ESPANSIONE E CIVILTÀ DEGLI ARABI dettati ortografici e letture di autori vari, per bambini della scuola primaria.
I figli del deserto
Nella prima metà del VII secolo, e più precisamente nel 634 dC, gli Arabi assumono una posizione di primo piano alla ribalta della storia.
Fino ad allora questo popolo era vissuto sparso per il deserto in tribù nomadi formate di carovanieri, di pastori e di razziatori, detti beduini, cioè figli del deserto, e sono una parte di esso, insediata lungo le coste, praticava l’agricoltura.
Gli Arabi adoravano più dei; fra i tanti idoli propri di ciascuna tribù, ce ne era uno comune a tutte, la pietra nera, che si credeva portata dal cielo dall’arcangelo Gabriele e che si venerava in un santuario di forma cubica, la Càaba, alla Mecca, centro religioso e commerciale dell’Arabia.
Qui da ogni parte della penisola affluivano una volta all’anno gli Arabi, in pellegrinaggio, per celebrarvi i riti e per trafficare.
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Maometto
Alla Mecca, verso l’anno 570, nacque Maometto. Costui sentendosi ispirato da dio, incominciò a raccontare le rivelazioni che la divinità gli faceva e a diffondere in mezzo al popolo i principi di una religione.
Maometto insegnava che vi è un dio unico, Allàh, il quale dopo aver inviato come suoi profeti Abramo, Mosè e Gesù, suscitava ora il suo ultimo e più grande profeta, Maometto: “Allàh è il solo dio e Maometto è il suo profeta”.
“Gli uomini di fronte ad Allàh sono tutti uguali” diceva Maometto “come i denti di un pettine”. Chi crede in Allàh si abbandona interamente al suo volere, perchè sa che egli nella sua sapienza ha fissato per ciascun uomo un destino, che nulla può mutare.
Questa fede cieca, o abbandono in Allàh, si chiama Islàm, e Islamici o Musulmani si chiamano coloro che la professano. Ad essi è riservato il paradiso, un meraviglioso giardino pieno di delizie, per meritarsi il quale adempiere i doveri religiosi, che sono: la preghiera, cinque volte al giorno, quando il muezzin, affacciato al minareto ne grida il segnale; il digiuno, dall’alba al tramonto, nel mese di Ramadàn (febbraio); l’elemosina, che il ricco deve al povero; il pellegrinaggio alla Mecca, almeno una volta nella vita; la guerra santa contro gli infedeli.
Le dottrine di Maometto furono raccolte dai discepoli in un libro sacro: il Corano.
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La guerra santa
La guerra santa predicata da Maometto trasformò rapidamente quel piccolo popolo di nomadi in un grande popolo di guerrieri e di conquistatori. Sotto la guida dei califfi, gli Arabi dilagarono in Mesopotamia e in Persia, poi in Palestina, in Siria e in Egitto.
Nel 711 i Musulmani conquistarono la Spagna, passarono quindi i Pirenei, invadendo la Gallia; ma nel 732 furono respinti da Carlo Martello, generale dei Franchi.
Non perciò si arrestarono le conquiste arabe nel Mediterraneo: nei primi anni dell’800, la Sicilia e le altre isole italiane erano in potere degli Arabi: il Mediterraneo divenne un mare arabo.
Palermo fu allora una delle principali città d’Europa per ricchezza di monumenti e per numero di abitanti. La Sicilia, dopo i tempi floridi di Siracusa e delle colonie greche, aveva sofferto per la rapacità dei governatori romani; si era un poco sollevata nei primi due secoli dell’Impero, per ricadere poi nelle più tristi condizioni per le invasioni dei barbari e per il pessimo governo dei Bizantini. Caduta in dominio degli Arabi, rifiorì a nuova vita; le sue campagne furono allora assai ben coltivate: le industrie, i commerci, le arti prosperarono.
La Sicilia raccolse e sviluppò tanta parte di civiltà degli Arabi, la diffuse nei paesi bagnati dal Mediterraneo e, prima che altrove, in Italia.
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Per il lavoro di ricerca
Descrivi in paese dell’Arabia e le condizioni dei suoi abitanti prima di Maometto. Che cos’è la Kaaba?
Quando visse Maometto?
Che importanza ha per gli Arabi l’Egira?
In quale libro è contenuta la dottrina di Maometto?
Qual è il principio fondamentale della dottrina di Maometto?
Perchè gli Arabi giudicarono santa la guerra?
Chi erano i Califfi?
Quali terre conquistarono gli Arabi in Occidente e in Oriente?
Quando giunsero vittoriosi nella Spagna e chi sconfissero?
Come governarono gli Arabi in Sicilia?
Quale contributo diete all’agricoltura la conquista araba?
Quali furono le città più ricche degli Arabi?
Quali furono le scienze da loro più coltivate?
