I laghi italiani materiale didattico vario per la scuola primaria: dettati, letture, materiale per ricerche, mappe e cartine. In fondo alla pagina trovi altri articoli sull’argomento: i laghi in generale, leggende sui laghi italiani, ecc…
I laghi alpini
Frequentissimi in tutta la cerchia alpina, sembrano gemme strappate al nostro bel cielo per ricreare lo spirito di chi sa raggiungerli. Se ne scoprono a tutte le altitudini, anche sopra i 3000 metri, come è il caso del bellissimo Lago Azzurro di Cima Tessa, nelle Alpi Venoste (m 3045).
Ognuno ha un nome spesso suggerito dal colore delle acque (Lago Verde nel gruppo del Monte Rosa; Lago Blu in cui si specchia il Cervino, ecc…) o dalla località in cui si trova (Laghetti di Resia presso il passo omonimo; Lago di Carezza nelle Dolomiti, ecc…); ognuno ha una sua particolare bellezza che non si dimentica.
Sono quasi sempre dovuti all’opera di escavazione dei ghiacciai ed hanno generalmente dimensioni modestissime. L’uomo però ha imparato ad ampliarli, ad arricchirli di acque con dighe e sbarramenti, allo scopo di trasformarli in preziosi serbatoi per le centrali idroelettriche.
Altri laghi, prodotti dalla glaciazione quaternaria, sono quelli racchiusi entro anfiteatri morenici: nell’anfiteatro di Rivoli Torinese i due laghi di Avigliana (Grande e Piccolo); nell’anfiteatro di Ivrea il lago di Candia e il lago di Viverone; tra le morene frontali del Varesotto e della Brianza, i laghi di Monate e di Comabbio; il lago di Varese di Biandronno; il lago di Montorfano; i laghi di Alserio, di Pusiano, di Segrino, di Annone. Nel Friuli, intermorenico è il lago di San Daniele.
I laghi prealpini
Passando in rassegna i nostri laghi prealpini cominciando da occidente, troviamo il lago d’Orta, tutto in territorio piemontese (lunghezza sulla mediana km 13,4; perimetro km 33,5; area kmq 18; altezza allo specchio m 290 s.m.; profondità massima m 143; media m 71); è un lago a deflusso invertito cioè con lo scarico delle acque non verso sud, ma verso nord.
Con la sponda occidentale in Piemonte e quella orientale in Lombardia e l’estremità a nord nel Canton Ticino è il Lago Maggiore o Verbano, il secondo d’Italia per vastità (lunghezza sulla mediana km 13,4; perimetro km 33,5; area kmq 18; altezza allo specchio m 290 s.m.; profondità massima m 143; media m 71);(lunghezza km 65; larghezza da km 2 a km 4,5 secondi i luoghi; perimetro km 166; area kmq 216; profondità massima m 372). Suo immissario, con altri corsi minori, è il Ticino, che ne esce unico emissario a Sesto Calende. Ha un golfo importante, il Golfo Borromeo o di Pallanza. Di fronte alla riva tra Baveno e Stresa sorgono le Isole Borromee. Alle alluvioni del fiume Toce è dovuto il distacco, dal bacino maggiore, dell’attuale Lago di Mergozzo. Il Verbano ha un bacino l’impluvio vastissimo: il livello del lago è quindi assai variabile. Molto pescoso, ha importanti centri turistici: Stresa, Baveno, Verbania, Cannero, Luino, Laveno.
Tributario del lago Maggiore per messo del fiume Tresa è il Lago di Lugano o Ceresio, in buona parte in territorio svizzero (lunghezza massima km 12; area 49 kmq; larghezza massima 3 km; profondità massima 388 m).
Fra monti elevati si stende coi suoi rami il suggestivo Lago di Como o Lario. Da nord, dove l’Adda sbocca dalla Valtellina, si spinge fino al promontorio di Bellagio col nome di Lago o Ramo di Colico; poi si biforca nei due rami di Como e di Lecco (lunghezza fra Como e Gera 50 km; lunghezza del ramo di Lecco 19 km; area 146 kmq; larghezza minima 650 m; larghezza massima 4,4 km). Due i principiali tributari: l’Adda e la Mera; unico emissario l’Adda che, lasciato il ramo di Lecco, si allarga poi a formare i due laghi di Garlate e di Olginate.
