[wpmoneyclick id=88443 /]La psicomotricità è una scienza che studia l’attività motoria dal punto di vista psicologico. Obiettivo della psicomotricità è approfondire, esaminare e teorizzare l’interazione tra il corpo, inteso dal punto di vista di movimento biologico e l’atto psichico che da individuale diventa sociale.
Il termine “psicomotorio” fu usato per la prima volta intorno al 1870, per indicare le regioni della corteccia cerebrale vicine alle aree propriamente definite motorie, dove si ipotizzava avvenisse l’unione tra movimento e immagine mentale.
In Francia, dove ha preso il via l’applicazione di questo concetto nei primi anni del ‘900, si è provato che aspetti corporei legati al movimento possono colmare e risolvere determinati blocchi cognitivi o relazionali, connessi magari a handicap particolari.
Da questo punto ha preso il via un nuovo modo di concepire il corpo e i suoi movimenti: da una ginnastica “militare” eseguita solo per far irrobustire il corpo, si è passati a una ginnastica che potremmo definire “ armonica”, in grado cioè di tenere conto dei bisogni sia fisici sia anche alle necessità mentali e interiori.
Nella Psicomotricità si trova la confluenza armonica, la sintesi equilibrata di diverse discipline (psichiatria, psicoanalisi, sociologia, pedagogia, etologia, arti teatrali..) tale da permettere una nuova lettura, unificata e globale della persona, nel suo essere e nel suo agire.
La Psicomotricità è l’interdipendenza e la reciprocità costante, all’interno della relazione individuo-ambiente, fra motricità, intelligenza e vita emotivo-affettiva alla cui base sta primariamente il corpo.
La Psicomotricità è centrata sul corpo, sul movimento in quanto esso esprime se stesso ma nel contempo esprime le emozioni e precede e traduce l’intelligenza.
Psicomotricità, ancora, è l’acquisizione della presa di coscienza da parte del bambino delle proprie sensazioni, del proprio movimento, delle varie funzioni psicomotorie come dei comportamenti ed emozioni corrispondenti cosicchè il bambino possa controllare il tutto in quanto attore delle proprie azioni e delle proprie difficoltà senza subirle.
Ciò che è essenziale per la psicomotricità è la costituzione dell’atto psicomotorio, che possiamo definire come la sintesi di più livelli di espressione dell’azione:
• desiderio di agire, che deve essere proprio del bambino
• possibilità di agire, che fa riferimento tanto all’aspetto strumentale e funzionale quanto alla possibilità di agire, permessa e riconosciuta dall’altro
• saper fare, che è dato dalle proprie capacità cognitive e dagli apprendimenti
• voler fare come espressione dell’Io, dell’autonomia, dell’integrazione delle regole
sociali, e ciò permette, attraverso l’esercizio, l’acquisizione di competenze e capacità tali da potersi adattare alla realtà.
L’obiettivo della Psicomotricità è favorire in un bambino l’integrazione e l’armonizzazione di questi differenti aspetti.
La Psicomotricità parte dal presupposto che favorire un reinvestimento del corpo e migliori realizzazioni motorie determina sicuramente una maggiore attenzione, una migliore espressione delle emozioni, una migliore organizzazione del pensiero e delle relazioni interpersonali.
L’attività psicomotoria è un’occasione all’interno della relazione psicomotricista-bambino per ripercorrere lo sviluppo psicomotorio integrando aspetti organizzanti e meno organizzanti a qualsiasi livello e funzione essi si esprimano, al fine di “agire sull’origine neuro-motoria o psichica delle difficoltà” ricostruendo le tappe in modo simbolico o reale.
In questa evoluzione lo psicomotricista deve saper considerare i ritmi del bambino secondo una progressione ben definita:
• fare
• fare facilmente
• fare bene
• fare meglio.
Una motricità libera e nello stesso tempo controllata è espressione di un pensiero libero, creativo e ben partecipato emozionalmente.
E infine la Psicomotricità sviluppa la volontà o perlomeno ne facilita l’esercizio mediante un controllo preciso dell’impulso e della inibizione. Ciò, così, rende più agevole e dunque più piacevole il passaggio all’atto; rende possibile la ripetizione di atti semplici, complessi, alternativi e simultanei.
LA PSICOMOTRICITÀ
Origini L’educazione psicomotoria nasce nei primi anni del novecento come terapia per il trattamento di problemi ” mentali” attraverso l’uso del corpo.
Nasce quindi nei centri di neuropsichiatria infantile, ma da quelli presto fuoriesce per diventare strumento di stimolo e crescita per tutti i bambini.
Laddove prima lo scopo era rieducativo adesso diventa educativo, teso a sostenere e stimolare il bambino in quel lavoro che porta dal fantastico al reale, dall’affettivo al razionale, dall’egocentrismo alla socializzazione in un’ottica non di contrapposizione ostile, ma di differenziazione che permette quindi il riconoscimento e di conseguenza la possibilità di “uso”.
L’educazione psicomotoria nella scuola dell’infanzia deve essere innanzitutto un’esperienza di piacere, non indotta quindi attraverso un atteggiamento autoritario o affettivamente ricattatorio, ma attraverso la proposta e l’ascolto, l’osservazione di ciò che accade, non come asettico “scienziato”, ma come parte attiva della situazione e del gruppo che comprende quindi ora non solo i bambini , ma anche l’insegnante, che calibra e valuta , e varia le sue proposte/risposte in base alle proposte/risposte dei bambini.
In secondo luogo deve trattarsi di un’esperienza attiva di confronto con l’ambiente.
Non si tratta quindi di dare del materiale ai bambini, immaginiamo corde, e di chiedergli di fare, per esempio, dei cerchi che più tardi gli chiederemo di nominare e quindi di disegnare, quanto piuttosto di proporre le nostre immaginarie corde ai bambini che attraverso un gioco libero arriveranno a fare delle scoperte, tra le quali probabilmente anche la possibilità di formare con queste un cerchio, che non è necessariamente cerchio, ma magari è casa, e noi saremo pronti a cogliere ciò che sta accadendo per parlare prima di casa e quindi di cerchio (passaggio dall’affettivo al razionale), per fare giochi dentro le case dove si dorme, si cucina e altro, e fuori dalle case per andare al mercato, e poi, perché no, disegnare la nostra bella casa o la strada che da questa ci ha portati al mercato.”In questo stadio l’attività motoria, in relazione con l’adulto o con altri fanciulli, traduce l’espressione di un bisogno fondamentale di movimento, d’investigazione e di espressione che deve essere soddisfatto. Questa esperienza espressiva del corpo vissuto, carica di tutto un contenuto emozionale, si organizza ad un livello di comportamento sensorio-motorio globale favorevole all’emergenza della funzione di aggiustamento.”
Naturalmente l’insegnante non diventa una sorta di vaso vuoto che i bambini riempiono come meglio credono, lasciati a una libertà che non può fare altro che renderli insicuri, è giusto e necessario invece che l’insegnante abbia dei programmi di proposta a breve e lungo termine, che partono da osservazioni per tendere verso degli obiettivi, ma questi programmi non devono diventare una gabbia per sè e per i bambini, devono essere al contrario il reticolato che ci sorregge ma che muta la sua forma nello spazio a seconda che ci si poggi da una parte , dall’altra, in tanti, in pochi, se c’è vento , se piove o c’è il sole.
Per potersi porre in questa situazione di ascolto e reattività è necessario che l’educatore abbia un bagaglio di informazioni e di possibilità alle quali attingere, più ampio è il bagaglio, più sono i colori che ci portiamo appresso più variopinto è il quadro che potremo dipingere.
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