Commedia dell’arte – recite con le maschere tradizionali italiane. Questi brevi dialoghi, pensati per le recite scolastiche, sono anche degli ottimi strumenti per esercitare la lettura in modo divertente. Facendo in modo che ogni bambino legga solo la voce di un personaggio, si stimolano tutti i bambini a seguire il testo mentre legge il compagno, e si migliora nella lettura a voce alta la capacità di cogliere l’intonazione e l’espressività data dai segni di interpunzione e dal contenuto del testo stesso. E’ inoltre una bella attività per viaggiare tra le Regioni italiane attraverso le maschere della Commedia dell’Arte.

Ho raccolto tutti i copioni in formato ebook, qui:

teatrino di carnevale

Questi sono i dialoghi 

Commedia dell’arte – Scherzo di Carnevale

La scenetta si svolge su una piazza da fiera tra Brighella, venditore di cialde, e Arlecchino.

Brighella: (davanti al banco delle cialde) Da Brighella, orsù venite; e le cialde sue sentite, fatte al gusto bergamasco, da condir con un buon fiasco!
Arlecchino: Anche tu alla bancarella, e che vendi, buon Brighella?
Brighella: cialde, cialde ancor fumanti, ma per te saran pesanti (tra sè) Ci scommetto che Arlecchino non ha il becco di un quattrino!
Arlecchino: belle, invero!… (tra sè) Che disdetta rimaner sempre in bolletta!
Brighella: Bella gente; cialde uguali, fan passare tutti i mali; e la spesa e ben meschina: cento lire una dozzina! E, su dodici, ecco qua: una in dono se ne avrà!
Arlecchino: (tra sè) Una in dono? O intesi male? Che pensata originale!
Brighella: Arlecchino, vuoi comprare? Vieni avanti, è un buon affare!
Arlecchino: Dimmi ancor… dodici cialde…
Brighella: cento lire… calde calde!
Arlecchino: E una cialda… hai detto tu…
Brighella: La regalo in sovrappiù!
Arlecchino: (servendosi di una cialda ed allontanandosi in fretta) Allor senti, buon Brighella, per intanto prendo quella e, per le altre a pagamento, tornerò un altro momento! (mangia la cialda fra le risa del pubblico)
Brighella: il furfante m’ha giocato… Ah, il citrullo che son stato!


Bugie

Brighella: avevo lasciato sul tavolo un bel pezzo di torrone. E’ sparito! Ehi, Arlecchino. Ma che guancia gonfia! Che ti succede?
Arlecchino: un terribile mal di denti. Ahi! Ahi!
Brighella: un momento fa stavi bene, però…
Arlecchino: improvvisamente ho sentito un gran male e il dente si è gonfiato!
Brighella: il dente? Vorrai dire la guancia
Arlecchino: Sì, la guancia destra
Brighella: ma non è la sinistra? A proposito: c’era qui un pezzo di torrone avvelenato per i topi…
Arlecchino: Avvelenato? (sputa il torrone) Aiutooooo!

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Commedia dell’arte – L’imbroglione bastonato

Scena 1 Una stanza in casa di Brighella. Sulle pareti di fondo la porta d’ingresso. La stanza è arredata con poche seggiole spagliate e un tavolino zoppicante. All’aprirsi del sipario, Brighella è in scena, seduto in terra, intento a rattopparsi le scarpe. Si ode bussare all’uscio.

Colombina: E’ permesso? (entra appoggiandosi ad un grosso ombrello)
Brighella: (alzandosi) avanti, avanti. Che cosa comanda?
Colombina: sta qui di casa un certo Arlecchino?
Brighella: sì, abita qui; ma in questo momento non c’è
Colombina: va bene, l’aspetterò. (si siede)
Brighella: Madamigella, il mio amico Arlecchino è uscito per un affare di premura; non so quando tornerà. C’è il caso che rientri molto tardi
Colombina: non importa. L’aspetterò lo stesso. (Si accomoda meglio sulla seggiola che scricchiola)
Brighella: Se intanto vuole dire a me di che cosa si tratta…
Colombina: Non vi prendete pena, brav’uomo. Quello che ho da dire, lo dirò al signor Arlecchino in persona quando si degnerà di tornare. Devo dirgli due paroline… (accompagna le ultime parole con un gesto minaccioso dell’ombrello).

