Materiale didattico sui minerali per la scuola primaria.
Il regno minerale
Un sasso, un pezzo di ferro sono corpi senza vita, senza movimento: non respirano, non mangiano, non crescono e non si riproducono.
Restano sempre in quello stato senza invecchiare nè morire.
Non somigliano proprio per nulla agli animali e alle piante: sono infatti corpi inorganici e si dicono minerali.
Molti minerali si trovano nelle cave, alla superficie della terra. Altri invece sono estratti con duro e faticoso lavoro dalle miniere, profonde e lunghe gallerie scavate sotto terra.
Minerali commestibili
L’acqua è un minerale composto di due gas: l’idrogeno (due parti) e l’ossigeno (una parte), combinati insieme. L’acqua, come l’aria, è indispensabile alla vita animale e vegetale. E’ molto abbondante sulla terra, sia allo stato liquido (mari, laghi, fiumi e sorgenti) sia allo stato solido (ghiacciai), sia allo stato di gas, come vapor acqueo (nell’aria).
Essa è presente in grande quantità anche nel nostro corpo (circa il 70%) e in quello di tutti gli esseri viventi (animali e piante). L’acqua è un liquido insapore, incolore e inodore; diventa ghiaccio, cioè solidifica, a zero gradi; bolle, invece, a 100 gradi.
Il sale è un minerale ricavato dall’evaporazione dell’acqua del mare in grandi bacini, costruiti lungo la costa. Oltre che in cucina il sale viene usato per la preparazione di vari prodotti industriali, mediante speciali accorgimenti.
Il salgemma è il sale che, a forma di grossi cristalli, si estrae dalle miniere.
La città di sale
Vi è una città in Polonia, Wieliczka, sotto la quale è scavata una grande città sotterranea lunga quattromila metri e larga milleduecent0, con una rete stradale lunga complessivamente novantatre chilometri. Strade scavate nel minerale grigio, lucido, che scintilla alla luce delle lampade elettriche; di tanto in tanto piazze coperte, dalle volte sostenute da eleganti colonne grige e luminose; scale che conducono da un piano all’altro: tutto ciò che vediamo è sale.
Monti anni fa i minatori che scendevano qui sotto, intagliarono la roccia salina e diedero forma a una bella chiesa che dedicarono a Santa Cunegonda e a una cappella che consacrarono a Sant’Antonio.
Muri, altari, statue, colonne, lampade: tutto è di sale.
L’aria
L’aria è un minerale allo stato gassoso, indispensabile alla respirazione e quindi alla vita degli animali e delle piante. Essa è costituita da un miscuglio di azoto, ossigeno e piccole tracce di altri gas, come l’anidride carbonica, il vapor acqueo, ecc…
L’aria avvolge la terra formando quell’immenso involucro che si chiama atmosfera.
Minerali da costruzione
L’argilla è una terra che, lavorata con acqua, si lascia modellare con facilità. Viene usata per la fabbricazione di mattoni pieni e forati e di tegole e piastrelle per l’edilizia; per la preparazione di vasi, stoviglie, ceramiche, maioliche, porcellane.
Per ottenere i mattoni ed altri laterizi, impiegati come materiale da costruzione, l’argilla viene bagnata, impastata, modellata in una macchina, lasciata essiccare all’aria libera e poi cotta in fornace.
Il calcare è una pietra comune; cotta in fornaci ad alta temperatura, si riduce in finissima polvere bianca (detta calce viva); bagnata con acqua (calce spenta), si riscalda gonfiandosi; rimescolata poi con sabbia dà la calcina o malta che si usa nella costruzione di edifici.
Il gesso è friabile allo stato grezzo. Cotto a forte temperatura, perde l’acqua che contiene e diviene polvere finissima; mescolato di nuovo con acqua, indurisce prestissimo. Si usa per intonaci e per decorazioni in rilievo di pareti e di soffitti e per la preparazione di statuette, di busti, di medaglioni decorativi. (I gessi per la lavagna si ottengono ricuocendo l’impasto di gesso).
Nei cementifici si cuoce e si tritura una miscela di calcare e di argilla ottenendo il cemento, un materiale da costruzione importantissimo. Il cemento, ridotto in polvere, mescolato alla ghiaia e alla sabbia, forma il calcestruzzo, un impasto con cui vengono gettate le fondamenta ed innalzate le strutture degli edifici. Il cemento armato è un insieme d calcestruzzo e di sbarre di ferro. E’ molto resistente alla compressione e alla trazione e garantisce la massima solidità.
