose spiagge salubri e bellissime. Queste isole sono molto belle, tutte accessibili, coperte di una lussureggiante vegetazione, con alberi di mille specie che quasi toccano il cielo. Io credo fermamente che essi non perdano mai le foglie, poichè li vidi così verdi e così belli quali lo sono gli alberi in Spagna nel mese di maggio. Alcuni erano in fiore, altri carichi di frutti ed altri si trovavano in altre condizioni secondo la loro natura.
Gli usignoli ed altri piccoli uccelli di mille specie cantavano al mese di novembre quando io giunsi in questi paraggi. Vi sono delle palme di sei o sette specie, bellissime per la loro varietà. Vi sono delle pinete meravigliose, dei campi vastissimi, del miele, molte specie di uccelli e svariatissime qualità di frutta. Gli abitanti di queste isole non hanno ne ferro, ne acciaio, ne armi, delle quali d’altronde non sarebbero capaci di servirsi, non perchè essi non siano robusti, ma perchè sono sorprendentemente paurosi. Essi non hanno altre armi che una canna alla cui estremità vi è un piccolo pezzo di legno aguzzo.
Non conoscono ne sette ne idolatrie di alcun genere, e sono convinti solamente che la felicità e la forza sono in cielo. Credevano fermamente che io con le mie navi ed i miei uomini fossi sceso dal cielo, e con questa credenza essi mi ricevettero in tutti i luoghi dopo aver vinto la loro timidezza. Sono molto intelligenti, perfetti conoscitori di questi mari, e si rendono conto di tutto ciò che fanno, benchè non abbiano mai veduto gente civile, nè navi grandi come le nostre.
Appena arrivai alle Indie, nella prima isola dove atterrai, feci alcuni prigionieri, perchè apprendessero la nostra lingua e ci dessero le informazioni di ciò che vi era in questa regione: così noi arrivammo a comprenderci mutualmente con parole e con segni. Ancora oggi io ho con me questi Indiani, i quali mi sono di grande utilità, perchè credendo sempre che io venga dal cielo dal cielo, mi annunciano ai loro compatrioti come un inviato celeste. A questo annuncio tutti accorrono e ci portano da mangiare e da bere con una sorprendente affidabilità. (C. Colombo)
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