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Ritratto di Maometto
Maometto era un uomo dignitoso e raramente rideva. Di costituzione delicata, era nervoso, impressionabile, propenso alla meditazione melanconica. Nei momenti di eccitazione o di rabbia le vene del viso gli si gonfiavano pericolosamente, ma egli sapeva reprimere le proprie passioni e poteva facilmente perdonare a un nemico vinto e pentito… Era un uomo semplice e senza pretese. Gli appartamenti in cui successivamente dimorò erano casette di mattoni non cotti, con tetti di rami di palma; la porta era riparata da una tenda di pelo di capra o di cammello; l’arredamento consisteva in un materasso e alcuni cuscini sul pavimento. Fu visto spesso rammendare i propri vestiti o aggiustarsi le scarpe, accendere il fuoco, scopare il pavimento, mungere la capra in cortile e fare acquisti al mercato. Si cibava di datteri e di pane di orzo, raramente si concedeva il lusso di gustare latte o miele, e dava per primo l’esempio di astenersi dal vino.
Cortese con i potenti, affabile con gli umili, indulgente verso i suoi aiutanti, gentili con tutti eccetto che con i nemici. Visitava i malati e si univa a ogni funerale che incontrasse per via. Non amava dimostrazioni di magnificenza e di grandezza. Non richiedeva il lavoro di schiavi quando aveva tempo e forza per fare da solo. Spendeva poco per la famiglia, ancor meno per sé, molto in opere di carità.
(W. Durant)
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Maometto e l’Islamismo
Maometto affermava l’esistenza di un dio solo, e voleva che tutti gli idoli fossero distrutti; i sacerdoti e i ricchi mercanti della Mecca suscitarono contro di lui una tale agitazione, che dovette fuggire e rifugiarsi a Yatrib, detta poi Medina (“Città del Profeta”).
Ciò avvenne l’anno 622.
Questa fuga (in arabo Egira) è considerata dagli Arabi l’inizio di una nuova era. Perciò essi cominciarono a contare gli anni dal 622, che è l’anno primo della loro era.
La dottrina maomettana è contenuta nel Corano, che potrebbe definirsi la Bibbia dei Musulmani, e deriva in parte dai Giudaismo e dal Cristianesimo adattati alla natura del popolo arabo.
Il principio fondamentale di questa dottrina è l’esistenza di un dio solo, Allah, il quale ha già rivelato la sua legge per mezzo di Mosè e di Gesù, ed ora la rivela in modo più perfetto per mezzo di Maometto, dopo il quale non apparirà più alcun profeta.
I fedeli devono obbedire ciecamente ad Allah, accettare con rassegnazione la sua volontà, annullando la propria: tutto è da Allah ineluttabilmente prestabilito. Questo abbandono alla volontà di dio si dice con parola araba Islam. Perciò Islamismo si disse la dottrina di Maometto; islamici o musulmani sono i suoi seguaci.
Il paradiso è immaginato come un luogo di godimenti e di piaceri materiali, in forma di giardino, posto sulla vetta di un monte, irrorato da fresche fontane. I dannati piombano invece nell’abisso pieno di fiamme.
E’ un dovere degli Arabi convertire alla vera fede di Allah gli infedeli, soprattutto gli idolatri; se gli infedeli resistono si devono sterminare con le armi. Chi cade nella guerra santa è sicuro del paradiso. Questo miraggio, unito al fanatismo religioso, trasformò gli Arabi, da povero popolo di pastori nomadi e contadini, in conquistatori.
Il Corano prescrive minutamente i doveri del credente; quali: l’abluzione, la preghiera da farsi cinque volte al giorno a un segnale dato dal muezzin; il digiuno nel mese del Ramadan; il pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, ai luoghi santi, ecc…
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Norme del Corano
Oriente e Occidente sono di Allah. Il Signore è ovunque volgete l’occhio e riempie l’universo con la sua sapienza ed infinità.
L’esistenza dei cieli e della terra, della notte e del giorno che si succedono, della nave che corre sui nari a vantaggio degli uomini, della pioggia che scende dalle nubi e vivifica la terra, degli animali che popolano la superficie terrestre, dei venti che spirano or di qua or di là, delle nuvole erranti tra terra e cielo, tutto ciò è il segno della potenza dell’Altissimo anche davanti agli occhi degli ignoranti.
Nel giorno del giudizio finale tutti i visi degli uomini saranno o bui o risplendenti. I rinnegatori della fede avranno il viso coperto di tenebra e Allah dirà loro : “Andate in preda alle fiamme, giacché siete stati apostati”. Invece, quelli il cui viso risplenderà, proveranno la divina bontà e di essa avranno eterno gioire.
Il Signore vi ordina di giudicare con giustizia i vostri simili. Obbeditegli, perché egli tutto vede e tutto sa. Oh credenti, siate cauti nel giudicare; talvolta il giudizio è ingiusto. Frenate la vostra curiosità; non lacerate la reputazione degli assenti.
Allah è autore di ogni bene che ti giunga. Tu sei l’autore del male che ti giunge. Chi obbedisce al Profeta, obbedisce al Allah.