Scena 2
Pulcinella: si può? (entra appoggiandosi ad un grosso bastone)
Brighella: Avanti… oh, caro Pulcinella, qual buon vento ti porta?
Pulcinella: (minaccioso) vento di bufera, caro Brighella
Brighella: che dici? Non comprendo…
Pulcinella: Mi capisco da me… C’è quella buona lana di Arlecchino?
Brighella: Sì, non vedo l’ora di vederlo (alza l’ombrello in maniera minacciosa)
Pulcinella: capisco. Ed io non vedo l’ora di suonarlo! (agita il grosso bastone)

Scena 3 (si odono per le scale i passi di Arlecchino che sale cantando)
Arlecchino: Fior di mortadella! Voglio mangiare e bere un anno intero, in barba a Colombina e Pulcinella…
(Colombina e Pulcinella balzano in piedi e si mettono ai lati della porta: appena Arlecchino entra, lo prendono a ombrellate e a bastonate cantando):
Colombina e Pulcinella: Fior di imbroglione! Va’ a lavorar invece di rubare! E balla intanto al suono del bastone!

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Commedia dell’arte – Castelli in aria

Rosaura: (la padrona) Colombina! Colombina!
Colombina: (la cameriera) Eccomi, signoara, Che c’è?
Rosaura: un cliente, un cliente di riguardo!
Colombina: e com’è?
Rosaura: com’è, com’è! Vai di là! Vallo a servire e lo vedrai. Ma spicciati e trattalo bene
Colombina: volo! (esce)
Rosaura: che cliente! Che vestiti!
Colombina: (rientra esultante) Signora, signora! Mi ha ordinato anguilla al forno, vino di bottiglia…
Rosaura: dici davvero? Ma questo è un gran cliente! Servilo subito, per carità
Colombina: lasci fare a me, signora. Qui si diventa ricche! (esce di corsa)
Rosaura: uno, due, tre, mille pasti. E dopo quello…
Colombina: (rientrando) Ecco, è servito. M’ha detto grazie con un cenno del capo. Pareva un duca!
Rosaura: sai che ti dico? Che se a quel cliente piacerà la nostra tavola, ritornerà
Colombina: e porterà con sè gli amici
Rosaura: duchi e marchesi
Colombina: conti e baroni
Rosaura: principesse, dame eleganti Colombina: vedremo splendere monili e anelli
Rosaura: sarà la ricchezza. Trasformeremo la trattoria. Diventerà un albergo di prima classe
Colombina: ed io sarò la direttrice della servitù
Rosaura: le mie colleghe mi invidieranno. Ma non importa. Una splendida gondola mi porterà in sogno lungo la Riva degli Schiavoni
Colombina: (affacciandosi alla porta di fondo) Signora!
Rosaura: che c’è? Colombina: (coprendosi gli occhi con le mani) Il cliente! Ha mangiato tutto!
Rosaura: beh, che c’è di male?
Colombina: ha mangiato tutto e se n’è andato senza pagare!
(Rosaura sviene)


Commedia dell’arte –  Il grano d’oro

Atto 1 (Nella casa di Arlecchino; una stanza assai povera)
Arlecchino: signor dottore, sto molto male
Dottore: dove, figliolo mio, dove?
Arlecchino: nelle tasche
Colombina: ha il vizio di tenerle sempre vuote
Dottore: vediamo… uhm! E’ un vuoto spaventoso! (esamina una tasca…). Ma che cos’è questo seme?
Arlecchino: sarà un chicco di grano, o di miglio, avanzato da quelli che offro ai piccioni sulla piazza
Dottore: (esamina il seme) Ma no, ma no… Questo è un grano d’oro… Granum auriferum… perbacco! Vale un tesoro!
Arlecchino: Un tesoro? Davvero? Qua, qua…
Dottore: Granum auriferum… rarissimo. Preziosissimo. Avete un vasetto? Un po’ di terra?
Colombina: sì sì
Dottore: pianterete questo grano, e in capo a sei mesi la pianta vi darà tanti pomi, tutti d’oro!
Arlecchino: oh, pomidori!
Dottore: dico che saranno pomi fatti d’oro. Però perchè la pianta dia il suo frutto, bisogna annaffiarla…
Colombina: con l’acqua fresca?
Arlecchino: con la malvasia?
Dottore: no, col sudore della fronte. Tu poi, Colombina, ascoltami bene. (parla sottovoce a Colombina)

Atto 2 (la medesima stanza, che ha un aspetto meno misero. Sul davanzale della finestra c’è un vasetto con una piantina)
Brighella: (entrando) C’è Arlecchino?
Colombina: è a lavorare
Brighella: anche oggi? Povero amico mio, è ammattito. Perduto. Spacciato.
Colombina: voi siete un uomo perduto, che passate i giorni all’osteria e vorreste trascinare anche gli amici alla rovina!
Brighella: badi come parla, signora Colombina, io sono un servo onorato
Colombina: non vi dico nè sì nè no, ma sono contenta che Arlecchino non frequenti più la vostra compagnia. Ah! Eccolo che viene!
Arlecchino: (entrando in furia) Lasciatemi passare, che il sudore si raffredda!
Brighella: e per non raffreddarti vai sotto la finestra?
Arlecchino: (curvo sul vasetto del davanzale) Devo provvedere all’innaffiatura del mio grano dorifero
Brighella: grano? Dorifero? E con che cosa lo annaffi?
Arlecchino: col sudore, caro, col sudore della fronte!
Brighella: povero amico mio! E’ davvero ammattito! (esce di corsa)