Sempre procedendo verso oriente, le Prealpi racchiudono i più modesti laghi di Endine o di Spinone nella bergamasca Val Cavallina; di Idro o Eridio nella bresciana valle delle Chiese (oggi trasformato in bacino idrico artificiale); di Ledro nella trentina valle omonima.
Ben più importante il lago di Iseo o Sebino, per metà bergamasco e per metà bresciano, che occupa il fondo di sovrescavazione glaciale della Valcamonica (altezza m 185; lunghezza 25 km; larghezza massima 4,7 km; area 62 kmq; profondità massima 251 m). Immissario è il fiume Oglio. Dalle azzurre acque del Sebino emerge Montisola, la maggiore isola lacustre italiana (4,5 kmq; altezza m 600).
Ed eccoci al Lago di Garda o Benaco, il maggiore dei laghi italiani, “vastissima conca dall’empito marino” come la definisce il Morandini, che da Desenzano si protende per quasi 52 chilometri sino a Riva, quasi congiungendo la pianura lombarda, attraverso dolci colline moreniche, alle giogaie alpine (profondità massima 346 m; area 370 kmq; perimetro 155 km; larghezza massima 17,5 km; larghezza minima 2,4 km). Fra i due grandi golfi di Desenzano e Peschiera si protende nel lago la catulliana “perla delle penisole” Sirmione, nota anche per la fonte termale subacquea della Boiola.
Modesto è il bacino d’impluvio del Garda, per cui poco rilevanti sono le variazioni di livello. L’immissario più importante è il Sarca, ma piccoli torrenti scendono nel lago da tutti i versanti. Emissario è il Mincio, a Peschiera. Unica isola notevole è quella di Garda, a est di Salò. Data la vastità, nel Garda, più che in altri laghi, sono accentuate le sesse; vi è anche una forte corrente profonda, il corrivo.
Come sono nati i laghi prealpini
E’ ormai accertato che con l’erosione glaciale è connessa l’origine dei laghi prealpini. Dall’esame della posizione del materiale che costituisce l’alta pianura lombarda si può lecitamente dedurre che, quando sono scesi la prima volta i ghiacciai dalle Alpi (e sono scesi almeno quattro volte, con discese alternate a fortissimi ritiri) le valli erano già formate, erano già state in precedenza scavate dai fiumi. Il ghiacciaio non ha fatto altro (fenomeno grandioso, tuttavia!) che “ultrascavare” queste valli, trasformando un buon tratto del loro sbocco nelle Prealpi in lunghe conche in contropendenza, cioè in navicelli, perciò il laghi; le valli furono allargate con l’erosione dei versanti in modo che questi vennero resi più ripidi (le famose valli a U).
E le isole? E le biforcazioni dei laghi? Le isole rappresenterebbero dei resti di diaframmi che un tempo separavano due valli; queste vengono occupate dalla colata glaciale che s’affonda nelle due vallate, allarga i versanti e riduce quindi il vecchio diaframma a semplici isolotti.
Quanto alle biforcazioni, di cui l’esempio classico è quello dei due rami del Lago di Como, è accettabile l’ipotesi che si tratti di due antiche valli che scendevano da un gruppo di basse montagne del centro lago; l’avanzata glaciale ha torto di mezzo le due basse testate delle due valli, è penetrata in esse e, ulteriormente scavandole, le ha trasformate in conche, cioè in laghi. (G. Nangeroni)
Laghi costieri e lagune
Effetto dell’alluvionamento marino sono anche i laghi costieri, assai frequenti in Italia; antiche insenature più o meno ampie, sbarrate da cordoni litoranei accumulati dalle onde. Tali i due maggiori laghi costieri italiani, quello di Varano (60 kmq) e di Lesina (51 kmq) e altri minori del Gargano, i laghi di Burano nella maremma toscana, e il Sorso in Sardegna, gli stagni della costa siciliana presso Capo Faro e del retroterra del golfo di Cagliari, i laghetti di Tindari in Sicilia, i laghi pontini e di Fondi, di Sabaudia, ecc…
Di lagune vere e proprie, prosciugate alla fine del Medioevo e all’inizio dell’Età Moderna quelle che anticamente circondavano Ravenna, oggi in Italia rimangono soltanto quelle venete, tra la foce dell’Isonzo e il delta del Po.