Anche il verme più vile è creatura di Dio, nutrita da lui; Dio conosce il suo rifugio e dove dovrà morire.
La terra presenta ad ogni passo un quadro sempre più vario, qui giardini con vigneti e legumi, là palme, ora solitarie ora in boschetti. La stessa acqua irriga tutti i frutti, ma il suo sapore è diverso. Ecco come Dio dà la prova della sua potenza a quelli che comprendono.
La spada è la chiave del cielo e dell’inferno; una goccia di sangue versato per la causa di Dio, una notte sotto le armi, avranno maggior valore che due mesi di digiuno e di preghiera. Colui che morrà in battaglia, otterrà il perdono dei peccati, nell’ultimo giorno le sue ferite saranno rosse come il vermiglio, profumate come il muschio, ed ali d’argento e di cherubino terranno il posto delle membra che avrà perdute.
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I successori di Maometto e le loro grandi conquiste
Raccolto a Medina un nucleo di fedeli, Maometto potè rientrare trionfalmente alla Mecca nel 630, dopo aver sanguinosamente vinto i suoi avversari. Cominciava la guerra santa.
Quando il Profeta morì (632), quasi tutta l’Arabia era convertita all’Islamismo e le tribù, prima divise, formavano un saldo organismo politico, militare e religioso. I suoi successori si chiamarono Califfi; i primi furono elettivi, poi si fondò una dinastia.
La marcia degli Arabi si sviluppò in due direzioni: ad occidente, verso l’Africa mediterranea; a nord e a oriente, verso la Siria, l’Asia Minore e il Regno di Persia. Essa fu favorita dalla debolezza in cui si trovavano allora i due stati vicini: l’Impero d’Oriente e il Regno di Persia. Il primo perdette parte dei territori, il secondo si sfasciò.
Conquistata tutta l’Africa mediterranea, l’anno 711 gli Arabi varcarono lo stretto che la separa dalla Spagna e che, dal nome del loro condottiero, fu chiamato Gibilterra (Gebel-el-Tarik, cioè monte di Tarik), cozzando contro il regno dei Visigoti. In due anni questo crollò: i Visigoti superstiti ripararono nelle Asturie, una regione montagnosa lungo la costa settentrionale della penisola iberica. Né l’impervia catena dei Pirenei arrestò la formidabile espansione degli Arabi, che irruppero in Francia. Ma un valoroso duca franco, maggiordomo del re, Carlo Martello, li sconfisse a Poitiers (732), ricacciandoli al di là dei Pirenei.
Nel giro di un secolo, dopo la morte del Profeta, gli Arabi avevano costituito un immenso impero che dall’India si estendeva fino alle coste dell’Atlantico, dai Pirenei al Mar Nero e dal lago d’Aral giungeva fino al deserto del Sahara e all’oceano indiano.
In Asia, il loro dominio confinava col grande impero cinese.
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La civiltà araba: agricoltura, commercio, industria
Nei primi tempi della loro espansione, gli Arabi recarono gravi danni alle civiltà conquistate, perchè saccheggiarono e distrussero opere utili ed opere artistiche. Si deve a loro la distruzione completa della Biblioteca di Alessandria.
Ma ben presto essi sentirono interesse ed ammirazione per le civiltà dei popoli con cui erano venuti il contatto, e le assorbirono apportandovi anche originali contributi.
Agricoltura, industria e commercio fiorirono rapidamente in tutti i paesi conquistati, promuovendone la ricchezza.
Nuove piante furono introdotte e diffuse nel bacino del Mediterraneo, come l’arancio, la palma, l’albicocco, il cedro, il carciofo, l’asparago, lo zafferano, il riso, il cotone, ecc…
Sistemi ingegnosi di irrigazione furono attuati in Spagna meridionale e nella Sicilia, che diventò allora un giardino fiorente; ancora restano celebri avanzi di pozzi, acquedotti, bacini.
Nelle regioni d’Oriente gli Arabi appresero la fabbricazione di eleganti tessuti, la lavorazione del cuoio, dei metalli, del vetro, dell’avorio e del legno.
Le armi di Damasco e di Toledo, i leggeri tessuti di Mosul (mussoline), le sete, i broccati, i tappeti di Damasco, il cuoio del Marocco, i mobili intarsiati in avorio, le vetrerie, i vasi, le lampade di Baghdad e di Cordova costituirono i più raffinati prodotti al mondo tra l’VII e il XII secolo.
Tutta questa produzione industriale era alimentata dalla facilità degli scambi. Provvisto di porti numerosi, dotato di una flotta potente e di antiche e regolari vie carovaniere, l’Impero arabo era intermediario tra l’Occidente e l’Estremo Oriente. Molte parole della nostra lingua, che riguardano la navigazione ed il commercio, sono derivate dall’arabo (arsenale, ammiraglio, fondaco, dogana, magazzino, ecc…).