Il marmo è la più pregiata tra le pietre da costruzione. Serve per statue, colonne, monumenti e per la preparazione di elementi decorativi nell’edilizia: rivestimenti di pareti e di scale, pavimentazioni, ecc…
I marmi più noti e pregiati sono: il bianco di Carrara, il rosso di Verona, il verde di Polcevera, il nero Portoro, il Botticino, il badiglio, l’alabastro, l’onice, il cipollino, il serpentino.
Una cava di marmo
Operai al lavoro con la perforatrice e il martinello. Il marmo viene staccato dalla montagna in grandi blocchi. Si praticano alcuni fori profondi con la perforatrice, nei fori si introduce una carica di dinamite, si accende la miccia e, pochi minuti dopo, uno scoppio. Il blocco si stacca e viene poi tagliato in grosse lastre col filo metallico elicoidale, formato da tre fili d’acciao avvolti in spirale. Il filo sega il marmo con l’aiuto di un poco di sabbia silicea bagnata con molta acqua.
Cave di marmo
Quasi tutti del paese lavorano in vario modo il marmo. Chi sale la montagna all’alba per scavarlo. E chi lo trasporta dalle montagne al piano.
A mezzo di certe strade lisce e storte, come il gioco delle montagne russe; il masso imbracato con doppie corde, le cui cime attorcigliano i pilastri, si muove e scende, piano, sgusciando sui travetti di legno, insaponati.
Gli uomini visti da lontano sembrano api attorno a un pezzo di pane bianco che si muove lentamente verso un alveare in pianura.
Invece sono uomini che trafficano, intorno ad un masso gigante, con pali, con legni, con cavi ininterrottamente, finchè il masso non è sulla carretta che lo aspetta sulla via carraiola. (E. Pea)
Minerali combustibili
Gli strati profondi della crosta terrestre racchiudono alcuni minerali che hanno una grandissima importanza per la vita dell’uomo: i combustibili. Essi costituiscono una preziosa fonte di energia perchè, bruciando, sviluppano calore e forniscono alle macchine l’energia necessaria per compere il loro lavoro. I combustibili più importanti sono il carbone, il petrolio e il metano.
Il carbone
Il carbone ha un’origine antichissima. In epoche lontanissime, quando l’uomo ancora non esisteva, profondi sconvolgimenti si susseguirono nella crosta terrestre. La Terra era in gran parte ricoperta di alberi giganteschi e, quando i terremoti squassavano il suolo, intere foreste rimanevano sepolte sotto enormi strati di fango e di roccia.
I vegetali subirono una lenta trasformazione. Si carbonizzarono e diedero origine a una roccia nera e compatta: il carbon fossile.
Il carbon fossile più antico, e quindi più pregiato, è l’antracite. Esso brucia lentamente, sviluppando grande calore.
Un altro tipo di carbone, meno antico dell’antracite, ma anch’esso assai pregiato, è il litantrace, che viene usato nella fabbricazione di gas illuminante.
Al termine della lavorazione per produrre il gas, rimane un carbone chiamato coke. Esso veniva usato per il riscaldamento e, negli altiforni, per la produzione della ghisa.
La lignite è un carbone non molto pregiato perchè bruciando sviluppa poco calore e lascia molte scorie.
Il carbone più recente è la torba, che è un combustibile di scarso rendimento.
In Italia esistono miniere di carbon fossile in Val d’Aosta e in Sardegna, ma la quantità prodotta è scarsa e insufficiente al fabbisogno nazionale.
In una miniera di carbone
Dal pozzo della miniera salgono le gabbie dell’ascensore.
Ritornano alla luce, dalle profondità della terra, i minatori che hanno terminato il loro turno di lavoro.
Sono neri di polvere di carbone e stanchi per la dura fatica.
Una nuova squadra è già pronta per dare il cambio.
Ogni minatore indossa la divisa di lavoro: pantaloni chiusi negli stivaloni, giubbotto ed elmetto di cuoio. Sul davanti dell’elmetto brilla la lente di una piccola torcia elettrica.
