Leggende della Liguria per la scuola primaria.
Leggende della Liguria
Capitan Bresca
Da quanti secoli quell’obelisco giaceva, mezzo interrato, vicino alla Basilica di San Pietro?
Era venuto dall’Egitto, perchè in quel paese, antichissimamente, gli obelischi servivano a segnare le ore con la loro lunga ombra.
Infatti gli obelischi erano altissimi e strettissimi massi di granito, terminanti a punta. Sulle facce rivelavano incise quelle strane figurine che costituivano la scrittura degli antichi Egizi.
Riusciva dunque difficile far reggere in piedi un obelisco. E infatti l’obelisco, che si trovava vicino a San Pietro, giaceva da secoli e secoli sdraiato per terra e nessuno si era sentito la capacità e il coraggio di rimetterlo dritto.
Il granito pesa moltissimo, tanto è vero che, a poco a poco, l’obelisco era affondato nella terra, dalla quale affiorava soltanto una faccia, tutta piena di scrittura figurata.
Ma nel 1584 papa Sisto V chiamò il suo architetto, che si chiamava Domenico Fontana, e gli disse: “Avete veduto quel bellissimo obelisco, che giace vicino alla sagrestia di San Pietro? E’ nostro desiderio raddrizzarlo proprio nel mezzo della piazza”.
“Sarà fatto, Santità” rispose l’architetto.
Misurò l’obelisco. Ne calcolò il volume e quindi il peso. Studiò macchine speciali, con ruote a ingranaggio e grosse funi di canapa, e quando gli parve d’essere sicuro del fatto suo, si presentò al papa e gli disse: “Santità, io sarei pronto per la manovra, ma ho paura”.
“Che cosa vi spaventa?” chiese Sisto V.
“Mi spaventa la folla,” disse l’architetto. “La notizia si è sparsa per tutta Roma, e il giorno della manovra sulla Piazza San Pietro accorrerà una gran folla”.
“Certamente” disse il papa “Anche noi ci saremo, con tutti i Cardinali. Che noia vi daremo?”.
“Mi darà noia il clamore, che coprirà la mia voce. I miei ordini non verranno uditi. Poi ci sarà chi griderà una cosa e chi un’altra. Invece io ho bisogno del più assoluto silenzio. Gli ordini devono venire soltanto da me, durante la difficilissima manovra”.
Sisto V era un papa molto energico e severo. Tutti lo temevano, perchè sapevano come fosse rigoroso contro coloro che disobbedivano.
Fece un editto, nel quale si ordinava il più assoluto silenzio. Chi avesse alzato la voce, durante la manovra di innalzamento, sarebbe stato punito con la morte.
Il papa Sisto non scherzava. Perciò i cittadini , nel giorno fissato, affluirono in Piazza San Pietro a bocca chiusa. S’intendevano a gesti e sembravano tanti sordomuti. Il papa aveva fatto mescolare alla folla molte guardie svizzere, con l’ordine di arrestare chi gridasse anche una sola parola.
Nel silenzio, l’architetto Fontana cominciò a dare gli ordini per la manovra. Le funi si tesero, le ruote cigolarono e l’obelisco, lentissimamente, cominciò ad alzarsi da un lato.
Tutti trattenevano il fiato, anche il papa e i Cardinali, attenti alla pericolosa operazione.
Sempre nel più assoluto silenzio, si udiva la voce dell’architetto, che seguitava a dare ordini. E l’obelisco continuava ad inclinarsi sempre di più, a drizzarsi sempre meglio.
Eccolo quasi verticale. Un ultimo strattone delle funi e l’obelisco sarebbe andato a posto, perfettamente dritto.
Ma le funi tese sono giunte alla fine del loro tratto e non si muovono più. Le ruote degli argani sembrano inchiodate. Tutta la grande macchina è ferma. L’architetto Fontana ha sbagliato i calcoli e l’obelisco rimane leggermente inclinato. Com’è possibile lasciarlo così?
Il papa guarda severamente l’architetto. L’architetto, costernato, guarda il papa. Tutto il lavoro fatto è dunque inutile?
Allora si ode una voce alzarsi dalla piazza. E’ la voce distinta, chiara, d’un uomo solo, che sembra abituato al comando e che grida: “Acqua alle funi!”.
Il papa volge lo sguardo irato verso il punto della piazza dal quale si è levata quella voce gagliarda e imperiosa. Le guardie accorrono per arrestare il ribelle agli ordini papali.
Ma l’architetto si batte la fronte e ordina di stare tutti fermi.
Fa portare secchi d’acqua, con i quali bagna davvero le funi. E le funi, con l’umidità, si accorciano, e quell’accorciamento è sufficiente per mandare a posto l’obelisco.
Intanto le guardie svizzere avevano arrestato l’autore del grido. Era un capitano marittimo di Sanremo, e si chiamava Bresca.
Condotto dinanzi al papa, tutti attendevano la sua condanna. Invece Sisto V gli disse benignamente: “Chi sei?”
“Sono il capitan Bresca”
“Di dove sei?”
“Di Sanremo”
“Perchè hai gridato?”
“Perchè noi marinai conosciamo bene le corde di canapa e sappiamo che quando sono bagnate si ritirano”
“Conoscevi l’editto che prometteva la morte a chi avesse gridato?”
