Poesie e filastrocche LE ORE E L’OROLOGIO – una collezione di poesie e filastrocche per la scuola d’infanzia e primaria.
Il cucù malato
C’è un gran pendolo lassù,
dove vive quel cucù
che ogni giorno col suo verso
dà la sveglia all’universo.
Ma stamane ha il mal di gola,
ha perduto la parola,
e non può cantar l’ora
a chi dorme, a chi lavora;
sorge il sole rosso e giallo,
ma beato dorme il gallo;
con la sua mandolinata
apre il grillo la giornata;
come scocca mezzogiorno,
nonno gufo imbocca il corno;
quando poi la notte cala,
stride allegra la cicala,
e la luna sonnolenta,
chiude gli occhi e si addormenta. (M. Punter)
Senza orologio
Senza orologio s’indovinan l’ore
da certi segni messi dal Signore.
Se cala il sole, si capisce bene
che tra pochi minuti il babbo viene.
Al primo canto ch’esce dal pollaio
si svegliano il pastore e l’operaio.
Quand’entra il sole dalla mia finestra
m’alzo perchè m’aspetta la maestra.
Quando con la cartella a casa torno
è da poco suonato mezzogiorno;
mangio e, quand’ho finito di studiare
scocca l’ora precisa di giocare.
Sempre così: l’ora che fa piacere
suona quand’uno ha fatto il suo dovere.
(F. Socciarelli)
L’orologio
Trotto sempre: uguale il passo,
e non porto cavaliere.
Ho due lance a bilanciere:
l’una innalzo, l’altra abbasso,
l’una e l’altra incrocio spesso,
l’una corre e l’altra appresso.
E ne roteo un’altra ancora,
che non sa cos’è dimora.
Tondo è il campo della lotta,
bianco e liscio a perfezione,
neri i segni alla mia botta;
trotto e picchio, e non mi scotta
polso e cuor nella tenzone:
chè non ho lancia di cerro,
e nel petto ho un cuor di ferro.
Trotto e picchio: non ho scorte,
ma al mio passo guardan tutti:
ch’io segno, nel cammino
fatto a regola di danza,
per ognuno il suo destino,
per ognuno la speranza. (V. Bosari)
Il vecchio pendolo
Vecchio pendolo tarlato
è già un secolo che batti
e conosci tanti fatti
del romantico passato;
la tua nenia che non varia
questa notte s’è arrestata,
e l’ho invan ricaricata;
la tua nenia che non varia
s’è spezzata! Ahimè, si sa
ogni cosa quaggiù muore;
del metallico tuo cuore
il tic tac più non s’udrà. (U. Magnani)
L’orologio
Montavo sopra una sedia, poggiavo il mento sul davanzale della finestra, e guardavo l’orologio. Grande, bianco. Un fantasma in forma di disco. Tutt’in giro strani segni, che cominciavano da una semplice asta, poi raddoppiavano, si moltiplicavano, si complicavano… Due lance, una più corta e tocca, l’altra più lunga sottile e ardita, veramente la lancia di un cavaliere paladino, infisse al centro del disco, si spostavano lungo la periferia tra quei segni. La minore… si spostava con molta lentezza; svogliata, riluttante a seguire lo slancio dell’altra, l’arma bellissima del guerriero, che a scatti e salti inseguiva quei segni e a uno a uno li superava, senza mai inciampare.
(M. Saponaro)
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