Poesie e filastrocche PAESE QUARTIERE CITTA’ – una raccolta di poesie e filastrocche, di autori vari, per bambini della scuola d’infanzia e primaria.
Dalla mia finestra
M’affaccio alla finestra,
e vedo un mondo intero.
C’è una casetta bianca
e c’è un camino nero…
C’è un pezzetto di prato
e un alberello verde,
c’è, in alto, in alto, il cielo
e l’occhio ci si perde;
vi passano le nuvole,
la luna, il sol, le stelle…
nel mio piccolo mondo,
oh, quante cose belle! (L. Schwarz)
Il mercato
Quanta gente c’è al mercato
c’è chi va per curiosare,
ma finisce per comprare.
C’è chi invece ha il tornaconto
d’ottenere un po’ di sconto
e combina pure lui
un acquisto non previsto.
Al mercato puoi trovare:
camiciole, pentolini,
scarpe, fiori, calzettini,
melanzane, cipolline
e insalate riccioline…
Quanti suoni, che colori!
Che gazzarra mamma mia;
ho la testa frastornata,
io ritorno a casa mia.
(Elpidio)
Paese
Tre case di mattoni;
una chiesa per le orazioni;
una torre con due campane,
un forno per il pane;
la gallina che canta l’uovo
una scuola col tetto nuovo;
un vasetto con un fiore,
un giardino per chi vuole…
è un paese, ve l’ho detto,
che starebbe in un fazzoletto. ( R. Pezzani )
Villaggio di montagna
Sulla cima d’un monte verde
c’è un villaggio di poche case
che dipinto sembra nel cielo.
E’ un paese sospeso in aria
or si vede, or non si vede:
tra le nuvole si disperde.
Ma la sera, che luminaria!
C’è la luna che si dondola
sulla punta del campanile
ed è là: sembra una gondola,
a far lume a quel villaggio (G. Noventa)
Paesino
Paesino chiomato di vento,
fra i castagni che fan girotondo,
gaio squittire, l’estate, ti sento
col bel cuore pulito e giocondo.
La chiesina sul fianco ti sta
con tre campane rotonde e piccine
che han la dolcezza della bontà,
dentro le gole turchine, turchine. (I. Dell’Era)
Notte in paese
Sul paesino bianco bianco
scende la notte scura scura;
ma il cuor piccino non ha paura,
anzi è preso da un dolce incanto.
Cosa c’è che lenta si leva
per il cielo vasto e d’oro?
C’è una luna di rosa e d’oro,
che sembra un fiore di primavera.
Cosa c’è nell’aria quieta,
come un pianto grave e soave?
C’è la campana che prega l’Ave
e accarezza ogni pena segreta.
Che cos’ha per compagnia
la piazzetta solitaria?
Ha la fontana che sempre varia
la sua canzone di fantasia. (D. Valeri)
Paese
Tu, per me, sei tanto bello
paesello di campagna
stretto attorno al campanile:
hai due file di cipressi
tre campane
vive come melegrane,
tante azzurre campanelle
e di notte mille stelle.
Verso sera sul sagrato
porti bimbi in girotondo,
sei piccino,
ma per me sei come il mondo.
Sei piccino:
basta un lampo
perchè il campo tremi d’oro;
basta un soffio di levante
perchè il pioppo tocchi il moro.
Così bello, così bianco
non mi stanco di guardarti,
mi vien voglia di baciarti,
paesello,
paesello! (L. Davanzo)
Rio Bo
Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde ponticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, è vero,
paese da nulla… ma però…
c’è sempre sopra una stella,
una grande, magnifica stella,
che a un dipresso…
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata!
Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città. (A. Palazzeschi)
Alba in un paese di montagna
Rintocchi assonnati
dell’Ave Maria
nell’aria pungente.
Attorno
l’antico silenzio
e odore di pane
appena sfornato.
Seduto sul muro
del piccol sagrato
un candido vecchio
immerso nel ciel mattinale
attende paziente
che suoni la messa. (C. Gaioni)
Villaggio cinese
Tre capannucce formano
l’estatico villaggio;
s’incrocian tre straducole
sul ponticel di faggio;
si cela lo scoiattolo
ch’ode un bambu frusciar,
ruba oro e incenso agli alberi
l’onda e li reca al mar. (Yu – Tsuen)
Paese
Noi percorremmo tutto il paese nell’ora
che tornano gli asini col carico di legna
dalle cime profumate della Serra.
Raspavano le orecchie pelose contro le grezze
muraglie delle case, e tinniva, attaccata al collo,
la campanella della capretta che il vecchio
trascina al buio come un cane. Qualcuno
ci disse buona notte seduto davanti alla porta.
Le strade sono così strette e gli arredi
stanno così addossati alle soglie che noi
sentimmo friggere, al nascere della luna,
i peperoni calati nell’olio. (L. Sinisgalli)
continua nelle pagine seguenti (segui i numeri delle pagine):