“Sì, ma noi marinai liguri siamo abituati a sfidare la morte pur di fare un’opera buona!”.
La risposta piacque al papa, il quale, non solo perdonò il bravo marinaio ligure, ma lo volle premiare.
“Che cosa desideri?”
“Santità, prima di tutto la vostra benedizione”.
Dopo averlo benedetto, Sisto V chiese al capitano Bresca: “Vuoi altro?”
“Santità, l’onore per me e per i miei discendenti di fornire le palme al Palazzo Apostolico. Sulla riviera ligure crescono le più belle palme d’Italia.”
Il papa si stupì. Quel bravo capitano di mare non chiedeva, ma voleva dare.
E allora Sisto V volle essere generoso con lui. Lo nominò Capitano dell’Armata pontificia. Gli diede il privilegio di issare sulla sua nave la bandiera papale.
Così il capitano Bresca ebbe più onori dell’architetto Fontana e riportò, per sè e per la sua famiglia, un titolo di benemerenza e d’onore.
(P. Bargellini)
Leggende della Liguria
Le galline dell’isola Gallinara
L’isola Gallinara, questo già lo sai, sorge nel mare di Albenga, poco ad ovest della città. Quello che forse non sai è il perchè, ancora oggi, la solitaria isoletta porta questo singolare nome.
“Perchè era abitata dalle galline!” mi pare di sentirti esclamare.
Bravo, proprio cosi! Essa era abitata da galline, da galline selvatiche. Ascolta ora quel che avvenne…
Si sa che le galline sono alquanto pettegole. A volte il loro chiacchiericcio era talmente alto e petulante da essere udito perfino dalla costa per giornate e giornate intere.
Ti figuri gli abitanti? Ad un certo punto ebbero i loro nervi così fuori posto da non poterne più e cominciarono a imprecare contro quelle bestiacce e chi le aveva create.
Proprio così. Tu dirai che non è giusto. Sono d’accordo con te, ma questa, purtroppo, è la verità.
Ma quelle bestemmie non rimasero sulla costa ligure e tanto meno sulla terra. Arrivarono nientemeno che all’orecchio del buon Dio, il quale maledì l’isola e fece sì che da allora, nessuna gallina mai più ci vivesse.
Passarono gli anni…
Un giorno giunse ad Albenga l’abate francese Martino; scorse l’isola e la volle visitare. Innamoratosi della grande solitudine e della profonda pace che vi regnavano, la scelse per sua dimora e vi si stabilì.
Martino era un santo e le preghiere che egli quotidianamente innalzava a Dio arrivavano diritte al Creatore, nel Regno dei Cieli. Spesso, dunque, Martino, nelle sue orazioni invocava il buon Dio, affinché permettesse nuovamente alle galline di ritornare a vivere nell’isola.
Inutilmente, però, in quanto Dio non si lasciò commuovere nemmeno dalle parole del santo. E da allora le galline non vi fecero più ritorno. Di esse rimase soltanto il ricordo… nel nome dell’isola.
Il buon abate, ad ogni modo, se non riuscì a far tornare le galline, potè invece operare un altro miracolo.
Devi sapere che, anche in Liguria, esiste una certa pianta chiamata elleboro. Essa possiede una certa sostanza velenosa. Ebbene, San Martino riuscì a togliere ogni traccia di veleno all’elleboro che cresceva sulla Gallinara.
Difatti sull’isola oggi cresce soltanto una varietà di quella pianta, non velenosa.
Leggende della Liguria
La trave del tesoro
Un giorno d’ottobre dell’anno 1202 giunse a Portovenere, portato dalle onde, un grosso tronco. Era un normale tronco d’albero, anche se di grandezza non comune. I Portovenerini, vedendolo così lungo e grosso, si dissero: “Di questo tronco ce ne faremo una bella riserva di legna da ardere per quest’inverno”.
Detto fatto, ritornarono con asce e picconi, e giù colpi da orbo che avrebbero spaccato una montagna.
Non fu così per il tronco; infatti per quanto gli dessero non riuscirono neppure a scalfirlo.
Un fatto simile non era mai successo nella storia di Portovenere e dintorni; per cui l’impressione fu assai grande. Qualcuno disse: “Dev’essere certamente una cosa sacra! Per conto mio questo è un miracolo”.
E la voce del miracolo corse veloce per tutto il paese. La curiosità, però non diminuì, nei Portovenerini, anzi aumentò. Decisero allora di spaccare quel singolare tronco con ogni delicatezza.
Così, infatti, cominciarono a fare.
Ed ecco che ai primi colpi (erano quasi carezze) la misteriosa trave si aprì dolcemente, come uno scrigno, mostrando agli stupefatti abitanti immagini, quadri, arredi sacri e quattro cofanetti d’avorio tutti istoriati a penna, in rosso e nero.
Da dove mai veniva quel tronco? E chi aveva mandato la trave misteriosa?
Nessuno ha mai saputo rispondere a queste domande: ma i quattro cofanetti (unici in Italia di così prezioso e delicato lavoro in avorio) sono ancora nella chiesa di San Lorenzo, a Portovenere.
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