Atto 3 (la stanza non ha più quell’aria di povertà che prima faceva male. Vi è qualche mobile nuovo, e le tendine candide fanno allegria)
Arlecchino: eppure, comincio a credere che Brighella abbia ragione. Per questo grano indorifero io lavoro dalla mattina alla sera. Lustro le scarpe ai forestieri, spazzo le strade, porto lettere urgenti, scarico le tartane, spolvero le insegne delle botteghe, scaccio le mosche… tutti i mestieri. E lui? (guardando il vasetto sul davanzale). Il signor grano ha messo fuori un palmo di piantina, e ancora nemmeno un pomo
Colombina: il dottore ha detto che ci vorranno sei mesi, caro Arlecchino
Arlecchino:  e proprio oggi scade il semestre
Colombina: ma davvero?
Arlecchino: verissimo, difatti ecco qui il dottore
Dottore: buongiorno, amici
Arlecchino: dottore, se è venuto per verdere il suo grano dorifero sta fresco! Per ora niente.
Dottore: comincerò col visitare le tue tasche… Ehi! Andiamo molto meglio! Qui ci sono tre monete d’argento!
Arlecchino: oh, a furia di sudare, ne è passato di denaro nelle mie mani!
Colombina: è un bel gruzzolo, eccolo qui! (va al cassetto, ne trae un rotolo di monete e lo mostra)
Arlecchino:  possibile? Tutto questo denaro è nostro?
Colombina: sicuro. Da quando non vai più all’osteria e lavori, io ho seguito con impegno i consigli del buon dottore. Cioè ho messo in serbo gran parte dei tuoi guadagni, mentre non ti ho fatto mancare nulla; e ho anche potuto pagare i debiti e abbellire un poco questa casa.
Dottore: come vedi, il granum auriferum ha mantenuto la promessa. I suoi pomi sono nati nelle tue tasche.
Arlecchino:  Ho capito! Bellissima cura…


Il naso di Cirano

Cirano: Sbrigati! O rispondi! Perchè mi guardi il naso?
seccatore: (sbigottito) io…
Cirano: (andandogli addosso) perchè ti confondi?
seccatore: (retrocedendo) vostra grazia s’inganna!
Cirano: dimmi… è molle  e cascante come la proboscide, forse, di un elefante?
seccatore: io… non…
Cirano: è adunco come il becco di una civetta?
seccatore: io…
Cirano: forse alla punta c’è qualche pustoletta?
seccatore: ma…
Cirano: qualche mosca forse vi passeggia o vi dorme? Che c’è di strano?
seccatore: oh!
Cirano: forse c’è un fenomeno straordinario?
seccatore: ma di non porvi gli occhi mi ero fatto un dovere!
Cirano: e perchè non guardarlo, se è lecito sapere?
seccatore: io…
Cirano: vi disgusta, dunque?
seccatore: signore…
Cirano: il suo colore vi fa pena?
seccatore: signore…
Cirano: vi par di forma orrenda?
seccatore: ma niente affatto!
Cirano: e allora, perchè fate quel muso? Lo trovate forse un po’ troppo diffuso?
seccatore: ma io lo trovo invece piccolo, impercettibile…
Cirano: Come! Mi accusate di una cosa così ridicola? Possibile? Piccolo il naso mio?
seccatore: cielo!
Cirano: enorme il mio naso? Vilissimo camuso, siate ben persuaso che di quest’appendice mi glorio e mi delizio; capita che un gran naso sia il vero e proprio indizio di un uomo buono, affabile, cortese, liberale, di coraggio e di spirito, quale io sono e quale non vi sarà mai lecito di credervi, marrano! Perchè l’ingloriosa faccia che la mia mano si degna di cercare sul vostro collo è priva… (lo schiaffeggia)
seccatore: ahi! ahimè!
Cirano: … di fierezza, di slancio, d’inventiva, di lirismo, di genio, di grandezza morale, di naso insomma. Come quella… (lo rivolge per le spalle, aggiungendo il gesto alla parola) … che il mio stivale viene a cercarvi sotto le terga!
seccatore: (fuggendo) aiuto!
Cirano: avverto, a chi trovi faceto il centro del mio viso! E se il burlone è nobile, a punirlo provvede, davanti, e un più in alto, la spada  e non il piede!

