Dettati ortografici LA PIOGGIA – una collezione di dettati ortografici di autori vari sulla pioggia, per la scuola primaria.
La pioggia viva
La pioggia cadeva con forza crescente e assorbiva ogni altro rumore, e non si vedeva più altro. Prendevo una scatola di latta, la posavo subito fuori, davanti alla porta di casa e, sull’istante, l’acqua mi scorreva sulle mani, sui polsi, mi colava nelle maniche; in breve la scatola era piena: guardavo l’acqua cadere nell’acqua e ascoltavo e riuscivo a distinguere il rumore che faceva. Sentivo anche, la pioggia crepitare sul legno e dappertutto vedevo l’acqua corrodere il suolo, rubargli la terra, portarla via e formare ruscelli sui pendii. Guardavo l’acqua scorrere cadere rimbalzare e correre. Impregnava le vegetazioni squassate, imbevute. Guardavo lo stirarsi eccessivo degli alberi, delle piante abbattute e risollevate e riabbattute a colpi bruschi; l’acqua riempire, velare, confondere il paesaggio; accanto a me appannare il minuscolo vetro, tremarvi su, rotolare su se stessa. Alla fine tutto il temporale se n’è andato. La pioggia continua senza tregua, ora la rete si dirada. E finalmente, altri rumori, un’automobile, una frase si sentono.
Non c’è dubbio continuerà a piovere così con uguale violenza nè più nè meno fino al primo pomeriggio.
(I. Thibaudeau, da “Ouverture”)
Pioggia di primavera
La pioggia, picchiettandola con le lunghe dita leggere, faceva il solletico alla terra e le diceva piano piano: “Svegliati”. E mormorava: “Destati!”. E poi: “Su, su, è l’ora, vestiti!”. E la terra fingeva ancora di dormire perchè nulla era più dolce di quella carezza leggera e di quel dormiveglia! Alla fine aprì gli occhi delle margherite e nei giardini restò un odore di terra bagnata. (Achille Campanile)
Che gioia camminare sotto l’ombrello, se la pioggia è leggera, ridarella, canterina. La pioggia ti aspetta una mattina sulla porta e c’è quasi il sole. Nell’aria c’è odore di strada bagnata, odore di terra da fiore. E’ più musica che pioggia. Tutto si lava, si fa bello: l’albero, il tetto, il marciapiede. Questa sì che è pioggia felice! (R. Pezzani)
Piove
Piove, e sembra un gran pianto del cielo. L’asfalto delle strade cittadine luccica; e luccicano gli ombrelli, i cappucci dei cappotti impermeabili. Nei campi, i fossi gonfi di acqua borbottano, I fiumi corrono limacciosi in piena e portano innanzi quanto hanno rapinato alle prode.
Le case quasi spariscono tra i veli della pioggia, tra i vapori che salgono dalla terra e lentamente vanno a confondersi con le nuvole grige. (G. Fanciulli)
Pioggia nel bosco
Quando piove, l’acqua colpisce le fronde degli alberi, si rompe in tante goccioline, che rimbalzano tra le foglie. La pioggia giunge a terra a stilla a stilla, scorrendo anche lungo i rami e lungo i tronchi.
In terra trova uno strato di foglie morte. Le inzuppa pian piano, le fa marcire e finalmente penetra sotto terra dove trova una falda di argilla che la porterà a scaturire in una limpida sorgente. (P. Bargellini)
Dopo un acquazzone
L’aria, lavata e fresca, odorava di terra e di verdure, e la terra inzuppata, più bruna, pareva ribollire ai raggi del sole già alto. Le piante, ancora grondanti di pioggia, stormivano leggermente, facendo fiammeggiare come diamanti le goccioline d’acqua sospese alle foglie lustre. Una luce dorata bagnava dolcemente i campi, le facciate, le siepi; filtrava tra i rami scuri, rompeva e chiazzava l’ombra verde e umida delle aiuole. (A. Soffici)
Pioggia in città
La gente è stizzita e guardinga; torme nere di ombrelli si buttano contro i muri quando rasentano le automobili e tranvai sventaglianti spruzzi gialli e lunghi dalle ruote. Solo i vigili, nei loro impermeabili neri a mantellina, raccolgono pazienti e sacrificati le acque del cielo e della terra. Un nembo livido avvolge i quartieri della periferia dai viali vastissimi e deserti di bambini, guardati da palazzi torvi tutti chiusi nei loro vetri come ammalati nei loro cappotti, forse sorpresi di sentire la pioggia precipitare nei tubi delle grondaie e pulsare, quasi sangue, nelle vene. (G. B. Angioletti)
Pioggia
Ad ogni attimo un lampo violetto o verdastro palpita, seguito immediatamente da un tuono formidabile che fa rintronare i vetri. L’acqua cade rabbiosamente; il vento la spinge di traverso e i suoi fili sono come frecce di vetro scagliate obliquamente dall’alto. Gli alberi si divincolano sotto il turbine. L’orizzonte si perde in una nebbia folta, cieca. (A. Soffici)
Pioggia nel bosco
Quando piove, l’acqua colpisce le fronde degli alberi, si rompe in tante goccioline, che rimbalzano tra le foglie. La pioggia giunge a terra a stilla a stilla, scorrendo anche lungo i rami e lungo i tronchi. In terra trova uno strato di foglie morte. Le inzuppa pian piano, le fa marcire e finalmente penetra dotto terra dove trova una falda di argilla che la porterà a scaturire in una limpida sorgente. (P. Bargellini)
Piove
Piove, e sembra un gran pianto del cielo. L’asfalto delle strade cittadine luccica; e luccicano gli ombrelli, i cappucci dei cappotti impermeabili. Nei campi, i fossi gonfi di acqua borbottano. I fiumi corrono limacciosi in piena e portano innanzi quanto hanno rapinato dalle prode.