Lagune vive sono gli specchi d’acqua prossimi al mare, da cui sono separate da cordoni litoranei interrotti in più punti, e quindi direttamente soggette all’azione delle maree e delle relative correnti; lagune morte sono quelle più interne, ove l’azione delle maree arriva indirettamente e debolmente.
La laguna Veneta comprende la Laguna di Chioggia, di Malamocco e di Venezia; quella Friulana comprende la Laguna di Marano e di Grado.
Durante l’alta marea le acque marine penetrano nelle aperture dei cordoni litoranei, dette porti, e scavano i canali che percorrono in ogni senso la laguna viva e che, per la loro profondità, sono i soli navigabili. Nella laguna morta, le correnti di marea arrivano troppo attenuate per scavare e tenere sgombri i canali, quasi sempre tortuosi e poco profondi. Tuttavia anche nelle lagune vive è l’opera umana che deve intervenire per tener sgombri i canali dai depositi alluvionali.
Nel Veneto gli spazi lagunari adattati dall’uomo per la pesca e la pescicoltura sono chiamati valli. Le valli più estese sono quelle di Comacchio, originariamente ad acque dolci, dall’uomo trasformate in specchi salati per ospitare e conservare il pesce di mare.
I laghi vulcanici
i laghi vulcanici sono caratteristici dell’Antiappennino laziale. Di forma press’a poco circolare e generalmente profondi, occupano i crateri di vulcani spenti. Ricordiamo il Lago di Bolsena, il Lago di Vico, il Lago di Bracciano, il Lago di Albano e il Lago di Nemi.
Il Lago di Bolsena o Vulsino ha una superficie di 115 kmq e una profondità di 146 m. Abbraccia numerosi antichi crateri dei Monti Vulsini ed accoglie alcune isolette.
Il Lago di Vico o Cimino ha una superficie di 12 kmq e una profondità di 50 m. Riempie le cavità crateriche dei Monti Cimini.
Il lago di Bracciano o Sabatino ha una superficie di 57 kmq e una profondità di 160 m. Ha forma quasi circolare e si trova sui Monti Sabatini.
Il Lago di Albano ha una superficie di 6 kmq e una profondità di 179 m. Occupa uno dei crateri di quello che fu un tempo l’antico Vulcano Laziale.
Il Lago di Nemi ha una superficie di 1,5 kmq ed una profondità di 34 m. Anch’esso occupa un cratere dell’antico Vulcano Laziale.
Fra i laghi dell’Italia centrale solo il Trasimeno non ha origine vulcanica, ma è un lago relitto. E’ cioè un lago formatosi in epoche remote quando, in seguito ad alcuni sconvolgimenti della crosta terrestre, uno specchio di mare rimase isolato e circondato da terre. Ha una superficie di 138 kmq e una profondità media di circa sette metri.
Un tempo il più grande lago dell’Italia centrale era il Fucino, chiuso fra il Monte Velino e i Monti Simbruni, nella Marsica, con un’estensione di 165 kmq. Tentativi per prosciugarlo vennero compiuti fin dall’epoca romana. Ripresi nel Medioevo, furono coronati da successo soltanto nel secolo scorso ed ora l’alveo del Fucino è diventato una delle zone agricole più produttive dell’Italia centrale.
I laghi artificiali
Dagli ultimi anni del 1800 ad oggi si sono costruiti in Italia, per mezzo di dighe di sbarramento, numerosi bacini o laghi artificiali, che hanno cambiato sensibilmente il paesaggio alpino e appenninico. Queste riserve d’acqua sono state rese indispensabili dal bisogno di produrre energia idroelettrica e da quello di irrigare, anche nei periodi di siccità, vaste zone agricole per una maggiore produttività. Questi laghi artificiali sono ormai molto numerosi nel nostro paese.