(E. Rostand-Cirano di Bergerac)

Il seccatore

Pantalone sta leggendo un libro. Bussano alla porta d’ingresso e Arlecchino va ad aprire; poi, con sgambetti e piroette, farà da spola tra il visitatore e il padrone.
Cavaliere di Ripafratta: vorrei parlare col tuo padrone, è in casa?
Arlecchino: non lo so Cavaliere di Ripafratta: e allora fammi il favore di andare a vedere
Arlecchino: non occorre, adesso glielo domando. (A Pantalone) Padrone, c’è di là un tale che vorrebbe parlare con lei, che cosa gli dico?
Pantalone: Auff! Non si può stare un momento tranquilli. Digli che non ci sono.
Arlecchino: Sta bene. (al cavaliere)Il mio illustrissimo signor padrone, Pantalone dei Bisognosi, in casa non c’è.
Cavaliere di Ripafratta: ne sei certo?
Arlecchino: Certissimo. Me l’ha detto lui.
Cavaliere di Ripafratta: ebbene, io sono il Cavaliere di Ripafratta. Digli che devo assolutamente parlargli. Si tratta di un affare che urge e che non può essere rimandato.
Arlecchino: glielo dico subito! (A Pantalone) Quel tale dice di essere il Cavaliere di Ripafritta e che si tratta di un affare che urge
Pantalone: quel tale è un seccatore! Gliel’hai detto che non sono in casa?
Arlecchino: gliel’ho detto, ma vuol parlare lo stesso
Pantalone: digli che non posso riceverlo, che sto poco bene, che sono a letto ammalato.
Arlecchino: Signorsì. (al cavaliere) Eccellenza, il mio padrone non può riceverla perchè sta poco bene. E’ a letto ammalato.
Cavaliere di Ripafratta:  oh, mi dispiace. Ma sono capitato a proposito. Ho studiato medicina e mi basterebbe tastargli un momentino il polso, per sapere di che malattia è affetto. Va’ a dirglielo.
Arlecchino: Vado. (a Pantalone) Il Cavaliere ha fatto un grande discorso.
Pantalone: insomma, non vuol andarsene?
Arlecchino: no, non vuol andarsene. Ma gli basterebbe tastarle il polso.
Pantalone: vorrebbe tastarmi il polso? Digli che ho una malattia contagiosa. Digli che ho gli orecchioni e se mi viene vicino se li prende anche lui. Vai, corri.
Arlecchino: corro con tutte le mie gambe. (al cavaliere) Il mio padrone ha le orecchie asinine e se uno lo tocca diventa un asino anche lui
Cavaliere di Ripafratta: niente paura! E’ una malattia che ho avuto anch’io da bambino e chi l’ha avuta una volta non la prende più. Ma digli che, per fortuna, ho con me una pomata prodigiosa e se mi permette di spalmargliela, guarisce all’istante.
Arlecchino: E’ una vera fortuna! (a Pantalone) Dice che ha una marmellata speciale da mettere sulle orecchie Pantalone: questa è una vera persecuzione! Io voglio essere lasciato in pace. Digli che sono moribondo e sto dettando il testamento
Arlecchino: è una buona idea. (al cavaliere) Il mio padrone è occupatissimo a fare il testamento e deve farlo in fretta perchè sta per morire
Cavaliere di Ripafratta: il questo caso potrei essergli utile come testimone e metter la firma sul documento. Va’ subito a dirglielo
Arlecchino: (a Pantalone) dice che potrebbe far da compare
Pantalone: digli che sono morto Arlecchino: (al cavaliere) il mio padrone è morto
Cavaliere di Ripafratta: sono veramente addolorato. Vengo a recitare una preghiera per lui. (Passa imperterrito davanti all’esterrefatto Arlecchino)


Commedia dell’arte – Fabrizio e Succianespole (Arlecchino)

