Nomenclature Montessori e lezione in tre tempi

Nomenclature Montessori – Nel metodo Montessori possiamo chiamare “presentazioni” quei semplici procedimenti che si utilizzano per illustrare l’uso di un dato materiale (ad esempio la torre rosa, le spolette dei colori, ecc..) al bambino. Per “lezione” intendiamo invece un altro tipo di intervento, volto a determinare meglio le idee del bambino insegnando una esatta nomenclatura.

Col termine “lezione”, però, non intendiamo quello che si intende comunemente: nel metodo Montessori la “lezione” non ha lo scopo di illustrare verbalmente un concetto affinchè esso venga assimilato dal bambino.  I concetti, col metodo Montessori, vengono interiorizzati spontaneamente e per proprio sforzo attraverso l’uso dei materiali, perciò la “lezione” ha solo il compito di far conoscere il nome relativo ad ogni dettaglio delle conoscenze acquisite, la corretta nomenclatura, appunto.

Le “lezioni”, le nomenclature, hanno un carattere del tutto particolare:
– sono estremamente brevi ed hanno tanto più valore quante più parole possono risparmiare;
– sono semplici, perché sono limitate al dare una parola esatta a un oggetto reale e presente;
– sono obiettive, cioè si rivolgono come raggi di un riflettore sull’oggetto da illustrare, facendo risaltare esso solo.

I tre principi che guidano la “lezione” insomma, sono concisione, chiarezza e obiettività.

Non si punta in alcun modo ad attirare l’attenzione del bambino sulla persona che insegna, ma esclusivamente sull’oggetto, sull’ambiente. La lezione è un richiamo verso l’ambiente, come sono richiami verso l’ambiente i materiali di apprendimento.

Il Seguin, nel suo metodo per l’educazione dei bambini con bisogni speciali, aveva usato per far apprendere loro  il nome delle cose, un procedimento psicologico che nella pratica è assai efficace anche coi bambini piccoli; nel metodo Montessori chiamiamo questo metodo LEZIONE IN TRE TEMPI.

NOMENCLATURE MONTESSORI – DARE ALL’OGGETTO IL SUO NOME

PRIMO TEMPO –  Supponiamo di voler insegnare i nomi dei colori. Per prima cosa cercheremo di attirare l’attenzione del bambino sull’oggetto. Ad esempio diremo “Angelo, guarda…”, e mostrando un oggetto rosso diremo “Questo è ROSSO” , pronunciando la parola “rosso” a voce più alta delle altre, lentamente e con chiarezza. Poi mostreremo un altro colore, dicendo ad esempio “Questo è VERDE”. Quindi ripeteremo più volte i nomi dei colori, indicando sempre al bambino l’oggetto corrispondente: “Rosso! Rosso! Rosso!” “Verde! Verde! Verde!”. Il primo tempo deve consistere semplicemente nel provocare l’associazione del nome con l’oggetto, o con l’idea astratta che il nome rappresenta.

SECONDO TEMPO –  Verifichiamo che il bambino sia ora in grado di riconosce il nome di ogni oggetto. Per farlo, ad esempio, potremo dire al bambino:  “Dammi il rosso!”, “Dammi il turchino!”. Se la prova riesce, potremo continuare giocosamente a chiedere oggetti su oggetti; chiedendo al bambino  due e più volte si seguito lo stesso oggetto e poi cambiando a sorpresa, il bambino si divertirà e nello stesso tempo le parole si fisseranno  stabilmente nella sua memoria. Questo genere di esercizi può sembrare superfluo per parole così comuni e conosciute come i nomi dei colori, ma quando si tratterà di insegnare parole non d’uso comune come “trapezio”, “pentagono”, ecc…,  il secondo tempo della lezione Montessorì dà l’opportunità di ripetere molte volte le parole che si vogliono far memorizzare al bambino. L’insegnante deve sempre verificare che la sua lezione abbia raggiunto l’obiettivo previsto. Lo scopo del secondo tempo della lezione sarà quello di assicurarsi che il nome è, nella mente del bambino, associato all’oggetto. Lasciando passare un breve periodo di silenzio tra primo tempo e verifica, si chiederà al bambino, pronunciando lentamente e in modo molto chiaro il nome o l’aggettivo che abbiamo insegnato: “Qual è verde, qual è rosso?”. Il bambino punterà l’oggetto con il dito, e l’insegnante saprà se ha fatto l’associazione desiderata. Se non l’ha fatta non lo deve correggere, ma deve sospendere la sua lezione, per poi riprenderla di nuovo un altro giorno. In effetti, se il bambino non è riuscito significa che non era in quel momento pronto per l’associazione e dobbiamo quindi scegliere un altro momento. Se gli si dicesse: “No, hai fatto un errore”, tutte queste parole, che essendo una forma di rimprovero hanno maggior forza delle parole “verde” e “rosso”, rimarrebbero nella mente del bambino ritardando l’apprendimento dei nomi. Al contrario, il silenzio che segue l’errore lascia il campo libero, e la lezione successiva potrà avere successo.