Mentre nell’Europa cristiana le maggiori città andavano decadendo e la vita economica si restringeva nelle curtis, gli Arabi crearono ovunque nuove città o impressero una floridezza nuova a quelle già esistenti.
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La ricchezza degli Arabi poveri
Gli Arabi poveri raramente erano tanto poveri da non possedere nemmeno questa semplice ricchezza: un cammello o, meglio un dromedario.
Esso dava loro nutrimento, con la sua carne, il latte e i prodotti che da questo ne ricavavano. Il suo pelo serviva per la tessitura delle tende e delle vesti. Persino il suo sterco veniva raccolto e usato come eccellente combustibile. Il cammello era prezioso come mezzo di trasporto. Alla resistenza dell’animale, alla sua sobrietà, che lo fa star contento delle erbe della steppa, e che gli permette di star giorni interi senza bere, si deve se le grandi distese desertiche non sono state per i beduini un ostacolo insormontabile e se essi hanno potuto regolarmente varcarle con le loro carovane, con gli eserciti, con conseguenze di grande portata per la storia politica, economica e culturale.
(M. Guidi)
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I musulmani e la schiavitù
Tra i musulmani la schiavitù era abbastanza diffusa, limitatamente però ai lavori domestici: gli Arabi non avevano grandi proprietà terriere in cui occorresse il lavoro degli schiavi. La religione considerava atto di pietà la liberazione di uno schiavo musulmano; considerava un dovere, invece, la riduzione in schiavitù dei nemici. La dura sorte di venir venduti come schiavi toccò, così, anche a molti europei, catturati in battaglia, o durante le scorrerie degli Arabi lungo le coste, o in seguito alle imprese dei pirati arabi che molestavano il traffico delle navi degli “infedeli” nel Mediterraneo.
Se i prigionieri erano di buona famiglia, ed esisteva la speranza di un buon riscatto, anziché venduti sui mercati erano restituiti alle famiglie dietro pagamento di una grossa taglia. C’è da dire che i padroni arabi non erano duri con gli schiavi. I più colti praticavano la virtù della misericordia, raccomandata dal Corano, anche nei loro confronti. Quando poi, in Spagna, gli Arabi vennero sconfitti dalle forze della nascente potenza spagnola, toccò a loro essere venduti come schiavi, dove venivano adibiti ai servizi domestici. Molti villaggi, in Liguria, sono sorti in cima alle colline proprio per essere al riparo dalle scorrerie arabe.
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La cultura araba
Magnifico sviluppo ebbe l’architettura, dalle linee armoniose e dalla ricchissima colorazione policroma. I più bei monumenti sono: il palazzo dell’Alhambra a Granata e l’Alcazar a Siviglia. Non ebbe invece grande sviluppo la pittura per il divieto, posto da Maometto, di rappresentare dio in figura umana, allo scopo di impedire il ritorno degli Arabi all’idolatria: in compenso fiorì l’arte decorativa col bizzarro, caratteristico stile degli arabeschi. Tra le opere letterarie, celebre è la raccolta di novelle “Le mille e una notte”.
Nel campo delle scienze, partendo dalle conquiste dei Greci e dei popoli orientali, gli Arabi fecero molti progressi: crearono l’algebra, diedero nuova forma al calcolo con l’uso delle cifre arabiche, introdussero lo zero, posero le basi della chimica moderna; la geografia, l’astronomia, la medicina e la chirurgia ebbero da loro contributi nuovi.
Ma la civiltà araba, dopo aver raggiunto il suo massimo sviluppo tra il X e il XII secolo, si arrestò e decadde.
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Le mille e una notte
Le mille e una notte sono una raccolta di fiabe e novelle arabe famose in tutto il mondo. La cornice favolosa è data dalla leggenda della principessa Sheherazade, che per mille e una notte intrattenne il Sultano con i suoi racconti, ottenendo dalla sua curiosità il continuo rinvio della morte cui era condannata.
Al termine dei racconti, il Sultano si riconcilia con lei, ritira la condanna e dà una grande festa. Il libro è pieno di magie, stregonerie, trasformazioni di uomini in animali e viceversa, strumenti fatati (la lampada di Aladino, il tappeto volante e così via). Ma è anche ricchissimo di descrizioni della vita araba nella splendida capitale e nella reggia di Baghdad o nei vicoli del Cairo, dove si aggira una folla pittoresca di facchini, comari, artigiani, mariuoli, avventurieri.
Negli straordinari viaggi del marinaio Sindbad rivive l’epopea di qualche Ulisse arabo nei mari d’Oriente. Principi, mercanti, navigatori, studiosi, poeti, uomini del popolo sono i personaggi di una commedia umana che ha per noi il valore di un grande documentario dei costumi e della mentalità degli Arabi nel periodo di maggior splendore della loro civiltà.