Fabrizio:Ehi Succianespole!
Succianespole: Signore…
Fabrizio: E’ acceso il fuoco?
Succianespole: gnor no
Fabrizio: come stiamo in cucina?
Succianespole: Bene
Fabrizio: perchè non è ancora acceso il fuoco?
Succianespole: perchè non c’è legna
Fabrizio: non mi star a far lo scimunito, chè oggi ho da dar pranzo a un’eccellenza
Succianespole: ci ho gusto
Fabrizio: Succianespole, che cosa daremo a pranzo a sua eccellenza?
Succianespole: tutto quello che comanda vostra eccellenza
Fabrizio: quante volte mi faresti arrabbiare con questa tua flemmaccia maledetta!
Succianespole: io sono lesto
Fabrizio: lo sai fare il pasticcio di maccheroni?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: un fricandò alla francese?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: una zuppa con l’erbucce?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: con le polpettine?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: e coi fegatelli arrostiti?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: hai denari da spendere?
Succianespole: gnor no
Fabrizio: ti ho pur dato uno zecchino!
Succianespole: quanti giorni or sono?
Fabrizio: lo hai già speso?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: e il tuo salario che ti ho dato, l’hai speso?
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: e non hai più un quattrino?
Succianespole: gnor no
Fabrizio: maledetto sia il gnor sì e il gnor no. Si sente altro da te che gnor sì e gnor no?
Succianespole: insegnatemi che cosa ho da dire
Fabrizio: bisogna pensare a trovar denari
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: quante posate ci sono?
Succianespole: sei, mi pare
Fabrizio: sì, erano dodici, se le ho impegnate restano sei. Siamo in quattro, impegniamone due.
Succianespole:  gnor sì
Fabrizio: vai al Monte e spicciati
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: non mi fare aspettare due ore
Succianespole:gnor no
Fabrizio: andremo a spendere quando torni
Succianespole: gnor sì
Fabrizio: c’è vino?
Succianespole: gnor no
Fabrizio: c’è pane?
Succianespole: gnor no
Fabrizio: gnor sì, che tu sia bastonato
Succianespole: gnor no…

(Carlo Goldoni)

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A Carnevale ogni scherzo vale

Brighella: (solo, parla fra sè) Non so che cosa darei per potermi pappare una di quelle scatole di cioccolatini che al solo vederle in vetrina ti fan scendere giù per la gola una certa acquolina…
Arlecchino: (che giunge in quel momento) Ciao, Brighella. Ho piacere di incontrarti. Può darsi che tu mi possa aiutare. Senti, ho assoluto bisogno di duecento lire che mi servono subito. So che tu sai trovare il modo di farle saltare fuori. E non lo farai gratuitamente, s’intende. Guarda qui: una scatola di cioccolatini che mi è stata regalata due giorni fa per il mio compleanno. E’ tua, se mi dai duecento lire. Eh, che ne dici?
Brighella: (che fa gli occhi lucidi nel vedere l’oggetto dei suoi sogni) Perdinci, Arlecchino, che bella scatola! Cioè, no, non è poi tanto bella… e duecento lire sono duecento lire…
Arlecchino: ehi, ma dico? Non lo sai che una scatola simile la pagheresti duemila lire in un negozio come si deve? E tu fai il tirchio per duecento… bene… bene… o prendere o lasciare. Decidi.
Brighella: per avere duecento lire, io le avrei. Me le ha regalate mio zio proprio ieri per un servizio che gli ho reso. Ma dartele proprio tutte… non potresti accontentarti di 150?
Arlecchino: sei matto? O 200 o non se ne fa niente. Per l’ultima volta: accetti o non accetti?
Brighella: (che non resiste alla dolce tentazione) E va bene, eccoti le 200 lire.
Arlecchino: ed eccoti la scatola. (consegna la scatola e poi se ne va di gran corsa)
Brighella: (senza metter troppo tempo in mezzo rompe la carta che avvolge la scatola, rompe la scatola stessa, e ahimè! Che cosa trova? Gusci di castagne, di noci e di nocciole) Aiuto! Al ladro! Gente, venite! Mi hanno rubato 200 lire! E’ stato Arlecchino! Pigliatelo!
Un ragazzo: (fra il gruppo di alcuni che si sono avvicinati alle sue grida) Ehi, Brighella! Cosa dici? Come è andata? Come ha fatto Arlecchino a rubarti 200 lire?
Brighella: Non è in verità che me le abbia proprio rubate. Ma io gliele ho date in cambio di una scatola di cioccolatini. Ed ecco invece che cosa ho trovato! (mostra le bucce)
Ragazzo: Ah, ah, furbo Arlecchino! Più furbo di te che credi di esserlo tanto. Non sai che siamo a Carnevale? E che a Carnevale ogni scherzo vale? Smettila di fare quella faccia e fatti furbo, un’altra volta!


Commedia dell’arte –  Arlecchino e l’oste

Arlecchino, a cavallo del suo asino, viaggia da qualche ora lungo una strada di campagna. Ha in tasca soltanto dieci soldi ed è affamato. Trova finalmente un’osteria e vi entra…
Oste: cosa volete?
Arlecchino: Tre soldi di minestra, tre di pane, tre di salame e tre di vino (L’oste gli mette in tavola quanto ha ordinato)
Arlecchino: (dopo aver mangiato) se ho più fame di prima, devo pagare lo stesso il conto?
Oste: ciò che si mangia si paga, poco o tanto che sia
Arlecchino: giusto. Quanto devo pagare?
Oste: dodici soldi in tutto
Arlecchino: Ohibò, qui c’è un imbroglio.
Oste: come sarebbe a dire?
Arlecchino: il conto è presto fatto: tre di minestra, tre di pane e tre di salamino. Nove in tutto.
Oste: e il vino?
Arlecchino: ah, dico bene. Tre di pane, tre di minestra e tre di vino.
(L’oste comincia a perdere la pazienza e.. continuando a tenere alzate tre dita della mano destra, ripete sottovoce: “Tre di minestra, tre di pane…”.
Arlecchino posa sul tavolo nove soldi e si allontana col ciuco, lasciando l’oste immerso nei suoi calcoli
Arlecchino: (parlando all’asino) Vecchio mio, allegria! M’è rimasto un soldo per comprarti un po’ di biada!
Oste: (nella bettola, facendosi portavoce con la mano) E il salamino?
Arlecchino: (gridando da lontano) Se lo incontra me lo saluti tanto!