Montano nella gabbia, ordinati a gruppi di sei alla volta. Il cancelletto si chiude. Un rumore di catene e di ruote indica che l’ascensore è in movimento e che gli operai della miniera scendono nella profondità della terra. Un’altra gabbia si riempie a parte.
Ancora gabbie che risalgono e che scendono.
Nella miniera il lavoro non si interrompe mai.
Dai fondo del pozzo si diramano a destra e a sinistra gallerie larghe e basse. Ogni due o tre metri, puntelli di legno reggono la volta del soffitto. Un cartello vistoso ammonisce che dentro la galleria non si deve fumare nè accendere qualsiasi fiammella. Una sigaretta accesa, un piccolo insignificante fuoco, può produrre scoppi di grisou, incendiare il carbone e seppellire nelle frane i minatori.
Carrelli pieni e vuoti percorrono in su e in giù le gallerie, sferragliando sulle piccole rotaie. Arrivano all’imbocco di speciali pozzi, dove vengono agganciati a resistenti cavi di acciaio, che li afferrano e li fanno salire alla superficie per depositare il loro carico.
Tornano vuoti in fondo alla miniera, per essere di nuovo riempiti. In ogni braccio di galleria si sente il martellante picchiettio delle perforatrici, che scavano e intaccano i blocchi di carbone.
Allo scialbo chiarore delle lampade elettriche, i minatori, nudi fino alla cintola, perforano le pareti. Sotto i colpi dei martelli elettrici, blocchi di nero minerale si staccano, vengono subito frantumati in piccoli pezzi e caricati sui carrelli. Il lavoro è febbrile.
Gli uomini, lucidi di sudore, illuminati dalle lampade attaccate agli elmetti, sembrano strani fantasmi. Il calore è soffocante. L’aria, pressata nelle gallerie dalle pompe esterne, è pesante, calda, e non dà alcun refrigerio.
Nella miniera non si canta e non si parla; si s’intende coi gesti. Il rumore assordante delle perforatrici, lo sferragliare dei carrelli in movimento, i sordi colpi dei picconi, lo stridere delle catene delle ruote, sovrastano qualunque voce.
Finalmente, dopo un turno di quatto ore di lavoro, i minatori montano nelle gabbie e salgono a rivedere la luce ed a respirare di nuovo aria libera e pura.
Una nuova squadra di minatori è pronta per scendere nelle profondità della terra, per scavare nuovo carbone.
Così, ogni giorno, ogni notte.
(D. Romoli)
In una miniera di carbone
Siamo a mille metri sotto terra. Davanti a noi si apre un lungo corridoio scavato nel carbone, illuminato ogni cento metri da una lampada di sicurezza appesa all’armatura di legno.
Camminiamo tra le rotaie della ferrovia di scarico con la testa inclinata sulla spalla per non urtare nelle travi della volta.
(C. Malaparte)
Il lavoro in miniera
Il calore è terribile… l’aria è densa, grassa, irrespirabile. Lo stridere degli scalpelli, l’ansimare dei petti, le voci roche, il sibilo dell’aria compressa delle pistole, i colpi sordi dei picconi e dei martelli riempiono di un frastuono orrendo lo spazio dove i minatori lavoravano.
Uno degli addetti alle perforatrici ferma l’attrezzo, si mette a sedere, in disparte, sul manico di un piccone, addenta vorace un pezzo di pane; e in quel semplice gesto si rivela umano, creatura viva a mille metri sotto il proprio paese, la propria casa.
(C. Malatesta)
Minatori
Soldati di un’arma sconosciuta
per cui tutta la vita è guerra eterna,
bandiera essi non hanno, nè fanfara:
e il loro tamburo è il rombo del motore.
Han cucito il piastrino sulla blusa
son sopra inciso il nome
che testimoni della loro presenza
quando all’appello non risponderanno.
In una mano reggono la lampada
e nell’altra il piccone,
a brano a brano rompono la notte
quasi in cerca di un altro sole.
(N. Moscardelli)
Il carbon fossile
In epoche lontanissime, quando l’uomo ancora non esisteva sulla terra, la natura badò ad immagazzinare le grandi riserve di energia che sono servite e servono all’industria moderna: in grandi cataclismi, foreste gigantesche scomparvero sotto terra; qui bruciarono senza fiamma (come il legno nelle cataste del carbonaio) e si trasformarono in carbon fossile.