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Le armi degli Arabi
Le spade caratteristiche degli Arabi erano ricurve: spesso le lame erano finemente lavorate con intarsi d’oro e d’argento e i foderi erano ornati di pietre preziose. I soldati erano armati poi di giavellotto e di lunghe lance orante di criniere di cavallo, e portavano uno scudo piuttosto piccolo.
Usavano un elmo con nasale e gorgiera di maglia di ferro per riparare il collo e il naso. Gli uomini indossavano il Kaftan, cioè un ampio mantello di lana e portavano lunghe braghe, strette alle caviglie. Si coprivano il capo con il turbante.
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L’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto
Amru, generale del califfo Omar, conquistò l’Egitto. Entrato in Alessandria, dove ancora esisteva al famosa biblioteca, in cui i Tolomei avevano raccolto tutte le opere dei Greci antichi, Amru, che stimava le scienze e il letterati, fece amicizia con un dotto greco, di nome Giovanni. Si narra che questi volesse approfittare dell’amicizia che aveva con lui per salvare la biblioteca di Alessandria, ricca di ben 600.000 volumi e lo supplicasse di conservarla.
“Io non posso rispondere di nulla ” disse Amru “senza aver ottenuta l’approvazione dell’imperatore dei fedeli”.
Ne scrive pertanto al califfo, il quale gli dà questa risposta: “Se i libri di cui parli non contengono ciò che è nel libro di dio, essi sono inutili, falli bruciare; se non si accordano, essi sono dannosi, falli bruciare”.
Amru a malincuore obbedì scrupolosamente all’ordine del califfo.
(Manaresi)
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I pirati arabi distruggono un’abbazia
I monaci benedettini di Montecassino e di San Vincenzo al Volturno si incontravano spesso per feste religiose. In una di queste, che aveva raccolto il popolo delle due badie, avvenne un tremendo massacro. Assaliti dalle orde dei Saraceni che erano risaliti dal litorale di Castel Volturno, furono asserragliati, massacrati e sgozzati; massacro di un esercito inerme preso al laccio dal nemico in una gola di monti senza scampo. La basilica, le chiese furono depredate e incendiate, con grande lutto per la fede e per l’arte. Una traccia resta ancora nell’oratorio di San Lorenzo, unica chiesa superstite ma non indenne.
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Gli Arabi in Sicilia
La Sicilia, passata dal governo tirannico di Bisanzio a quello più illuminato degli Arabi, fece enormi progressi intellettuali ed economici, i cui benefici effetti si risentirono con le altre dominazioni.
Gli Arabi, bravi agricoltori, curarono i boschi, i corsi d’acqua, la piantagione di alberi fruttiferi, la coltivazione delle ortaglie e del cotone, introdussero in Sicilia la coltivazione della canna da zucchero e degli agrumi, oggi grande ricchezza dell’isola. Divisero le grandi estensioni di terreno in tante piccole proprietà.
Palermo divenne, assieme ad altre, una bella, popolosa, ricca città.
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Parole arabe in italiano
Molto spesso, parlando di qualche cosa, noi usiamo, senza saperlo, parole che sono state introdotte nella nostra lingua da un grande popolo del passato: gli Arabi.
Zucchero, per esempio, è una parola di derivazione araba, come arabe sono le parole cotone, magazzino, almanacco, ammiraglio, albicocca, denaro, divano, materasso e molte altre. Queste stesse parole sono presenti anche in altre lingue europee.
Per esempio, dalla parola araba sukkar deriva l’italiano zucchero, lo spagnolo azucar, il francese sucre , l’inglese sugar, il tedesco zucker.
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I cavalli, orgoglio degli Arabi
Gli Arabi non avevano grandi mandrie di bovini, ma pecore e cammelli, asini e cavalli.
I cavalli erano il loro orgoglio, animali svelti, alti e ben proporzionati, di temperamento nervoso e velocissimi.
I migliori provenivano dall’altopiano di Nedshd; e in tutto l’Oriente erano considerati il più nobile prodotto della natura; in realtà erano il risultato di un accurato allevamento.
Il cavalo ebbe fin dall’inizio una notevole importanza nella storia e nelle leggende dell’Islam.
Lo stesso Maometto, che non era un beduino, ma un cittadino, fin dalla prima giovinezza aveva avuto gran confidenza con gli animali.
Da bambino aveva accompagnato suo zio in un viaggio in Siria, e più tardi guidò egli stesso carovane di mercanti attraverso il deserto, al servizio di una ricca vedova attempata che possedeva alla Mecca un’impresa di trasporti e che poi divenne sua moglie.
Probabilmente faceva i suoi viaggi di affari su di un cammello, o su un asino, ma quando diventò conquistatore, e si coprì di gloria, ebbe un focoso destriero, anche per le sue missioni spirituali.
I suoi fedeli raccontano che sul suo cavallo miracoloso, Barak, guidato dall’arcangelo Gabriele cavalcò nella santa notte dalla Mecca al Tempio di Gerusalemme e di là salì in cielo.
