LE PECORE E LE CAPRE dettati ortografici, poesie e letture per bambini della scuola primaria.

La pecora e la capra

Buone e pacifiche, le pecore e le capre pascolano sui prati e brucano l’erba e i germogli lungo le siepi. Il vello delle pecore è folto e morbido, formato da bioccoli di lana.
Il maschio della pecora si chiama montone, ed ha due corna ricurve.
Le capre hanno una graziosa barbetta sotto il mento e piccole corna curve e affilate con le quali aggrediscono e si difendono.
Pecore e capre vengono riunite in greggi sorvegliate dai pastori e dormono negli ovili con gli agnelli e i capretti.
Sono ruminanti ed erbivori; danno latte e carne; la pecora, inoltre, ci dà la lana e con la pelle della capra, conciata, si fanno scarpe e guanti.
In Italia le pecore sono allevate specialmente nel Lazio, nell’Abruzzo, nel Molise e nell’Umbria. Durante l’estate, le greggi si spostano dalle pianure ai pascoli appenninici, che abbandonano al principio dell’inverno. Questa periodica migrazione è detta transumanza. La transumanza viene effettuata su antiche vie chiamate tratturi.
Le pecore si chiamano ovini e le capre caprini. Sono ruminanti simili alla capra anche il camoscio, lo stambecco e il caribù.

La pecora

Anticamente la pecora dovette essere un animale simile al camoscio: agilissima, dotata di corna e magari di umore alquanto aggressivo. Oggi è l’animale più mansueto che si conosca: effetto dell’addomesticamento. Vicino all’uomo, allevata da lui, la pecora, innanzitutto, è ingrassata, poi ha perduto i suoi istinti aggressivi.

Ritorna il gregge

Il gregge tornò dalla montagna. Primi venivano i montoni, con le corna basse e l’aspetto selvaggio; dietro il grosso delle pecore: le madri un po’ stanche, gli agnellini da lette coi musetti tra le zampe delle mamme. I muli, infioccati di rosso, portavano nelle gerle gli agnelli di un giorno, e camminando li cullavano. Ultimi i cani, ansimanti, con un palmo di lingua fuori dalla bocca; e due pastori giganteschi avvolti in ampi mantelli rossi che scendevano giù fino ai piedi.
La processione ci sfila davanti gioiosamente e per il cancello entra nel cortile: gli zoccoli picchierellano sull’ammattonato come uno scroscio di  grandine. E in mezzo al trambusto il gregge entra nell’ovile.
(A. Daudet)

Il gregge

Ecco le pecore in viaggio. Avanti e attorno a loro, camminano i cani da guardia. Sono bianchi come le pecore e procedono a testa alta, guardinghi. Vegliano sulle pecore e le difendono. Dietro ai cani vengono i montoni, scuotendo il campanaccio schiacciato. Sono seguiti dal gregge senza ordine. A capo basso, con gli occhi tristi che non guardano di lato, le pecore camminano in branco. Dove va l’una, vanno le altre.
Quelle vicino alle siepi, strappano qualche foglia. Dietro a questo fiume di lana calda,, che alza il polverone delle strade, vengono i pastori, o a piedi o a cavallo, con l’ombrello a tracolla e un lungo bastone in mano. Essi corrono dietro alle pecore che si sbrancano, spingono quelle che restano indietro zoppicando; raccolgono gli agnelli nati lungo il viaggio, bianchi e rosa, belanti.
Ogni tanto si volgono indietro. Nuvole dense hanno coperto i loro monti. Il vento stacca dagli alberi del piano le foglie ingiallite.
(P. Bargellini)

Agnello
Nessuno ti pettina i ricci,
nessuno ti bacia sul muso,
la mamma è partita dal chiuso,
sei piccolo e senza capricci.
L’erbetta più tenera e fine
la cerchi nel prato da te:
si sente tremare il tuo bee,
per vaste pianure e colline.
Per quel campanello che scuoti
le valli non sono più mute,
la terra imbandita di rute,
riporti ad incanti remoti.
Guidato a più libera altura
tra boschi, torrenti e perigli,
mio piccolo agnello somigli
un poco di neve che dura.
(R. Pezzani)

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