FAVOLA La pelle dell’orso
La gente del villaggio era tutta impaurita, perchè nel bosco vicino era apparso un orso terribile, e nessuno si arrischiava più ad uscire dall’abitato.
Un giorno capitarono alla locanda due giovanotti forestieri, cacciatori di professione: e, udito di quell’orso, franchi e sicuri dissero all’oste: -Lasciate fare a noi! Gli faremo noi la festa in quattro e quattr’otto.-
Si fecero dire il punto preciso del bosco dove l’orso era stato veduto, la parte ove si credeva che fosse, le macchie ove se n’era riscontrata la traccia.
-Lasciate fare a noi! Domattina ci apposteremo lì!-
E la mattina, puntuali, andarono al bosco. Batterono i sentieri indicati, frugarono la macchia: ma di orso nemmeno l’ombra.
-Non si è lasciato vedere: ha paura di noi. Ma non ci sfuggirà.-
Intanto, sebbene non avessero il becco di un quattrino, ogni sera ordinavano all’oste un fiasco del migliore, e mangiavano e bevevano allegramente.
-Lo scotto- dicevano -lo pagherà l’orso con la sua pelle!-
Ma un giorno, che percorrevano di nuovo, per la centesima volta, i sentieri del bosco, eccoti l’orso per davvero: un orso nero, enorme, che si avanzava brontolando minacciosamente.
Uno dei due giovanotti puntò subito il fucile e fece fuoco; ma per la paura, il braccio gli tremava, e il colpo andò fallito. Egli non stette lì ad aspettare che impressione avesse fatto all’orso lo sparo: si arrampicò lesto come uno scoiattolo sull’albero più alto che si trovò vicino, e vi si appollaiò tutto ansante.
L’altro aveva fatto anch’egli per sparare, ma, fosse paura, fosse disgrazia, il fucile gli fece cilecca e il colpo non partì. L’orso sempre più infuriato si avvicinava, senza lasciargli il tempo di salire, come il compagno, su di un albero; e allora, vedendosi spacciato, il nostro giovanotto ebbe un’idea.
Sapeva che gli orsi non toccano i morti, ed egli si buttò a terra lungo, disteso, trattenendo perfino il respiro, per fingersi morto.
L’orso gli fu subito sopra. Gli annusò la bocca, gli occhi, gli orecchi, sempre sbuffando e brontolando, poi, come sdegnoso, si allontanò e si perdette tra gli alberi.
Per un po’ di tempo, ne l’uno ne l’altro dei due cacciatori si arrischiò a fiatare. Poi, il primo si lasciò scivolare piano piano dall’albero e si avvicinò al compagno, il quale stava sempre disteo a terra, chè per poco dallo spavento non era morto davvero.
A vedergli quella cera livida, gli venne quasi da ridere: -Ohè, biondino!- chiamò, -L’orso ti ha parlato all’orecchio, eh? Che ti ha detto di bello?-
L’altro levò il capo prima, guardò fra mezzo agli alberi se proprio l’orso non si vedesse più, poi cominciò a levarsi, a fatica, come lo avessero bastonato.
-L’orso mi ha detto- rispose -che non bisogna vendere la sua pelle prima d’averla nelle mani!-
E tutti e due dettero in una risata amara, pensando alle passate vanterie ed al conto dell’oste che rimaneva da pagare.
(C. Schmid)
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