Presso la rupe dalla quale il cavallo aveva spiccato il volo verso il cielo, il secondo califfo Omar al-Khattab, al posto del Tempio di Salomone fece erigere la grandiosa moschea che porta il suo nome.
Ciò nonostante, Omar fece il suo ingresso a Gerusalemme come semplice beduino, su un cammello che portava un sacco di biada, un altro di datteri e una borsa di cuoio con acqua da bere.
I successi militari degli Arabi sconfinavano nel prodigioso.
Con piccole squadre di cavalieri sottomisero i più grandi regni. I Persiani cercarono di trattenerli con un considerevole corpo di elefanti, ma dopo una lotta durata tre giorni, la battaglia degli elefanti di Kadesia si risolse a favore dei lancieri arabi; trecento arabi e settemila berberi presero la Spagna; solo a Poitiers, nel centro della Francia, la cavalleria araba fu bloccata per la prima volta.
(Morus)
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Il grande viaggio
La morte non atterriva gli Arabi, perchè essi sapevano che nell’aldilà esiste un dio giusto che premia chi ha vissuto con fede e ha sempre compiuto il bene. Perciò, quando un Arabo doveva intraprendere un lungo viaggio, metteva nel suo bagaglio anche il lenzuolo candido che avrebbe fatto da sudario. Durante il cammino, se l’Arabo si sentiva male e comprendeva che non aveva ormai più molto da vivere, avvertiva i compagni e si faceva dare un’ultima fiasca d’acqua. Poi si allontanava in solitudine. Scavava la sua fossa, con l’acqua faceva le ultime abluzioni rituali, recitava le preghiere e infine si sdraiava serenamente nella buca, in attesa della morte. Non si preoccupava per la sepoltura: avrebbe pensato il vento del deserto ad accumulare in poche ore la sabbia sulla sua fossa.
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Inferno e paradiso
Certamente noi preparammo ai cattivi il fuoco che li circonderà di un turbine di fumo, e, se chiederanno aiuto, avranno acqua che brucerà loro la faccia come se fosse rame fuso. Ma a quelli che avranno invece creduto e operato con rettitudine, non lasceremo mancare il premio dei giusti. Avranno i giardini del Paradiso, saranno adorni di bracciali d’oro e vestiti di abiti verdi di seta preziosa intessuta d’oro e di una sopravveste splendente.
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Dal Corano
Dio ha creato per voi il bestiame; esso vi dà calore e profitto, vi dà nutrimento. La sera quando le bestie tornano alla stalla, la mattina quando vanno al pascolo, sono per voi uno spettacolo bello da vedere. Trasportano i vostri carichi a paesi che non raggiungereste senza affanno e fatica, poichè il Vostro Signore è buono e pietoso. Egli ha creato cavalli, muli ed asini per cavalcatura e per ornamento, e altre cose che non conoscete neppure.
A Dio appartiene quanto è nei cieli e sulla terra: Egli è colui che basta a se stesso… e se tutti gli alberi della terra fossero penne, ed al mare fossero aggiunti sette mari, tutti d’inchiostro, non si esaurirebbero scrivendo le parole di Dio. Certo Egli è potente e saggio…
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La Sicilia sotto gli Arabi
La Sicilia fu governata da un Emiro (Balì) che dipendeva giuridicamente dall’Emiro di Kairouan, ma che, eccezion fatta per l’interpretazione dei dogmi, esercitava un governo assoluto. Palermo fu la capitale del nuovo stato. Dall’Emiro dipendevano i Cadì, che amministravano le città importanti, e funzionari minori.
Dopo gli atti violenti della conquista, gli Arabi divennero miti, e il loro governo fu tutt’altro che gravoso. L’isola fu divisa in tre province o valli: Mazara (anche oggi, Mazara del Vallo), Demone e Noto. In generale, Val Demone (Sicilia nord orientale) formata dalle catene dei Peloritani e dei Nebrodi e dall’Etna, tutta aspre valli ed impervie montagne, rimase indipendente di fatto, con municipalità locali; Val di Noto (Sicilia sud orientale) fu resa tributaria; a Sicilia centrale e occidentale, Val di Mazara, era veramente suddita. I beni ecclesiastici e demaniali vennero confiscati dal governo musulmano, ma i cittadini, pur perdendo ogni autorità politica, continuavano a vivere secondo le proprie leggi e costumi, godevano pienamente il diritto di proprietà, potevano praticare la loro religione.
La legge musulmana proteggeva le persone e gli averi con le medesime sanzioni penali per i musulmani, e ammetteva ogni contrattazione civile tra loro e i dominatori, anche i lasciti per testamento.
Tutti gli uomini liberi, di qualsiasi grado, erano davanti ai vincitori ragguagliati in un’unica condizione, detta dsimma. I dsimmi (sudditi o umiliati) erano sottoposti a vari divieti: non potevano portare armi né andare a cavallo, né bere vino in pubblico, né celebrare pompe funebri; la loro condizione di inferiorità, indicata esteriormente con un segno sulla porta di casa e sul vestito, si rivelava dall’obbligo di cedere per strada il passo ai musulmani e di alzarsi nei ritrovi quando entrava un musulmano.
