Il tributo: recita sul Medioevo. La scena è immaginata nell’umile casa di un servo della gleba, il contadino di allora.
Personaggi: il servo della gleba, il figlio, due alabardieri (soldati)
Figlio: Babbo, perchè sei triste? Sono stato al castello, sai! Mi hanno fatto entrare per aiutare gli sguatteri, perchè ieri c’è stata festa al castello, fino a notte fonda! Sono passato per lunghi corridoi e grandi stanze; una di queste è lunga quasi tutto il borgo… Ma perchè sei triste?
Servo della gleba: Per niente! Ti ascolto!
Figlio: Alle pareti sono appese teste di lupi e di cinghiali, corna di cervi e di caprioli. Questi animali li ha uccisi il conte, sai! E poi dappertutto si trovano lance, alabarde, mazze ferrate, e sui tavoli si vedono vassoi d’argento e coppe d’oro. Vedessi come sono lunghe le tavole della sala per il banchetto! Cento brocche di vino c’erano sopra. Nello spiedo ho visto girare un cinghiale intero e sul camino friggere in padella cento e cento uova. Uno scudiero mi ha fatto assaggiare una pietanza strana, che era avanzata e che io non avevo mai visto… Com’era buona!… Ma perchè sei triste?
Servo della gleba: Per niente, ti ripeto. Continua.
Figlio: Poi un paggio mi ha fatto entrare nella sala del banchetto, dove, insieme col conte e la contessa, c’erano i cavalieri, le dame, il menestrello, il buffone. Il conte e la contessa mi hanno sorriso.
Si sente battere alla porta con forza.
Una voce (con alterigia): Aprite! Aprite!
Il ragazzo corre ad aprire ed entrano due alabardieri.
Servo della gleba: Ah, gli esattori!
Soldato: Per ordine di messere il conte cerchiamo te. Tu devi ancora pagare la tassa del pascolo.
Servo della gleba: Messeri, ieri vi ho corrisposto il pedaggio per passare il ponte sul torrente e la tassa si mulitura. I miei prodotti li ho portati tutti al castello.
Soldato: Bene. Pagaci il tributo del pascolo con quel sacco di farina.
Servo della gleba: Ma è l’unico rimasto per me e il mio figliolo!
Soldato: Allora vieni con noi.
Servo della gleba: Dove mi conducete?
Soldato: Per ora davanti a messere il Conte, e poi…
Servo della gleba: Ma io…
Soldato: Ordine di messere il Conte!
(Lo afferrano)
Figlio: No! No! Babbo, diamo il sacco di farina. In qualche modo ci sfameremo.
Servo della gleba: E va bene, figliolo. Prendete pure, alabardieri. Il tributo per il pascolo è pagato.
(da: Recitiamo la Storia, Rodolfo Botticelli, editrice La Scuola)
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