Racconto Scaramacai e la Befana  –  avevo attaccato la mia calza sotto la finestra perchè il camino nella mia capanna non c’è e tutta la notte ero stato sveglio, sperando che arrivasse la Befana. Invece, niente. Quando mi accorsi che fra poco sarebbe spuntato il giorno, pensai di farmi la Befana da solo. In un cassetto avevo quattro palline di vetro che mi erano state regalate da un bambino al quale avevo raccontato una barzelletta…

Avevo attaccato la mia calza sotto la finestra perchè il camino nella mia capanna non c’è e tutta la notte ero stato sveglio, sperando che arrivasse la Befana. Invece, niente. Quando mi accorsi che fra poco sarebbe spuntato il giorno, pensai di farmi la Befana da solo. In un cassetto avevo quattro palline di vetro che mi erano state regalate da un bambino al quale avevo raccontato una barzelletta.

Erano quattro palline con centro dei fili colorati, molto preziose. Le presi e le infilai nella calza, senza ricordarmi che nella calza c’era un buco, e così tin tin tin, le quattro palline caddero sul pavimento. Mi ero appena messo carponi per cercarle, quando la porta si aprì e, oh meraviglia delle più meravigliose meraviglie, entrò la Befana.

La riconobbi subito per il sacco che portava sulle spalle stanche, per il gran naso che le si incurvava sulla bocca, per la neve che aveva sui capelli e per gli occhi, due occhi strani e dolci che invece di sembrare da vecchia erano da bimba: ecco, due occhi di bimba in mezzo a mille rughe di vecchia.

Io ero rimasto lì, come un tonto, senza riuscire a parlare, ma lei non ci fece caso e disse: “Scaramacai, per favore aiutami…”

“In che cosa posso servirla, signora Befana?”, chiesi educatamente senza far vedere che avevo il cuore che correva come un cavallo matto perchè pensavo che lei avesse bisogno del mio aiuto per levare dal sacco un regalo grossissimo e tutto per me.

Invece la Befana disse: “Manca poco, ormai, all’alba e devo ancora fare due consegne, aiutami, sennò, da sola non ce la faccio…”

“Ma io non ho la bicicletta!” osservai senza far vedere che ero molto deluso.

“Macchè bicicletta!”, si spazientì la Befana,  “Fuori ho la scopa, avanti, sali!”

“Per far che?”, chiesi.

“Ma per volare sulle case! Su, muoviti!”

Sentii una gran tremarella scuotermi le gambe, ma come si fa a dire no alla Befana? Così, salii a cavalcioni sulla scopa, dietro di lei, chiusi gli occhi, la abbracciai forte forte, e via!

Mi sentii sollevare da terra, come una foglia secca portata dal vento, e quando riaprii gli occhi, li richiusi subito perchè vidi sotto di me la città che girava come una giostra.

Ma la Befana mi riscosse (forse aveva sentito che io mi ero stretto più forte a lei) e mi chiese: “Riesci a vedere su che strada siamo?”

Dovetti per forza riaprire gli occhi e mi accorsi che ora volavamo basso, rasente ai comignoli. Lessi chiaramente la targa della via: via della Gallina Rossa e lo dissi alla Befana.

“Bene” commentò lei, “quando passiamo sul comignolo del numero 7, sgancia il sacchetto di carbone, che c’è nel sacco…”

“Per chi è, se è lecito?” , chiesi.

“E’ per Luigino, un bimbo capriccioso”, rispose la Befana.

“Non  si potrebbe perdonargli?”

“Fa come ti dico! Conosco il mio mestiere!”

Mogio mogio, allungai la mano per prendere il carbone dal sacco, ma invece, forse per sbaglio, forse no, trovai un trenino… Lo lasciai cadere in fretta e lo vidi infilare prodigiosamente il comignolo, come guidato da un filo.

Un attimo dopo, una finestra si illuminò, si aprì, un bimbo, proprio Luigino in camicia da notte, si affacciò e lo sentimmo gridare: “Grazie Befanina!”

“Che strano…” commentò la Befana, mentre faceva compiere alla scopa una larga virata, “mi ringrazia del carbone…”

Io stavo per confessare la verità, ma lei non me ne lasciò il tempo, dicendo: “Controlla se siamo su corso Pomponio. Queste nuove targhe stradali io,  quando viene l’alba, non riesco più a leggerle…”

“Sì, ci siamo” , risposi.

“Allora, sul numero 21 sgancia un trenino elettrico…”

“E’ per un bimbo buono?”

“No, è per un vecchietto buono”

“Un trenino a un vecchietto?”

“Fa come ti dico, impertinente!”

Allungai la mano per prendere il trenino dal sacco ma, invece, forse per sbaglio, forse no, trovai il sacchetto di carbone… Con un lieve sibilo il sacchetto cadde e si infilò nel comignolo del vecchietto.

Un attimo dopo, una finestra si illuminò, si aprì, un vecchietto con la papalina in testa si affacciò, e lo sentimmo gridare: “Grazie, Befana! Avevo tanto freddo!”

“Che c’entra il freddo col treno?” borbottò la Befana, “Ma, deve essere un po’ matto…”

Non potevo più tacere: “Ecco, veramente…” mormorai, “mi sono sbagliato”

“Cos’hai fatto?” chiese la Befana con un tono di voce che non vi auguro mai di sentire.

Risposi in fretta: “Senza volere apposta, ho dato il trenino a Luigino, che sono sicuro che diventa buono, e il carbone al vecchietto che tanto lui non sa cosa farsene, invece del carbone sì, perchè i vecchi hanno sempre freddo…”

Mi aspettavo che la Befana si mettesse a urlare con la voce della tempesta, invece non disse niente.

“Peggio” pensai, “è tanto arrabbiata che adesso mi butta di sotto… addio Scaramacai…”

Invece dopo un po’ disse (ma con una voce dolce, un po’ roca): “In fondo, Scaramacai, sei un bravo pagliaccio… E io sto diventando vecchia…”

Il cielo era ormai color del latte annacquato. Si volava rapidi e in silenzio: sentivo il vento frusciare vicino alle orecchie…

“Ecco, sei arrivato” disse a un tratto la Befana e dolcemente mi atterrò davanti alla mia capanna, “Ciao, Scaramacai, scendi adesso”.

“Aspetti, signora Befana” dissi scendendo dalla scopa.

Macchè, quella era già ripartita e ormai era diventata piccola piccola e nera nera sullo sfondo del cielo biancastro.

Spinsi l’uscio della capanna. Ero un po’ triste. Che cosa ci avevo guadagnato dall’avere aiutato la Befana? Un certo indolenzimento alle gambe (é scomodo cavalcare una scopa) e forse un bel raffreddore. Entrai a capo chino e le mie orecchie furono colpite da un rumore quasi di cascata, ma non di acqua tenera, di roba dura…

Alzai il capo e guardai. Oh, che prodigio di dolcezza! Dal buco della mia calza appesa, usciva uno  zampillo colorato di caramelle, cioccolatini, torroncini, fichi secchi, castagne, confetti… Il pavimento ne era già tutto pieno, e il meraviglioso zampillo continuava, continuava, continuava…

(da “Il Corriere dei Piccoli”)

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