TERZO TEMPO – Alla fine del processo, resterà da verificare che il bambino abbia imparato il nome dell’oggetto. Infatti si può “riconoscere” una parola, ma senza ancora essere in grado di pronunciarla volontariamente.  Se il bambino non ha commesso alcun errore, l’insegnante può provocare l’attività motoria corrispondente all’idea dell’oggetto cioè, nel nostro esempio, la pronuncia del nome.Chiederemo dunque al bambino, mostrando uno degli oggetti: “Com’è questo?”, e se il bambino risponderà giustamente: “Rosso!”, “Verde!” ecc…,  potremo considerare la lezione conclusa con successo.


La LEZIONE IN TRE TEMPI ha carattere strettamente individuale, e secondo Maria Montessori dovrebbe avere la forma di una conversazione intima tra il maestro e il bambino.

La lezione in tre tempi per la nomenclatura degli oggetti verrà tenuta ogni volta che il bambino, facendo esperienza coi materiali e con l’ambiente, avrà riconosciuto oggetti e differenze di qualità tra gli oggetti. Ogni volta che avverrà, si potrà intervenire per fissare l’idea alla parola corrispondente.

Ad esempio, dopo che un bambino ha giocato a lungo con la TORRE ROSA, potremo avvicinarci a lui, prendere il cubo più piccolo ed il più grande della torre, e mostrandoglieli potremo dire: “Questo è grande”; “Questo è piccolo”; poi pronunciare le due parole “grande” e “piccolo” più volte di seguito; infine potremo chiedere “Dammi il grande“, “Dammi il piccolo”. Infine  indicheremo alternativamente gli oggetti chiedendo:  “Com’è questo?”. E il bambino risponderà: “Grande” “Piccolo”. Ora non resterà che creare occasioni perchè il bambino abbia la possibilità di ripetere molte volte le parole apprese, per arrivare ad una pronuncia chiara ed accurata.

Proseguendo nell’esempio, chiameremo col bambino “grandi” e “piccoli” oggetti che differiscono soltanto per dimensione, mantenendo forma identica (ad esempio i cubi della torre rosa, appunto). Chiameremo invece “grossi” e “sottili oggetti che hanno stessa lunghezza ma diversa sezione trasversale, come ad esempio avviene con la SCALA MARRONE:

1° tempo – Nomenclatura:  “Questo è grosso”, “Questo è sottile”.

2° tempo – Riconoscimento: “Dammi il grosso”, “Dammi il sottile”.

3° tempo – Pronuncia della parola: “Com’è questo?”

Dopo queste lezioni, potremo spargere i pezzi della scala marrone sul tappeto, e chiedere ad esempio al bambino: “Dammi il più grosso di tutti”, mettere l’oggetto selezionato fuori dal tappeto e chiedere ancora di cercare il pezzo più grosso tra quelli rimasti sul tappeto, e così via.

Con le aste della lunghezza diremo che gli oggetti sono  “lungo” e “corto”, con i cilindri degli incastri solidi diremo che gli oggetti sono  “alto” e “basso”; oppure “largo” e “stretto”.

Il bambino, in questo modo,  acquisirà una grande accuratezza nell’uso delle parole. Per mezzo di queste lezioni il bambino imparerà a conoscere molte parole: grande, piccolo; grosso, sottile; lungo, corto; scuro, chiaro; ruvido, liscio; pesante, leggero; bollente, caldo, tiepido; e i nomi di molti colori e di forme geometriche.

Tali parole non si riferiranno ad un particolare oggetto, ma si tratterà di concetti generalizzabili. Infatti, il nome viene appreso dopo un lungo esercizio individuale nel quale il bambino, concentrando la sua attenzione su qualità diverse degli oggetti, ha fatto comparazioni, ha ragionato e formato giudizi, fino ad acquisire capacità discriminative che prima non possedeva. In una parola, egli avrà affinato i suoi sensi e le sue osservazioni sulle cose saranno complete e pertinenti.

Ricapitolando possiamo dire che gli esercizi sensoriali costituiscono una forma di autoeducazione per i bambini e, se ripetuti molte volte, portano ad un perfezionamento dei suoi  processi psicosensoriali.

L’adulto deve soltanto accompagnare il bambino dalla sensazione all’idea, dal concreto all’astratto; in altre parole, deve limitare il campo di coscienza del bambino al solo oggetto della lezione, come, durante l’educazione sensoriale, ha isolato il senso che voleva che il bambino esercitasse. E una parte importante del lavoro dell’adulto è insegnare una nomenclatura esatta.

Perché dovremmo considerare prematuro insegnare al bambino le parole cerchio, quadrato, ovale, quando nella sua casa sente più volte queste parole, quando sente i genitori parlare della tavola quadrata, del tavolo ovale, ecc…?

