Racconto di Natale IL PANE
In un castello situato su un’altura abitava un re. Da lassù egli poteva rivolgere lo sguardo lontano e vedere tutta la terra. Il re aveva un figlio, che ogni giorno se ne stava per lunghissimo tempo alla finestre del castello. Che cosa poteva cercare il suo sguardo nelle lontananze del mondo? Cercava gli uomini, e osservava come vivevano, come operavano e come si trovavano nel bisogno.
Un giorno disse a suo padre: “Gli uomini soffrono la miseria e la fame, lasciami andare da loro a portare del pane”.
Il re, che amava molto il proprio figlio, gli diede la sua benedizione per il lungo viaggio. Il figlio si spogliò dei suoi abiti regali, indossò tunica e scarpe da viaggio, prese con sè la bisaccia con il pane e si pose il cappello sul capo. Poi si mise in viaggio.
Il cammino era arduo, ma il figlio del re non si concesse riposo: pensava solo alla miseria degli uomini e voleva giungere da loro il più presto possibile.
Finalmente arrivò alle case dove abitavano gli uomini. Bussò subito alla prima casa, ma la porta era chiusa a chiave. Guardò attraverso la finestra. Dentro sedeva un uomo, il capo tra le mani, e si poteva udire come si lamentava della sua triste povertà.
Il figlio del re diede qualche colpetto al vetro della finestra e gridò: “Aprimi, io voglio aiutarti!”.
Ma l’uomo non sollevò nemmeno lo sguardo e continuò a lamentarsi dicendo: “Nessuno mi potrà aiutare…”
La porta rimase chiusa e il figlio del re dovette proseguire.
Anche alla casa seguente la porta era chiusa a chiave. Attraverso la finestra potè vedere una donna che con zelo stirava la sua biancheria. “Aprimi!”, gridò il figlio del re “C’è un ospite qui fuori che vuole farti visita…”
Ma la donna aumentò ancora di più il suo zelo e gridò: “Non mi serve alcun ospite, io devo sempre e solo lavorare per poter nutrire i miei bambini!”. E la porta rimase chiusa.
Il figlio del re andò così bussando di casa in casa, ma ovunque trovò porte chiuse.
Alla fine giunse ad una casupola, che era la più povera di tutte.
Gli abitava Gianni, lo spaccalegna, con sua moglie. Aveva già visto il viandante che scendeva lungo la via e disse a sua moglie: “Si sta facendo notte, vogliamo dargli rifugio?”.
La donna era d’accordo, ed entrambi si affacciarono sulla porta. Salutarono il viandante e lo invitarono a passare la notte con loro.
Il viandante entrò volentieri nella casupola. La donna gli offrì il posto a tavola, lo spaccalegna gli si sedette accanto, mentre la moglie preparava la cena.
“Per fortuna abbiamo ancora una piccola crosta di pane”, mormorò tra sè la donna “e la nostra cara capra che ci dà il latte, così posso cuocere una zuppa…”
Spezzettò il pane nella pentola, vi mise un pizzico di sale, vi versò un po’ di acqua bollente e poi il latte.
“Ecco” disse all’ospite, mentre posava la pentola da cui usciva un caldo vapore “questa zuppa calda vi farà bene, dopo il lungo viaggio”.
Si sedettero insieme e gustarono con gioia la calda zuppa.
Lo spaccalegna era così povero che nella sua casupola aveva solo un letto per sua moglie. Per se stesso aveva un pagliericcio. Durante la cena la donna pensò tra sè: “Il viandante sarà stanco, gli voglio offrire il mio letto, così che possa stare al caldo e riposarsi…”.
“Qui” disse all’ospite, dopo che ebbero terminato di mangiare, e mostrò l’angolo dove era situato il letto “è il vostro giaciglio per la notte”.
Allo spaccalegna piacque che la moglie offrisse il suo letto al viandante. Prese dallo stanzino ancora della paglia per un altro letto, augurarono insieme al viandante la buonanotte e anche loro si coricarono.
Al mattino la donna si alzò di buonora. Voleva mungere la sua capra prima che l’ospite si svegliasse, poichè quel latte era l’unica cosa che poteva offrirgli per colazione. L’ultimo tozzo di pane l’aveva già usato per la zuppa la sera prima.
Presto l’intera capanna fu desta. La moglie dello spaccalegna posò la brocca del latte sulla tavola e disse un po’ rattristata: “Purtroppo questo è tutto quanto vi posso offrire per colazione: non abbiamo nemmeno più un pezzettino di pane per voi”.
Allora il viandante aprì la sua bisaccia e posò sulla tavola un intero pane. Fu una gioia, e per lo spaccalegna e sua moglie fu come se non avessero mai mangiato un pane così buono.
Il viandante ringraziò per l’ospitalità e proseguì il suo cammino.
Il pane però lo lasciò sulla tavola, per lo spaccalegna e sua moglie. Così lo spaccalegna potè prenderne con sè un grosso pezzo quando andò nel bosco a lavorare.
Anche la donna se ne tagliò un altro pezzettino e fece ancora un piccolo spuntino prima di riporlo nella madia. Quel pane era proprio una bontà.
Ad un tratto sentì un bambino piangere là fuori. Il bambino aveva fame e non aveva niente da mangiare. Allora la moglie dello spaccalegna gli portò un pezzo del suo buon pane. Il bambino tornò presto felice e ne avanzò un pezzetto per il suo fratellino, che era con lui.
Sulla via c’erano altri bambini e tutti vollero un po’ di quel pane che la moglie dello spaccalegna aveva dato al primo bambino, poichè affamati lo erano tutti quanti.
La moglie dello spaccalegna vide dalla finestra ciò che stava accadendo là fuori. Chiamò i bambini e con il suo grosso coltello tagliò una fetta di pane dopo l’altra e le distribuì. E sempre più bambini entravano nella casetta, e ognuno ne voleva un pezzetto.
La moglie dello spaccalegna sorrise e disse: “Vedo già che mi toccherà affettare tutto il pane!”
Ma che meraviglia fu quando si accorse che, nonostante continuasse ad affettare il pane, questo tornava intero!
Presto tutti i bambini corsero fuori, gustandosi il loro pezzo di pane. La gente chiese loro da chi lo avessero avuto.
“Cosa? Dalla moglie dello spaccalegna? Ma non è possibile! Non hanno da mangiare neppure per loro stessi!”.
Erano tutti curiosi, molto curiosi, e corsero dalla donna per farsi raccontare da chi avesse avuto tutto quel pane. La donna raccontò del viandante che avevano ospitato e che prima di partire aveva donato loro il pane.
Nella casa dello spaccalegna, da allora in poi, non ci fu più miseria.
C’era sempre pane a sufficienza; così anche la gente del paese poteva averne, quando rimaneva senza.
Adattamento da un racconto natalizio in uso nella scuola Waldorf, autore ignoto.