Il petrolio
Il petrolio è un minerale liquido che si è formato nel sottosuolo moltissimi secoli fa.
Sul fondo dei mari si accumularono nei secoli resti di animali e di piante. Col tempo questi depositi furono ricoperti di sabbia e fango, e lentamente si trasformarono in petrolio.
I giacimenti di petrolio vengono sfruttati mediante potenti macchine trivellatrici dotate di motore e di un’asta di trivellazione munita, all’estremità, di uno scalpello perforatore.
Il petrolio è un minerale molto prezioso: fornisce il bitume per pavimentare strade e terrazze, serve per preparare una speciale cera per candele e materie plastiche. Ma soprattutto il petrolio ci dà la benzina che fa muovere macchine, automobili, aeroplani e navi.
La raffinazione del petrolio grezzo
Quando, trivellando il terreno, cioè perforandolo a grandi profondità, sgorga il petrolio, esso deve essere a lungo raffinato per trasformarlo in benzina.
Le raffinerie sorgono spesso lontano dai giacimenti.
Enormi recipienti, colmi di petrolio grezzo, vengono scaldati a lungo: il calore divide il petrolio grezzo in cinque parti diverse che galleggiano una sopra l’altra, senza mescolarsi fra loro. La benzina è la più leggera e sta in alto, senza confondersi col petrolio da illuminazione che, a sua volta, galleggia sulla nafta più densa. Sotto, in fondo al recipiente, stanno gli olii e il bitume.
Sono pronti, così, la benzina per le automobili e gli autocarri e le navi; gli olii per lubrificare le macchine e il bitume per pavimentare le strade.
Gli stabilimenti nei quali il petrolio viene raffinato spesso sono lontani dai pozzi; e il prezioso liquido, per giungervi, deve fare un lungo viaggio: prima, in grossi tubi (gli oleodotti), per esser portato a grandi petroliere, che gli faranno passare il mare; dopo essere stato raffinato il petrolio riprende nuovamente il viaggio per essere distribuito.
Il petrolio in Italia
C’era una volta una gallina sbarazzina che fuggì dal pollaio e andò a rifugiarsi in un vecchio pozzo abbandonato. E c’era un contadino che la inseguì: discese appeso a una fune, deciso a riportarla a casa. Sul fondo accese una candela per vedere dove si fosse rifugiata la ribelle, e allora successe il cataclisma: uno scoppio, una fiammata, un odore nauseabondo… Gallina e contadino rimasero nel pozzo anneriti, bruciacchiati e ben decisi a non rimettervi più dentro ne piede ne zampa.
Questo accadeva parecchi anni fa in un podere della Pianura Padana: si trattava delle prime tracce di idrocarburi (petrolio e gas metano) trovati in Italia. Poi il petrolio sembrò scomparire. Fu cercato con ostinazione, anche se con mezzi non troppo potenti, ma sembrava che l’Italia non avesse nessuno di quei giacimenti sotterranei che arricchivano altre nazioni.
Alcuni tecnici, però, continuarono a lavorare con accanimetno, animati da un uomo di grande energia, Enrico Mattei. E nel 1946 proprio nel centro della Pianura Padana, una trivellazione giunse a 1600 m di profondità e fece scaturire un getto di gas metano.
Voi forse sapete com’è fatta una trivella. Un altissimo castello di acciaio regge un’asta metallica che affonda nel terreno, girando su se stessa: è una trivella con una punta dotata di denti durissimi, capaci di sgretolare e forare qualunque roccia. Gira e scende, lentamente, sempre più in basso: a mano a mano che penetra nel sottosuolo, si aggiungono all’asta nuovi settori.
Ma i ricercatori non procedono alla cieca. Prima di loro i geologi, cioè coloro che studiano la composizione della terra e delle rocce e la loro disposizione, hanno cercato di capire che cosa ci poteva essere a mille e più metri di profondità: hanno fatto esplodere cartucce di dinamite per ascoltare l’eco dello scoppio, hanno usato strumenti precisi e delicati. Ma quanto è difficile trovare il punto esatto di un autentico giacimento di petrolio o di metano!
I tecnici italiani dell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) acquistarono fiducia e slancio, dopo il primo successo. Altri possi diedero metano in abbondanza. Poi, nel 1949, la notizia clamorosa: a Cortemaggiore, in Emilia, i pozzi davano anche petrolio, oltre a gas.