Dovremmo riflettere sul fatto che molte volte un bambino, lasciato a se stesso, fa uno sforzo eccessivo per comprendere il linguaggio degli adulti e il significato delle cose che lo riguardano. Un’istruzione razionale evita tale sforzo e quindi non stanca il bambino, anzi lo solleva e soddisfa il suo desiderio di conoscenza.

E’ un pregiudizio il pensare che il bambino lasciato a se stesso dia riposo assoluto alla sua mente, perché al contrario egli compie uno sforzo enorme nel cercare di comprendere da solo e imitare.

Le istruzioni date ai bambini piccoli dovrebbero essere dirette a diminuire questo sforzo mal diretto, trasformandolo in piacere per la conquista.

Nomenclature Montessori – Esempi di carte delle nomenclature per lo sviluppo del linguaggio

Le lezioni di nomenclatura possono essere sviluppate anche attraverso le CARTE DELLE NOMENCLATURE; alcune idee che possono ispirarvi nell’autoproduzione:

Nomenclature Montessori – Carte tematiche

quelle classiche riguardano le parti del corpo, gli ambienti della casa, gli animali, i giochi, ecc…

Nomenclature Montessori  – Gli opposti

Preparare una serie di schede che illustrino concetti opposti (felice-triste, secco-umido,…).
Mescolare le carte, prenderne una, disporre le altre sul tappeto e chiedere al bambino di trovare il suo opposto.
Formare tutte le coppie.
Questo esercizio sviluppa la capacità di percepire le relazioni di opposizione, affina la discriminazione visiva e la capacità di interpretazione delle immagini, arricchisce il vocabolario e la comprensione dei significati delle parole, favorisce il pensiero creativo.

Nomenclature Montessori  – Caccia alla rima

Preparare una serie di schede illustrate con parole che possano essere accoppiate per far rima tra loro, cioè che terminano con lo stesso suono, e invitare il bambino ad accoppiarle.

Nomenclature Montessori  – Raggruppamenti

Preparare due serie di schede illustrate, una serie rappresenta le carte di comando, l’altra le carte abbinabili in base a una data caratteristica (ad esempio forbici e cose che si tagliano con le forbici, nido e animali che fanno il nido, ecc…).
In bambino dovrà formare correttamente i gruppi e nominare gli oggetti.

Nomenclature Montessori – Classificazioni

Preparare due set di carte: le carte di controllo che raffigurano chiaramente degli oggetti tipo nave, automobile, cappello; le carte da abbinare che raffigurano tipi diversi di automobili, cappelli o navi.
Il bambino dovrà formare correttamente i gruppi e nominare gli oggetti.

Carte delle nomenclature per la scrittura e la lettura

Una volta che il bambino ha fatto molti esercizi di composizione di parole per dettatura con l’alfabeto mobile, è pronto per gli esercizi di  autodettatura, cioè per comporre autonomamente parole che egli stesso ha pensato, senza averle sentite dalla voce di altri.

Esistono molte possibilità per favorire questo genere di esercizio, una può essere quella di preparare delle carte illustrate, che possono anche fornire un ulteriore aiuto all’arricchimento del lessico. Classicamente le carte delle nomenclature Montessori, a questo secondo scopo, sono organizzate per aree tematiche (animali domestici, casa, abbigliamento, mezzi di trasporto, ecc…), ma si possono proporre anche classificazioni diverse, ad esempio per  lunghezza della parola (parole di tre lettere, di quattro lettere, ecc…) o per difficoltà ortografica (parole con chi, parole con ci, parole con gli, ecc…).

1. per i soli esercizi di autodettatura, possiamo stampare una copia delle schede, nel carattere scelto per l’alfabeto mobile (corsivo o stampato minuscolo), ritagliare e ripiegare la parte che contiene la parola scritta. In questo modo il bambino può comporre la parola guardando l’immagine, e in seguito controllare il suo lavoro girando la carta:

2. per i classici esercizi di nomenclatura, stampare due copie del carattere scelto, ritagliare e se volete plastificare. Lasciare per ogni coppia di schede uguali una copia intera (immagine e parola, “scheda parlata”) e una separata (ritagliare l’immagine e la parola a parte, “scheda muta”). Sarebbe meglio incollare le schede su due cartoncini di uguale dimensione, soprattutto per i bambini più piccoli.

Mettere tutto in una cartellina o una busta, a disposizione del bambino. Il bambino porterà la cartellina su un tappeto abbastanza grande, e comincerà disponendo in basso a destra la pila di schede mute, la pila di schede parlate, e i cartellini.

Quindi, partendo dalla parte del tappeto in alto a sinistra, dispone una sotto l’altra tutte le schede mute, formando una fila verticale. Quindi prende una ad una le schede parlate, e una ad una le dispone a destra delle schede mute corrispondenti. In ultimo posiziona i cartellini.

3. L’esercizio di nomenclatura può essere variato preparando schede parlate in stampato minuscolo, e schede mute coi cartellini in corsivo (o viceversa), per l’appaiamento carattere stampato – corsivo.

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