In complesso, al condizione fatta dagli Arabi ai vinti non fu eccessivamente gravosa. Per questo e per l’odio verso l’antico dominate bizantino, i Siciliani non si ribellarono e la signoria araba si consolidò; occorrerà una forza proveniente dall’esterno, i Normanni, per abbatterla.
La Sicilia sotto i Musulmani fiorì di commerci e di industrie. Come Cordova, in Spagna, Palermo fu uno dei centri principali della civiltà araba: nel secolo X contava circa 300.000 abitanti ed era ricca e festosa. Con essa gareggiavano Catania, Messina, Siracusa, Castrogiovanni.
L’agricoltura fu favorita dallo spezzettamento del latifondo: molte grandi proprietà del dominio bizantino o della Chiesa, confiscate dal governo musulmano, furono in parte divise tra i conquistatori, in parte date in affitto o in enfiteusi.
Maometto aveva stabilito che chiunque rendesse una vita alla terra incolta, ne divenisse proprietario. Questo favorì il dissodamento e la coltura intensiva di terre abbandonate. Gli Arabi introdussero nell’isola piante e metodi di coltura che avevano appreso in Oriente: agrumi, fichi d’India, palme da dattero, gelso, cotone, canna da zucchero, ecc., e seppero regolare il corso dei fiumi con sapienti lavori idraulici.
La lingua e la cultura indigena non vennero soffocate, anzi valorizzate e arricchite dalla cultura greco orientale, di cui gli Arabi furono mediatori.
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La tecnica araba
Gli Arabi furono i primi ad iniziare un’applicazione più sistematica della ruota ad acqua e del mulino a vento.
Mentre nel mondo classico la ruota ad acqua non ebbe mai un’importanza particolare, gli Arabi ne fecero una delle loro principali risorse.
In Mesopotamia essi adottarono una ruota a pale galleggianti su chiatte ancorate alle rive del Tigri, per dare energia ai mulini, alle fabbriche di carta e ad altri macchinari, dove fecero grande uso di ruote dentate di legno e di altri congegni di trasmissione dell’energia.
Riferisce un antico storico che “… nell’Afghanistan tutti i mulini a vento sono mossi dal vento del nord e quindi orientati in questa direzione. Applicate ai mulini a vento vi sono delle file di persiane che vengono chiuse o aperte per trattenere o immettere il vento. Infatti, se questo è troppo forte, la farina brucia e diventa nera e la stessa macina può surriscaldarsi e guastarsi.”
Questo nuovo modello di mulino a vento è dovuto agli Arabi.
Nell’epoca d’oro della civiltà islamica (900-1.000) una serie di scienziati fece progredire la tecnica chimica studiando attentamente sostanze organiche e inorganiche, grazie allo sviluppo di strumenti scientifici.
Lo scienziato arabo Al-Biruni usò il suo picnometro per determinare il peso specifico di molti minerali e pietre preziose.
Uno degli strumenti maggiormente diffusi nel mondo arabo fu l’astrolabio.
Risale certamente a Tolomeo e ad altri astronomi ellenistici, ma gli Arabi lo perfezionarono fino a farne uno strumento utile e di impiego universale per la misurazione degli angoli e il calcolo delle posizioni dei corpi celesti.
Gli Arabi furono anche famosi per l’arte del vasellame e specialmente per gli smalti lucenti e colorati applicati alle terraglie.
Quei recipienti smaltati, molti dei quali a prova di fuoco, erano particolarmente adatti agli esperimenti tecnici.
Il miglioramento della qualità del vasellame aiutò grandemente i chimici arabi ad intraprendere una produzione su larga scala di certi prodotti chimici.
Essi inventarono i forni cilindrici o conici, in cui venivano poste file di alambicchi per la produzione di acqua di rose o di nafta (benzina) per la combustione dei gas.
Nel 1085 un incendio nella cittadella del Cairo distrusse non meno di 300 tonnellate di benzina. La produzione di quantitativi così ingenti era possibile soltanto con il suddetto metodo.
Città come Damasco erano, secondo testi antichi, centri di produzione e distillazione.
Gli Arabi si interessarono anche alla produzione di tessili.
Come certi nomi di sostanze e apparecchi chimici (quali alcali, antimonio, alambicco), passarono dalla lingua araba alla nostra, anche molti nomi arabi di tessuti furono adottati da noi.
Così il damasco, ad esempio, deriva originariamente da Damasco, e la mussola da Mosul, mentre la parola taffetà deriva dal persiano taftah e il fustagno, una stoffa famosa nel Medioevo, da Fostat, un sobborgo del Cairo.
Il sorgere di un’industria araba della carta fu dovuto ai contatti con la Cina.