Da allora si è fatta molta strada: oltre che nella Pianura Padana, il metano è scaturito in Abruzzo e in Basilicata. Giacimenti di petrolio sono stati scoperti sulle coste e sotto il mare di Gela, in Sicilia. Sono sorte così nuove industrie, con un nome nuovo: “petrolchimiche”. Esse ricavano dagli idrocarburi innumerevoli altri prodotti, dalle materie plastiche d’ogni tipo ai concimi chimici.
Oggi i tecnici italiani sono abilissimi e lavorano anche all’estero. Perforano pozzi in molte zone dell’Africa e dell’Asia, nei deserti, nelle savane e sul mare, con la stessa abilità, con la stessa pazienza, con successo e fortuna.
(D. Volpi)
Storia del petrolio
Il petrolio (dal latino petra ed oleum, cioè “olio di pietra” era già conosciuto migliaia di anni fa. Si sa, infatti, che gli antichi Egizi ricavavano dal petrolio la pece in cui immergevano le bende usate per fasciare le mummie. I Romani adoperavano questo liquido per lubrificare le ruote dei carri. In America, molto tempo prima dell’arrivo degli Europei, gli Indiani raccoglievano il petrolio che galleggiava sulla superficie di alcune acque sorgive; lo usavano per curare malattie e ferite.
Ma bisogna giunger al XIX secolo per trovare uno sfruttamento industriale del petrolio. Verso la metà del XIX secolo lo sviluppo della tecnica fece ricercare nuove fonti di energia. Per centinaia di anni gli uomini avevano svolto la loro attività finchè durava la luce del sole; al calar delle tenebre dovevano interrompere il lavoro perchè i mezzi di illuminazione erano scarsi e poco efficaci: torce, fiaccole, lampade a olio e candele, poi olio di balena.
Si era presentato inoltre un nuovo e urgente problema da risolvere. Nuove macchine si stavano costruendo in tutti i Paesi più progrediti. Fino a quei tempi, quasi tutti i prodotti erano opera del lavoro manuale, oppure si ottenevano con l’aiuto di semplicissime macchine azionate a mano, le cui lente ruote potevano essere ingrassate con un pezzetto di lardo o con poche gocce di olio vegetale. Ma ora le nuove macchine erano più complesse ed esigevano lubrificanti migliori e in grande quantità. Ed ecco che qualcuno in America si accorse che l’olio di Seneca (così veniva chiamato il petrolio dal nome di una tribù di Indiani che ne faceva uso), una volta purificato, bruciava nelle lampade con una luce molto chiara e luminosa. Lo scoprì un certo Sam Kier, venditore ambulante di petrolio per uso medicinale. Egli aveva distillato il petrolio per togliergli il caratteristico odore sgradevole; fu così che ottenne il cherosene, primo prodotto estratto dal petrolio grezzo.
Nello stesso periodo, la parte più pesante del petrolio venne analizzata e si trovò che sostituiva un ottimo lubrificante. Dunque, il petrolio poteva soddisfare le esigenze della nuova industria. La prospettiva di ingenti guadagni spinse i pionieri americani ad accaparrarsi le terre dove si trovavano giacimenti petroliferi. All’inizio tentarono di raccogliere il petrolio schiumandolo dalla superficie delle acque su cui galleggiava. Poi, per merito di Edwin Drake, fu trovato un sistema più pratico e redditizio, quello che, perfezionato e potenziato, viene usato ancor oggi: la trivellazione di un pozzo.
Dopo il successo di Drake (1859) migliaia di persone si dedicarono alla ricerca del petrolio. Anche in Europa, nel frattempo, venivano scoperti e sfruttati dei giacimenti. Si cominciò in Romania, dove il primo “campo petrolifero” venne scoperto nel 1856 con una produzione di duemila barili all’anno; la stessa cifra venne raggiunta dagli Stati Uniti.
L’Italia venne terza nel 1860 con la scoperta dei giacimenti dell’Appennino Tosco – Emiliano, raggiungendo alcuni anni dopo la produzione degli altri due Stati.
Ma mentre la Romania andò aumentando la sua produzione e l’aumento degli Stati Uniti raggiunse cifre iperboliche, il progesso produttivo del nostro Paese si arrestò ed è ancor oggi modesto.
