La volpe il lupo e l’orso – Favola

In una lontana terra del nord vivevano Mekko il volpone, Pekka il lupo e Osmo l’orso.

Un giorno di sole Mekko propose a Pekka di mettersi in società con lui, e Pekka accettò.

“La prima cosa da fare sarebbe di creare una radura nella foresta per piantarvi dell’orzo”, propose Mekko.

Così andarono nella tenebrosa foresta di abeti e cominciarono ad abbattere alberi. Ma era un lavoro faticoso e ben presto Mekko ne ebbe abbastanza. Così, quando Pekka cominciò ad ammucchiare i ramoscelli sparsi per bruciarli, il volpone sgattaiolò via e andò a stendersi un po’ più in là.

“Ahimè, come sono stanco!”, sbadigliò. “Perchè dovrei continuare a lavorare? Faccia pur tutto quello stupido di Pekka!”

“Mekko, Mekko!”, chiamò il lupo. “Non mi aiuti a bruciare le fascine?”

“Tu accendi il fuoco”, gridò il volpone di rimando, “io starò qui a controllare che non schizzino via scintille: non vogliamo mica mandare a fuoco tutta la foresta!”

Pekka obbediente fece come gli era stato detto, mentre quell’imbroglione di Mekko si concedeva un bel sonnellino. Quando tutta la legna fu bruciata, Pekka disse: “Ora dobbiamo piantare le sementi di orzo in questa ricca cenere di legna; vieni ad aiutarmi, Mekko.”

Ma Mekko rispose: “Tu fa la semina, Pekka. Io starò qui a spaventare gli uccelli, o altrimenti verranno a beccare tutti i semi!”

“Come vuoi, Mekko” accettò Pekka; e seminò l’orzo nella radura. Mekko naturalmente non aveva la minima intenzione di spaventare gli uccelli; si rimise giù e si addormentò.

Passò un anno, e venne il tempo del raccolto. Il campo d’orzo che il lupo aveva creato e seminato era pronto a dare la sua messe. Mekko aiutava Pekka a falciare l’orzo e a portare le spighe nel granaio, dove le tenevano a seccare.

“Ho un’idea!” disse Pekka, “Chiediamo a Osmo l’orso di aiutarci nella trebbiatura; molte braccia alleggeriscono il lavoro”.

“D’accordo”, disse Mekko.

Trovarono l’orso bruno nel cuore della foresta e gli fecero la proposta.

“Vi aiuto volentieri” disse Osmo.

Quando le spighe furono secche, i tre amici cominciarono la trebbiatura.

“Ora dobbiamo dividere il lavoro” disse Pekka.

Subito Mekko si arrampicò sulle travi del granaio: “Io starò qui a sostenere le travi” gridò giù “altrimenti potrebbero cadervi addosso: così starete tranquilli finchè avrete finito di lavorare”.

Gli altri due furono grati al volpone di tanta premura. Osmo cominciò a battere l’orzo col carreggiato e Pekka a separare la pula dai chicchi.

Ogni tanto l’astuto Mekko lasciava cadere giù un pezzo di legno. “Sapeste che fatica sto facendo quassù, a sostenere queste travi!” esclamò, “Grazie al cielo sono abbastanza robusto”.

Bene, l’orso e il lupo continuarono a lavorare tutto il giorno, mentre quel pigraccio del volpone se la prendeva comoda sul tetto. E finalmente la trebbiatura fu finita: sul pavimento del granaio stavano ben divisi un gran fascio di paglia, un cumulo di pula e un  mucchietto di chicchi dorati e mondi.

Allora Mekko saltò giù dal tetto. “Meno male che è finita” dichiarò. “Non ce l’avrei più fatta a sostenere le travi!”

“Come dividiremo l’orzo fra noi?” chiese Pekka.

“Semplicissimo”, rispose Mekko, “Siamo in tre, e il raccolto è già diviso in tre. Il mucchio più grosso andrà naturalmente a Osmo l’orso, che è il più grande; quello medio a te, Pekka, e a me,  che sono il più piccolo, il minore.”

Lo sciocco lupo e lo stupido orso accettarono. Osmo prese il fascio di paglia, Pekka il cumulo di pula, e Mekko si portò via il mucchietto di chicchi dorati e mondi. Tutti assieme si recarono al mulino per macinare la loro parte. Quando la macina passò sull’orzo di Mekko produsse un rumore scrosciante.