Commedia dell’arte – Dialogo di Arlecchino e Pantalone

Arlecchino: oh, come sono stanco! Non ho proprio voglia di far nulla!
Pantalone: Arlecchino!
Arlecchino: Uh, è già qui! Un’idea! Mi fingerò sordo e così non lavorerò
Pantalone: Arlecchino Arlecchino, va’ subito a prendermi la medicina!
Arlecchino: Come? Devo andare in cucina? Pantalone: Ma che cucina! La medicina ho detto. Corri a prenderla in farmacia!
Arlecchino: quale Lucia? Non ne conosco io di Lucia!
Pantalone: ma cosa dici, Lucia! Sei diventato matto?
Arlecchino: il gatto? Queste è bella!
Pantalone: Mattooo!
Arlecchino: No, mi son venuti gli orecchioni e sono diventato sordo…
Pantalone: che cosa?
Arlecchino: no, non la rosa! Sordo!
Pantalone: sei diventato sordo? Ora prenderò il bastone e ti farò guarire!
Arlecchino: no, no! Aiuto! Vado subito in farmacia!

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Commedia dell’arte –  Pulcinella e le frittelle

Rosaura: Pulcinella!
Pulcinella: ai suoi ordini, signora
Rosaura: ascoltami bene. Ora verrà Colombina. Mentre io parlerò con lei, tu sorveglierai le frittelle perchè non brucino
Pulcinella: (facendo un inchino) Ma con piacere, signora. (Suona il campanello)
Rosaura: Ecco la mia cara Colombina! Va’ va’ Pulcinella! (Questi fa un altro inchino ed esce. Entra Colombina)
Colombina: Rosaura mia, come sei bella! Che abiti splendidi!
Rosaura: anche tu Colombina sembri una regina
Colombina: non facciamoci troppi complimenti, amica mia. Andiamo piuttosto sul balcone per vedere le mascherine… (si ode un urlo di Pulcinella che arriva in scena tenendosi una mano sulla bocca)
Colombina e Rosaura: Che cosa hai fatto,  Pulcinella?
Pulcinella: (continua a tenersi una mano sulla bocca e gira intorno, mugolando)
Rosaura: vuoi dire che cosa hai fatto? Pulcinella: (parlando male) Sorvegliavo le frittelle e mi… mi… mi sono scottato la lingua
Colombina: Come?
Pulcinella: mi sono scottato la lingua.
Rosaura: Ah, briccone! Tu mangiavi le frittelle, altro che storie! Via di qua, prima che ti bastoni! (Pulcinella scappa gesticolando)
Colombina: Perdonalo, Rosaura
Rosaura: sì, lo perdonerò, tanto si è già punito da solo.


Il bugiardo sbugiardato

Arlecchino: ciao Brighella Brighella: ciao Arlecchino, che fai da queste parti? E come sei vestito bene!
Arlecchino: la fortuna, caro mio, sono un signore
Brighella: vedo… che ti è capitato?
Arlecchino: viaggio in incognito Brighella: che nome ti sei preso?
Arlecchino:  Conte dei Talleri
Brighella: Uhm… bello. E che fai?
Arlecchino: nulla. Sono ricco.
Brighella: beato te…ora vado, ho fretta.
Arlecchino: sempre a piedi, eh Brighella? Io invece, carrozze e cavalli.
Brighella: come mai sei solo e a piedi?
Arlecchino: ehm… aspetto. Così, per mio piacere e diletto
Brighella: Arlecchino, oh, mi scusi. Signor Conte dei Talleri…si ricordi di me, del povero Brighella
Arlecchino:  non dubitare
Pantalone: (di dentro) Arlecchino! Arlecchino! Ma dove si è cacciato quel servitore fannullone?
Arlecchino: Santo cielo, il mio padrone…
Brighella: ma come? Non sei qui per piacere?
Arlecchino: povero me. Bisogna che vada subito. Per forza! Addio, Brighella…
Brighella: addio signor bugiardo,conte dei Talleri!