Il lago malato
L’Umbria ospita nel suo territorio il maggior lago dell’Italia peninsulare, il Trasimeno. Esteso su una superficie di 128 kmq, inferiore di poco a quella del Lago di Como, il lago ha una forma grossolanamente circolare; il suo perimetro misura circa 54 km e la massima profondità raggiunge circa sei metri.
Questo grande specchio lacustre offre un paesaggio tra i più dolci e riposanti: le sue basse rive, coperte di vegetazione, si protendono nell’acqua e in alcuni tratti quasi vi si confondono; tutt’intorno è un susseguirsi di colli ondulati, coperti di olivi e disseminati di casolari e di piccoli centri abitati; la superficie del lago, che si estende uniforme a perdita d’occhio, è interrotta dolo da tre piccole isole, emergenti dalle acque con i loro dossi verdeggianti: a sud l’isola Polvese, che è la più vasta; presso la costa settentrionale la piccola isola Minore e, vicina ad essa, la Maggiore, la sola che abbia oggi un notevole nucleo di popolazione. Ma fino a quando questo paesaggio potrà conservare le sue suggestive caratteristiche? Da tempo ormai il Trasimeno è noto come il “lago malato”, che vede ridurre ogni anno la sua superficie e profondità, mentre la vegetazione palustre che ha invaso le rive si spinge sempre più avanti guadagnando terreno sullo specchio d’acqua e ne ha ormai raggiunto anche il centro, dove il livello delle acque non supera oggi i tre metri; il lago, che si va trasformando a poco a poco in una grande palude è destinato ad estinguersi e a scomparire entro breve periodo, se non interverrà un cambiamento delle condizioni attuali.
Le condizioni in cui si trova il lago hanno fatto ritornare di attualità l’idea del completo prosciugamento, idea che già si era fatta strada nei secoli scorsi per porre un definitivo rimedio alle inondazioni delle campagne circostanti; ora si riaffaccia con un altro scopo, quello di evitare che una ulteriore riduzione del livello dell’acqua finisca col trasformare tutto il lago in una malsana palude, come sta ormai verificandosi nei larghi tratti di esso. Questa soluzione, che risolverebbe per sempre il problema idrologico del Trasimeno, non trova però tutti d’accordo: si pensa che l’estinzione di un così vasto specchio lacustre potrebbe forse portare sensibili modificazioni del clima di tutto il bacino che secondo alcuni sarebbe mitigato, nell’inverno, dalla massa d’acqua del lago (ma la scarsa profondità delle acque sembra escludere che esse possano esercitare un’azione mitigatrice sulla temperatura delle aree circostanti); e che si verrebbe ad eliminare l’attività di pesca, la quale, sia pure ridotta, costituisce ancora una risorsa per una parte della popolazione rivierasca.
Perciò, contro all’idea di accelerare il processo naturale già in atto, si avanzano progetti per arrestarlo, anzi per ripristinare lo specchio lacustre nella sua integrità, convogliandovi acqua anche da zone esterne al suo troppo ristretto bacino imbrifero, in modo da compensare le perdite per evaporazione e riattivare e regolarizzare in pari tempo il corso dell’emissario.
Di recente sono già stati restituiti al lago i due immissari Tresa e Rio Maggiore, le cui acque vengono immesse nel bacino attraverso il fosso dell’Anguillara. Di vorrebbero inoltre far giungere al Trasimeno, mediante un canale, le piene dell’alto Tevere che si verificano nella Val Tiberina; si eviterebbero così i danni causati dalle inondazioni in quella conca dell’Umbria settentrionale, si innalzerebbe il livello del lago arrestandone l’impaludamento, e infine le acque deviate ritornerebbero al Tevere più a valle, attraverso l’emissario ed il corso del Nestore, attenuandone l’irregolarità del regime. (M. R. Prete Pedrini)
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