Il metano
E’ chiamato anche “gas delle paludi”: si forma, infatti, dalla putrefazione delle acque stagnanti.
E’ un utile minerale gassoso che si estrae dal sottosuolo attraverso pozzi simili a quelli per il petrolio, ma solitamente meno profondi. Viene usato in sostituzione della benzina per i motori a scoppio, nell’industria e per usi domestici.
Per trasportarlo da un luogo all’altro si usano i metanodotti, condutture che portano, appunto, il metano. Per far giungere questo gas anche ai piccoli paesi si usano anche delle bombole speciali che permettono la conservazione e un facile trasporto del prodotto.
Lo zolfo
E’ un minerale di colore giallo. L’Italia ne ha ricchi giacimenti in Sicilia, nelle Marche, nella Romagna e in Calabria. Lo si trova a fior di terra (solfatare) e in ricche miniere (solfare).
Serve per la fabbricazione dei fiammiferi, della polvere da sparo e dei concimi. Viene pure impiegato per preparare coloranti, medicinali, per la vulcanizzazione della gomma e per combattere alcune malattie della vite.
Carbone rosso
Nuvole di vapore, bianco come la neve, si alzano violentemente nel cielo. Lentamente si dissolvono e lasciano cadere sulla terra, quasi senza alberi, deserta, riarsa, una polvere impalpabile fine e bianca.
Quegli sbuffi di vapore sono più caldi dell’acqua bollente. Si sprigionano da spaccature del suolo, e tra boati e fischi, si alzano dalla terra molle per condensarsi nell’aria. Le case del paese sono quasi addossate agli stabilimenti, che sorgono nel mezzo di una conca vulcanica, orrida e desolata.
Siamo a Larderello, il regno dei “soffioni boraciferi”; nella terra, che anticamente era creduta l’ingresso dell’inferno.
Si respira un’aria acidula, odorante di zolfo e di marcio.
I soffioni naturali, che sono i più deboli per getto di vapori, si raccolgono in acque fumanti, nei cosiddetti “lagoni”.
Quelli provocati artificialmente, con trivellazioni del suolo, sono coperti con grandi cappe metalliche, in modo che il vapore non vada perduto. Ogni cappa di soffione imprigiona il vapore e lo conduce, per mezzo di robuste tubature di ferro, agli stabilimenti, dove si unisce ad altri tubi, di altri soffioni. Le tubazioni immettono in “lagoni” artificiali, che scaricano l’acqua sopra immense distese di lamiere ondulate.
Altri soffioni, meno importanti, riscaldano, coi loro 200 gradi di calore, le lamiere di essiccazione. Fanno evaporare l’acqua, che lascia nelle scanalature una polvere bianca: l’acido borico.
I soffioni più potenti vengono incanalati verso macchine gigantesche, che muovono ruote e motori. Mastodontiche dinamo elettriche, azionate dalla forza del vapore, tra un rumore assordante, producono enormi quantità di energia. Danno la possibilità alle centrali di fornire elettricità alle ferrovie della Toscana ed a molti stabilimenti industriali.
Luce, calore, moto, energia, sono forniti dal “carbon rosso”, cioè dal calore delle manifestazioni vulcaniche.
Tutto viene dato gratuitamente dalla natura.
Larderello, con i suoi soffioni e i suoi stabilimenti posti nella vasta conca di un grande cratere vulcanico, continua giorno e notte a gettare al cielo le sue alte e violente colonne di fumo bianco. La sua costante potenza supera quella delle più poderose centrali termiche d’Europa.
Le alte ciminiere, le gabbie delle sonde, le armature dei suoi pozzi di trivellazione, sono come alberi fantastici, che sorgono fra il fumo dei vapori di quella terra riarsa, ma benefica.
Sembra l’ingresso dell’inferno, ma invece è la gloria della volontà umana, che ha saputo imprigionare, a suo profitto, le forze della natura.
Il nome Larderello, che viene dato alla zona, deriva dal conte Francesco Lardarel che iniziò lo sfruttamento del “carbon rosso”.
I soffioni, oltre all’energia elettrica, danno acido borico, acido carbonico, azoto, idrogeno e metano, che vengono usati in moltissime industrie.
Un solo soffione può avere la portata di oltre centomila chilogrammi di vapore all’ora. Ogni centrale elettrica, azionata dai soffioni, può produrre cinquecento milioni di chilowatt (kW) di energia elettrica all’anno.