Nel 793 sorgeva a Baghdad la prima cartiera. Ben presto l’uso della carta divenne così diffuso, che intorno all’800 troviamo scrivani che si scusavano se per stendere le lettere dovevano ricorrere ancora al papiro.
Verso il 900 si introdussero a Baghdad formati standard di carta e se ne fabbricarono qualità assai leggere, che servivano per la posta aerea di allora, cioè il servizio dei piccioni viaggiatori.
L’industria della carta era strettamente connessa con quella della legatura dei libri, nella quale eccellevano gli Arabi.
Essi facevano bellissime copertine di cuoio lavorato a mano e decorato d’oro.
Gli Arabi per primi escogitarono un procedimento di raffinazione dello zucchero, e speciali procedimenti per l’estrazione dei profumi dai fiori.
E’ di quei tempi l’introduzione su larga scala delle armi chimiche.
ESPANSIONE E CIVILTÀ DEGLI ARABI dettati ortografici e letture
Il Corano
La dottrina di Maometto è contenuta nel Corano. Corano (“lettura, recitazione”) è l’insieme delle recitazioni pronunciate da Maometto come profeta che si riteneva ispirato dalla rivelazione divina, le quali, raccolte dai suoi ascoltatori, vennero riunite dopo la sua morte.
Il Corano è completato dalla Sunna, ossia dalla condotta pratica del Profeta, come risulta dai sui detti e atti tramandati dalla tradizione.
Il dogma musulmano è assai semplice. L’unità e l’onnipotenza di Dio (Allah), la vita futura con pene e ricompense, la missione divina di Maometto: questi sono gli articoli di fede.
Allah comunica con gli uomini mediante la rivelazione, trasmessa per mezzo dei profeti: ogni popolo ha il suo profeta, ogni epoca il suo libro sacro.
Tra i grandi profeti che hanno preceduto Maometto è Gesù: Maometto, l’ultimo venuto tra i profeti, è il profeta per eccellenza, ha apportato la rivelazione definitiva.
Dopo la morte l’uomo deve rendere conto delle sue azioni: i reprobi e gli infedeli verranno precipitati nella Gehenna, ove saranno tormentati; ai veri credenti, ai giusti è invece riservato il paradiso, le cui delizie saranno eterne.
Per meritare le gioie del paradiso l’uomo deve avere fede e sottomissione assoluta ad Allah, non deve mai rappresentarlo sotto forme visibili, deve obbedire alla sua legge, diffonderla per il mondo anche con le armi, compiere le pratiche essenziali del culto (preghiere, abluzioni, pellegrinaggi), fare elemosina.
La carità è stretto obbligo per i Musulmani. La morale è intimamente legata alla religione: il Corano condanna l’avarizia, la menzogna, l’orgoglio, la malvagità; proibisce vino e gioco, i due vizi favoriti dagli Arabi, raccomanda la modestia, la castità, la rettitudine, la pazienza, l’umiltà, e soprattutto la carità.
I credenti sono tutti fratelli: gli ebrei e i cristiani potranno, pagando tributo, professare la propria fede.
Il Corano permette più mogli, ma la monogamia è considerata preferibile; proibisce l’infanticidio; protegge i deboli, gli orfani, gli schiavi.
Si può quindi affermare che la legislazione del Corano abbia costituito per gli Arabi un effettivo progresso.
Per il Musulmano il Corano è ciò che la Bibbia è per il popolo ebraico: il libro per eccellenza, che sta al di sopra di ogni altro libro per il suo carattere sacro.
Quando vengono letti ad alta voce i versetti del Corano, tutti i presenti devono osservare un assoluto silenzio e nessuno può permettersi di bere o di fumare. In parecchi luoghi era consuetudine insegnare ai bambini inferiori ai dieci anni i 6.200 versetti a memoria, ridotti poi, nelle scuole di tipo più moderno , ad una scelta antologica che non affatichi tanto la memoria.
L’unicità di dio è continuamente ribadita nel Corano: “Egli è Dio; non ci è altro Dio che Lui, conoscitore del visibile e dell’invisibile, il misericordioso, il compassionevole! Egli è Dio, non v’è altro Dio che Lui, il re, il santo, il pacificatore, il fedele, il custode, il potente, il dominatore, il grandissimo”.
Ci sono versetti che esortano a confidare nella sapienza di Dio, che ha fini ben precisi da realizzare: “Non disperare dello Spirito di Dio”; “Non pensare che Dio sia immemore di coloro che commettono ingiustizie”.
Anche nel Corano, come nella tradizione cristiana e presso altre religioni, si possono trovare espressioni quasi proverbiali che aiutano la gente modesta, a portare il peso del vivere con rassegnazione e con totale fiducia in Dio: “Dio non aggrava un’anima più di quanto essa non possa sopportare”; “Se la tentazione da parte di Satana ti inducesse al male, cerca rifugio in Dio che tutto ascolta e conosce”; “Nessuna anima porterà il peso di un’altra”.
(L. Salvatorelli)
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