Le case quasi spariscono tra i veli della pioggia, tra i vapori che salgono dalla terra e lentamente vanno a confondersi con le nuvole grigie. (G. Fanciulli)
L’alluvione
Grandi, sparuti, lamentosi muggiti venivano dalla campagna allagata, dalle stalle che il boaro non aveva fatto in tempo ad aprire, dai campi, dove il bestiame errava con l’acqua al ginocchio, al ventre, al petto, sperduto e impantanato. Voce spiegata all’angoscia comune davano le campane a stormo: Ro rispondeva alla Guarda, martellando: e in tanti anni il vecchio campanile della Guarda non aveva ancora mai rintoccato così alla disperata: pareva l’ultima volta prima di dare il crollo. (R. Bacchelli)
Prime piogge
Da tre giorni e da tre notti cadeva sulla campagna una pioggia minuta e uguale. Era la prima pioggia d’autunno. Gli alberi del frutteto ne grondavano, ne grondavano i tetti e il suo rumore lieve e diffuso, simile al ronzio di un immenso arcolaio, senza pause, ininterrotto, era la musica dell’autunno pieno di sonno e di malinconia. Tutti nel villaggio l’ascoltavano dal chiuso delle nere stalle, delle nere cucine. (U. Fracchia)
La pioggia
Cade, cade monotona e sempre uguale. Sembra che non debba smettere più. Batte sulle strade, sui tetti, sugli ombrelli dei passanti. Dov’è il bel sole d’oro, dove sono le nuvole candide e morbide? Piove piove e sulla strada si formano larghe pozzanghere fangose. Ma anche la pioggia è necessaria e la terra e le piante la bevono avidamente.
Dopo un acquazzone
L’aria, lavata e fresca, odorava di terra e di verdure, e la terra inzuppata, più bruna, pareva ribollire ai raggi del sole già alto. Le piante, ancora grondanti di pioggia, stormivano leggermente, facendo fiammeggiare come diamanti le goccioline d’acqua sospese alle foglie lustre. Una luce dorata bagnava dolcemente i campi, le facciate, le siepi; filtrava tra i rami scuri, rompeva e chiazzava l’ombra verde e umida delle aiuole. (A. Soffici)
La pioggia
Ecco, l’aria immota si scuote. Sembra proprio che il dio dei venti, Eolo, abbia aperto la caverna dei venti furibondi. Le foglie degli alberi spasimando si contorcono. Ecco le prime gocce, grandi, chiazzate, furenti. Qualcosa balza nell’aia: un chicco di grandine. Si attende col cuore sospeso. Nulla, non è nulla. Cessa il vento: la pioggia scende ora in pace, dolce, sonora. Se dura un’ora i pomodori si faranno turgidi; l’erba medica crescerà per un nuovo taglio, l’uva rachitica si gonfierà. (A. Panzini)
Quando piove
Fango in terra e fango in cielo, stillanti, grondanti, chiazzati di tetra umidità i tetti, le case, i muri: cinereo e grigio lutto; e dalla monotona deformità delle nubi filtra un acquerugiola lenta, fredda, ostinata, che non si vede e immola l’anima, che non si sente ed empie le strade di una poltiglia mobile e appiccicosa, lubrica e attaccaticcia e impacciante. (G. Carducci)
Storia dell’ombrello
Sapete chi fu il primo uomo che usò l’ombrello in Europa? Il signor Giona Hauway, di Londra.
Questo signore aveva viaggiato molto. Era stato in Russia, in Persia, in Cina e chissà in quanti altri posti ed aveva visto chissà quante belle cose. Poiché l’ombrello ha un’origine che si perde nella notte dei tempi, avrà visto anche che esso veniva usato da molti popoli, quale segno di distinzione o potenza. Del resto gli ombrellini erano già usati in Europa, come segno di femminilità ed eleganza, dalle signore. Ma che si fosse mai visto un uomo in giro con l’ombrello!
Invece in una giornata piovosissima dell’anno di grazia 1752, il signor Giona pensò che sarebbe stato molto utile uscire di casa al riparo di un grosso ombrello, e così fece.
Non lo avesse mai fatto! Le vie di Londra furono per lui come tante sale da… concerto o campi di esercitazioni di tiro a segno.
Infatti tutte le persone… per bene lo dileggiarono, lo fischiarono, ed i ragazzi andavano a festa nel bersagliarlo di torsoli, di patate, di uova…
Si incrociarono discussioni a non finire, sotto la pioggia s’intende e… senza riparo; chi diceva che era semplicemente ridicolo che un uomo, segno di forza e di sapienza, andasse in giro a quel modo; chi diceva, e questi era interessato, che l’ombrello avrebbe fatto morire di fame i poveri vetturini; chi infine, timorato di dio, affermava essere un insulto sacrilego verso il supremo fattore dell’universo, perchè se Lui mandava la pioggia, voleva dire che aveva intenzione che le persone si bagnassero e nessuno aveva il diritto di ripararsi!
Sotto tutto quel diluvio: pioggia, torsoli, patate, invettive d’ogni genere, il signor Giona continuò a passeggiare, riparandosi fa tutte le cose materiali che gli cadevano addosso, col suo ombrello, e dalle invettive con la sua imperturbabile flemma.
Sapete quanto ci volle perchè i londinesi e gli europei comprendessero l’utilità dell’ombrello? Trent’anni.
Nel 1782, infatti, l’ombrello era già di uso comune!
(A. M. Giannini)
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