(D. Romoli)
I metalli
I metalli sono fra i minerali più utili all’uomo. Si trovano nel sottosuolo, quasi sempre mescolati con altri minerali. Gli utensili dell’artigiano, gli attrezzi del contadino, le macchine, gli arnesi, i motori, i tubi e moltissimi altri oggetti sono di metallo.
Il fuoco fonde i metalli e l’uomo se ne serve per separarli dai minerali coi quali sono mescolati.
Le caratteristiche dei metalli sono la lucentezza e la pesantezza. Alcuni, poi, si dicono malleabili perchè si possono ridurre in lamine sottilissime; altri sono detti duttili perchè si possono ridurre in fili sottilissimi.
Il ferro
Ho ottenuto il permesso di visitare una miniera di ferro, perciò mi unisco a un gruppo di minatori che stanno per incominciare il loro turno di lavoro.
Entriamo nella miniera. La gabbia di un ascensore ci accoglie: subito sprofondiamo nelle viscere della terra. Dopo pochi istanti l’ascensore si ferma e noi usciamo nel buio.
Gli uomini fissano la lampada sugli elmetti e imboccano una galleria di cui non si scorge il fondo. Io cammino in mezzo a loro. Da lontano mi giungono strani rumori: rimbombi, stridori di macchine, gorgoglii di acque che scorrono invisibili. Finalmente scorgo alcune deboli luci: sono le lampade di altri minatori che devono essere sostituiti dai miei compagni. Mentre quelli si allontanano, questi incominciano a lavorare: afferrano i martelli perforatori e li accostano alla roccia.
“Dov’è il ferro?” chiedo al caposquadra.
“Qui, davanti a lei!”
“Ma questa è pietra, non è ferro…”
L’uomo sorride, afferra un pezzo di roccia che era per terra e me lo mostra: “Il ferro, com’è conosciuto dalla gente, non si trova quasi mai allo stato puro. Esso è nascosto nelle rocce. Questo sasso è appunto un minerale di ferro, cioè una roccia che lo contiene in abbondanza. Per ottenere il ferro, bisogna liberarlo dalla sua prigione di pietra. Ma per far questo dobbiamo portarlo fuori dalla miniera”.
Intanto i minatori hanno terminato di forare la roccia che chiude il fondo della galleria.
“Perchè fate questi buchi nella montagna?” domando ancora.
“Per preparare le mine”, mi risponde il caposquadra. “In questi fori noi mettiamo l’esplosivo. Quando esso scoppierà, spaccherà il minerale in tanti pezzi”.
Mentre egli mi spiega, i minatori introducono nei fori i candelotti di esplosivo, poi li collegano con le micce.
Ora dobbiamo allontanarci perchè c’è pericolo. Di corsa ci rifugiamo lontano, in una nicchia della roccia.
Dopo qualche minuto si sentono fortissimi scoppi e la galleria si riempie di fumo e di polvere.
Nella ferriera
Seguiamo un carico di minerale di ferro. All’uscita dalla miniera i vagoncini scaricano nei carrelli di una teleferica il minerale portato dal basso. Per questa via esso giunge nella ferriera. Qui è frantumato da apposite macchine e preparato per entrare nell’altoforno.
L’altoforno è una grande costruzione a forma di tino, aperto in alto. Dalla sua sommità vengono introdotti i minerali di ferro, il carbon fossile e altre sostanze che favoriscono la fusione.
Il forno rimane acceso in continuazione. Il carbone, per il calore interno, si incendia, sviluppando 1500 gradi. A questa temperatura il minerale fonde. Il ferro che vi era contenuto si raccoglie in basso; le altre sostanze galleggiano sopra il ferro fuso.
Allora si apre lo sportello della colata, posto alla base del forno. Il metallo, liquido ed incandescente, esce sotto forma di un ruscelletto sfavillante, corre verso gli stampi, li riempie. Qui diventa solido e lentamente si raffredda.
Il ferro uscito dall’altoforno si chiama ghisa: non è ancora ferro puro perchè contiene tracce di altre sostanze.
A sua volta la ghisa viene rifusa in altri forni e purificata. Così si trasforma in acciaio ed in ferro puro.
L’acciaio è un composto di ferro e carbone. E’ assai più duro, più resistente, più flessibile del ferro e perciò si presta meglio alla costruzione di macchine e di congegni.
