CAVALLO, ASINO, MULO: dettati ortografici, poesie e letture per bambini della scuola primaria.

Il cavallo

Il cavallo è il più nobile animale della fattoria: è slanciato, ha la testa allungata, gli occhi grandi e le orecchie a punta di cartoccio. Scuote la folta criniera, dondola la coda lucida; ma zampe sottili e robuste, terminanti in un piede con un solo dito, protetto dallo zoccolo.
Talvolta, mentre gli si mettono i finimenti, il cavallo sbuffa, nitrisce, scalpita e allarga le froge.
Tra i denti canini e i molari c’è uno spazio vuoto che porta il nome di barra, utile per appoggiarvi il morso: è questo l’arnese di cui si è servito l’uomo per domarlo.
Il mantello o pellame che ricopre il cavallo è molto vario. Il cavallo si dice baio quando ha il mantello rosso – castano, la criniera e la coda nere; sauro quando è più scuro o più chiaro del baio, ma con la criniera e la coda dello stesso colore del mantello; morello, storno quando è grigio macchiettato di bianco; roano quando ha il mantello bianco e grigio.
La durata della vita di un cavallo non supera i trent’anni.
Il cavallo veniva impiegato nei lavori agricoli e come mezzo di trasporto.
Alla famiglia degli equini appartengono anche l’asino e il mulo.

Il cavallino
L’altro giorno, alle pendici di Monte Mario, trovai un cavallino. Un cavallino nato da un mese, un mese appena; accosto alla cavalla, che era con una lunga criniera chiara; una madre bellissima e, dietro, andava a passi lenti il cavallo padre. Anzi, prima era il pastore che, con una lunga canna di comando sulle spalle, apriva il dolce e innocente corteo, poi era il cavallo padre e la cavalla madre, i quali andavano quasi di pari passo affiancati, poi era il cavallino. Padre e madre andavano fiutando l’erba, pregustando il vicino pascolo. Ma, il cavallino, non faceva altro che saltare. I cavallini hanno la testa a triangolo, piccina; la mascella vi disegna un archetto ben profondo; hanno la coda corta, ciuffosa,  ad anelli neri come le treccine delle ragazze di pochi anni. Hanno la sella vergine, snella, benissimo marcata ai lombi e già esuberante per quanto sia poco tempo che sono nati. Hanno le zampe lunghe, nocchiute; ma lo zoccolo l’hanno piccino, e non stanno mai fermi..
(L. Bartolini)

L’asino

L’asino somiglia al cavallo, ma ha il corpo più piccolo (supera di poco l’altezza di un metro); la sua testa è grossa e pesante; le orecchie sono lunghe, la criniera è ruvida con peli dritti; la coda è liscia, rivestita di peli solo all’estremità. Il mantello dell’asino può essere di colore grigio, bianco pezzato o scuro. La sua voce è sgraziata e rumorosa: si dice raglio e si distingue nettamente dal nitrito.
L’asino si nutre di fieno e di erba fresca. E’ un animale paziente e laborioso. Veniva utilizzato per il traino, per la soma e per la sella.

Il mulo

E’ figlio dell’asino e della cavalla. Si distingue dal cavallo per la forma del capo, per le orecchie più lunghe, per la coda simile a quella dell’asino. Il colore del mantello è come quello del cavallo.
Il mulo raglia come l’asino.
Il mulo è robusto come il cavallo, paziente e laborioso come l’asino; tira spesso e facilmente calci terribili. Nei percorsi di montagna è superiore all’asino e anche al cavallo per la sicurezza con la quale cammina nei luoghi più pericolosi.

Il cavallo nella storia

Il cavallo fu più di una volta l’elemento determinante di eventi storici molto importanti. I cavalli fiancheggiarono le legioni romane in battaglia, i destrieri medioevali furono i fedeli compagni dei cavalieri nelle loro imprese straordinarie, i veloci corsieri trasportarono le popolazioni asiatiche ai confini dell’Europa. La conquista delle Americhe fu agevolata dalle poche centinaia di cavalli che gli esploratori e i conquistatori vi importarono dall’Europa.

Il cavallo

Il cavallo fu chiamato il figlio del vento perchè fino alla scoperta del motore, questo nobile animale fu il mezzo di trasporto più veloce che si conoscesse. Il cavallo fu domato dall’uomo fin dall’epoca più antica. In principio gli uomini gli davano la caccia per nutrirsi della sua carne, poi quando videro che poteva essere utilizzato per la velocità della sua andatura, lo addomesticarono e i cavalli divennero tra i servitori più preziosi dell’uomo.

Il figlio del vento

Io sono il cavallo. E sono bello. Sono agile. E veloce. E generoso. E forte. E coraggioso. E non sono, ovviamente, modesto. La modestia la lascio al mio parente, l’asino. Fu lui ad essere domato per primo e ciò dipese, quasi certamente, dalla sua mancanza di fiducia nei meriti della specie a cui apparteneva.
Ma l’asino non ama l’uomo, lo subisce. China la testa, presto volenteroso la sua schiena al carico e si sottomette docilmente alle stanghe. E l’uomo, che non ama gli umili, che non ha alcun rispetto per i sottomessi, non solo si serve di lui, ma lo beffeggia. Lo burla per le sue lunghe orecchie e chiama asini i suoi simili che non brillano per sapere.