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Commedia dell’arte – I due fannulloni

Narratore: Arlecchino e Pulcinella sono a letto. Fa molto freddo e un colpo di vento a un tratto spalanca la porta…
Arlecchino: per favore, chiudi la porta
Pulcinella: Già… è un favore che volevo chiederti io
Arlecchino: ma io mi sento male. Devo avere la polmonite
Pulcinella: mi alzerei subito, ma ho un gran mal di testa, quattordici geloni e l’appendicite
Narratore: il vento soffia alla porta: uh! Uh! Arlecchino e Pulcinella ficcano il capo sotto le coperte. Intanto entra il Dottor Balanzone
Balanzone: perbacco! Mai visto gente che dorme con la porta aperta con questo freddo. Ma i padroni dove sono?
Arlecchino e Pulcinella: siamo qui sotto.
Balanzone: perchè non avete chiuso la porta?
Arlecchino: io ho la polmonite
Pulcinella: e io l’appendicite
Balanzone: bene bene, sono arrivato al momento buono… Prendo i ferri e in quattro e quattr’otto…
Arlecchino: i ferri? Aiuto!
Pulcinella: i ferri? Aiuto!
Narratore: e i due fannulloni saltano dal letto e scappano a gambe levate…


Discussione aritmetica

Arlecchino: prima di tutto pensiamo a mangiare, sacco vuoto non sta ritto
Pulcinella: pensiamo a mangiare e a bere, a bere e a mangiare
Colombina: mettetevi a sedere e vi servo subito: quanti siete?
Gianduia: io uno, Arlecchino due, Pulcinella tre, Pantalone quattro, Stenterello cinque, Meo Patacca sei, e io sette. Siamo sette, sette precisi.
Meo Patacca: e invece siamo cinque: Stenterello, Pantalone, Pulcinella, Arlecchino e tu. Dico cinque, e se non ci credi ho qui il mio bastone che conta meglio di tutti
Gianduia: e allora se siamo cinque due di noi restano senza mangiare
Stenterello: io sarò uno dei due, perchè non ho quattrini
Pantalone: che importa se non hai quattrini? Non sai che pago sempre io? Ma Colombina, com’è questa faccenda? Hai portato cinque porzioni e io sono rimasto senza… eppure mi avevano contato!
Meo Patacca: Vuol dire che a tavola c’è qualcuno che prima non c’era
Gianduia: dicevo bene! Eravamo sette, e pagherei per sapere chi è lo stupido che se ne è andato.


Commedia dell’arte – Meglio tardi

(una camera da letto) Scena I
Silvestro: chi bussa?
Dottore: sono io, il dottore
Silvestro: entrate
Dottore: m’hanno detto che state male e son venuto a trovarvi
Silvestro: roba da poco, dottore, un po’ di tosse
Dottore: vediamo… (gli poggia l’orecchio sul petto) …sè, tosse e un po’ di bronchite. Un male di stagione
Silvestro: di stagione o no, se non c’era stavo meglio e potevo curare i miei affari
Dottore: oh, quelli possono anche aspettare
Silvestro: lo dite voi! Con l’aria che tira in paese. Questi assassini non si decidono mai a rendermi i miei soldi.  A farseli prestare sono tutti buoni. Ma a renderli, ti voglio!
Dottore: pagheranno, pagheranno, state sicuro. Intanto prendete queste goccioline prima dei pasti. Faranno miracoli, vedrete. Ora debbo andare.
Silvestro: speriamo bene. Arrivederci,  dottore.

Scena II
Silvestro: chi bussa?
Fedele: Sono Fedele, il vostro amico fedele
Silvestro: vieni, vieni
Fedele: ho qui con me i soldi che vi devo. Ma vorrei riavere quella ricevuta che vi firmai.
Silvestro: non ti fidi? Amico fedele davvero!
Fedele: già… insomma, sapete, da un momento all’altro potreste morire e io non voglio pagare due volte
Silvestro:cosa, cosa, cosa? Io, morire? Ti piacerebbe, eh… Piacerebbe a tutti voi!
Fedele: ma che dite? Io voglio solo la mia ricevuta
Silvestro: (tira fuori da sotto il materasso una borsetta di pelle e con fare misterioso tira fuori un fogliettino) Tieni, Fedele amico fedele. Tieni, ma non farti più vedere, fila

Scena III
Silvestro: chi bussa?
Michele: sono Michele
Silvestro: non conosco Micheli, io
Michele: come? Sono Michele, il becchino
Silvestro: cosa?
Michele: ho saputo che stai male e allora sono venuto a prendere certe misure…
Silvestro: rendimi i miei soldi piuttosto
Michele: e se poi morite?
Silvestro:via di qua. Cani, cani. (grida, ma la tosse lo interrompe)

