Leggende del Piemonte per bambini della scuola primaria.

Leggende del Piemonte – La leggenda di Maino della Spinetta
Dopo la battaglia di Marengo (1800), vinta da Napoleone, la maggior parte del Piemonte veniva annessa politicamente alla Francia. La popolazione nutriva un sordo rancore verso i Francesi, che, dopo aver promesso la libertà, si comportavano come arroganti dominatori. Nella provincia di Alessandria l’opposizione aperta si manifestò attraverso le imprese di Maino, detto Spinetta dal luogo in cui nacque. Egli fu il Fra Diavolo e il Passator cortese del Monferrino. Le sue imprese sono circonfuse da un alone di leggenda eroica e patriottica. La fantasia popolare ha trasformato in atti eroici quelli che forse furono solo azioni da brigante.  Il Maino aveva raccolto attorno a sé dei giovani che, come lui, mal volentieri accettavano di servire nell’esercito francese. Era coraggioso, astuto, crudele, deciso, audace. I gendarmi gli davano una caccia spietata ed egli reagiva uccidendo, procurandosi vitto e denaro con rapine e ricatti a danno soprattutto degli occupanti e dei ricchi della zona, donando ai poveri quando non gli serviva. L’esito fortunato delle sue imprese lo aveva reso spavaldo, tanto che spesso e volentieri si prendeva gioco dei suoi segugi. Famosa è rimasta la burla, detta “dei cavalli”.
Una sera, alcuni gendarmi si trovavano in un’osteria a bere allegramente. I loro discorsi erano caduti sul brigante Maino, che essi denigravano in ogni modo sollecitando appoggio ai loro argomenti da quanti erano presenti; tra essi uno era particolarmente aspro nelle sue invettive contro Maino e si era unito al brigadiere in un brindisi alla sua cattura e alla sua impiccagione. Questo avventore altri non era che lo stesso Maino travestito da boscaiolo. Approfittando di un momento di particolare euforia, uscì  nel cortile, si avvicinò ai cavalli dei gendarmi e tagliò le cinghie delle selle, trascurando di proposito la cavalcatura del brigadiere. Quindi rientrò e, attirata su di sé l’attenzione di tutti, gridò: “Signori, il codardo che cercate, il brigante, l’assassino Maino Spinetta, sono io!”.
I gendarmi restarono allibiti ed egli, approfittando dell’attimo di confusione seguito alla sua dichiarazione, uscì, balzò sul cavallo del brigadiere e fuggì a briglia sciolta. I gendarmi, ripresisi, uscirono correndo, montarono sui cavalli e si lanciarono all’inseguimento. Dopo pochi istanti tutti caddero rovinosamente a terra tenendosi con le mani le parti dolenti del corpo.
Secondo la leggenda, lo stesso Napoleone avrebbe ricevuto Maino a Monza per trattare la sua resa, ma il fuorilegge avrebbe interrotto le trattative perchè l’Imperatore non si impegnava a garantire la vita dei suoi compagni oltre alla sua. La sua fine, come quella di ogni masnadiero che soccombe, fu dovuta al tradimento. Mentre il Maino si trovava ospite di un parente, una spia avvertì i gendarmi che circondarono la casa e gli intimarono la resa. Maino invitò i gendarmi a catturarlo se pur ne erano capaci. Si ingaggiò una impari lotta al termine della quale egli cadde, ferito in ogni parte del corpo.

Leggende del Piemonte – La leggenda di Gagliaudo
Federico Barbarossa assediava Alessandria da parecchi giorni. I cittadini erano ridotti alla fame più nera: già circolavano voci sulla resa della città. Un giorno, ai capi dell’esercito che sedevano a consulta per prendere decisioni sulle condizioni della resa, si presentò un rozzo mandriano di nome Gagliaudo, che promise di liberare la città dall’assedio, se gli fossero stati dati un paio di sacchi di grano. Con il grano avuto egli nutrì per alcuni giorni una sua mucca e, quando gli parve ben pasciuta, uscì con essa dalla cerchia delle mura, poi cominciò a batterla selvaggiamente, tanto che questa prese a fuggire in direzione del campo nemico. I soldati si impadronirono della bestia e portarono Gagliaudo con le mani ed i piedi legati davanti all’Imperatore, che prese ad interrogarlo per conoscere e condizioni dei cittadini entro la città. Gagliaudo finse di rivelare di malavoglia all’Imperatore una notizia strabiliante: gli alessandrini avevano tanta abbondanza di cibo che nutrivano con grano perfino le loro bestie. L’Imperatore, adirato, minacciò di morte Gagliaudo se le sue parole non fossero state veritiere, e immediatamente ordinò che la sua mucca fosse squartata. Tanto fu il grano, senza alcuna traccia di biada, che trovarono nello stomaco della bestia, che l’Imperatore disperò di poter prendere Alessandria per fame e decise di togliere l’assedio.
Probabilmente il fatto narrato è leggendario e l’Imperatore fu costretto a togliere l’assedio per l’avvicinarsi di un esercito della Lega, che già aveva raggiunto Tortona; tuttavia resta il fatto della magnifica prova delle fortificazioni nella nuova città e del valore dei suoi cittadini.

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