“Che strano” disse Osmo, “il tuo orzo ha un suono diverso dal mio e da quello di Pekka!”

“Mescolateci un po’ di sabbia” disse Mekko, “e sentirete che avrà lo stesso rumore”.

Così Osmo e Pekka mescolarono sabbia alla paglia e alla pula e, rimessa in moto la macina, sentirono anch’essi un rumore scrosciante. Soddisfatti se ne tornarono a casa, convinti di avere per il lungo e freddo inverno una provvista d’orzo buona come quella di Mekko.

Il primo giorno d’inverno, ciascuno dei tre amici decise di prepararsi una calda e nutriente zuppa d’orzo.

Osmo mise sul fuoco paglia e sabbia: ma tutto quello che ne ricavò su un miscuglio nerastro dal sapore orribile. “Puah!” disse fra sè, “C’è qualcosa che non funziona!”. E andò alla tana di Mekko per chiedergli consiglio.

Trovò Mekko che mescolava una pentola di bianca e cremosa zuppa d’orzo, che mandava un profumino delizioso.

“Cos’ha la mia zuppa?” chiese Osmo. “La tua è bianca e cremosa, mentre la mia è nera e orribile”.

“Hai lavato l’orzo prima di metterlo in pentola?” s’informò Mekko.

Osmo scosse la testa arruffata. “Avrei dovuto farlo?” chiese.

“Ma certo!” disse Mekko. “Porta l’orzo al fiume e buttalo nell’acqua. Quando vedi che è pulito, tiralo fuori”.

Osmo se ne andò ringraziando Mekko per il consiglio. Raccolta la paglia, la portò al fiume e la fece cadere in acqua. Ma che accadde? Ogni filo di paglia fu trascinato via dalla corrente veloce e sparì lontano. Questa fu la fine del raccolto di Osmo. L’orso se ne tornò a casa lemme lemme sentendosi molto infelice. E quell’inverno ci fu poco da mangiare per lui.

Pekka, il lupo, mise sul fuoco pula e sabbia, ma tutto ciò che ottenne fu un miscuglio grigiastro dal sapore orribile. Così andò anche lui da Mekko per chiedergli consiglio. “Cos’ha la mia zuppa?” chiese al volpone, “La tua è bianca e cremosa, la mia è grigia e nauseante. Spiegami dove ho sbagliato.”.

“Con piacere” rispose Mekko, “ecco, appendi la tua pentola a questa catena, vicino alla mia; io, vedi, prima di mescolare, mi sono arrampicato sulla catena, tenendomi appeso sopra la pentola. Il calore del fuoco ha disciolto il grasso della mia coda, che è gocciolato nella pentola: è il grasso che rende bianca la mia zuppa”.

“Ah, è così!” esclamò Pekka, e subito si arrampicò sulla catena, tenendosi appeso sopra la pentola. Ma non resistette a  lungo: il fuoco lo scottò così forte che egli saltò giù ululando di dolore. Ripresosi, assaggiò di nuovo la sua zuppa, per sentire se era migliorata: ma aveva lo stesso sapore di prima.

“Non sento alcuna differenza” si lamentò; poi soggiunse: “Lasciami provare la tua, per sentire se è uguale”.

Non visto, Mekko aveva intinto il mestolo nella zuppa di Pekka e ne aveva versato un po’ nella propria. Perciò disse: “Serviti, senza complimenti! Prendine in quel punto lì, sembra particolarmente buona”, e indicò il punto dove aveva versato la zuppa di Pekka.

Così il povero lupo assaggiò di nuovo il proprio orribile miscuglio, credendolo la zuppa di Mekko.

“Che strano” disse poi “Non mi piace neanche il sapore della tua zuppa! Sai cosa ti dico? La faccenda è che forse non mi piace proprio la zuppa d’orzo!”

Tristemente se ne andò scuotendo la testa, e quell’inverno fu duro per lui.

Quanto a Mekko il volpone, sogghignava sorbendo la sua bianca e cremosa zuppa di orzo: “Non capisco come a Pekka possa non piacere” disse fra sè, “Io la trovo deliziosa”.

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