Scena IV
Silvestro: il dottore, o il becchino… anche l’amico non si fida più. Ma perchè? Cos’ho fatto, che mi lasciano qui solo, come un povero lebbroso. Eppure sono nato anch’io in questo paese. E li conosco tutti meglio di chiunque altro. Se mi volessero un po’ di bene, chi sa quanti sarebbero venuti a tenermi compagnia. Si giocherebbe un po’ a carte… Non si parlerebbe d’affari… Povero Silvestro!
(Mentre sta con la borsetta delle ricevute fra le mani, bussano alla porta)

Scena V
Silvestro: chi bussa?
Don Luigi: Sono don Luigi, il parroco
Silvestro: venite proprio a proposito. Prima il dottore, poi il becchino e ora il prete.
Don Luigi: Perchè dite così, signor Silvestro? Io non sapevo che eravate malato. Son passato di qui e mi son ricordato che non ci vediamo da un pezzo, noi due, e intanto in paese la gente mormora sempre di più contro di voi
Silvestro: ma cosa vogliono, infine!
Don Luigi: Vogliono che vi comportiate più da cristiano! Ecco cosa vogliono. E poi, detto fra noi, cosa volete farne dei vostri soldi? Prima o poi dovrete lasciarli. Se sapeste quanti poveri vi bacerebbero le mani se… Non avreste più paura del dottore, del becchino e del prete. Pensateci signor Silvestro, non è ma tardi per cominciare a fare il bene
Silvestro: ma non vedete che nessuno si cura di me. Mi lasciano solo qui, come un cane arrabbiato
Don Luigi: Volete scommettere che domani avrete la casa piena di gente? Datemi le vostre ricevutine…
Silvestro: (con voce commossa) Tenete, tenete, e pigliate anche quei soldi là nel cassetto del tavolo. Dateli a chi vi pare. Voi sapete più di me e farete meglio. Ma vi prego, non mi abbandonate più. E ditelo, ditelo ai miei compaesani. Silvestro vuol bene a tutti, capito? Anche ai debitori che non pagheranno più!

(U. Grimani)

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Commedia dell’arte – Le lettere per la mamma

Pantalone: (solo) Arlecchino! Arlecchinooo!
Arlecchino: (entra) Eccomi, illustrissimo signor padrone
Pantalone: me lo sai dire perchè quando ti si chiama non rispondi subito? Me lo sai dire?
Arlecchino: signornò, illustrissimo padrone, non lo so
Pantalone: non ho mai visto un servitore infingardo come te. Ora ascoltami bene. Mi ascolti?
Arlecchino: Signorsì, illustrissimo signor padrone.
Pantalone: ho fatto un po’ di ordine nei cassetti della mia scrivania. Tu adesso prendi quella cartaccia e la butti nelle immondizie. Hai capito?
Arlecchino: signorsì, ho capito. Devo buttare via tutta quella cartaccia. Ma proprio tutta?
Pantalone: Sì, tutta. E’ roba che non serve più: vecchi giornali, vecchi conti del lattaio, vecchie lettere
Arlecchino: anche le lettere devo buttar via?
Pantalone: certamente, anche le lettere Arlecchino: signor padrone, queste lettere…
Pantalone: ebbene?
Arlecchino: potrei…
Pantalone: che cosa?
Arlecchino: queste lettere potrei tenermele io?
Pantalone: vuoi tenerle tu? E cosa vuoi farne?
Arlecchino:  è una storia un po’ lunga. Quando io partii da Bergamo… Lei sa che io sono di Bergamo?
Pantalone: Lo so, continua
Arlecchino: dunque, quando io partii da Bergamo, la mamma era molto triste. Mi disse: “Arlecchino mi raccomando, mandami ogni tanto una lettera”…
Pantalone: e tu gliel’hai mandata?
Arlecchino: No
Pantalone: e perchè?
Arlecchino: perchè io non so scrivere e penso che adesso potrei forse mandarle una di queste, ogni tanto…


Commedia dell’arte –  In piazza

Pulcinella: Dove vai, amico Arlecchino?
Arlecchino: Il mio padrone mi ha detto di comperargli due chili di orecchiandoli ben tirati
Pulcinella: Quand’è così, eccoti servito! (gli tira più volte le orecchie)
Arlecchino: Ahi! Ahi! Mi hai fatto male!
Pulcinella: (ridendo) Sono questi gli orecchiandoli ben tirati!
Arlecchino: (piagnucolando) Un’altra volta ci faccio andare il padrone a comprarli.
Pulcinella: Bravo. Ora sentiamo Brighella, che intenzione ha. Ehi, Brighella, non saluti neppure?
Brighella: (capo chino, come se cercasse qualcosa per terra) Mi è accaduta una grave disgrazia. Ho perduto  una moneta d’oro.

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