Soltanto dopo aver domato l’asino, l’uomo volse la sua attenzione al cavallo. Il cavallo era un animale fiero, veloce, orgoglioso e l’uomo disse: “Lo domerò!”. Fu, per lui, un puntiglio d’onore. Domare un cavallo significava sentirsi più uomo, re del creato, quello per cui il creato era stato fatto.
Branchi di cavalli galoppavano per le steppe, nelle pianure, nei deserti, criniere al vento, occhi lucenti, garretti veloci, froge frementi. L’uomo  li vedeva passare nei lontani orizzonti quando procedeva, lento, sulle piste, guidando carovane di asini carichi di masserizie. Andava per le sue migrazioni, attirato dall’ignoto, verso le terre sconosciute, campi più pingui, fiumi più profondi  e foreste più folte. Ma il passo dell’asino era troppo lento per il suo desiderio e fu così che l’uomo, un giorno, cede un cappio con una lunga liana e catturò un cavallo.

Inutili i nitriti di dolore, di ribellione, di furore dell’animale prigioniero. Egli era l’uomo, il re, il dominatore, il despota. Il cavallo dovette cedere, anche se si ribellò, lo scavalcò, lo calpestò con i suoi duri zoccoli. Alla fine, schiumante di rabbia impotente, dovette quietarsi. L’uomo conobbe l’ebbrezza della velocità. Chiamò il suo destriero figlio del vento. Lo carezzò, lo strigliò, lo nutrì e gli mise il morso.
Il cavallo finì per non ribellarsi più a quel peso estraneo che sentiva sulla groppa. Imparò a conoscere lo strattone delle briglie e piegò la sua natura fiera alla volontà dell’uomo.
Divenne il suo fido compagno non soltanto nella corsa, ma anche nel combattimento. L’uomo ormai era progredito e faceva la guerra. Come fare la guerra, a quei tempi, senza il cavallo? Noi cavalli abbiamo sempre amato la battaglia. Il grido dei combattimenti ci esalta, lo strepitio delle armi ci inebria.
Incuranti del pericolo, portammo i cavalieri nella mischia e li facemmo diventare coraggiosi anche se non lo erano. Fummo bardati di ferro e di cuoio, portammo elmo e corazza come il cavaliere che ci montava. Giocammo con lui nei tornei e nelle giostre e lo seguimmo nella caccia. Un’epoca gentile e generosa prese il nome da noi: la cavalleria. Per l’uomo fummo un elemento indispensabile delle sue gesta gloriose. Dice un proverbio arabo: “Allah creò il cavallo e disse: ti ho fatto senza pari. Volerai senza lai e combatterai senza spada”.
(Mimì Menicucci)

Il cavallo

Il più importante fra gli equini è il cavallo. Ha la testa piccola, eretta, allungata; orecchie aguzze mobilissime, occhi vivaci. Il cavallo è uno degli animali che hanno prestato maggiori servizi all’uomo, ma ai nostri giorni sta perdendo di importanza, di fronte ai prodigi della meccanica che ne ha ristretto l’impiego.

L’asino

Perchè tanto disprezzo per questo animale così buono, così utile? L’asino è per natura molto paziente, tranquillo quanto il cavallo è fiero, ardente, impetuoso; sopporta con costanza e, forse, con coraggio, la fatica; è sobrio sia nella quantità che nella qualità del cibo, si accontenta delle erbe più dure e disgustose che il cavallo e gli altri erbivori lasciano e sdegnano; è invece delicatissimo per l’acqua: non vuole bere che quella più limpida.
(Buffon)

Il ciuchino del mugnaio
“Arri là!”. Passa il ciuchino
del  mugnaio con la sacca,
avviandosi al mulino
pel viottolo, alla stracca.
“Arri là!”. La testa bassa,
annusando per la strada,
par che cerchi mentre passa,
il mastello con la biada.
“Arri là!”.  Ma per carezza,
soffermandosi, ha buscata
una stretta di cavezza
e un’amabile legnata.
“Arri là!”.  Come protesta
all’offesa dignità,
il ciuchino alza la testa:
“Ah!… ih ah! ih oh! ih ah!
(Dante Dini)

Il muletto
Lontano lontano lontano
si sente suonare un campano.
E’ un muletto per un sentiero
che si arrampica su su su!
Che tra i faggi piccolo e nero,
si vede e non si vede più!
Ma il suo campanaccio si sente
suonare continuamente.
(G. Pascoli)

L’asino e la speranza
Cieco, zoppo, brutto, vecchio
tira avanti un asinello.
Ma un allegro campanello
che gli suona nell’orecchio
lo rincuora e lo consola
raccontandogli una storia:
– C’era un tempo un contadino
che trattava l’asinello
con i calci e col randello,
e dicendogli: “In cammino!”
gli metteva sempre troppa
legna od altra cosa in groppa.
Ma Giuseppe falegname
l’asinello si comprò
e gli diede fieno e strame,
tutto a nuovo lo ferrò,
riservandogli l’onore
di portar nostro Signore.
Lo curò da ogni male,
lo strigliò da capo a piè
e gli mise al pettorale
un campano come me,
che a sentirlo mentre andava
tutto il mondo si voltava.
Soffri, dunque, rassegnato.
Verrà il giorno anche per te
che Giuseppe dal mercato
ti vorrà portar con sé.
Non importa se sei brutto
avrai fieno e strame asciutto.-
L’asinello zoppicando
gode il suon che l’accarezza.
Per sentirlo a quando a quando
scuote allegro la cavezza,
e, nutrito di speranza,
meno vecchio e stanco avanza.
(Renzo Pezzani)

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