Utilità del ferro
Il ferro è di un’utilità che sorpassa quella di ogni altro metallo ed entra nella maggior parte degli oggetti che ci circondano.
Di ferro è probabilmente il telaio della nostra finestra, di ferro è l’asta e la maniglia che servono a chiuderla; di ferro la serratura che dà sicurezza alla nostra stanza; di ferro la chiave che ne muove i congegni; di ferro gli alari del nostro caminetto; di ferro le molle con cui vi accomodiamo sopra i pezzi di legna; di ferro i chiodi su cui abbiamo appeso i quadri; di ferro il fusto del nostro letto; di ferro molti utensili di cucina, di ferro le sbarre di sostegno della casa; di ferro, nelle loro parti più importanti, gli strumenti dell’agricoltura…
Sulla bocca dell’altoforno
L’altoforno! Ne avevo visto, da bambino, il lampeggiare corrusco oltre i tetti fumosi di un capannone lungo, massiccio, greve, simile a un mostro antidiluviano, addormentatosi per errore tra le piccole case grige, spaurite, della periferia industriale.
Ed un giorno, ero poco più di un giovinetto, entrai nello stabilimento.
Il mio posto era tra lo scarico dei vagoni e una specie di gabinetto d’analisi; ma una mattina non resistetti e sgattaiolai nel capannone dell’altoforno.
Era inverno e, appena entrato, ebbi una sensazione piacevole di tepore; ma subito mi accorsi che l’aria aveva qualcosa di acre, di pesante. La gran fornace era lì, a pochi metri. I carrelli, caricati da manovali pagati a cottimo che lavoravano con una frenesia inumana, entravano, si aprivano nel be mezzo come una mela spaccata, lasciavano cadere il loro carico e se ne tornavano via, richiudendosi mentre dalla gola del forno erompeva una nube giallastra, fetida, che si disperdeva, pigramente, oltre i travicelli bluastri.
(M. Comassi)
Il rame
E’ un metallo di un bel colore rossiccio, molto abbondante in natura. A contatto con l’umidità perde la sua lucentezza e si riveste di uno strato verdastro, il verderame, sostanza pericolosa quando di forma sui contenitori per alimenti.
Il rame si usa soprattutto per la fabbricazione di cavi elettrici e di caldaie. Fuso in lega con lo stagno forma il bronzo; in lega con lo zinco forma l’ottone.
L’alluminio
E’ un metallo color bianco argenteo, molto malleabile, di facile lavorazione. Non si trova libero in natura, ma è contenuto nei minerali della bauxite e del caolino.
E’ usato per la fabbricazione di fili elettrici, di utensili da cucina, di scatolame. In lega con altri metalli, serve alle industrie automobilistiche ed aeronautiche.
Il piombo
E’ tenero, grigio, pesante. E’ adoperato per la fabbricazione di tubazioni, di caratteri tipografici (in lega con l’antimonio), di accumulatori elettrici, di pallini da caccia. Entra in diverse leghe.
Lo zinco
E’ azzurrognolo; si usa per rivestire fili, lamiere, reti metalliche, grondaie, secchi e vasche di ferro, onde evitare il formarsi della ruggine.
Il mercurio
E’ l’unico metallo liquido. Si estrae da un minerale rossastro, il cinabro, che era conosciuto come sostanza colorane dagli Etruschi e dai Romani. Era molto usato nella costruzione di termometri, ed è utilizzato per pompe ed altri strumenti.
Lo stagno
E’ di colore argenteo; è usato per rivestire recipienti di ferro o di rame. La latta dei barattoli è una leggera lamina di ferro stagnato. Unito al piombo dà la lega dei saldatori.
Minerali preziosi
L’argento è usato per coniare medaglie, per posaterie di lusso, per bracciali e collane, per orologi ed anelli, ecc…
L’oro si trova in natura in forma di pepite o in granelli mescolati a sabbia. Giallo e lucente è, come l’argento, metallo duttile e malleabile. Come l’argento, esso entra in lega con il rame ed acquista così la durezza necessaria per la sua utilizzazione, che è simile o uguale a quella dell’argento. Non è attaccabile da alcun acido.
Il platino, assai raro, è di colore bianco argenteo: è metallo che resiste ad alte temperature e, come l’oro, ma è assai costoso.
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